Premio Racconti nella Rete 2013 “Un giorno, nel parco” di Maria Beatrice Berti (sezione racconti per bambini)
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2013Era una bella giornata di primavera. Clotilde e Milla avevano appena finito i compiti, bevuto la spremuta e mangiato una fetta di pane e marmellata preparata dalle rispettive mamme. Si erano date appuntamento dalla finestra della camera con un gesto di saluto, come sempre.
Poco dopo erano sotto casa con i libri di fiabe sotto il braccio, le voci festanti e ciarliere. E alcune marionette che sbucavano dalle tasche.L’obiettivo di quel giorno era l’antica torre.
Intanto che costeggiavano il canale, notarono che il negozio del rigattiere e la trattoria erano aperti e c’era un po’ di viavai.
Clotilde sperava che una volta superate le case, la piccola pineta verdissima e silenziosa restasse a loro disposizione.
Le appariva come un bosco magico, incantato nel tempo. Intravedeva gia’ il muricciolo sconnesso che delimitava la banchina dalla radura in cui il sole occhieggiava invitante. Le barche ormeggiate producevano uno sciacquio dolce.
Che bello poter prendere il largo verso il mare. Ma era soltanto un sogno. Una volta lei e Milla si erano calate giu’, sulla barca piu’ vicina alla spalletta ed erano rimaste incredule ed entusiaste per un bel po’ a cullarsi nei rumori. Si vedevano gia’ in partenza verso isole lontane e sconosciute.
Era stata una bella impresa. Nascoste, avevano sentito le voci dei pescatori che scaricavano e la paura di essere scoperte le aveva elettrizza
te. Inoltre, uscendo si erano imbattute in un numero di gatti e gattoni che gironzolavano al sole in cerca di cibo.
Accipicchia, quanti! E poi, ai piedi della torre quella volta avevano pure scoperto tre gattini che muovevano a stento i primi passi, tanto erano piccoli.
Camilla volle dare un nome a tutti e tre. Zero, Muso e Cartoccio. Clotilde penso’ invece di correre a casa subito, prendere una coperta, una cesta e un po’ di latte dal frigo. Fu cosi’ che li sistemarono, con molta cura.
Ritornarono il giorno dopo ma dei gatti nessuna traccia. E neppure della cesta e della vecchia coperta.
Trovarono invece un sacco di biglie di vetro multicolori negli anfratti del muricciolo. Che però non compensarono l’enorme delusione,
Erano arrivate. Entrarono sul lato che era coperto da fogliame e aghi di pino, una siepe profumata circondava e isolava tutto, regalando un’atmosfera fresca e misteriosa. I muschi annidati tra le pietre, i cinguettii degli uccelli e lo zampillare della fontanella rotta portavano lontano. In un’epoca in cui una giovane principessa abitava in quella torre ornata di finestre a sbarre, di una porta con gli scalini un po’ sciupati, imprigionata in un sortilegio gettato da una maga stramba col cappello a sghimbescio. Nessun cavaliere era riuscito nell’intento di liberarla. La maga era riuscita con un colpo furbo ad attirarla e strapparla dal suo castello e condurla li’, nascosta nella folta vegetazione del bosco.
Clotilde guardava su verso l’alto e si perdeva a scorgere la cima della torre, dove sapeva che Erminia, la principessa, era prigioniera.
Camilla invece, era assorta nel raccogliere fiori, le prime margherite dopo molta pioggia. Tra l’erba luccicava qualcosa.
Milla fece un salto ed esclamo’ contenta guarda qua! Clotilde invece con la testa per aria percorreva piano piano ciascun lato della torre.
Poi, improvvisamente, lancio’ un urlo e corse via come un fulmine.
Milla trasali’ forte, getto’ le margherite e inizio’ a correre verso Clotilde, al limite del piccolo parco.
Clotilde tremava dallo spavento era bianca in viso e non pronunciava parola. Milla che tremava di riflesso, impaurita dai modi dell’amica, trovo’ il coraggio di prenderle la mano e di portarla fuori nello spiazzo ora assolato rigenerante di una piacevole calura.
Finalmente Clotilde si calmo’ un poco e cerco’ di raccontare a Camilla quel che aveva visto. Ma non fece che poche parole.
