Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2013 “Burraco a Napoli” di Daniele Barattelli

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2013

Leopoldo scende per Via Luca Giordano per poi girare a sinistra per Via Carelli.
Davanti al cinema Arcobaleno, si sente chiamare: «Ciao, Leopoldo».
«Ciao, Rita. Scommetto che sei qui per l’ultimo di Özpetek», girandosi verso di lei, sorridendo.
«Si’ … bravo … hai indovinato. Ma i biglietti erano già finiti».
«Özpetek ha un proprio pubblico di estimatori affezionati. Saranno venuti tutti subito per paura che lo tolgano dalla programmazione». Dopo un attimo di esitazione: «Sto andando a cena in un ristorante qui vicino. Se ti va».
«Non so. Com’è questo ristorante?»
«Oh … non lo so … A me piace. Vieni! dopo mi dirai tu che ne pensi».
«D’accordo. Andiamo». Rivolgendosi al posteggiatore, Rita prosegue: «Posso lasciare qui la moto?».
«Non si preoccupi, signora», sorridendo, «La cena dura meno di un film, a me conviene».
Così Leopoldo e Rita continuano a scendere per Via Carelli per raggiungere il ristorante.
Da dietro i vetri della porta, il cameriere li vede salire i due scalini che separano il marciapiede dallo spazio riservato ai tavoli del ristorante ed apre per accoglierli.
«Prego, da questa parte. Potreste sedervi a quel tavolo. Così potete seguire anche un po’ le notizie del telegiornale appena cominciato», dice la cameriera, facendosi loro incontro.
Camminando nella sala, Leopoldo vede un tavolo dove vi sono tre donne. «Scusa, Rita. Ti voglio presentare le mie amiche Stefania, Claudia e Clelia», invitandola a seguirlo.
«Stefania e Clelia già le conosco», avvicinandosi prima a Stefania e poi a Clelia per baciarle sulla guancia. «Abitiamo anche vicino».
La terza amica conclude: «piacere, sono Claudia. Un’amica di Stefania», mentre le porge la mano.
«Piacere mio, Rita», risponde, stringendole la mano.
«Va bene. Vogliamo accomodarci al tavolo?», interviene Leopoldo a cui non piace molto conversare. «Magari dopo cena possiamo fare una breve passeggiata». E, senza attendere risposta, si dirige al tavolo, dove li sta aspettando la cameriera.
Leopoldo aspetta che Rita si sia tolta il giubbotto e lo abbia sistemato sull’attaccapanni per aiutarla a sedersi accostando la sedia. Sottocchio vede Clelia che alza il pollice della mano destra, in segno non si sa se di approvazione o di presa in giro. Mentre le altre due amiche si limitano a guardarlo sorridendo.
Leopoldo sistema a sua volta il proprio giubbotto sulla spalliera di una sedia e si siede anche lui; di fronte a lei.
La cameriera si avvicina: «Vi consiglio io? O vi porto il menù?»
«Ci porti il menù. Grazie.», risponde subito Rita.
Mentre attendono che la cameriera ritorni, si apre la porta della cucina, di fronte a Leopoldo, ed esce Maria con un piatto con due crocchette di patate e mozzarella.
«Ciao, Maria», sorridendole. Ma Leopoldo ha appena il tempo di finire la breve frase che si sente rispondere.
«Traditore». E Maria continua a camminare senza dargli il tempo di replicare.
Rita tiene la testa leggermente inclinata verso il tavolo, alza solo gli occhi e lo guarda perplessa.
La cameriera torna. Porge il menù prima a Rita, poi a Leopoldo. Nel farlo gli dice: «Ah, sei tu che hai tradito Cristina, la sorella di Maria. Che schifo! E hai pure il coraggio di venire qui». Mentre Maria si ferma vicino al tavolo con Stefania, Claudia e Clelia per dire qualcosa.
«Leopoldo, è veramente brutto quello che hai fatto alla mia figlioccia». Dice Stefania girandosi verso di lui.
