Racconti nella Rete 2009 “Storia di una vergine e di un bicchiere di vino” di Francesca Calvi
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2009Liberamente ispirato a “Giovinetta con bicchiere di vino”, quadro di Jan Vermeer
Jacob De Laan, seduto in un angolo in ombra della vasta sala, riflette tristemente sulla situazione in cui, seppur volontariamente, si è venuto a trovare. L’incertezza lo sta tormentando mentre, il capo poggiato sulla mano come colui che si arrovella nel cercare una soluzione, sente crescere dentro di sé un sentimento di ansia e di vergogna. Già da molte ore sentiva un tormento che non aveva voluto confidare certo al suo compare, quella trista figura di Pieter De Haak, cugino alla lontana dei Vogel e quindi di Jeanne, la beltà della quale lo aveva stregato. Proprio Pieter lo aveva condotto in quell’avventura, di cui ancora non si capacitava, con astuzia e malizia, facendogli balenare la possibilità di un incontro amoroso , affermando che le sue arti adulatrici e menzognere avrebbero sciolto le resistenze della cugina.
Ma proprio ora, che si trova al cospetto dell’oggetto delle sue voglie più profonde, di quella bellezza che tante notti ha popolato i suoi sogni, quella giovanissima di cui si era incapricciato, ah quel profilo a lungo cercato, quel nitore di pelle di pesca che, poteva ben dirlo, gli aveva fatto perdere la ragione ,egli esita e si smarrisce.
Di fronte all’oggetto amato, con la possibilità, anzi la “certezza” come affermava Pieter, di averla per sé, si proprio ora egli è preda di un sentimento di totale desolazione:
“Ma come ho fatto io, nobile ufficiale di sua maestà, io, degno di onore e rispetto, a incapricciarmi a tal punto di questa pur bella giovinetta?
Ma cosa faccio io qui, in questa casa dove diverse volte sono entrato ospite onorato mentre ora vi sono penetrato ,lontani i genitori d’essa, con sotterfugi e immorali propositi?
Ma come mi ha costui convinto, questo perditempo e ruffiano come pochi, questo Pieter, che si è avvalso di una lontana parentela per farci introdurre in questa casa onorata, senza che nulla delle nostre intenzioni trapeli?
Ma cosa mi ha trascinato qui, io uomo ricco e generoso, che con certo minor spesa dei cinquanta fiorini promessi a quell’avido manigoldo, avrei appagato le mie voglie amorose con le arti di un’amante esperta e discreta?
Invece ora tremo al pensiero del suo giudizio , una gran stanchezza mi spossa e, si, posso ben dirlo, non oso neppure guardarla!
Ma non posso non sentire le sciocche parole e le lodi che Pieter con rozze smancerie le rivolge, al fine di sedurla, ah si, per me, che pur non guardandola,seppur vergognandomi, sento le laide voglie amorose di me anziano, e quel furore di passione che non mi da pace!”.
Accanto a Jeanne, Pieter sta riempiendo un calice di una profumata e trasparente bevanda, un vino che ben egli ha saputo scegliere nella ricca collezione del prozio. Egli stesso ne ha bevuto più di una volta, nelle numerose cene e banchetti che il ricco mercante Vogel era solito offrire ad amici e parenti. “Ispumante” egli lo aveva nominato e, sollecitato dai presenti, aveva spesso raccontato come l’avesse scoperto nei numerosi viaggi fatti in tutta Europa come mercante d’arte quale era. E viaggiando, valicate le alte Alpi, spingendosi nel Regno dei Savoia, avesse trovato una terra fertile ed ubertosa, da cui, con lungo e sapiente lavoro, gli abitanti di codesto regno traessero da un frutto formato come da perle dei vini tra i migliori che avesse mai bevuto. Vini rossi, forti di carattere come d’altronde erano quelle popolazioni. Così egli non mancava mai nei suoi viaggi sia di essere accolto come ospite onorato sia di acquistare una riserva di vini alcuni dei quali, dolci e trasparenti sapevano farsi gustare specie dalle dame. Esse ascoltavano sempre con allegria e curiosità i suoi racconti e anche le più giovani non vedevano l’ora di poter assaggiare anche loro codesta gran bontà.
