Premio Racconti nella Rete 2013 “Benone! Grazie!” di Ugo Bartolucci
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2013“Ispettore Senigagliesi!” urlò lungo il corridoio il sovrintendente Mantovani.
“Coosaaa? Che cavolo vuoi?” rispose, urlando, Senigagliesi, mentre chiudeva Youtube.
Due secondi dopo il soprintendente e l’ispettore si trovarono l’uno di fronte all’altro: il primo in piedi di fronte alla scrivania, l’altro seduto intento a trafficare con il mouse.
“Ispettore? Foo Fighters?” indovinò subito Mantovani “Ispettore bisogna andare. Dobbiamo subito recarci in Via Domodossola: perquisizione appartamento.”
“Senti Mantovani, il caso è stato affidato a Rocchi, quindi che cavolo vuoi da me?”
“Rocchi non c’è e lei deve venire con me, parola di Commissario Corneli.” disse a bassa voce, mentre alzava il sopracciglio e disegnava nell’aria cerchi concentrici con le mani come a dire: capirai, allora, se l’ha detto lui.
Senigagliesi guardò Mantovani con aria assorta. Poi cominciò a giocherellare con i suoi due anelli: in uno c’era effigiato un unicorno rampante e l’altro…be’, l’altro gli era stato regalato “Al mio amore, per sempre” da una delle sue fidanzate che l’avevano lasciato. Una delle troppe. Quando Senigagliesi guardava con aria assorta mai nessuno avrebbe detto che non stesse pensando. E infatti non pensava. Guardava con quell’aria solo perché cercava di recuperare tempo. Sperava così di far viaggiare le cose con i suoi tempi. Sperava, ma non ci riusciva.
“Il Commissario Corneli dovrebbe riferire a me e non a te, sovrintendente.” Osservò l’ispettore
“Ispettore! La prego! Si sbrighi!” gli occhi dei due uomini si incontrarono.
“Ok, dai! Arrivo!”
Percorsero il corridoio in un lampo, discesero le scale e Senigagliesi si accorse che non aveva il portafoglio.
“Che diavolo se ne fa, ispettore, del portafoglio?”
“Aspetta, Dio bono, arrivo subito!”
Dopo due minuti, un ispettore ansante, confessava al sovrintendente, mentre erano in macchina, che non aveva più il fisico del giaguaro di una volta e che ste cavolo di rampe di scale troncano in due le gambe.
“Mantovani? Che c’è da fare?” chiese distrattamente Senigagliesi mentre rufolava nelle tasche alla ricerca delle chiavi: in quelle della giacca aveva già guardato: niente; in quelle dei pantaloni pure: niente. Cavoli –pensò l’ispettore-il cerchio si stringe.
“Abbiamo incastrato sta tipa, pare che dentro casa abbia una partita di cocaina ben nascosta, ma dobbiamo agire velocemente, non c’è tempo da perdere.”
L’ispettore Senigagliesi era entrato in Polizia perché così il destino aveva voluto. All’esame per diventare Ispettore aveva fatto un tema di diritto penale coi fiocchi, ma non perché fosse particolarmente approfondito in materia, ma perché a lui garbava scrivere. Gli garbava proprio tanto. E infatti lui era uno scrittore imprigionato in un corpo di ispettore. Imprigionato nel Corpo di Polizia.
“La sai una cosa Mantovani?” disse mentre aveva finito di rovistare in tutte le tasche possibili e ora si puliva gli occhiali.
Mantovani, invece, era un sovrintendente paziente che aveva imparato a collaborare con l’ispettore sopportandone le stranezze.
“Quale cosa?”
Senigagliesi, invece, era imprevedibile, soprattutto nei colloqui.
“Essere sbadati è una fonte, ineguagliabile, di vita.” Disse questo mentre pensava: ma sarò coglione a dimenticarmi di tutto.
