Premio Racconti nella Rete 2013 “Lara. La prima volta” di Maria Grazia Marzolini
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2013Ha cominciato questa mattina a non lasciarmi in pace: “Vieni, vieni qui, dai!”
Saranno state le sette, sette e mezza. Lui era eccitatissimo.
“Come on Lara, su…”
Andava avanti e indietro, si affacciava alla finestra, usciva in giardino col cellulare in mano, scattava fotografie e parlava, rideva e parlava.
Un invasato.
Io ci ho provato, eccòme. Mi sono affacciata sulla soglia ma sono subito scappata via, ho avuto troppa paura. Lui ha insistito, mi ha addirittura tirato, ha continuato a chiamarmi e poi, come Dio ha voluto, è andato a lavorare e sono rimasta sola.
Volevo mangiare qualcosina, sonnecchiare un po’ ma quello che avevo visto in giardino mi aveva turbato, non posso negarlo, e inoltre sapevo che sarebbe tornato e avrebbe ricominciato con quella fissazione, così ci ho riprovato.
Ho sporto la testa dalla porta della cucina – la lascia sempre accostata per me, che caro! – e ho guardato fuori.
Incredibile!
Il giardino non c’era più.
Il prato, i sassolini, il vialetto che porta al cancello, le primule. Niente, tutto sparito, tutto bianco. E faceva freddo, un freddo silenzioso, attonito, caldissimo.
È questo che lo ha fatto impazzire? Questa distesa di latte è ciò che lui ha chiamato “neve”?
Mi ha detto che mi sarei tanto divertita anch’io ed è rimasto male nel vedermi così terrorizzata. Che razza di cane sei, mi ha urlato.
Ma come! Lo sa perfettamente… sono un purissimo bulldog inglese, ma non basta avere il pedigree per sapere come si cammina lì sopra.
Io non l’ho mai vista questa neve, non ci so mica passeggiare! Mi manca il know how. Il patrimonio genetico non è tutto. Se uno nasce umano non è detto che poi sia un uomo e se un cane nasce cane non è detto che debba cacciare, azzannare, trovare tartufi o tirare slitte.
Un bulldog che vive in una città dove, lo ha detto lui al telefono, non nevica da 27 anni, non può sapere come si gioca in un prato tutto bianco.
Io avrei voluto correre con lui ma mi sono sentita goffa con le mie pieghe e le mie zampe corte. Dice sempre che sono un cane da lotta ma io non lotto mai, vivo qui, un po’ in casa, un po’ in giardino, sto bene, non dico di no, ma di neve non ne so nulla, è la prima volta che la vedo e mi vergogno tanto adesso.
Quando tornerà, ricomincerà a chiamarmi e rimarrà deluso dal mio sgomento, non mi vorrà più e prenderà un altro cane forte e coraggioso, un San Bernardo probabilmente.
Se potessi fargli capire che sarò pure un bulldog ma non per questo conosco l’audacia!
Il tempo non passa più.
Ogni tanto mi affaccio e provo a fare un passetto. Mi sono persino bagnata una zampa e ho annusato con curiosità questa roba bianca. Bella è bella ma mi ha tolto la pace perché io non riesco a rotolarmi e giocherellare come lui vorrebbe, io non sono come lui si aspetta e, soprattutto, non so come dirglielo, come confessarlo.
È quasi sera adesso.
Ecco che rientra.
Posa le chiavi, si toglie i guanti e guarda fuori, neanche mi cerca. Ancora con quel telefonino… parla di traffico e stanchezza e guarda dalla finestra il giardino che non c’è più.
Il vetro si appanna e lui ci disegna sopra una stella o un fiore e vede la mia immagine riflessa.
Si gira e viene verso di me.
Come faccio adesso?
Prende il guinzaglio, lo riposa, si avvicina.
Non ho più tempo, devo scegliere ora.
Posso puntare le zampe ed abbaiare o scappare sotto il letto o addirittura morderlo, si, un bel morso con le mie ganasce forti, così non dimenticherà più di che razza sono!
Ma lui si inchina, mi prende in braccio – è da quando ero cuccioletta che non lo faceva! – e mi porta fuori. Io piagnucolo, guaisco, tremo tutta e infilo la testa tra il suo collo e il bavero della giacca. Mi sa che ha capito che non è colpa mia, perché mi accarezza e mi da i pizzicotti sulla mia pellaccia rugosa. Ora fa una bella palla con questa benedetta cosa bianca, ci si strofina la faccia e ne fa annusare un po’ anche a me. Prendo coraggio e salto giù, affondo con tutte le zampe e faccio una corsetta goffa e buffa e lui si diverte e mi diverto anche io perché quel peso che avevo dentro si è sciolto, così come la neve.
Un racconto simpatico e ben scritto, che gioca nelle prime battute sull’ambiguità del titolo.
Molto originale anche nella scelta del personaggio principale, da cui si prende spunto per la narrazione partendo da un inusuale aspetto del rapporto uomo/cane: l’ imbarazzante paura della novità.
Complimenti Maria Grazia!
marco
che carina questa storia 🙂
se vuoi leggiti la mia di Leo, così lo presenti a Lara 😀
Tenera! Subito pensavo fosse un gatto, ma poi no, un gatto sarebbe subito uscito o sarebbe tornato dentro offesissimo dall’avergli fatto bagnare le zampe, ma in colpa non si sarebbe sentito mai! 🙂
grazie marco, grazie cinzia.
E’ bello condividere storie!