«Lo sai che io sono più amica di Emanuela, Francesca e Melania. In passato ho anche litigato con lei, ma devo essere d’accordo con loro. Cristina non si merita questo», aggiunge Clelia.
Leopoldo, visibilmente imbarazzato, si guarda intorno.
Nel tavolo alle sue spalle, di lato a quello dove sono le sue amiche, un signore dice qualcosa sottovoce alla moglie.
In un tavolo sulla destra, vi è un giovanotto solitario che mangia una pizza accompagnandola con del vino rosso. Guarda un po’ la televisione, un po’ le persone presenti nella sala. Sembra indeciso se sia più avvincente il telegiornale o quanto gli accade vicino.
In fondo alla sala, vicino alla porta, vi sono due uomini seduti ad un tavolo. Ma non sembrano interessati a quanto accade a pochi metri da loro.
Rita fa finta di leggere il menù. Mentre la cameriera si dirige al tavolo in fondo e Maria torna in cucina.
«Signorina», Rita chiama la cameriera.
«Dica, signora», uno dei due camerieri presenti in sala si avvicina premuroso, vedendo che la collega sta già andando in cucina per un’altra ordinazione.
«Vorrei i paccheri dello chef».
«Grazie. E lei, signore?», girandosi verso Leopoldo.
«Pasta e fagioli al sapore di mare. L’altra volta erano molto buoni. Grazie».
«Da bere?».
«Acqua naturale e vino bianco. Ma una bottiglia piccola», pronta Rita.
«Bene. Provvedo subito».
Mentre il cameriere si allontana verso la cucina, Leopoldo sente alle sue spalle un «Ciao, Cristina». Girandosi, vede la moglie che si sta sedendo al tavolo con le tre amiche. Le fa un cenno di saluto con la mano, ma Cristina sembra non farci caso.
«Eccomi qui», dice la cameriera con tono allegro.
«Chi prendo a paccheri?». Rita le fa un cenno con la mano sinistra, sorridendo, mentre con l’altra mano prende il tovagliolo per sistemarselo nella speranza di evitare schizzi di sugo che le sporchino il vestito.
«Con un uomo, poi». La cameriera sussurra questa frase mentre appoggia il piatto davanti a Leopoldo. Il poveruomo la guarda, ma non risponde. Forse non ha capito. Il signore dietro di lui, invece, sembra avere capito benissimo perché sussurra di nuovo qualcosa alla moglie.
Il cameriere aggiunge un piatto piccolo per ciò che rimane di vongole e cozze che sono elegantemente disposte intorno al piatto di paccheri.
«Mi fai assaggiare un po’ della tua?», dice Rita alla fine. Leopoldo sposta le due bottiglie ed alza il piatto al di sopra dei bicchieri per permetterle di prendere un po’ di pasta e fagioli. «Buona. Peccato non abbia pensato di conservarti un po’ della mia. Ti prenderò a paccheri a casa», gli dice con un sorriso malizioso.
Vedendo che hanno finito, il cameriere si avvicina: «Posso?», togliendo i piatti senza neppure attendere risposta.
«Per dopo?», sente dire Leopoldo dalla cameriera di cui non si era nemmeno accorto.
«Ho letto nel menù pesce spada ai ferri», dice Rita.
«Per me, invece, frittura di gamberi e calamari», aggiunge Leopoldo.
La cameriera ne prende nota sul taccuino e si allontana senza aggiungere altro.
Mentre attendono, Leopoldo guarda nel locale notando che il giovanotto sembra molto lento nel mangiare una semplice pizza cominciata prima di loro. Forse è solo e viene al ristorante anche per un minimo di calore umano. Il tavolo dietro e quello vicino alla porta non riesce a vederli bene. Mentre gli sembra che la moglie Cristina e le amiche stiano mangiando delle bruschette come antipasto. Nella sala attigua, nascosti dagli archi, vi sono altri due tavoli con persone che però gli sfuggono. Il suo sguardo si ferma sul bel presepe sopra uno degli archi e sui numerosi riconoscimenti che arricchiscono il locale.
