Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2013 “Stabilimento n.999 da Adele” di Pier Francesco Sica

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2013

Riviera romagnola
(Sabato)
Finalmente sono riuscito a staccare. Le cicale friniscono senza sosta. Totale assenza di vento. La camicia zuppa è appiccicata alla schiena. L’asfalto sembra liquefarsi. Macchine con radio a tutto volume. Spider con guidatori impudenti a torso nudo. Ragazzi festosi con pallone annesso e cori da stadio. Ragazze gioiose sulle loro biciclette rosa. Bambini che tirano i nonni o i genitori verso palloncini, gelati, giostre, giocattoli. Nell’aria odore d’estate e di vacanza. Non per me. Il lavoro non consente soste. Oggi però sono riuscito a ritagliarmi uno spazio. Sono arrivato al mio solito stabilimento lasciandomi la coda alle spalle e mi sono subito fatto innervosire da Nerone, il guardiano del parcheggio, che non mi ha degnato neppure di uno sguardo. Ho deciso, tuttavia, che non posso certo farmi turbare il pomeriggio libero da una tale inezia. Mi sono così infilato sotto il mio ombrellone al n.56. Non c’è ancora nessuno, ma è presto. Comunque meglio così, visto che desidero soltanto riposare. Mi sono finalmente sdraiato sul lettino e ho appena srotolato il quotidiano preferito, quando l’attenzione viene distratta da un gruppo di ragazzi calcianti e urlanti. Dopo aver riletto per la decima volta la stessa riga, comincio a guardarmi intorno, pensando che la scuola, per la tranquillità degli adulti, dovrebbe continuare anche d’estate. Il pallone entra ed esce dal raggio d’azione del mio sguardo e ogni volta penso che da un momento all’altro mi colpirà.
Che diamine non sono mica trasparente.
Fantastico di come glielo bucherei se mi capitasse tra le mani, imbracciando un paio di fantasiose forbici, mentre li fisso con un sorrisetto mefistofelico.
Il mare comincia ad animarsi.
Torno al mio quotidiano e mentre leggo scorgo la Pina, una donna di mezza età separata. Arriva con le sue tre pesti che si trascinano dietro probabilmente l’equivalente del magazzino di un negozio di giocattoli grande come un ipermercato. Ruspe. Camion. Secchielli. Palette. Rastrelli. Setacci. Formine di ogni tipo. Cavalli. Soldatini. Carri armati. Macchinine. Dopo nemmeno cinque minuti hanno già colonizzato l’equivalente di un campo da calcetto.
Ecco sopraggiungere Marchi con la moglie. Marchi è un commercialista che quando lo vedi arrivare ti domandi se per caso stia traslocando sotto l’ombrellone. Incede perentorio con, sotto braccio, una rassegna stampa di almeno dieci giornali e altrettante riviste, oltre a una pila di libri di cui mi diverto a fantasticare eccitanti titoli come “I risvolti sessuali dei numeri” o “La vita segreta della matematica” o “Economia romantica”. Sbadiglio al solo pensiero.
Poco più in là la moglie del dottor Parisi. Vecchio medico condotto che ha sposato una ragazza più giovane di trent’anni. Uno spettacolo di fanciulla il cui fondoschiena popolava i sogni di tutto lo stabilimento. Ogni volta che si spostava la popolazione maschile, me compreso, sembrava che guardasse una partita di tennis girando la testa ora di qua ora di là e cambiando la velocità a seconda dei movimenti della “tennista”. Ogni tanto qualche commentino e qualche sorriso malizioso. Per la verità, la sposina sembrava, oltre che perfettamente consapevole, anche parecchio divertita, cosa che deducevamo dal fatto che rallentava la sua andatura e procedeva accentuando il suo ancheggiare. E quando faceva un bagno in mare o la doccia si creava una coda da controesodo sull’autosole.
Ricomincio a leggere il giornale.
Nello sfogliare vengo colpito, nella pagina della cultura, da un nome che mi pare di conoscere: possibile che sia proprio lui?, penso.
La curiosità prevale, inizio a leggere e vengo catapultato proprio nello stabilimento balneare, c’erano i soliti noti.
Accidenti non parlerà anche di me e soprattutto delle mie conoscenze estive ! Sarei rovinato!
Mi guardo in giro, l’avvocato Biondi non è ancora arrivato, penso che dovrei parlargli, che dovremmo fare una causa collettiva. Se qui c’è scritto qualcosa di sbagliato gli piazzo subito una bella querela, questo è certo.
Anche se mi sembra già di sentire la sua risposta: –E mi dica caro ingegnere sulla base di cosa vorrebbe fare causa? Trova qualche argomentazione diffamatoria? Qualche osservazione falsa?
Dopo averlo mandato a quel paese nella mia testa come se mi avesse realmente risposto, continuo a leggere sperando di non vedere il mio nome seppure camuffato come quello degli altri.
Torno all’articolo. È scritto da un esordiente, così almeno è riportato. Il macellaio vicino d’ombrellone? Un racconto scritto da un macellaio esordiente di sessant’anni. Tra me penso “macellaio-scrittore”, che gente! E lo pubblicano pure. Esordiente poi, a quell’età.
