Racconti nella Rete 2009 “Alex” di Diana Marinelli
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2009<<Ti faccio schifo?>>.
Te lo chiede piano, sussurrandolo, intimorita.
E tu gli rispondi con la frase più ovvia del mondo.
<<Cazzo, no!>>.
In realtà non lo sai, cosa pensare.
Non hai ancora ben chiara la situazione in testa, ma vuoi rimanere lì. Con lei.
Con Alex.
La vuoi accarezzare.
Toccare. E farci l’amore.
Di quello ormai ne sei sicuro e non ti chiedi neanche più il perché.
Ma su quel divano, di casa sua, c’è il caos.
Il caos delle vostre menti.
Il caos dei vostri stomaci.
E il caos di quel diamine di destino che deve rendere sempre tutto più complicato.
Lei ha paura, si vede. Ma sa anche chi è.
Al contrario tuo, che non sai più chi sei manco tu.
All’improvviso ti ritrovi le sue gambe addosso alle tue, il suo sorriso nei tuoi occhi e la accarezzi, piano, per non farle male.
Ti tranquillizzi a guardarla ma non puoi fare a meno di fissare anche i suoi lividi.
Era stata anche colpa tua. Cazzo forse era stata solo colpa tua.
Non dovevi.
Non avresti dovuto.
Ma forse adesso non ti saresti trovato lì.
La situazione è ferma.
Nessuno parla e nessuno si muove.
<<Tua mamma dov’è?>> le chiedi, tanto per non sembrare imbarazzato.
<< Se ne è andata!>> ti risponde.
<<Mh?!?>>.
<<Le faccio schifo!>>.
E il tuo stomaco stramazza.
Ti viene da vomitare. Forte.
E ti alzi veloce per andare in bagno. Vorresti tanto dirle che non hai niente ma le dici un vago va tutto bene.
Davanti allo specchio guardi la tua faccia.
Hai proprio una faccia di merda.
Sei dimagrito. Pallido. Con le occhiaie e non ti ricordi manco da quanto tempo sei ridotto così.
Ti fermi un attimo e lo capisci da solo.
Da due mesi.
Da quando hai conosciuto Alex.
La vedesti per la prima volta nel cortile della scuola, scendere dalla grossa macchina nera del padre.
Ti rimase subito impresso il suo sorriso e i suoi occhi disegnati di buio.
Fu un colpo a ciel sereno. La tua mente fu imprigionata dalla sua immagine e i tuoi pensieri finivano per ricadere, sempre, sulla sua essenza.
Immaginavi di toccarla, di accarezzare i suoi lunghi capelli neri e lucenti.
La sognavi di notte e la pensavi serena e solitaria, in continuazione, come quando la vedevi a scuola.
Avevate in comune solo una lezione, quella di chimica, ma ti bastò per diventarle amico.
Ora sorridi a quei ricordi, ma durante il patimento che provasti dopo il suo rifiuto, furono solo le lacrime che scesero dai tuoi occhi tristi.
Tu che avevi sempre avuto qualsiasi ragazza ai tuoi piedi.
Lei invece ti era sfuggita e lo stava facendo ancora.
Tu, il capitano della squadra di football, rifiutato!
Fu imperdonabile per la tua anima.
Ma ciò che hai fatto a lei, ora, ti sembra simile solo alla morte.
Quel giorno maledetto!
Quella palestra, dannatissima e affollata di gente.
Cazzo!
Avresti potuto evitare, ma invece fu il tuo fottutissimo ego a guidarti.
A guidare i tuoi movimenti verso quel bagno.
La seguisti.
La volevi.
E se ci ripensi non ti ricordi manco tu cosa volevi farle.
Apristi la porta e ti ritrovasti davanti il suo corpo.
I pantaloncini abbassati….
….
….
E poi ricordi quelle risate. Le tue.
Quegli occhi terrorizzati. I suoi.
E i tuoi compagni di squadra dietro la tua spalla. Le loro facce immobili e i loro sogghigni, cattivi.
Senti ancora le loro spinte per farsi spazio verso di lei.
Ti accorgi solo ora della tua immobilità.
E di quel sordo non sentire le sue urla.
I suoi dolori, mentre quelle mani la toccavano, la violavano, immensamente e per sempre.
Ricordi il suo sangue.
Le sue lacrime. E quei vestiti strappati, per prendersi gioco del suo destino, come un circo selvaggio.
Ora sei rinchiuso in quelle reminiscenze infernali.
Ti accasci per terra e piangi. Fortissimo. Vuoi dimenticare ma soprattutto perdonare te stesso.
Piangi tutte quelle lacrime che quel giorno furono le sue.
Un ultimo ricordo nella tua testa….il vostro abbraccio. Il suo tremore e la tua necessità di proteggere il suo segreto, profanato dalla tua viltà.
Ora sei tu a ritrovarti nelle sue braccia, prostrato in terra e bisognoso di protezione.
Lei ti culla. Ti accarezza i capelli e ti sussurra il suo perdono.
Lentamente arrivate sul suo letto e ti distendi, serrando gli occhi, per non guardare ciò che sei diventato.
<<Cris..?!?>>.
<<Mh!>>.
<<Come stai?>>.
Ha anche la forza di chiedertelo e tu ti senti un fottutissimo bastardo.