«Ecco per lei», girandosi Leopoldo vede la cameriera che poggia il piatto con la fetta di pesce spada ai ferri davanti a Rita. Ai lati un quarto di limone sopra una foglia di insalata.
«Ecco qui», Maria presenta un piatto di gamberi e calamari che escono elegantemente da un cono di carta. «Caspita!», esclama Leopoldo con un ampio sorriso, «ottima la presentazione e, sono sicuro, ottimo anche il sapore», girandosi verso l’assistente dello chef. «Il sapore è buono per chi se lo merita», risponde Maria. Mentre lei e la cameriera si allontanano. Una per tornare in cucina, l’altra  verso la sala attigua.
Apparentemente per nulla turbato, Leopoldo fa un sorriso a Rita e comincia a mangiare. «Ciao Carmen, ciao Angelo», sente alle sue spalle. Riconosce i nomi dei figli e si gira per guardarli. Sono proprio loro, in piedi vicino alla madre.
«Se volete, posso unire un tavolo al vostro. Così i ragazzi mangiano con voi», dice da lontano il cameriere. «Si’, grazie», risponde Cristina alzandosi e spostando la sedia per agevolare il cameriere che impiega pochi gesti a fare un’operazione a lui familiare.
«Potevano anche sedersi qui. Anche se io e Rita abbiamo quasi finito», dice Leopoldo. Ma sembra più mormorarlo fra se’. Forse sperava di guadagnare qualche minuto per rimanere nel ristorante e spiegarsi con i familiari, fare quattro passi come aveva proposto prima.
«Frutta o dolce? O qualche altra cosa? Un amaro, magari», chiede la cameriera, che forse nota che Leopoldo ora è un po’ turbato. «L’amaro l’offriamo noi», conclude, mentre aspetta.
«Avete dell’ananas?», chiede Rita.
«Si’, grazie, anche a me.», ma Leopoldo sembra non pensare a ciò che dice. Poi si gira verso la cameriera, come se tornasse in se’, ed aggiunge: «Ed anche una fetta di quella torta con panna e fragoline che ho visto nella vetrina vicino alla porta».
La cameriera si allontana senza parlare, prendendo i piatti rimasti vuoti.
Cristina sembra prendere coraggio, forse per la presenza dei figli. Prende per mano Carmen ed Angelo e si avvicina a Leopoldo. «Prima non sei voluto più andare alla scuola di ballo, e sai quanto mi piace ballare. E fa anche bene alla salute, oltre che aiutare a socializzare. Poi sei andato a vivere a casa dei tuoi genitori».
«Hai sentito, Paola?», sottovoce il signore al tavolo dietro a Leopoldo, verso la moglie. «Ahia, Paola. Perché mi hai dato un calcio sotto al tavolo? Ho detto qualcosa che non dovevo dire?»
«Zitto, Attilio. Fammi sentire».
«Il ballo … il ballo. Ti ho spiegato che vorrei fare dei balli più semplici. Balli che io ritengo più adatti a me. Alla mia corporatura. Al mio carattere. Ai miei acciacchi».
«Scusate. Ecco l’ananas. Subito arrivo con il carrello con la torta», interrompe la cameriera, dall’altro lato del tavolo. Forse lo fa volutamente, per rompere la tensione.
«Grazie, Barbara. Sono sicuro che è tutto buonissimo». Tornando a girarsi verso la moglie: «E lo sai che vivo con i miei genitori perché sono anziani. E non possono permettersi un’assistenza continua. Né io, figlio unico, gliela posso pagare. Se pago la badante, tolgo soldi a voi. Carmen ed Angelo, poi, con l’università hanno anche bisogno di fare la loro vita. E c’è sempre bisogno di qualcosina di soldi in più, nonostante aiutino facendo lavoretti. Lavorando in due, con la casa di proprietà, senza eccedere nelle spese, ce la facciamo appena».
«Ed eccomi di nuovo qua!», con un tono allegro che sembra decisamente fuori luogo in quel momento, la cameriera lascia il carrello con la torta vicino al tavolo dove è il giovanotto.
«Signorina, vorrei il conto», dice costui approfittando della vicinanza della cameriera.
