Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2013 “I gabbiani e la timpa” di Antonio Mauro (sezione racconti per bambini)

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2013

Una volta c’era uno stormo di gabbiani.
I gabbiani, tutte le mattine si alzavano in volo e incominciavano la dura lotta per procurarsi il cibo. Era uno spettacolo vederli svolazzare nell’azzurro del cielo, con le loro zampe e il becco color giallo dorato e il bianco pelame che luccicava sotto i raggi del sole. Volavano in alto, poi si abbassavano, si alzavano nuovamente, all’improvviso in picchiata si tuffavano sott’acqua e venivano fuori con dei pesciolini.
Un giorno si misero a volteggiare dietro una nave da crociera e, dopo giorni e giorni di navigazione, giunsero in America, volarono in lungo e in largo sopra una grande città, infine si avviarono in periferia alla ricerca di cibo. Scorsero dei grossi camion che scaricavano il loro carico, formando delle strane collinette, Incuriositi si diressero verso quella parte. Più si avvicinavano e più venivano attratti da un forte odore Quando giunsero sgranarono gli occhi dalla meraviglia; quell’odore era proprio di cibo, c’era da leccarsi i baffi. Carne, pesce pasta, dolci, tanti vermi e altro ben di dio.
Figuratevi la gioia dei gabbiani i quali in coro esclamarono: “Ma allora è vero che c’è l’America!”
Banchettarono a più non posso, saltellando e gridando di gioia: Qui c’è cibo in abbondanza e non dobbiamo più, con il freddo polare o sotto il sole cocente, lottare contro il mare per un misero pesciolino. Alcuni di loro i più grossi e forti borbottando tra loro; dissero: “perché dobbiamo dividere questo ben di dio con tutti; un giorno tutto questo potrebbe finire e poi dovremmo un’altra volta tornare a lottare per un po’ di cibo, se restiamo in pochi; avremo una sicurezza per il futuro e vivremo felici e contenti nell’abbondanza.”
Ingaggiarono tra loro una lotta all’ultimo sangue. I più deboli alla fine cedettero e se n’andarono balenando tra le onde alla conquista del cibo quotidiano.
Passò qualche anno. I gabbiani che costrinsero i compagni alla fuga e si ritrovarono padroni della discarica; si erano ingrassati tanto che non riuscivano più ad alzarsi in volo, tanto che facevano fatica a mettersi in salvo, ogni qualvolta un camion scaricava il suo carico di rifiuti. Anche la loro comunità si era ridotta dal momento che la maggioranza delle loro uova per i troppi grassi, erano sterili, si marcivano e non procreavano.
Non solo si erano ingrassati, ma erano diventati di un colore grigio quasi nero e il loro pelame era diventato tutto unto e attaccaticcio. Un giorno uno di loro esclamò: “Quanto ho voglia di alzarmi in volo, quanto ero felice un giorno quando lottavo per sopravvivere. Oggi che vivo nell’abbondanza non lo sono più. Anche gli altri gabbiani espressero lo stesso desiderio, ma ormai era troppo tardi, erano rimasti prigionieri e vittime della loro ingordigia e dell’opulenza che li circondava. Un mattino di buon’ora alzarono gli occhi verso il cielo e in lontananza videro dei puntini neri che si avvicinavano. Quando furono sulle loro teste riconobbero i gabbiani che avevano scacciato. A differenza di loro, erano magri, snelli, eleganti, bianchi e lucenti, felici, e volteggiavano nell’azzurro del cielo.
I gabbiani dall’alto fecero fatica a riconoscere i loro compagni per quanto erano diventati brutti e da come si muovevano goffamente. Quando li riconobbero li invitarono a volare con loro. Ma ahimè i gabbiani a terra, risposero che non ce la facevano e chiedendo scusa per il male che avevano fatto loro cacciandoli via, li pregarono che li aiutassero a volare.

Gli arrivati parlarono tra loro, e conclusero: ” in fondo se siamo liberi e felici è grazie a loro che ci hanno cacciato via”.
Incominciarono dai piccoli che non avevano mai volato, non avendo avuto mai istruttori. In due li prendevano con i loro grossi becchi, uno da un’ala e uno dall’altra, li portavano a una certa altezza e li lanciavano nel vuoto e dopo due tre prove finalmente si alzavano in volo. Quando finirono con i loro piccoli tentarono con gli adulti. Per disgrazia loro, erano così pesanti che neanche in quattro ebbero la forza di tirarli su. Alla fine, rassegnati, desistettero e dissero loro: “Da qui vediamo una montagna con un’alta timpa (dirupo); è molto rischioso, ma potreste andare fin lassù e poi lasciarvi andare nel vuoto, aprire le ali e volare. Decisero che valeva la pena tentare piuttosto che morire lentamente nell’ angoscia e nell’infelicità. Arrivarono in cima più morti che vivi. Spaziarono con lo sguardo in lungo e in largo, osservarono il verde dei boschi, le distese acque del mare, l’infinito azzurro del cielo. Ascoltarono le musiche della natura, respirarono con forza l’aria fresca e pulita, assaporarono l’ebbrezza dell’altitudine, guardarono con gioia i loro piccoli ormai in salvo che insieme ai gabbiani che li avevano aiutati si allontanavano verso il sole, diventando dei puntini neri sempre più piccoli. Infine si lasciarono nel vuoto,
Non si videro più, quello fu il loro ultimo volo, di loro non si seppe più nulla.

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