Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Racconti nella Rete 2009 “Che giorno, quel giorno!”di Elisabetta Colangelo (sezione racconti per bambini)

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2009

Che caldo quel giorno!

Era mattino presto, eppure il sole già picchiava forte.

Era faticoso anche respirare.

E toccava pure andare al lavoro.

Filippo, detto Pippo, quel mattino, come tutte le mattine se ne andava al lavoro per la solita strada, la Pendostrada, che percorreva ogni giorno, avanti e indietro. Stessa strada, stesse facce. Ma poi, chi le guardava mai quelle facce? In fondo erano solo facce estranee!

 

Filippo, detto Pippo, percorreva la Pendostrada un po’ annoiato, perso nei suoi pensieri, che poi erano i pensieri di cosa avrebbe mangiato per pranzo, chissà se sua moglie gli aveva rifilato il solito panino al formaggio….lo detestava il formaggio, ma lei sembrava farlo per dispetto, sempre formaggio!

Neanche fosse uno stupido topastro!

Quel giorno aveva nel furgone un mucchio di segnali stradali da portare nella Città Lontana. Quanto era lontana la città lontana! E con quel traffico, poi!

Il furgoncino di Titti, l’Oasi della Frutta, moglie di Filippo detto Pippo seguiva di poco. Lei era diretta alla Città Vicina per  fortuna! La aspettava il suo negozio, ma prima il mercato, che noia quel mercato! Tutti che gridavano, confusione, voci, sporco, eppure lei vendeva frutta e verdura, non sarebbe stato logico frequentare campi, orti, spazi aperti? Oh, avere un campo tutto suo, che sogno!

Pee…Pepèèèèè…

Eccolo lì, Piero il corriere! Sempre di corsa quell’uomo lì. Città vicina, poi Città Lontana, poi Città Piccola, poi Città Grande, tutto il giro doveva fare e bisognava andare di corsa, fermarsi solo il tempo delle consegne. Non c’era tempo per chiacchierare, per chiedere come stai, per mangiare per bere. Solo correre.

Oh, guarda, guarda chi viene da laggiù! Nico il meccanico. Sempre sporco con la sua tuta blu. L’aria un po’ mogia, la faccia di chi il sole lo vede proprio poco. Casa e officina. Vapori, odori, olio, gas, viti, bulloni. E lì tutta la sua vita. Che bello sarebbe stato avere anche lui una fidanzata, bella, bionda, come quella del Beppe. Una fidanzata per portarla in giro, per mangiarci il gelato assieme, per darle un bacio. Ma nella sua vita di bulloni, dove la metteva la fidanzata?

Per fortuna quel giorno c’era con lui Luigino, il nipotino. Non aveva tanta voglia di andare a scuola ed era un po’ monello, ma era il bambino più simpatico del mondo. Faceva un sacco di scherzi e più di tutto gli piaceva ridere.

Poco più in là Vanessa la Principessa. Che bella che era! Faceva la parrucchiera e ogni mattina percorreva la Pendostrada per raggiungere il suo negozio alla Città Piccola. Due cose le piaceva fare. Chiacchierare e guardarsi allo specchio. E parlava, parlava sempre, anche ora che era in macchina da sola, non smetteva un secondo. E si dava sempre ragione!

E c’era questo e c’era quello. Insomma, un gran traffico sulla Pendostrada!

Mentre tutto procedeva come sempre, ci pensò una lepre a scombinare il mondo!

Attraversò così veloce che Filippo detto Pippo non ci capì proprio niente.

Fu un attimo e…..buumm!

 

Il furgone di Filippo detto Pippo finì contro il muro, la porta posteriore si aprì rovesciando tutti i cartelli stradali e dopo di lui tutte le macchine in viaggio sulla Pendostrada frenarono bruscamente!

Che pasticcio, quel giorno!

Ma la cosa veramente incredibile di quel giorno doveva ancora capitare.

I cartelli stradali liberati dall’urto, si…guardarono!

Dopo un rapido gioco di sguardi furono d’accordo, perché non fare un bello scherzo a questi umani dalle vite così prevedibili?