<<Mi sento un fottutissimo bastardo!>>.
<<Perché?>> te lo chiede con quell’aria sorpresa, dolcissima.
<<Per quello che ti ho fatto!>>.
<<In fondo non mi hai fatto niente! Mi hai scoperto ma ora sei qui, al contrario di quella stronza di mia madre!>>.
Le basta solo la tua presenza, la tua vicinanza e la sua voce ti sembra tranquilla.
All’improvviso si gira verso di te e si tira su da un gomito.
Vuole parlare e ti racconta della sua nascita, della decisione dei suoi genitori, della sua infanzia da bambina bellissima, delle medicine che prendeva fin da piccola e della sua decisione di non prenderle più. Della promessa fatta da suo padre e della promessa fatta a se stessa, di seguire davvero il corso che la natura ha deciso di farle seguire.
Ti accarezza piano.
Ti sorride, vicinissima.
E tu in effetti vedi i cambiamenti.
All’improvviso ti bacia e tu rispondi con uno slancio.
La tua anima ora è felice e anche tu decidi di seguirla fino in fondo.
Ti alzi e la porti sotto di te.
Continuate a strusciarvi, come poco fa sul divano.
La tocchi. Lei ti tocca.
Sospirate. Insieme.
Le tue mani finiscono sotto la sua maglietta e noti la fascia.
La guardi, sbigottito.
<<Devo abituarmi..alla piattezza.>> ti dice, sorridendo, poco dopo aver notato il tuo sguardo.
Tu annuisci.
E continua. <<Tra qualche mese dovrò operarmi..>> ma si ferma, in fondo non è facile neanche per lei affrontare il discorso con qualcuno che non è suo padre.
Tu non fai niente se non continuare a toccarla.
Le togli la maglia e lei fa lo stesso.
Vi baciate. Le vostre lingue si incrociano, le vostre gambe si toccano.
Inizia a sbottonarti i bottoni dei jeans e tu ti addrizzi, per agevolarla.
Il tuo petto è in subbuglio e quando termina l’operazione inizia a sfilarteli.
Si distende e tu la segui, togliendoti i pantaloni, mentre lei inizia a sbottonarsi i suoi.
Tu cerchi di infilare la mano dentro i suoi boxer ma te lo impedisce.
La sua forza è aumentata e nella tua mente si figura il flacone che hai visto poco fa in bagno.
Ti blocca il polso e ti divincola dal suo corpo.
Ti fa stendere sul letto e si posiziona su di te.
Guardi le sue movenze, i suoi sospiri, i suoi occhi grandi.
<<Sei bellissima!>>.
Si avvicina al tuo orecchio e mordicchiandolo per l’eccitazione, ti dice <<Non parlarmi più come se fossi una femmina….>>.
La tua voce scoppia in un gemito. Ti sta accarezzando e ti sta facendo impazzire.
Tenti di prendere il suo corpo per farlo andare ancora sotto di te, ma non ce la fai.
Ti allarga le braccia e ti fa girare di schiena.
Il suo movimento non è accurato. Infatti senti un dolore cane.
Urli e pensi che è la prima volta.
Alex si muove.
Continua a muoversi.
Il suo cazzo è duro e tu te lo senti arrivare fino in gola.
La tua mente scompare e raggiungi l’oblio di quella perversione fantastica.
Ti rilassi, sotto le sue spinte e verso la fine tiri indietro la testa per baciarlo.
Sei bagnato e ti abbandoni sul materasso.
Ti raggiunge. Crolla sul cuscino e afferra il pacco si sigarette.
Ne accende una e te la passa e poi ne accende un’altra che rimane tra le sue labbra.
Il suo corpo è nudo, senza pudori davanti al tuo.
Guardi i suoi piedi, le sue gambe. Guardi il suo pene, la sua pancia.
Osservi il petto fare su e giù, e il suo seno fasciato.
Con una mano togli la sua fascia e glielo accarezzi.
<<Scusami per quello che ti ho fatto>>.
<<Ti amo!>>.
<<Cosa?!?>> gli domandi esterrefatto.
<<Ti ho sempre amato, ma avevo paura di farti schifo…>>.
<<Non mi fai schifo!>>.
Questa volta ne sei sicuro! <<Sei bellissimo!>>.
Lui ti sorride e dopo averti stampato un bacio sulle labbra si distende totalmente sul cuscino.
<<E tuo padre?>> gli domandi, intimorito dal tempo che passa.
<<Non preoccuparti fa il turno di notte!>>.
Ti distendi anche tu sul cuscino e chiudi gli occhi finalmente sereno. Il futuro non ti fa più paura come prima perché ora sai contro chi combattere.
Contro quel mondo che vi vuole far apparire diversi.
<<Alex?!?>>.
<<Mh!>>.
<<Posso farti una domanda?>>.
<<Certo!>>.
<<Dopo l’operazione per diventare totalmente un uomo come ti chiamerai?>> hai paura della sua risposta, ma sei consapevole di aver fatto una domanda stupida.
La sua risposta arriva veloce, ferma.
<<Alex!>>.
Un tema impegnativo affrontato con coraggio e delicatezza ma anche con le crude giuste parole che andavano usate. Andrea Ercolini