Racconti nella Rete 2009 “L’ultima volta” di Relmi Rizzato
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2009“Va tutto bene? Mi sembri turbato”.
“Come dici? Sì, sì, va tutto bene, non ti preoccupare”. Che gli aveva preso? Era stata una frustata, che l’aveva immobilizzato e fatto perdere il senso di dov’era e perchè. Che stava combinando in quel ristorante, con quella ragazza che non era la sua compagna?
Guardò la giovane donna all’altro capo del tavolino romantico per due persone e le sorrise cercando di nascondere il momento di paura che gli mordeva lo stomaco. Non andava bene per niente. Gli sembrava di annegare in un pensiero limpido come il bicchiere d’acqua che aveva davanti. Cosa ci faceva lì? Era impazzito? Fuori a cena con una donna con non era la sua compagna, di nascosto? Cosa gli era venuto in mente! Doveva tornare in fretta dalla sua compagna, a casa.
Eppure solo due ore prima aveva fatto sesso senza pensieri. Si era rigirata quella ragazza tra le mani aspirando profumi sapori umori come fosse stato affamato, e adesso, invece? La stretta allo stomaco lo inchiodava alla sedia, gli occhi fissi sul menù, le punte in alto delle pagine trasmettevano, esalandolo, l’involontario tremolio delle dita.
“Prendi un antipasto o passi subito al primo, tu?” Gli chiese lei. Occhi azzurri, capelli castano chiaro, lunghi, con una ciocca che non voleva saperne di starsene al suo posto e che si era incollata sul viso sudato solo un paio d’ore prima, dopo il secondo o terzo orgasmo, non ricordava, e poi quella voce da bambina che lo faceva andare giù di matto quando la sentiva al telefono. No, no, niente pensieri così, doveva andarsene prima possibile.
Pure l’antipasto e poi il primo e magari il secondo e il dolce! Quanto poteva durare la cena? Potevano evitare di prendere due portate, no? Che ore erano? Stava pensando che finisse in fretta! Non l’avrebbe mai immaginato. Scorse rapido i piatti del menù, girando verso l’interno il polso sinistro per inquadrare l’orologio: le 21,00. Sollevò la testa, lei non si era accorta, intenta a scegliere, con quel dito sulle labbra che la faceva così tenera. Doveva smettere di farsi prendere da questi dettagli.
“Io credo che prenderò solo una tagliata” rispose, pensando alla cosa più veloce da servire.
Chissà che stava facendo Alessia a casa? Guardava di sicuro un telefilm alla tele, annoiata perché lui non c’era. La stretta allo stomaco si serrò di nuovo. Poteva immaginarla, sdraiata sul divano, avvolta nella coperta che lui le aveva regalato a natale, sola, nell’appartamento in affitto, in attesa di comprare casa col mutuo, dopo il matrimonio.
E lui? Con un’altra ragazza al ristorante! Un bastardo, ecco cos’era, l’aveva detto. Doveva andarsene, chiudere questa storia che stava diventando troppo faticosa. Era l’ultima volta, promesso.
“Ho deciso: prendo un antipasto e il secondo e mi tengo lo spazio per il dolce” lei lo guardò soddisfatta, i capelli lunghi con quella ciocca che cadeva sbarazzina. Adesso se li sarebbe messi dietro l’orecchio con quel gesto che lui trovava così attraente. Ancora dettagli pericolosi. “Mi sa che ci vuole il dolce, non credi? Anche se ingrasso me lo sono meritata, no?” gli fece l’occhiolino ammiccante. Bella, davvero, ma lui stava contando i minuti! Pure il dolce! Quanto ci sarebbe voluto? Le nove di sera, avrebbero finito per le 10,30, i saluti, qualche bacio per non dare l’idea del maschio che pensa solo al sesso e poi un’ora per arrivare a casa. Mezzanotte circa, normale per una cena di lavoro tra colleghi. Alessia sarebbe stata a letto, forse addormentata, stanca per chiedergli troppe cose. Si sarebbe messo al suo fianco, silenzioso e poi un bacio e via, domani è un altro giorno. L’ultima volta e mai più, sarebbe ripreso tutto come sempre, si disse, ma allora cos’era questa sensazione di colpa e angoscia? Perché non si sentiva come le altre volte? Non era stato con quella della fiera l’anno scorso? Una grande prestazione quella sera! gli era sembrato di essere tornato ai tempi di quando era single, dopo la promessa di matrimonio con Alessia. Vabbè che non convivevano e che lei viveva ancora con i suoi a Napoli, ma comunque non si era mica in sentito in colpa! Era stata una semplice avventura. Una botta e via.
