Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2013 “Il testamento” di Cinzia Giuntoli

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2013

La lettera riportava una frase che non capiva. Avrebbe dovuto distruggerla, ma non lo aveva fatto. Non sarebbe dovuta partire.

Il viaggio era stato un disastro.
Il sole caldo non si sentiva nell’auto, ma la strada all’orizzonte perdeva la sua consistenza.
Un certo languore lo stava prendendo allo stomaco. La donna accanto a lui confondeva, dietro gli occhiali neri, occhi stanchi. Le mani curate rendevano piacevole il colore dello smalto, rosa pesca, come il rossetto e la sfumatura sulle guance.
Rocco le accarezzò il ginocchio.
“Ci fermiamo a mangiare qualcosa?”
Dalia gli scostò la mano e si tirò su gli occhiali formando una passata sui capelli.
“Non ho fame.”
Le rughe sulla fronte di lui si fecero profonde. Lo sguardo tornò sulla strada, dritta, calda e assolata. Intorno solo campi che avevano già dato i loro frutti.
“Per quanto ancora intendi tenermi il muso. E’ mia madre non posso fare finta di nulla.”
Lei guardò fuori dal finestrino.
“Questa volta è tua madre, per Natale erano i tuoi nipoti. La prossima volta ci vai da solo in quel paese di merda.”
La fame gli era passata, coperta da un senso di nausea.
“Senti, possibile che tutte le volte che torniamo a casa mia, devi fare una scenata. Sembri una bambina.”
“Forse perché non riesci a capire.”
Lui scosse la testa. Si ricordava il giorno che l’aveva incontrata. Lei era in vacanza e lui, studente di Giurisprudenza, d’estate lavorava nel bar del paese. La conobbe durante la festa del patrono, quando i fuochi d’artificio illuminano il cielo per turisti e fedeli. Non fu amore a prima vista, anzi a prima vista fu solo l’aranciata sul vestito. Lei imprecò e lui, per farsi perdonare cercò di asciugarla sfiorandole il seno, con il risultato di ricevere un bel ceffone.
Dopo fu tutta discesa: una bella storia.
L’anno dopo, dovendosi laureare lui studiò tutta l’estate e lei gli rimase accanto per tutte le vacanze. Quando arrivarono i genitori di Dalia, i melanesi, come li chiamava Salvo, il calore del Sud e la freddezza del Nord si fusero.
Tutto bene, anche se Rocco non capì perché lei volle andare via prima di finire le ferie.
“Certo che non capisco. Fai sempre la donna misteriosa.”
Lei incrociò le mani tenendole in grembo con le unghie che lasciavano il segno.
“Hai passato l’autogrill.”
“Mi è passata la fame!”
Dalia armeggiò con la radio.
“Questa strada non finisce più. Ho bisogno di bere.”
“Se avevi fatto meno la rompicoglioni c’eravamo fermati prima.”
“Senti falla finita. Se ti rompo non mi parlare. Arriviamo, facciamo quello che dobbiamo fare e torniamo a casa.”
Il ronzio dell’aria condizionata stava diventando fastidioso.
“Ci vorrà qualche giorno. Non si liquida in un ora un’eredità.”
“Sì ma in quella casa non ci voglio dormire.”
Lui tirò un cazzotto al volante.
“E questa che novità è?”
Lei sobbalzò, ma non rinunciò al suo intento.
“E’ così e basta! Ci sarà uno schifo di albergo in quello schifo di paese?”
Quando arrivarono il sole tingeva i campi di rosso e la terra cominciava a respirare.
“Figghiu mia!” L’abbraccio della mamma odorava di salsa e sudore. Tirò fuori dal seno un fazzoletto si asciugò il viso e poi lo ripose fra le pieghe della scollatura.
Sulla porta di casa, Salvo, spalle da pescatore e viso cotto dal sole, era la copia di Rocco, solo più abbronzato e con i capelli che tendevano al grigio.
Rocco si divincolò dalla madre e lo raggiunse, abbracciando, come fanno i fratelli.
Dalia lo salutò con un ciao.
Il padre era morto da un anno. Pescatore da quando era riuscito a stare in piedi su una barca, negli ultimi anni usava la sua “Nina”, per trasportare i turisti nel mare pugliese. Adesso quella barca era l’unica cosa da dividere fra i fratelli.
La camera del B&B dava nella Piazza della Chiesa e la domenica mattina le campane non lasciavano posto al riposo.
“Andiamo al mare?” Dalia si voltò accarezzandogli il braccio.
“Come vuoi, ma solo io e te, non ho voglia di vedere né tua madre né tuo fratello.”
La ruga si insinuò di nuovo in mezzo alla fronte di Rocco.
“Prima o poi mi farai capire cosa ti disturba.”
Sulla spiaggia i bambini facevano castelli di sabbia. Dalia li guardava e a Rocco non sfuggì il suo sguardo.
“Siamo giovani ci riproveremo.”
“Sì, riproveremo.” e si adagiò sull’asciugamano per prendere il sole.
“A pranzo siamo da mia madre. Sono giorni che prepara.”
“E naturalmente non sei riuscito a dirle di no.”
“Senti, la prossima volta ci vengo da solo. Ma sei stata convocata anche tu dal notaio.”
“Ma cosa credi, che ti toccherà parte dell’eredità? Te sei il figlio che è andato via.”
Rocco si volse verso il mare per non dare sfogo alla rabbia.
“Se ha lasciato scritto le sue ultime volontà perché non ascoltarle.”
“Già perché non ascoltare.” Disse Dalia mettendosi gli occhiali.

