Premio Racconti nella Rete 2013 “Cuori” di Lorenzo Misuraca
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2013
A Roma c’è una ragazza affacciata alla finestra. Con una mano regge il telefono all’orecchio. Con l’altra allontana i capelli dalla fronte. Sorride. Non vede il cuore che le attraversa il petto e comincia a salire nell’aria. La ragazza continua a parlare. Il cuore sale. Va a un appuntamento, come tutti i cuori innamorati e lontani. Va incontro al cuore che ha scelto e che ora si trova a Torino. S’incontrano a metà strada. E a metà strada c’è Livorno. Sul cielo di Livorno lievitano invisibili agli occhi i cuori della ragazza di Roma e del ragazzo di Torino. È un amore passionale, fatto di rapidi incontri, promesse stracciate, partenze improvvise e parole non dette. È un’amore da porto, da marinaio. Come la città che accoglie i due cuori. Come l’amore di tutti gli altri cuori che s’incontrano a metà strada proprio a Livorno.
Ma questo non lo sa la ragazza, non lo sa il ragazzo. A dire il vero, nessuno lo sa che il colore, la forma e il peso della storia vissuta non dipende dalla testardaggine della sposa o dalla cura dello sposo, ma dal luogo dove s’incontrano i loro cuori, nel mezzo del cammino.
Così un amore tra il postino di Modena e una studentessa di Perugia s’incontra a Stia, piccolo paese di collina a due passi dai monti Casentini, ed è un amore di pochi imprevisti, intenso ma sereno. Spazioso e azzurro come il cielo della campagna. L’amore del professore di Torino e della interprete di Zara, in Croazia, ha la malinconica allegria di Bologna. È amore materno, di soppiatto, di carne e freddo ingannato coi portici. Ma l’amore che da Brindisi porta a Siracusa s’incontra a Catanzaro, e per tanto non può che essere morsi e saliva e gelosia cupa.
Ne consegue che così come esistono città più dolci al transito terrestre e altre più gravi, esistono luoghi migliori per l’incontro di un amore. Uno di questi è senza dubbio la città di Roma, che risplende di storia e bellezza, e che trovandosi al centro dello stivale e al centro del mediterraneo, gode di una posizione di tutto rispetto per l’intermediazione di cuori. L’amore che s’incontra a Roma è eterno e coraggioso, durasse anche tre settimane. L’amore di una palermitana e una veneziana sarà forte come colla e…cinematografico, come i set del centro della capitale. In più Roma, avendo milioni di abitanti che ogni giorno s’incontrano e si scontrano, abbonda anche di amori per così dire “comunali”. Dunque, il cielo della capitale abbonda di cuori che ballano il valzer o semplicemente si annusano. E sono così tanti, e stanno così stretti, che capita di toccarsi, di rompere il magnetismo che lega il cuore vicino al suo amore. Capita spesso di perdere quota, di risalire e trovare il proprio cuore che flirta con un altro cuore, talvolta con due. Capita che il cuore tradito non abbia neanche tempo di chiedere spiegazioni, che la coltre di cuori che affolla il cielo di Roma nasconda il cuore fedifrago e lo allontani per sempre.
Il sovraffollamento di cuori sopra il cielo delle grandi città è senza dubbio la ragione per cui le storie d’amore tendono a durare meno e ad essere più eteree di quelle che nascono nei paesini di campagna, dove talvolta non si vede una coppia di cuori per centinaia di metri se non addirittura per miglia.
Rimane poi da spiegare perché altre grandi città come Milano non raggiungano l’affollamento di cuori che c’è a Roma. Una delle tesi più credibili è che i cuori siano dotati di scarsa vista. E che quindi in condizioni di nebbia e smog consistenti arrivino a pochi centimetri l’uno dall’altro, non riescano a trovarsi, e tornino indietro sconfitti. Da qui, il sottile e apparentemente inspiegabile senso di perenne insoddisfazione che accompagna molti abitanti della città lombarda.