Solo il piccolo Luigino poteva vedere e capire cosa stava succedendo, quale magia si stesse compiendo, e non perché avesse chissà quali poteri, ma perché era l’unico che non se ne stava con gli altri a litigare su chi avesse frenato prima, su chi avesse sbagliato manovra, su chi avesse ragione o torto.

Era l’unico attento all’unica cosa veramente importante.

In un baleno i divieti di accesso si scambiarono di posto con le svolte a destra, i divieti di sosta diventarono le “P” di parcheggio. I sensi unici, stanchi di quella vita monotona, fecero a cambio con divertentissimi doppi sensi!

Il limite di 90 Km/h fece una bella giravolta e in un secondo diventò 60. Finalmente un po’ di lentezza per quegli umani sempre di corsa, a rincorrere la fine di un altro giorno non vissuto.

Anche un segnale di SOS cercò di fare altrettanto, ma, per quanto si girasse, rimaneva sempre uguale. Quando stava già per diventare triste si ricordò quel giorno che si era arrabbiato perché un innamorato aveva pensato di usarlo per dichiarare il suo amore…ecco, quell’arrabbiatura diventava una splendida opportunità: SOStiamo! Ora anche lui avrebbe dato una mano al mondo ad andare più lento!

C’era pure un bel divieto di transito, che si trasformò in direzione obbligata, costringendo gli umani a vedere la strada in un verso mai visto prima.

Ci fu proprio la rivoluzione dei segnali quel giorno!

Quando gli umani si riebbero dalle loro discussioni salirono in macchina per riprendere la via del lavoro, ma ormai il pasticcio era bell’e fatto!

Loro però erano troppo di corsa per accorgersene e si limitarono a seguire la strada …e i suoi segnali!

Fu così che Nico il meccanico e Luigino si trovarono al mare, che luce, che odore, che aria bellissima! Qui sì che si incontravano le fidanzate e si poteva mangiare il gelato in pace!

Titti dell’Oasi della Frutta, una svolta dopo l’altra si trovò in una meravigliosa valle, orti, frutteti e alberi a volontà. Questo è il Paradiso, pensò! Com’era verde quel verde, e com’era a portata di mano, così vicino alla Città Piccola, bastava solo cambiare strada di poco per trovare il suo Paradiso! Piero il corriere si rimise in macchina di gran fretta, ma era sempre stato rispettoso delle regole, quindi quando il cartello gli ricordò di rallentare e poi addirittura lo invitò a sostare, pensò che era bene fermarsi un po’ a riposare, dopotutto le città che doveva raggiungere non erano poi così distanti e anche andando piano il suo lavoro lo avrebbe fatto lo stesso bene.

Vanessa la Principessa  si era stufata di chiacchierare sempre da sola e quando vide Piero che si era fermato ne fu incuriosita e si fermò anche lei a chiedergli come mai.

Scoprirono di avere un mucchio di cose in comune. Vanessa scoprì quant’era bello ascoltare in silenzio. Piero scoprì com’era bello fermarsi a chiacchierare con un amico. Insieme scoprirono come era bello innamorarsi.

Filippo detto Pippo, che aveva combinato tutto questo bel pasticcio e aveva perso tutti i suoi cartelli, pensò che la giornata di lavoro era persa, pensò anche che c’era un bel sole e sarebbe stato bello passare la giornata con la sua Titti dell’Oasi della Frutta.

Tirò un bel respiro e si lasciò guidare dagli odori che sentiva, e gli odori lo portarono da lei, nella valle Paradiso. Insieme mangiarono un sacco di frutta colorata e buttarono via quel triste panino al formaggio.

Quanto è bello cambiare strada ogni tanto, pensò, e strinse Titti più forte.

Che giorno quel giorno che gli umani scoprirono i colori, gli odori, la bellezza di sbagliare, parlare, ascoltare.

Che giorno quel giorno che gli umani scoprirono sé stessi.

Non erano poi così male.