“Sai, tesoro…”. No, non poteva chiamarlo tesoro al ristorante! Andava bene per i messaggini, ma non lì, e non stasera! La guardò con l’espressione più gentile che trovò nel suo repertorio “Dimmi Elisa” le rispose. Di nuovo la frustata, la stretta allo stomaco. Doveva andar via in fretta, tornare a casa e riprendere la sua tranquillità con Alessia. Pensare al matrimonio, alla casa, a loro due e basta. Che rischio stava prendendo. Alessia poteva venirlo a sapere e la loro storia sarebbe esplosa. Non poteva permetterlo, stavano bene insieme. Elisa era solo un passatempo che stava finendo, anzi basta, non doveva vederla più, aveva deciso, chiudere stasera e fine.
“La cosa peggiore dopo giornate come questa…”. Lei abbassò lo sguardo, in difficoltà. Dove voleva andare a finire? “…è passare la notte da sola…Lo so che non dovrei dirtelo. Non te ne faccio una colpa, so che non puoi, ma volevo farti sapere quanto sto bene con te”. Gli prese la mano sopra il tavolo e lo inquadrò con i suoi occhioni. Un dettaglio esiziale. Lui sorrise triste e la morsa allo stomaco trovò nuova colpa da spremere. “Elisa, sto bene anche io con te ma…”
“Non dire nulla” lo bloccò, “sono stupida, lascia stare”.
Non avrebbe saputo come uscirne fuori, meglio così. Forse poteva tenere le due cose insieme. Sì, poteva farlo, dopo il matrimonio non sarebbe stato diverso. Forse poteva far morire questa storia lentamente, magari diradando gli incontri. Elisa avrebbe trovato un altro e tutto si sarebbe sistemato.
La cena passò. Pagò il conto direttamente alla cassa, accompagnò Elisa all’auto. Avrebbe voluto correre ma trattenne il passo per affiancarlo a quello di lei, la mano sulla schiena quasi a spingerla.
“Grazie per la splendida giornata, Elisa” sentì la sua voce incerta, ma solo lui percepì la nota di sollievo.
“Grazie a te per tutto. Non avrai problemi a casa con lei vero?”. Era una brava ragazza, non avrebbe dovuto perderla. Un saluto veloce, un bacio nel buio del parcheggio e, poi, una corsa a casa. Andava tutto bene, si ripetè.
La corsa in macchina durò meno tempo del previsto. Casa, finalmente. Il parcheggio, l’ascensore. Le luci notturne del condominio addormentato. Girò le chiavi nella porta blindata cercando di attutire il rumore. Lo accolse il silenzio rassicurante dell’ingresso. Era un buon segno, se Alessia avesse avuto sospetti, l’avrebbe aspettato in piedi. Glielo diceva sempre “se mi tradisci, ti aspetto per spezzarti le gambe!” Era quasi fatta, ora la camera da letto. La luce della cucina accesa era accesa. Una dimenticanza? Al centro del tavolo, illuminato dall’alto, solo, un biglietto ripiegato. Improvviso lo colpì il pensiero che Alessia l’avesse scoperto. Anzi ne fu certo. Il senso di tragedia che l’aveva preso a cena stava per trovare la sua trama. Le sensazioni, a volte, sono solo premonizioni. Ecco, era finita. Il silenzio nel resto dell’appartamento ne era la conferma. Come poteva essere stato così stupido da farsi scoprire? Che errori aveva commesso? Il respiro si astenne mentre prendeva il foglio e lo apriva. Non aveva il coraggio di leggere. Intuì le parole, gli insulti, il dolore, le pessime cose della fine di una storia. Tutto per colpa sua. Si fece forza, ma sapeva già la rabbia di Alessia e il senso di frustrazione della fiducia tradita.
“Riccardo
non rimproverarmi se lascio le parole ad un foglio. Non ho il coraggio di affrontarti. Non sopporterei il dolore. Sono stata bene con te. Mi hai dato momenti di felicità e non ti accuso di nulla. Ho pensato tanto alla mia decisione ed alla fine ho scelto di non continuare a mentirti. Vedo un’altra persona da qualche mese. Non la conosci. Non chiedermi come è successo ma con lui provo emozioni diverse. Non so dire perchè ma mi sento felice come una adolescente. E’ più forte di me. Ho incontrato l’avventura e poi la passione e poi l’amore. Non posso continuare a stare con te nell’inganno, neppure se con lui tutto dovesse finire e fosse solo infatuazione. Non riuscirei a continuare a vivere insieme a te sapendo di averti tradito.
Tra noi non poteva funzionare, Riccardo, non sai quanto ci ho pensato, ma è così. Spero solo che tu un giorno mi possa capire e pensare a me senza rabbia. Sono quella che non ti merita e che ti ha lasciato con un foglio bianco, ma spero che capirai il mio desiderio di inseguire un sogno, una passione.
Ora vado. Ho dato indicazioni all’avvocato per le spese della casa, ma sai che non ti chiedo niente.
Perdonami, se riuscirai, un giorno.
Alessia”
Guardò davanti a sé e non vide nulla, il foglio morto tra le dita. La morsa allo stomaco era sparita e al suo posto più nulla. Non c’era angoscia, colpa, emozione ma solo il vuoto, e lentamente, la paura di essere solo che lo riempiva.