Mantovani continuò a guidare: ingranò la seconda, poi la terza, poi la quarta…frenò, controllò lo specchietto laterale e poi disse: “Ispettore, la Rugiati, nata il 22 gennaio 1971 e residente a Torino in via Domodossola è incensurata”
“Mmmm…sì? Essere sbadati rende la vita imprevedibile. Sei sempre costretto a rivedere i tuoi piani e questo ti permette di avere una mente agile.”
Via Domodossola arrivò in pochi minuti. Una via come tante altre: distributore di benzina, bar, minimarket, gommista, pub, un discreto traffico, lavori in corso, cassonetti colmi, una Beauty Farm dei poveri, vecchine solitarie con la borsa della spesa, vecchina col nipotino per mano, famigliole, avventori del bar con lo spritz.
A quell’ora, dalla scuola elementare “Pascoli”, stavano uscendo nugoli di bambini e la strada era ingombra di auto dei genitori che aspettavano, in ansia, che uscissero i propri figli. Tutti di fretta. Pure il pensionato che era stato messo a vigilare dal Comune, sembrava agitato.
“La fretta, Mantovani, non consiglia mai bene”
“Ispettore, parcheggiamo qui e poi, se lei è d’accordo, procederemo a raggiungere l’abitazione della Rugiati”
“Sì sì, d’accordo, andiamo”
Salmone e verde chiaro fanno a pugni. Chi era stato l’ideatore della tinta del palazzo? Perché fra tanti colori aveva scelto di abbinare il verde chiaro al color salmone? Pensava questo l’ispettore Senigagliesi mentre il sovrintendente chiedeva qualcos’altro. Il sovrintendente sembrava proprio agitato.
“Che c’è Mantovani? Cosa hai?”
“Porco giuda ispettore…porco giuda.”
“Sì? What happens?”
“Il mandato. Mi son dimenticato il mandato.”
“Ah bravo! Bella mossa Mantovani.”
Intanto la via si era quasi svuotata. I bambini erano stati tutti raccolti dai genitori e ora c’erano solo alcuni passanti e due poliziotti in borghese che si guardavano l’uno con l’altro di fronte ad un palazzo di tre piani color salmone e verde chiaro.
Corneli era dietro alla sua scrivania e stava infilando le sue mani grassocce, piene di unto e sale, dentro il tubo delle Pringles. Per completare decentemente l’operazione non dimenticava di leccarsele a modo. Fu nel momento in cui si succhiava il pollice che arrivò la telefonata.
“Commissario Corneli? Sono l’ispettore Senigagliesi!”
“Che diavolo vuole ispettore? Da dove mi chiama? Ma non dovrebbe essere in ufficio?” disse mentre osservava il tubo delle Pringles e si rammaricava di non aver preso quelle gusto bacon-quelle gusto bacon lasciano in bocca quel saporino…
“Ma no…mi ha mandato qui per il caso…quello della tipa con la coca in casa…”disse Senigagliesi mentre scrutava una bella donna che camminava sui tacchi sul marciapiede opposto.
“Ah sì! E allora?” disse Corneli mentre tentava di prendere l’ultimo gruppo di patatine da dentro il tubo.
“Ehm, ecco, il mandato. Non ci siamo portati dietro il mandato.”
“Senigagliesiiii!”-crunch-“lei”-crunch crunch-“è il solito casinista!”-gnam gnam slap slap-“Lei e’ la mia …”-gnam gnam-“disperazione! Si arrangi!”
“Va bene, va bene…mi arrangio.”
Corneli chiuse la comunicazione e pensò: ma io, che cavolo ci sto a fare in questo posto? Commissario? Ma io non voglio fare il commissario. Io sono un artista. Un pittore. Un pittore con cavalletto, tavolozza, cappello floscio e baffetti neri all’insù. Crunch! Masticò un’altra Pringles. L’ultima.
“Ispettore?”
“Cosa?”
“Che ha detto il commissario?”
“Ha detto che , nonostante le avverse fortune, egli ripone grande fiducia nelle nostre risorse e che mai dubiterebbe delle nostre, notevoli, capacità!”
“Ha detto così?”