 

 

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5 commenti »

  1. Cara Elisabetta secondo me hai scritto proprio una bella favola,fresca,originale e con uno stile essenziale,ma non sciatto.In alcune cose mi ha rammentato le belle favole di Gianni Rodari in cui si raccontava dei paesi senza punta,o di città strane.Anche la ripetizione del “detto Pippo” la trovo graziosa come una cantilena nelle storie dei bambini.Per la mia pignoleria,toglierei questa frase che mi pare una spiegazione superflua:”perché non fare un bello scherzo a questi umani dalle vite così prevedibili?”.Lascerei solo l’intuizione dell’intenzione dei cartelli di prendersi gioco degli umani.Diceva Hemingway che nei racconti è fondamentale il non-detto,che le parti superflue andrebbero tagliate e sfrondate senza indugio.
    un grande in bocca al lupo anche a te.

  2. Il mio primo pensiero va al grande Scarry, chissà se ne sai qualcosa, forse sei molyo giovane. Scarry è stato, negli anni settanta, un disegnatore di storie come la tua, che venivano pubblicate in bellissimi libri cartonati anche molto grandi. I miei figli ne hanno avuto uno che hanno letto fino a consumarlo, ci si sono seduti sopra a fare merenda, hanno adorato. Il tuo racconto sembra un racconto di Scarry (che lui però praticamente disegnava solo, mentre tu lo hai scritto!) Il secondo a Rodari, che adorava gli imprevisti capaci di cambiare una giornata agli uomini, con semafori che diventano blu eccetera. Mi piace moltissimo il ritono ritmico del soprannome. La prima parte è molto bella. Brava e buona fortuna

  3. Grazie ad entrambe per aver voluto leggere il racconto e per i vostri commenti positivi. Grazie anche per i suggerimenti. Condivido pienamente il discorso sul “non detto”, in questo caso mi sono posta il problema di rendere il racconto il più possibile “esplicito” per risultare pienamente comprensibile ad un bambino. Però condivido. E’ molto meglio lasciare intuire certi sviluppi piuttosto che esplicitarli con inutili parole.
    Per il resto PURTROPPO non sono così giovane da non conoscere Scarry! 🙂
    Anche io come i tuoi figli, Luisa, ho consumato quei libri e sono tra i ricordi più belli della mia infanzia. Sono lusingata per il confronto con Scarry e Rodari…magari! 🙂
    Ancora in bocca al lupo!

  4. Ciao Elisabetta e grazie per le tue parole sul mio Marino! Questo tuo racconto mi è veramente piaciuto molto: è una bella favola adattissima secondo me ai bambini, che non sono dei noiosi scontati banali adulti, ma sono esserini che credono ancora alla magia del mondo e la riconoscono anche, questa magia, quando qualcuno, come tu con la tua storia, gli indichi la… pendostrada! Solo due appunti: io avrei “giocato” diversamente la carta del piccolo Luigino, perchè così scopri troppo presto, appunto, le carte, invece avresti dovuto, per me, restare nel non detto, e far venir fuori dalla storia, e in fondo, quello che è il senso: gli occhi innocenti dei bambini vedono cose che gli adulti, gli uomini (non umani, uomini: ecco il secondo appunto!) non riescono a vedere più. Ok, capisco che la tua idea sul senso di questo racconto possa essere un po’ diversa, ma io l’ho voluta intendere così! Complimenti vivissimi e in bocca al lupo! Andrea

  5. Ciao Andrea, grazie per il tuo commento! Mi sa che ci devo proprio lavorare sul discorso del ” non detto”, i vostri consigli sono molto preziosi! In realtà è vero, non ho tanto centrato l’attenzione sulla diversa percezione della realtà tra un bambino e un adulto, quanto piuttosto proprio sul “fatto”, su questo evento “straordinario” che, mescolando le carte, ha dato agli umani l’opportunità di vedere il mondo in un altro verso. Mi piaceva quato aspetto, il fatto che gli uomini, per seguire la loro rassicurante monotonia, spesso si perdono magnifiche opportunità. Compresa quella di essere davvero sè stessi.
    Però è bello, e mi piace che questo spazio ce ne dia la possibilità, che ciascuno possa vedere in un racconto quello che vuole, cogliere il messaggio che più sente suo. Grazie davvero per l’attenzione che hai messo nella lettura.
    In bocca al lupo
    Elisabetta

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