Premio Racconti nella Rete 2013 “Le nuvole inseguivano il sole” di Raffaele Balsano
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2013Era una bella serata tipicamente estiva.
Il cielo nitido e con poche nuvole tutto il giorno lentamente, con il passare delle ore, si andava oscurando, lasciando spazio alla notte ormai imminente.
Il caldo era quasi del tutto svanito e si assaporava un tepore piacevole.
L’inverno ormai era solo un ricordo e dopo belle giornate primaverili era arrivata l’estate piena di profumi e voglia di vivere.
Le macchine sfrecciavano veloci sulla strada, quasi a voler creare una barriera tra il giorno appena trascorso e la serata ancora da vivere.
Una di queste aveva i finestrini aperti e l’aria estiva s’insinuava leggera nell’abitacolo.
Alla guida c’era Stefano, un bel ragazzo sui trent’anni. Aveva una folte chioma color marrone e due bellissimi occhi dello stesso colore. Indossava una camicia azzurra senza cravatta che faceva risaltare la sua giacca blu.
Al suo fianco sedeva Lucia.
Aveva più o meno la sua stessa età.
I capelli biondi facevano da cornice a due occhi azzurri che sfidavano, come due stelle apparse in cielo all’improvviso, le prime ombre della sera.
La camicetta color lampone che indossava era leggermente aperta sul collo e faceva intravedere l’inizio del seno che lei, con fare pudico aveva coperto con una collana di perle.
Lucia continuava a guardare con occhi teneri Stefano, come uno scoiattolo impaurito, quasi a voler cercare nei gesti sicuri della sua guida, una protezione di cui aveva, in quel preciso momento, estremamente bisogno.
Molte volte capita nella vita di avvertire questa necessità. Specialmente quando il ‘mondo esterno’ incute paura e insicurezza, si cerca disperatamente il conforto e l’aiuto nelle persone che si amano.
Non aveva il coraggio di dirglielo, di rivelargli quello che da qualche giorno serbava dentro di sé.
Cercava nel contempo di non pensarci, si distraeva ascoltando un cd di Max Pezzali, il suo cantante preferito e ogni tanto , distogliendo lo sguardo da Stefano, guardava fuori le macchine che procedevano in senso inverso, sull’altro lato della carreggiata.
Le era sempre piaciuto guardare le altre auto, immaginando chissà quali storie…
Stefano nel contempo era intento a superare un ponte che, per agevolare il traffico, era stato costruito in mezzo alla città e in quel momento inveiva contro un guidatore distratto che gli stava tagliando la strada perché voleva superarlo ad ogni costo.
Dopo aver lasciato il ponte alle sue spalle, Stefano ruppe gli indugi, abbassò il volume del lettore cd e…
– allora amore hai fatto l’esame?
Secondo lui era il momento opportuno per chiederglielo perché ormai la tensione accumulata dallo stress lavorativo era passata e la bellezza della sera estiva favoriva il dialogo.
– si
rispose Lucia
Stefano incominciò a rallentare, nello stesso momento in cui il suo cuore invece prese a battere forte. Si rendeva conto che, non solo la sua vita, ma anche quella di Lucia dipendeva dal seguito di quella risposta.
Molte volte facciamo delle domande solo per il gusto di farle o per cortesia, per non stare zitti, per far vedere all’altra persona un nostro coinvolgimento nella conversazione, disinteressandoci delle risposte, altre volte invece…
Si rese conto della titubanza di Lucia, avvertì la paura insita dentro di lei, altrimenti non avrebbe risposto solo con un’affermazione, ma insistette perché era troppo importante sapere il seguito.
– si non è una risposta completa, manca il risultato dell’esame
Pur con tanto pathos dentro il proprio cuore, riuscì pure a sorridere per la battuta.
Lei fece un respiro profondo, chiuse gli occhi, poi li riaprì e portandosi una mano verso il cuore, quasi a voler difendere con tutta la forza possibile e fino all’ultimo istante il suo segreto, trovò le parole che uscirono in maniera autonoma, quasi forzando la sua volontà.
– sono incinta, aspetto un bambino, ne sono certa perché ho ripetuto il test tre volte e il colore era di un bel viola carico. Non ci sono dubbi in proposito
Per fortuna di Lucia che Stefano aveva rallentato…
Per un istante, un semplice istante, lui perse il controllo della sua macchina, una ranger over molto potente e che richiedeva da parte di chi la guidava una grande attenzione, ma si riprese subito mentre in quel momento, pieno solo di un silenzio imbarazzante, continuavano a sentirsi i suoi battiti forti.
– cosa aspettavi a dirmelo?
le disse quasi con un tono di rimprovero, forzando un po’ il suo modo di agire, visto che non era capace, mentre i suoi occhi s’inumidivano di felicità.