Lo scaltro Pieter, che non aveva mancato di notare tutta l’ eccitazione per codesto vino chiamato ispumante, proprio per questo lo aveva versato per Jeanne e chinandosi verso di lei, ora le mormora parole di premura e desiderio:
“Suvvia, dolce Jeanne, non rifiutare questo nettare degli dei che ho versato apposta per te, che arrosserà le tue morbide gote, e un fresco aroma scenderà fin nelle vene, facendo battere più forte il piccolo e morbido polso della tua mano, che sento già calda accanto alla mia.
Contro l’amore tu dunque hai tanto ritegno? Tanta è la paura di questo delicato ma anche forte sentimento? Oh dolce cugina Jeanne, suvvia, apri il tuo cuore, comprendi la passione di questo onesto e nobile amico che se ha colpa è quella di voler ammirare le tue graziose fattezze, il tuo roseo incarnato, l’incantevole tuo sorriso. Oh dolce Jeanne il coraggio è nell’amore, la codardia di chi non sa ascoltare i moti dell’animo innamorato.
Spezzeresti tu dunque la vita di questo gentiluomo che aspira solo a sfiorare con gentile ardore la bianca pelle del tuo esile collo? Oh con quanta generosità egli avrebbe voluto già da ora incorniciarlo con una preziosa collana di candide perle e se tu acconsentirai, oh dolce Jeanne, egli se ne farà premura.
Fai nascere orsu’ dunque quel seducente sorriso che ha trafitto il cuore dell’amico mio e che nel suo desiderio vorrebbe sfiorare per sentire sulle tue labbra il sapore di questo splendido e frizzante vino d’Italia che ora ti offro dedicandolo alla tua giovinezza: non glielo negare amabile cugina, o so per certo che ne morirà”.
La giovine Jeanne ascolta attenta le parole di Peter: Ella,vestita con un ampio e vaporoso abito di raso rosso e dorato siede con superba modestia reggendo con grazia il calice di vino. Ella intende, lascia dire e sono i suoi occhi che si fanno via via più ridenti mentre così ella pensa: “Con quanto sciocche ed inutili smancerie, cugino Pieter, mi cingi. Quanta fiducia tu riponi sia nella tua insulsa loquela sia in questo “nettare divino” che mi offri come se lo avessi trasformato in un magico filtro d’amore, in una pozione nefanda e capace di ottenebrare i miei sensi e la mia ragione? Così poco dunque tu valuti me e la mia verginità? Così tanta fiducia tu dunque riponi nella tua sciocca favella? Questo tuo insulso gioco di seduzione è degno di un povero e vile mezzano che, come fece il serpente con Eva, tenta di adularmi per farmi cedere ad un uomo che neppure ha avuto l’animo e il coraggio di mostrarsi a me, e di chiedere ,inginocchiato ai miei piedi, il solo onore a cui può ambire, quello di baciarmi la mano. Ignobile codardo, non lo degnerò neppure di uno sguardo.Ben peggio però è costui, che con la scusa di una lontana parentela si è sovente introdotto nella nostra casa a cene e banchetti, mangiando e bevendo senza ritegno, apprezzando soprattutto questo vino che ora mi offre .Egli non sa che proprio alcuni giorni or sono, mentre siedevamo, io e mio padre con altri ospiti, alla tavola imbandita, ad una mia capricciosa richiesta, mi permise di assaggiarlo, guardandomi ridendo mentre le gote mi si infiammavano e gli occhi diventavano lucenti.Ora questo sciocco individuo vorrebbe farne un’arma di seduzione, per ceder ciò che più mi onora, gioia del mio futuro sposo,il mio candore e la mia purezza,doni di nozze i più preziosi.Ah poveri allocchi! Ah quale sbaglio per voi, quando proprio questo vino generoso e frizzante scioglierà non la mia resistenza, ma la mia ira. Esso infatti rinvigorirà le mie membra, e certo frizzanti saranno le mie parole e certo ben serviti sarete entrambi.Infatti proprio questo “nettare” mi darà forza e vigoria per chiamare ad alta voce i servi già pronti ,insieme alla devota governante Catharina,custode non solo della casa ma anche del mio onore. Essi hanno l’ordine di scacciarvi fuori dalla casa mentre con dure e sprezzanti parole io vi farò conoscere sordidi e vili quali siete e certo nessuno più vi chiamerà gentiluomini.
E rido, ora rido ,ora che alla fine siete, tu cugino avido macchinatore di intrighi e tu, vecchio abietto, tutti e due uniti nella vergogna.
E a voi signori spettatori, il mio sorriso si rivolge, a voi i miei occhi ridenti che già pregustano la pregustata vendetta.”