Premio Racconti per Corti 2013 “La spia” di Erica Liffredo
Categoria: Premio Racconti per Corti 2013Gabriella si sta mettendo un sottile strato di rossetto davanti allo specchio del bagno. In cucina Giovanni si allaccia le scarpe. Poi entra anche lui in bagno e pettina quei pochi capelli che il tempo ha risparmiato. Gabriella lo guarda e dà una rapida rassettata al suo vestito elegante, poi esce dal bagno e si guarda nel grande specchio del corridoio. Quel vestito blu le sta ancora bene, nonostante gli anni.
Un’ultima occhiata al grande calendario fitto di impegni che occupa un posto d’onore vicino alla porta d’ingresso. Lo sguardo si sofferma sul 17 marzo: matrimonio ore 16.00. Rischiano di fare tardi.
In silenzio si mettono il cappotto. Giovanni indossa il borsalino e ne sistema la falda con cura. Gabriella afferra veloce sul tavolo della cucina un grande elegante cappello scuro, in perfetta tonalità con il suo vestito.
Scendono le scale con passo svelto, salgono in macchina ed escono dalla città. La piccola utilitaria corre sotto un pallido sole di primavera, si infila in strette stradine di campagna.
Giovanni parcheggia in una piccola piazzola di sosta. Scendono dalla macchina, si sistemano i vestiti per poi salire tutti e due sul sedile posteriore. Giovanni si toglie il cappello e lo sistema con cura sulla cappelliera. Anche Gabriella sistema attentamente il suo grande cappello. Dall’ampia borsa tira fuori un binocolo, lo dà a Giovanni e ne prende un altro per sé. In postazione osservano: dall’altro lato della strada, a qualche centinaio di metri, una piccola chiesa con una folla di persone. Ne esce una bianca sposa abbracciata al suo novello sposo. Il binocolo sposta il suo centro d’attenzione e vaga alla ricerca di qualcuno. Si ferma su una bella signora di mezza età, Carla, che chiacchiera con un ragazzo. L’immagine rimane fissa. Per un attimo sembra guardare nella loro direzione, ma poi lo sguardo si sposta altrove.
Il rumore del motore di una macchina li riporta alla realtà. Cercano di nascondersi come possono, ma quella dannata macchina sembra andare più piano di una lumaca. Gabriella incrocia lo sguardo impertinente di un bambino.
Finalmente l’auto se ne va. I due ritornano alla loro postazione, ma ormai della signora che stavano osservando non c’è più traccia. Lo sguardo vaga tra gli invitati che si accalcano intorno agli sposi, cerca di infilarsi in mezzo, di scavalcarli, ma non c’è nulla da fare.
Seccati decidono di andarsene.
La settimana successiva il rito si ripete. La macchina si ferma vicino ad una scuola elementare. Attraverso le lenti del binocolo che sbucano tra i cappelli sistemati con la medesima maniacale cura intravediamo, tra la folla di genitori e nonni, Carla. Un bimbo di circa sei anni le corre incontro e la abbraccia. Gabriella scambia con il marito un sguardo colmo di tristezza. Lui le stringe la mano.
Carla si volta nella loro direzione. Lascia il bambino con un suo compagno e si incammina verso la loro macchina. Giovanni preso dal panico, cerca goffamente di nascondersi. Gabriella lascia cadere il binocolo. Sente il suo corpo liquefarsi, vorrebbe farsi polvere e scomparire, ma quel battere insopportabile sulla portiera dell’auto è lì, spaventoso, ad attenderla. Non ha il coraggio di muoversi. Sente Giovanni stringerla in un abbraccio che vorrebbe non finisse mai.
Ora c’è di nuovo silenzio. Sembra sia trascorsa un’eternità. Giovanni la lascia andare, la portiera si apre.
Qualche tempo dopo. All’esterno di una palazzina di tre piani in centro città. Lo sguardo si allunga a sbirciare tra le finestre lasciate aperte dell’appartamento all’ultimo piano. Il tavolo è apparecchiato per diverse persone. Sul divano Gabriella e Carla parlano fitto, non sentiamo quello che dicono, ma intuiamo che le parole che scorrono dalle loro labbra saranno molte, a recuperare il tempo perduto. In un angolo Giovanni gioca con il bimbo della scuola, poi entrano gli sposi insieme al ragazzo con cui Carla parlava al matrimonio.
Lentamente lo sguardo si allontana dall’appartamento, esce fuori dalla casa.