– temevo la tua reazione, molte volte mi sono chiesto come avresti reagito, dandomi sempre delle risposte diverse, la mia grande paura è quella di perderti, di vivere senza di te, sei importante per me.
– non hai nulla da temere, io ti amo, sei quello che di più bello la vita mi ha dato e solo stando vicino a te, in questo tempo, sono diventato uomo, sapere adesso che dentro di te batte un altro cuoricino, rende grande la mia esistenza, perché adesso non ci sei solo tu che mi completi, ma anche il frutto del nostro amore, del mio uomo e del tuo donna, io respiro perché ci sei tu, vivo perché tu alimenti il mio vivere ogni momento, ogni giorno.
L’amore teme solo la perdita della persona amata.
L’egoismo teme solo la perdita della propria persona.
Con calma apparente, difficile per il grande momento emotivo che stava vivendo, Stefano mise la freccia e si portò verso il ciglio della strada e appena possibile, parcheggiò la macchina, arrestò il lettore cd e poi il motore, si tolse la cintura di sicurezza e girandosi verso Lucia, la strinse forte a sé, come non aveva mai fatto fino a quel momento e la baciò con grande trasporto, mischiando le sue lacrime di felicità con quelle di lei che le rigavano il viso, rovinandole il trucco, che scorrevano lentamente, come un piccolo ruscello di montagna, inizialmente di colore marrone per via del rimmel, concludevano il loro viaggio diventando rosa come il fard che con tanta cura aveva messo sul suo viso.
Lucia pensò a quanto era stata stupida nel pensare ad una reazione negativa da parte di Stefano.
Non aveva capito che grande uomo aveva al suo fianco e come il buio magico di quella notte fantastica, fosse molto diverso da quello vissuto tanto tempo prima insieme ad un grido, mentre una mano sbatteva con violenza contro il muro con il sangue che scorreva sul polso e sulle dita.
A quell’epoca Lucia non riusciva a respirare e a vivere. Non passava aria nello sgabuzzino privo di luce in cui era rinchiusa da tre ore e non filtravano più neanche le urla dell’uomo e il silenzio lacerante della madre.
Lucia non voleva più vivere!!!
Era stanca di quelle scenate.
C’era in lei un grande vuoto che con il passare del tempo era diventato un enorme incubo per la sua vita, priva di affetti e di un domani certo, esisteva solo il presente con tutta la sua angoscia, la sua disperazione, il suo oggi riempito solo di inutilità e dolore interiore prima che fisico.
Come si può desiderare la morte quando si è giovani e la vita esplode in tutta la sua grandezza?
Se la vita diventa un macigno difficile da spostare è facile purtroppo decidere di non vivere più.
La sua anima l’aveva abbandonata, sembrava quasi che non volesse più abitare dentro di lei, dentro il suo corpo, stanca di tutta quella tristezza. Aveva bisogno di una luce diversa, di un’alba diversa e senza la sua anima, per lei, non aveva più senso continuare. Tutto diventava sterile, arido, come un campo non più coltivabile.
Tre anni prima di quel giorno, suo padre aveva tradito sia lei che sua madre, lasciandole per strada senza soldi e senza futuro. Si era follemente innamorato di una ragazza di qualche anno più grande di Lucia ed era andato via, convinto di aver trovato l’elisir della felicità.
Illusione allo stato puro.
Poi sua madre aveva conosciuto Carlo, si era messa insieme senza esserne innamorata, ma solo come possibilità di scappare dalla fame e dalle lacrime.
Illusione allo stato puro.
Decisamente non era stata una grande idea!
Le litigate continuavano da mesi, prima per i soldi e poi, come spesso succede, per futili motivi.
Lucia voleva farla finita, non le piaceva più stare in quella casa che non aveva mai sentito sua.
Desiderava tanto restare da sola.
Sola con la sua sfiducia nei rapporti umani, nell’amore, nella vita.
Uscì dallo sgabuzzino con le mani insanguinate, mentre anche la sua camicetta bianca presentava delle vistose chiazze rosse. Sua madre, senza aver ancora realizzato cosa fosse successo, spinta più che altro dalla necessità di concludere la lite in corso, sbattendo la porta, prese la macchina e la condusse all’ospedale.
L’emorragia non si fermava e…quegli istanti avrebbero segnato la vita di Lucia per sempre.
Il viso di un medico, la barella situata al pronto soccorso che correva veloce, la pressione che calava sempre di più.
– signora la ragazza si è tagliata le vene del braccio sinistro
e lo sguardo di qualcuno che non conosceva.
Poi solo il buio e un grido di dolore.