La finestra aperta lasciava le tende bianche sventolare leggere.
Il caldo attanagliava i respiri. Solo il notaio dietro la scrivania di legno, piena di carteggi, non si accorgeva della calura. Vestito di nero e la pelle grigiastra sembrava pronto per l’ultimo viaggio.
Dalia, completo chiaro, si sventolava con un foglio di carta. Accanto a lei Rocco. Dietro Salvo con sua madre, vestita ancora a lutto.
Il notaio si schiarì la voce e iniziò a leggere il testamento.
“Il sottoscritto Antonio Musciano, nato a …..” Dalia si era già persa. Guardava un quadro che raffigurava una tempesta con le sfumatura del mare che contrastavano con il grigio del cielo. Voleva che finisse la lettura del testamento, che la tempesta inghiottisse la barca, che potesse tornare alla sua vita, che…
”…lascio la Nina a mia nuora Dalia.”
I fratelli erano di ghiaccio. La madre con il fazzoletto asciugò una lacrima per poi farlo tornare nella scollatura.
Dalia era sola, e non riuscì a fare altro che ….ridere. Una risata isterica riempì la stanza.
Salvo se ne andò. Il notaio chiuse il testamento e mentre lei si calmava, Rocco si alzò e con sua madre uscì dall’ufficio.
Dalia rimasta sola, stava per andarsene, quando il notaio la fermò.
“Signorina, c’è una lettera per lei. Il mio cliente ha chiesto di consegnarla dopo la lettura del testamento. Ecco.” Le porse una busta. Dentro un foglietto, scritto a mano.

La Nina non era una bella barca, ma ai turisti piaceva. Salvo, braccia incrociate, la guardava. Doveva essere sua. Rocco arrivò senza far rumore.
“Cosa sta succedendo Salvo? Questa barca ti spetta di diritto.”
“È andata così.”
“E io che dovrei farci con questa bagnarola?” Disse Dalia avvicinandosi ai fratelli.
“Per me potete venderla. Non voglio entrare nelle vicende della vostra famiglia.”
Rocco fece un cerchio nella sabbia con le scarpe. “La barca è tua, devi decidere.”
Salvo non aveva ancora distolto gli occhi dalla Nina.
“Devi decidere di nuovo, Dalia.”
“Cosa vuoi dire?” chiese Rocco.
Era un dolore sommerso quello di Salvo, per questo si allontanò.
“Voglio che la barca resti a Salvo. Fai le carte necessarie e torniamo a casa.”
Non che Rocco fosse contrario, ma che diamine, almeno parlarne un po’ insieme.
Il caldo continuava a farsi sentire. Non c’era nulla che rendesse il soggiorno piacevole. E poi quella lettera. Dalia la teneva nella borsetta, senza capire cosa volesse significare quella frase scritta dal suocero. Avrebbe voluto chiedere a Rocco, ma erano giorni che pensava solo agli incartamenti per il trasferimento della Nina.
Dalla terrazza del B&B si godeva il vento profumato di salsedine. Rocco entrò, silenzioso.
“Domani torniamo a casa. Il passaggio di proprietà è pronto. Firmi tutto e chiudiamo questa storia.”
Dalia annuì e lui la baciò sul collo.
“Mia madre ci aspetta a cena.” Disse quasi implorando. Lei si irrigidì scostandosi.
“Dai l’ultimo sforzo. E poi stasera in piazza c’è la festa, un po’ di allegria non ci farà male.”
Lei si guardò le mani, lo smalto rosa pesca si stava deteriorando.
“Va bene, così non staremo tutta la sera a tavola.”