Vicino a loro si materializzo’ un’ombra, una persona. Era piu’ grande di loro, vestito con abiti di fortuna. In un cattivo italiano disse loro di scusarlo, non voleva far loro paura.Milla e Clotilde sussultarono, si allontanarono di qualche passo e si strinsero vicine l’una all’altra.
Era in viaggio, continuo’ lo sconosciuto, doveva raggiungere la moglie e il figlio che abitavano un po’ distanti da li’.
Si stava riposando, perche’ aveva camminato tanto e sarebbe partito di nuovo tra un po’.
Clotilde e Milla avevano riacquistato il sangue freddo, suggerirono allo straniero di prendere il treno. Come avrebbe fatto a piedi a raggiungere la citta’ dove stavano sua moglie e il figlio?
Il giovane sorrise e i denti candidi spiccarono nel volto bruno di sole. Non aveva soldi.
Milla e Clo si guardarono stupitissime. Ma come?
Il giovane racconto’ che veniva da un paese lontano e che aveva speso tutti i soldi nel viaggio e per mangiare. Lo guardarono ancora con gli occhi grandi dell’incredulita’.
Quelli di Camilla ebbero un lampo e con ritrovata prontezza apri’ la mano che aveva serrato con forza il tesoro trovato.
Erano tre monete che luccicavano al sole nel palmo della mano.
Clotilde disse al ragazzo di prenderle. Il ragazzo disse di no. Non poteva.
Tutte e due insistettero. Allora lui le prese, ringraziando. E poi si guardarono e dissero al giovane di non muoversi di li’:
La trattoria era ancora aperta e Ignazio, il padrone, le conosceva bene. Aveva sempre in serbo per loro pesce e patatine fritte o pane e prosciutto, se facevano una visitina.
Fecero capolino dalla finestrella che dava sulla strada e Gianna la cuoca, sorridendo allungo’ due sacchetti alle simpatiche ragazzine.
Ritornarono dal ragazzo che stava ancora osservando le monete e gli porsero i sacchetti. Lui si senti’ in imbarazzo ma ringrazio’ e li prese.
Si accomodarono tutti e tre sul muretto sconnesso dove adesso un pescatore aveva posato le reti da riparare. Il ragazzo racconto’ del suo paese, del forte caldo che vi faceva, dei campi lavorati a perdita d’occhio. Dei canti delle donne e dei bambini verso sera, al ritorno verso casa. Della poverta’ e della ricchezza, del cielo dal colore particolare e dei giorni senza pioggia.
Era tanto lontano quel paese? Milla e Clo sarebbero partite subito, avessero potuto.
Avrebbero voluto vedere quel cielo di un blu cosi’ diverso da quello della citta’ dove erano nate e in cui vivevano; i sorrisi candidi dei bambini che cantavano di ritorno verso casa, dalla scuola.
Il ragazzo si scuso’. Era tardi. E doveva rimettersi in viaggio. Le ringrazio’ per cio’ che gli avevano regalato.
E si avvio’ con un ultimo sorriso per la sua strada.
Camilla e Clotilde rimasero a guardarlo mentre si allontanava, salutandolo con la mano.
Spari’ alla loro vista. Contemplavano il canale davanti a loro, le barche che passavano e turbavano il silenzio con lievi rumori.
Ad un certo punto le note di una canzone in voga in quel momento le riscossero da quel meditare e, piene di energia, si misero a saltellare per strada.
Cominciarono a ridere forte, dei loro passi sgraziati e goffi, delle facce sempre piu’ buffe che si facevano l’un l’altra e delle linguacce.
Si misero a correre, iniziarono a giocare a nascondino a ritmo di musica, ai piedi dell’antica torre, ignare e in attesa di nuove scoperte e nuovi tesori.
Se la fiaba è il racconto per avvicinare i bimbi ai sentimenti e ai valori della vita, l’approccio al tema dell’emigrazione e delle problematiche connesse non è facile. Il palcoscenico dei nostri tempi e la crudezza dell’immagini rendono quasi impossibili la magia delle fiabe e, quindi, è lodevole il tentativo.
Brava.
Ciao.