Erano le sei del pomeriggio e Stefano, appena uscito dall’Università camminava tranquillo.
Ma quale Università? Anche se era al primo anno una matricola, come dicevano i suoi amici prendendolo in giro, non gli interessava molto quello che stava facendo. Avrebbe continuato gli studi all’Accademia Ufficiale dei Carabinieri.
Sognava la carriera militare da quando bambino aveva ricevuto in dono dei soldatini e un piccolo carrarmato dai suoi nonni materni con i quali, dopo che i genitori erano tragicamente morti in un incidente stradale, era sempre vissuto.
Tra la realtà e i suoi sogni, c’era un concorso difficile da superare, ma aveva anche tanta forza e finalmente dopo tante notti insonni si era deciso e avrebbe tentato il concorso.
Quel pomeriggio si stava recando in ospedale per dare la bella notizia a suo nonno ricoverato per un problema cardiaco, pericoloso per la sua età avanzata.
Sbagliò l’ingresso ed entrò dalla parte del pronto soccorso.
Subito una barella, seguita da una donna urlante, gli sfrecciò davanti e per lo spavento avvertì una fitta al cuore.
Quel giorno gli bastò uno sguardo, solo uno…
Stefano e Lucia si erano incontrati in una stupenda giornata invernale, in cui la neve scendeva copiosamente.
Lui l’aveva aiutata perché lei scendendo dal tram era caduta e Stefano aveva urlato con tutto il fiato che aveva in corpo all’autista di fermarsi, perché poteva farle del male.
Subito dopo, come per incanto, un ricordo aveva preso forma, pian pianino nella mente e nel cuore di entrambi: era lei quella ragazza sulla barella quel giorno al pronto soccorso, era lui che aveva posato su di lei uno sguardo pieno di sole cambiando il corso degli eventi.
Da quella volta che fecero l’amore nella stanza di Stefano piena solo di libri e di tante speranze, entrambi compresero che ognuno era la realizzazione dell’altro.
L’amore è importante!
Quello vero non può essere ridotto ad un fatto di attrazione fisica ad un sogno fugace nel cuore perché, se fosse veramente così, nel tempo svanisce. E’ soggetto all’usura del tempo.
Ci vuole una ragione che si trova solo se si capisce che ‘l’altra’ è la parte mancante, la propria metà, il completamento di se stessi.
Quel pomeriggio, mentre in cielo le nuvole inseguivano il sole, non c’erano molte persone davanti alla chiesa in attesa di lanciare i confetti e il riso ai novelli sposi quale rito beneaugurante, ma quelle poche erano commosse quasi che fossero unite da un unico cerchio pieno di tante orchidee bianche.
Ecco finalmente uscire gli sposi.
Lui vestito con una elegante divisa militare da sembrava proprio un principe azzurro contento ed eccitato per il grande passo, ora che anche la sua carriera era alle stelle, teneva stretto la sua sposa dolce e bella come un giorno di primavera, come la luna in una notte limpida, come il sorriso di un giorno lieto.
I loro sguardi erano pieni di complicità e voglia di amare, di donare il proprio cuore, la propria esistenza.
In quel giorno di felicità piena, davanti alla chiesa c’era la pianta di un gelsomino rigoglioso con dei bellissimi fiori e che emanava un profumo più intenso del solito, quasi a voler offrire il suo piccolo contributo a quell’unione così lieta.
Per un attimo si divisero, catturati dai baci degli invitati, ma poi finalmente la foto che i due si sarebbero portati dietro per sempre, come un ricordo indelebile che nessun altro avvenimento avrebbe mai potuto cancellare: lui sorridente che mostrava la fede al dito di lei la quale tentando scherzosamente di districarsi lasciava intravedere il polso e… una profonda cicatrice quale ricordo di quei giorni tristi e ormai dimenticati.
Quell’anello aveva trionfato su tutto, come l’amore sull’odio, la vita sulla morte e poi adesso c’era quel bambino che rappresentava l’inizio di una felicità infinita.
Quel piccolo essere significava molto non solo per loro ma anche per tante persone.
Nella vita non bisogna mai disperare, mai farsi prendere dallo sconforto e pensare che tutto sia inutile, o peggio ancora finito.
C’è sempre una via d’uscita e il domani può essere sicuramente migliore.
Mentre Stefano e Lucia avevano quasi raggiunto la loro piccola casa successe l’incredibile.
Una stella in disaccordo con le altre, si staccò dal cielo e incominciò a scendere per adagiarsi vicino a loro e illuminarli, unendo in un attimo i loro corpi in uno solo, perché il segreto della felicità è tutto lì, in due persone che diventano una sola e la realtà, come per magia, assume i colori di un giorno bellissimo da vedere ma soprattutto da vivere.