I fuochi d’artificio erano bellissimi. I turisti restavano con il naso in su fino a quando le ultime tre botte non ne decretavano la fine.
Dalia era seduta sulle scale della Chiesa. Aspettava Rocco con qualcosa da bere di fresco. Arrivò invece Salvo.
“Non ti ho ancora per ringraziato.”
“Lo hai fatto adesso.”
“Ti sei chiesta perché mio padre ha fatto questo?” le chiese sedendosi sui gradini. Lei lo guardò disgustata.
“Me lo sono chiesto anch’io.” Rocco era arrivato con le birre. Dalia abbassò la testa portando in avanti i capelli.
“Fa troppo caldo stasera. Meno male che domani torniamo a Milano.”
“Dalia non cambiare argomento. Perché mio padre ha lasciato la barca a te.” Rocco era alterato.
“Ma cosa volete da me. Lasciatemi stare!”
Si alzò di scatto, la borsetta gli scivolò di mano e il suo contenuto rotolò per le scale della chiesa. Il rossetto, l’agendina, lo specchietto e un foglio, stropicciato, con uno scritto nel centro della pagina. Rocco lesse quelle poche righe.
“’a pinsatu tui pi la vita di ‘llatrie moi ti la spicci tui finu alla fini.”
“Cos’è?”
“Non sono affari tuoi.” disse Dalia riprendendosi il biglietto. Senza dare a nessuno il tempo di replicare raccolse tutto e se ne andò. Salvo aveva assistito a tutta la scena.
“Che femmena!”
“Che vuoi dire.” disse Rocco.
“Che c’ha fatto fessi a tutti e due.”
La piazza si stava svuotando. Le stelle erano rimaste le uniche compagne.
“Buonanotte – disse Salvo – Domani a che ora partite?”
“Alle otto, il viaggio è lungo.”
“Salutami la femmena.”
In camera Dalia non si mosse quando Rocco entrò nel letto.
“Che ti ha detto Salvo?”
Rocco era spazientito.
“Mi dovresti far capire tu qualcosa. Chi te l’ha scritto quel biglietto?” Non dire nulla era troppo tardi.
“Tuo padre. L’aveva lasciato con il testamento?”
“Che significa?”
“Tu mi devi dire cosa significa. Per me è arabo.”
“Vuol dire che devi decidere della vita degli altri come hai già fatto. Spiegami te adesso.”
Dalia voltò le spalle.
“Voglio tornare a casa. Non ci voglio restare un minuto in più in questo posto.”
Si avvolse nella lenzuola. Grattavano la pelle, mentre lei aveva bisogno di carezze.
“Era di Salvo il figlio che hai perso?”
Lei non si mosse. Le lacrime scendevano sul viso.
“Quando lo hai capito?”
“Quando ho letto il biglietto.”
“E’ successo quando tu studiavi e io mi annoiavo.”
“E che è colpa mia!”
“Lasciami in pace, voglio dormire.”
Lui guardò l’orologio. Le tre. Si rivestì.
“Dove vai?”
“Si respira un’aria pesante in questa camera.”
La notte fuori era fresca, profumata. I pescatori stavano partendo. La Nina si lasciava dondolare dolcemente.
Rocco entrò. Sapeva di trovarci suo fratello. L’odore della barca riavvolse un nastro che da tempo non aveva più ascoltato. Si vedeva bambino con suo padre e Salvo, la salsedine sui capelli e le mani puzzolenti di pesce.
Salvo era nella cuccetta. Rocco si mise a sedere sugli scalini.
“Salvo questa volta decido io della mia vita. Ricomincio da qui.”

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9 commenti »

  1. Mi è piaciuta questa storia familiare,il rapporto tra i due fratelli e… il finale a sorpresa!

  2. …gran bella storia l’ho letta d’un fiato… Complimenti e auguri Cinzia!

  3. Grazie Sabrina e Eleonora per aver letto e commentato la mia storia.

  4. La tensione che cresce, riga dopo riga, il finale a sorpresa. Bella storia. Mi piace come hai tratteggiato i personaggi.

  5. Veramente molto efficace il tuo racconto Cinzia.
    I personaggi , i dialoghi i luoghi, il conflitto, tutto scorre velocemente
    sotto gli occhi del lettore costringendolo a tenere il ritmo incalzante della tensione che sale…
    Se un lettore si chiede cosa sta’ accadendo e resta lì fino alla fine con il fiato sospeso
    Beh cara Cinzia vuol dire che hai fatto centro.
    ottimo racconto

  6. un buon crescendo che fa leggere con attenzione. brava 🙂 bel racconto

  7. Bello il contrasto tra nord e sud espresso dai caratteri così diversi dei personaggi; molto belli anche i dialoghi. Complimenti Cinzia!

  8. Cinzia! bellissimo! Io adoro le storie famigliari e questa è dipinta con i colori giusti e caldi.

  9. Bel racconto, forte, con il caldo che ti si appiccica addosso e affanna il respiro dall’autostrada fin dentro alle mura della casa dove tutto è iniziato e finito per iniziare di nuovo.
    Brava Cinzia

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