“No.”
“Cosa facciamo?”
“Non lo so. Non lo so con certezza, ma tra poco mi verrà un’idea…andiamo comunque!”
“Ah bene! Grande soluzione!”
“Mantovani, taci e seguimi!”
“Oh! Vabbè, tanto l’ispettore è lei.”
L’avvocato Gramellini era il discendente di una famiglia di principi del Foro. A venticinque anni si era laureato in Legge con la nomea di essere un ottimo oratore e un buon scrittore di articoli. Era sempre stato di sinistra, ma, a quei tempi, era forte il centrodestra e quindi decise di entrare nei ranghi del centrodestra. Si candidò come sindaco in un collegio in cui la destra non avrebbe mai potuto perdere e vinse di stretta misura. Poi pensò bene che tutte queste conquiste dovessero essere cementate con un bel matrimonio. Durante un Congresso conobbe la figlia di un grosso imprenditore e se ne innamorò perdutamente. Il primo approccio fu un successo; lei aveva un bel volto allungato da cavallo a dondolo e un’espressione intelligente tipica dell’ottuso. Come già detto: se ne innamorò. Le tese varie imboscate: al bar, al parco col cane, a teatro e, alla fine, si dichiarò. Si sposarono dopo alcuni mesi. Così divenne l’avvocato civile della Holding Mowgli il cui socio di maggioranza era il padre di sua moglie. La Holding Mowgli era un gruppo di società fittizie e semivere (assicurazioni, agenzie di eventi, agenzie immobiliari, agenzie di viaggi) che facevano dei gran soldi tramite appalti truccati.
La cravatta era annodata un po’ male: un po’ storta; le scarpe un po’ logore, però non c’era tempo da perdere, il ministro Cattabeni era stato chiaro: devi convincere il questore che la Rugiati è stata messa in mezzo, l’hanno incastrata. Il questore avrebbe poi convinto il commissario Corneli a non partite con le indagini. Insabbiare. La cosa andava insabbiata. Salì le scale e si fece annunciare. La Rugiati era la fidanzata del figlio, adottivo, del ministro.
Il colloquio fu breve, ma significativo, ed estremamente convincente. Il questore telefonò subito al Commissario Corneli. Lo convinse rassicurandolo sul fatto che, se avesse dato seguito alle indagini, sarebbe finito a fare il commissario a Lampedusa o in qualche altra bella stazione elioterapica nell’entroterra sardo oppure al Parco Nazionale dell’Aspromonte. Corneli richiuse diligentemente il tubo delle Pringles e ascoltò reverente quanto il suo superiore stava dicendogli. Alla fine si congedarono assicurandosi che, in fondo, la Rugiati, era davvero stata incastrata e che quindi non stavano facendo proprio niente di male.
Senigagliesi e Mantovani, intanto, si erano arrangiati. Mantovani era abituato ad improvvisare visto che suonava in una orchestrina jazz che cambiava sempre i suoi componenti: sta cosa gli faceva venire il mal di testa perché lui era un uomo metodico, però sapeva adattarsi. Senigagliesi, invece, viveva nell’improvvisazione e quindi, anche se non l’avrebbe mai ammesso, a lui, ste cose, garbavano proprio. La Rugiati era tra loro due e aveva assunto un atteggiamento sprezzante meritevole di due begli schiaffi.
“Agente Corti!?” disse Senigagliesi entrando in commissariato.
“Comandi!” s’irrigidì sull’attenti Corti.
“Prenda questa signorina e la sbatta al fresco, poi torni da me che le devo consegnare quanto abbiamo sequestrato nel suo appartamento”
“Ispettore? Vado a redigere il verbale.”
“Bravo Mantovani! Così ti voglio: propositivo e volitivo!” disse Senigagliesi mentre Mantovani partiva a passo strascicato verso la sua scrivania. Si vedeva ad occhio nudo il suo forte entusiasmo.