Per non dire che il cuore è un essere metereopatico, e tende a crescere più sano e forte sotto il sole e il cielo terso, piuttosto che assediato dalla pioggia e dal freddo.
C’è poi un’altra questione, a cui gli esperti di geopolitica internazionale dovrebbero prestare attenzione, prima di spararle grosse sulle insanabili differenze culturali che mandano a monte i matrimoni interetnici. In vero, i cuori si stancano, proprio come gli esseri umani e gli animali. Per tanto un cuore che dovrà raggiungere la metà strada tra Baghdad e Copenaghen rischierà di non arrivare all’incontro molto più spesso che uno procedente da Molfetta in direzione Pescara.
Sistemato questo dubbio, ne rimane un altro. Che ne è degli amori che s’incontrano sui cieli di zone desolate, dove l’uomo non mette quasi mai piede?
Questi cuori devono affidare alla propria resistenza, più che altri, la durata e l’esito dell’amore di cui si fanno ambasciatori.
Ovviamente, due cuori che s’incontrano sulle terre arse nei pressi di Mores, paesino dell’interno sardo, si abituano a un amore fatto di poca acqua, e di lunghi silenzi. Un amore di attese solitarie, capace di sopportare mesi di telefonate per una goccia di dolcezza ogni tanto.
Poi ci sono gli amori che s’incontrano in mare, che ogni giorno mettono in palio paura di perdersi e coraggio di amarsi, e scommettono. Ai cuori che vedono il mare, sembra di vivere sulla luna, si chiedono continuamente se sia vero tutto quello che è, e se è giusto che un amore così forte debba resistere in un luogo così duro.
Ci sono due cuori, per esempio, che proprio adesso stanno sopra il mare.
Appartengono a un fornaio di Palermo, affacciato a una finestra, e a una segretaria di Firenze, che guarda il soffitto distesa sul letto.
Il loro amore ha trovato un posto scomodo per incontrarsi, a largo di Napoli, tra la terra ferma e la Sardegna. Le correnti da Sud e quelle da Ovest si baciano lì, e creano scosse, che spesso sono pioggia, che spesso sono tuoni. I cuori del fornaio e della segretaria si stringono forte e si guardano intorno. Hanno paura di cadere, di schiaffeggiare il mare sfiniti e sprofondare in un oblio di cobalto. E del resto, gli altri cuori che passano per raggiungere la loro destinazione, glielo ripetono di continuo che quello non è posto per sostare. Che proprio sotto la loro ombra che si riflette sulle onde come ali di angelo, a mille metri dal pelo dell’acqua ci sono milioni di carcasse di cuori. Tutti morti nel tentativo di restare lì, dove l’amore li aveva portati. Così dicono i cuori che passano rapidi per quel pezzo di mare, e alcuni fingono un sorriso e sussurrano al compare che al ritorno non troveranno di certo nessuno a lievitare in quel punto. Ma i cuori del fornaio e della segretaria si stringono forte e non sentono il resto del mondo. Capita a volte che una folata di vento troppo violenta ne allontani uno di qualche metro, e allora di corsa e a riabbracciarsi. Capita che la pioggia battente sfinisca la forza dell’altro, che questo si lasci andare arreso, ma rimanga impigliato tra i denti e la volontà del compagno. Appesi l’uno all’altro rimangono i due cuori, anche in questo momento in cui si racconta di loro. Non sanno che lunghezza avrà il domani, dimentichi della strada fatta per arrivare. E però si tengono, l’uno coll’altro, e fanno amore.
È stupendo Lorenzo! Complimenti per l’idea, lo stile e le immagini divertenti e dolci che hai saputo creare. Merita di essere letto e riletto. Hai dato una spiegazione tutta tua del detto “Sursum Corda”! (in alto i cuori). Silvia
Manca qualche virgola ed è più corretto “pertanto”, in una sola parola.
Il resto è ok: suggestivo ed etereo.
Racconto piacevole.
Ciao. BB