Premio Racconti nella rete 2013 “Il colore dei corvi” di Antonio Margaroli (sezione racconti per bambini)
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2013Cra, cra. Sul davanzale della finestra due grossi corvi neri gracchiano infreddoliti. E’ il ventidue luglio e fuori, senza il condizionatore, ci sono trentaquattro gradi…
Era il tempo in cui i pavoni suscitavano meraviglia per la loro presuntuosa e policroma ruota; i pappagalli ara facevano mostra di penne variopinte: gialle, rosse, verdi e blu; le farfalle volteggiavano leggere sui prati, battendo silenziosamente le loro grandi ali colorate e i corvi, che in quanto a ricchezza di colori superavano tutti, sembravano dei frammenti di arcobaleno. Ma non solo. I corvi, con il loro canto soave e melodioso, erano anche gli unici a competere con il chioccolare dei fringuelli e il gorgheggiare degli usignoli. Tra tutti gli animali erano una delle specie più ammirate e benevolmente invidiate. Il passaggio di uno stormo di questi pennuti era uno spettacolo naturale di rara bellezza e aveva il potere taumaturgico di dare sollievo a chi soffriva di pene d’amore. In ogni parco e in ogni giardino venivano allevati, nutriti e coccolati.
Purtroppo, consapevoli di queste doti, invece di riconoscerle come un generoso dono della natura, iniziarono a bearsene e a vantarsene.
Un giorno, non trovando con chi altri confrontarsi, il principe dei corvi, accecato dalla presunzione, volle sfidare il sole. “Ehi tu, che te ne stai a splendere lassù, che ti credi tanto bello e non ci rivolgi mai la parola, guarda noi corvi. Tu brilli di un solo colore, noi possiamo sfoggiarli tutti e mentre tu te ne stai sempre muto, noi possiamo intonare le melodie più armoniose.” Altri corvi, gli scherani del principe, iniziarono a deridere e a provocare il sole. “Ah! ah! Pensi di essere il più bello ma sei solo una grossa palla, inutile e triste. Sei solo una stella come ce ne sono a milioni nel cielo, e neanche tra le più grandi. Se non fosse che sei la più vicina, non ci saremmo neppure accorti di te.”
Il sole, infastidito da tanta insolenza, senza perdere la sua infinita calma, si limitò ad una laconica risposta: “Se sono così inutile, vorrà dire che non vi illuminerò più.” E così fu.
Scese la notte. Come tutte le notti ogni colore si spense e la vita si addormentò fino all’alba. Il mattino successivo il mondo riprese colore. Le farfalle, gli ara, i pavoni tornarono a mostrare i loro colori ma per i corvi restò il buio. Non più illuminati dai raggi del sole, restarono neri, come nelle notti più fonde. Per degli animali così vanitosi era una punizione severissima, resa ancor più insopportabile dal fatto che non avevano perso la loro bellezza ma solo la possibilità di mostrarla. Nella comunità dei corvi scoppiarono tumulti, il principe e i suoi sgherri furono cacciati e iniziò una spietata guerra fratricida, con ripicche e scambi di accuse e le cose peggiorarono ancora quando, non più riscaldati dai raggi del sole, nel giro di poco tempo, anche la voce fu compromessa e il loro canto si trasformò in uno sgradevole e inquietante gracchiare. Quel gracchiare divenne presagio di cattiva sorte e di sventure. Nessuno si sognava più di tenere un corvo in giardino.
I corvi istituirono allora un consiglio di saggi incaricato di rivolgersi al sole per ottenere il suo perdono. “Non si tratta di perdonarvi” disse il sole “Non è solo questione di essere pentiti e di ammettere i propri errori. Quello che occorre è evitare che certe cose possano ripetersi.” “Ma… allora… cosa dobbiamo fare?” “Bene, io potrò tornare a illuminarvi solo quando tutti voi corvi lo desidererete davvero e cioè quando ogni singolo corvo, mettendo da parte orgoglio, presunzione, invidia e vecchi rancori, desidererà che tutti gli altri corvi, e dico proprio tutti, riprendano i colori e la voce di prima.”
Riuscirci era un’utopia, infatti la sfida è tuttora aperta e così è e così sarà fino a quando, se mai succederà, i corvi avranno accantonato la loro prosopopea e vinto ogni egoismo. Allora il sole potrà illuminarli e scaldarli con i suoi raggi. Così se un giorno torneremo a vedere corvi colorati e ad ascoltarne il dolcissimo canto, vorrà dire che, forse, anche per l’uomo ci sarà una speranza.
Per ora solo nelle notti di plenilunio, quando una luna clemente, all’insaputa del sole, ne riflette i raggi anche sui corvi, dietro quel nero corvino è possibile scorgere un tenue riflesso di arcobaleno. E all’alba, nel momento in cui le uova si schiudono, tra tanto gracchiare, un orecchio attento può cogliere una dolcissima melodia: il canto di un pulcino di corvo appena nato a cui il freddo non ha ancora arrochito la voce.
I corvi hanno lasciato il davanzale. Li vedo volteggiare lontani. Soli.
…bellissima favola Antonio…mi è piaciuta tantissimo!! Auguroni per il concorso 🙂
Complimenti per la ricchezza del linguaggio e per l’idea di base, molto originale
COMPLIMENTI ANTONIO!!!