Corneli sentiva un po’ di trambusto la fuori. Il suo commissariato rimaneva silenzioso fino a che non arrivava quel casinista dell’ispettore Senigagliesi. Il suo essere un serioso uomo del nord, un milanese doc, lo portava a denigrare con asprezza questo modo estroverso di esprimersi. Ma dove siamo –pensava tra sé e sé- e assumeva un’aria contrariata e stupita allo stesso tempo.
Senigagliesi entrò nell’ufficio del commissario con un sacchetto nella mano sinistra. Un sacchetto di plastica chiuso con lo scotch da pacchi. Dentro una polvere bianca. E non era borotalco.
“Permesso Commissario? Mi scusi sa, ma volevo ragguagliarla sul fatto che il caso Rugiati è stato risolto. Perquisizione fatta e coca rinvenuta.”
Corneli sbiancò. Alzò gli occhi al cielo, spense il computer e poi disse, con un filo di voce: chiuda la porta.
“Commissario? Non è che io pretenda che lei faccia i salti di gioia, ma…insomma…nemmeno che lei sbianchi…ma che succede?”
“Senta, le cose devono essere fatte bene. Noi siamo della Polizia…e quindi le cose devono essere fatte bene” disse fissando un punto molto oltre la spalla dell’ispettore.
“Ehm…sì? Direi di sì…e quindi?” insistette Senigagliesi.
“Vuol dire che le deve fare con la testa.”
“Mi pare un’ottima idea. Con la testa! Ma certamente! Peccato non averci mai pensato a sta cosa” disse con ironia.
“Senigagliesi!” Corneli si alzò di scatto e battè il pugno sulla scrivania sbriciolando anche gli ultimi resti di una Pringles. Poi si risedette e cercò di calmarsi.
L’ispettore guardò il sacchetto di plastica e poi disse: “Un kg di coca. Mica poca. L’abbiamo trovata in casa della Rugiati.” E la posò sulla scrivania.
“Che diavolo è sta roba?”
“E’ coca!”
“Mi ascolti bene. LEI, DALLA RUGIATI, NON HA TROVATO NULLA. Oppure la faccio trasferire.”
“Ma mi trasferisca un po’ dove cavolo vuole Commissario! Però prima mi spieghi che cavolo di storia è questa!”
“Lei è entrato in casa della Rugiati con il mandato?”
“No! Ce lo siamo dimenticato.”
“Molto bene. Si può procedere con la perquisizione se non si ha un mandato?”
“No.”
“E lei cosa ha fatto? Ha perquisito?”
“Sì”
“Le ripeto la domanda: lei ha perquisito?”
“Sì e ho pure trovato la coca”
“E io le faccio passare un guaio. “
“Be’, in effetti, ha pure ragione lei! Ma come? Mi permetto di prendere un incarico che non mi spetta…visto che spetterebbe a Rocchi…incastro il colpevole e in più recupero il materiale che diventa una prova schiacciante…voglio dire…son proprio un lazzarone!”
Corneli diventò cianotico. Si alzò. Sbattè forte i pugni sul tavolo e disse: “Lei ha fatto una perquisizione senza mandato! Lei è passibile di processo penale! La farò radiare! Radiare! Ha capito? Ra-dia-re!”
“Ma faccia un po’ quello che vuole!”
Senigagliesi girò i tacchi e uscì dall’ufficio. Amarezza, sentiva amarezza. Anche, amarezza, ma soprattutto: era incazzato come una belva. Trillò il cellulare. Frugò nelle tasche e lo tirò fuori. Un messaggio di Marika: non riesco più a parlare con te, non comunichiamo. Forse è meglio prenderci un periodo di pausa.
Lesse il messaggio una seconda volta. Spense il cellulare e si appoggiò al muro. Che cavolo, mi dovrei comprare dei pantaloni nuovi, questi son rotti…forse dovrei anche comprare delle magliette…uff…
“Hey Senigagliesi! Come va?” disse l’ispettore Rocchi passando per il corridoio.
“Benone! Grazie!” rispose l’ispettore accennando un sorriso.