«Per quanto riguarda i tuoi genitori, posso provare ad aiutarti io.», interviene Rita, mostrando, però, un po’ di esitazione. «In fondo sono miei zii. Considerando che abito da sola, per di più in una casa in affitto, posso trasferirmi a casa loro. Ma sia ben chiaro che voglio la colf per i servizi e voglio la mia libertà. Non sono figlia loro, io».
«Grazie, zia. Sei proprio un tesoro», all’unisono Carmen ed Angelo, avvicinandosi ai due lati per darle un bacio sulle guance.
«Zia? Io pensavo che era l’amante», sussurra Attilio, questa volta a voce più bassa possibile.
«Ma rimane comunque il fatto che ora fai coppia con un uomo. Mi tradisci. Anche i figli, li trascuri. Ci trascuri.», Cristina sembra decisa a dire tutto quello che nei giorni scorsi non ha detto.
«Quando è entrato mi era sembrato un tipo strano, ma poi l’ho visto in compagnia di quella splendida signora. Ed anche la moglie è molto “interessante”», commenta Attilio sottovoce, ma non abbastanza da non essere sentito da Cristina, «Invece è omosessuale!».
«Ma quale omosessuale! Mio marito è perfettamente normale, purtroppo», Cristina quasi strillando.
«Ma, allora, di che state parlando? Perché vi tradisce con un uomo?», interviene questa volta il giovanotto che nel frattempo si è alzato in piedi.
«A burraco! Non vuole più essere mio socio a burraco! Dice che io gli faccio fare brutta figura perché sono più brava di lui», spiega Cristina mantenendo sempre un tono di voce abbastanza alterato.
«Ma fatemi il piacere!?», esclama il giovanotto. E con la mano destra afferra il vassoio di plastica bianca traforato contenente la torta con panna e fragoline e lo butta verso Leopoldo.
Il malcapitato non fa in tempo a scansarsi che vede prima il bianco della panna che si avvicina a lui, poi tutto nero. Cadendo a terra, sente voci concitate fra le quali gli sembra di riconoscere quelle dei familiari.
«Per fortuna eri su una sedia. E dietro di te non c’era niente. Non ti sei fatto male. Vero?», gli dice Cristina mentre lo aiuta a ripulirsi con un tovagliolo. E poi a rialzarsi, per farlo mettere seduto al tavolo di Paola ed Attilio. Ed ancora continua a pulirlo un po’, ora aiutata da Carmen. La panna e le fragoline ancora gli decorano un po’ camicia e pantaloni e capelli. E bisogna anche stare attenti a dove si mettono i piedi, con quel miscuglio di panna, crema, pan di spagna e forse altro, che giace sul pavimento.
«No. No. Niente. Tutto abbastanza bene. Grazie», risponde Leopoldo, ancora un po’ confuso.
«Io, però, andrei comunque al pronto soccorso. Che ne sappiamo. Sempre una caduta è stata. E poi gli occhiali si sono rotti, chi glieli paga?», dice Attilio, «Bisogna saper vivere. Se domani si scopre un danno che ora non si vede?».
«Ma no. Non preoccupatevi. E poi mia moglie è medico. Se fosse il caso, ci pensa lei. Non vado da nessuna parte.», replica Leopoldo a cui il “saper vivere” è spesso parso solo un modo per approfittarsi degli altri. «Gli occhiali, però, effettivamente, me li dovete pagare», girandosi a sinistra, verso il giovanotto.
«Si’, certo, avete ragione. Eccovi il mio biglietto da visita. Io abito nel palazzo di fronte, girate l’angolo e c’è il portone. Qui al ristorante mi conoscono. Telefonatemi la sera e ci mettiamo d’accordo».
«E dovete anche pagare la torta.», aggiunge la cameriera. «E pure pulire per terra», inclinando la testa leggermente in avanti per nascondere una risata.
«Pulire? O mamma mia!? E come si toglie quella panna e fragolina da vicino al muro? Aiutatemi!», dice il giovanotto, portandosi la mano destra alla fronte mentre reclina la testa leggermente all’indietro.

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