Attilio Bolzoni, un colosso massiccio, alto due metri e largo altrettanto, perennemente in tuta e con scarpe da ginnastica d’ordinanza, anche a quaranta gradi. Mi domando: –possibile che l’abbiano pubblicato?! Oggi pubblicano proprio di tutto!
Tra i personaggi riconosco la Pina con il suo pargolame. Il commercialista Marchi. Il dottor Parisi e la sua splendida moglie. Tra quelli che ancora non ho visto, quella mattina, riconosco il giudice Lorenzi e il generale De Bruzzighes, entrambi pensionati, con due mogli logorroiche come rotative. Una serie di aficionade del burraco che occupano i tavoli sotto la tettoia per tutto il giorno e fumano come ciminiere. C’e perfino mia moglie, Clorinda. Ma di me nessuna traccia. Di mia moglie, invece si dice che con tutta probabilità non sarebbe più tornata in quello stabilimento, perché dopo il fatto nessuno l’aveva più vista.
“Fatto”? Di quale “fatto” si parla? E poi chi gliel’ha data un’informazione così sbagliata? Io sono lì e per puro caso non c’è anche mia moglie, partita una settimana prima di me per dare aria alla casa come ogni anno.
Mi viene un dubbio e riapro il giornale. Non ho letto come si deve, forse.
Ma l’articolo contenente il racconto continuerà il giorno seguente. Se prima non volevo vedere il mio nome, adesso sono sinceramente seccato dal fatto che non viene menzionato.
Non mi resta che aspettare l’indomani.
(Domenica)
Il protagonista del racconto va al suo stabilimento, ma viene ignorato completamente, trova sul giornale un racconto sul suo stabilimento balneare e i personaggi che lo popolano, ma lui non c’è. Innervosito, decide di rientrare a casa, ma non trova la moglie che neppure rientra per la notte è preoccupato di sapere cosa è successo…
La giornata mi aveva parecchio turbato. Quel benedetto articolo.
Vado a casa, ma di Clorinda, mia moglie, partita come sempre una settimana prima di me nessuna traccia.
Cosa ancora più strana, nessuno aveva aperto la casa.
La chiamo. Nessun segnale al telefonino.
La signorina con il suo solito tono gentile ma monocorde mi informa o che il numero è inesistente o che “potrebbe non essere raggiungibile”.
Passo la notte a passeggiare in su in giù per il corridoio. Un caldo terribile. L’aria condizionata non funziona e il frigorifero è desolatamente vuoto. Comunque non ho fame.
Appena fa giorno esco. Devo leggere l’articolo. Vado allo stabilimento, ma di mia moglie nemmeno l’ombra. Faccio un tentativo per avere un caffè, ma senza successo e mentre cerco di cogliere il momento per essere visto dal barista, un tipo tutto tatuato, che pure si doveva ricordare di me viste le mance che gli lasciavo – ma figurati se ne gliene lascio ancora –, aspetto che un altro avventore molli il giornale su cui ha parcheggiato la propria tazzina di caffè.
Non appena si distrae gli sfilo il giornale e desisto dallo sbracciarmi col tatuato.
Trovo il seguito del racconto.
Non c’è assolutamente nient’altro che attiri la mia attenzione e soddisfi la mia curiosità. A me non si accenna nemmeno.
Deluso sto per richiudere il giornale quando attira la mia attenzione, invece, un trafiletto con riquadro nero nella stessa pagina.
Leggo nuovamente e con maggiore concentrazione il trafiletto.
“(Marina di Ravenna 26 giugno 2011) – Rolando Boccadifuoco, 55 anni, noto ingegnere di Ravenna, è stato colto da un malore improvviso e fatale mentre sotto il suo ombrellone stava leggendo il giornale al bagno “Stabilimento 999”. Il professionista, è stato subito soccorso da amici, bagnini e 118, che ne hanno tentato la rianimazione, ma per l’uomo non c’è stato niente da fare e, trasportato in ospedale, se ne è potuto unicamente constatare il decesso. L’ingegnere Boccadifuoco lascia la moglie Clorinda. La signora Adele proprietaria dello Stabilimento 999 ha ricordato con profondo cordoglio la morte dell’Ing. Boccadifuoco e per rispetto nei confronti della moglie ha dichiarato di aver deciso di ritirare il suo storico numero di ombrellone, il 56”.

Non è possibile, il numero dell’ombrellone l’ho visto ne sono certo.
Alzo la testa e leggo:58.
Ma non può essere, mi sarò semplicemente sbagliato, ma sì mi sono seduto a quello sbagliato, deve essere senz’altro così.
Scorro gli ombrelloni: 57, 55, 54. Niente.
Torno indietro: 54, 55, 57, 58, 59.
Il 56 non c’è. O forse non c’è veramente più.
Immediatamente vengo risucchiato in un vortice come in un tuffo all’indietro.
Nerone che non mi aveva considerato. Neppure il barista tatuato né Adele. Nessuno si era avvicinato in spiaggia. Nessuno a casa, inspiegabilmente vuota. Clorinda scomparsa. Il cellulare muto. Niente gavettoni né pallonate. Che fossi trasparente?
Mi guardo intorno e mi rendo conto che sono l’unico che non ha l’ombra. Impossibile tutti hanno un’ombra.
Metto insieme i pezzi, comincio a farmi un’idea.
Eppure non è poi così male, mi sento come le nubi che passano leggere e penso: –chissà forse adesso mi posso infilare sotto la doccia con la “tennista”.

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