Premio Racconti nella Rete 2013 “Sta sera Jazz” di Carolina Piola
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2013Suonava il sax. Repertorio dagli anni ’20 ai ’70.
“Sta sera Jazz”, era la sua frase preferita.
Amava andare a spasso con la custodia vuota, lo strumento appeso al collo e la Musica in testa.
“Niente spartiti. Sono solo macchie d’inchiostro su un foglio che inquinano l’istinto” .
Era questo che rispondeva a chi malignamente gli imputava di non saper nè leggere nè scrivere la musica, un povero branco di lupi invidiosi.
Il ragtime, il novelty, il blues con le sue dodici battute, assimilati come il jazz li aveva assorbiti dentro di sè, erano un ossesso per lui che di scuro aveva solo gli occhi e forse l’animo.
Ogni notte, sprofondava nella sua poltrona verde inglese messa di fronte alla finestra e prima di addormentarsi, mentre accarezzava qualche nota o anche senza fare nulla, aspettava. Ormai quel gesto era diventato un consueto appuntamento, una storia che si ripeteva sempre uguale, senza fine, da molti anni. Aspettava.
“Chi sei?”, gli domandai una sera mentre riponeva il suo amato Conn nella custodia in pelle tutta sgualcita. Era lo stesso utilizzato da Lester Young con l’orchestra di Count Basie.
Rispose senza guardarmi, ma fissando lo strumento così intensamente da farlo sembrare vivo: “Io non sono nessuno ragazza…al massimo Suono”.
Dopo quella notte, ne vennero altre…notti fatte di note, racconti, pensieri e qualche bicchiere più amaro. Fino a che, sebbene continuassi ad avere sue notizie da qualche amico che ogni tanto ancora lo incrociava, non lo vidi più.
Un giorno, per caso, mentre girovagavo per un mercatino di vecchi dischi sentì qualcuno parlare di un certo sassofonista trovato morto, di fronte alla finestra, sulla poltrona di casa sua. Dicevano che stesse imbracciando il suo sax tenore come un fucile, quasi come se aspettasse un nemico alla resa dei conti.
Capì subito che si trattava di lui. Peccato che quei venditori di vinili non sapessero che Al, così si faceva chiamare, fosse cieco da ormai ventitre anni e l’unica cosa che stava aspettando quella notte, come sempre, era l’alba. Solo che finalmente era riuscito nel suo intento: rivederla.
Certe volte mi sembra di percepire l’eco del suo sax per le strade, la casa vuota, o per le stanze di luoghi sconosciuti. Allora mi fermo un istante, sorrido e penso: “Sì Al…Sta sera Jazz”.
Una bella storia; triste ma non troppo.
Ti ringrazio molto Silvia…per la lettura e il commento! 🙂
Carolina
Complimenti sei riuscita a commuovermi in sole poche righe, ma ben scritte.
Grazie Alessandra…Se il mio racconto ti ha fatto commuovere, il tuo commento mi ha regalato un sorriso! 🙂
Complimenti. Storia che arriva, arrivano le immagini e le emozioni.
Grazie mille Lucia, mi fa tanto piacere che ti abbia emozionato. 🙂
L’immagine che racconti è breve, ma molto intensa. Ha un suo carattere.
La frase “stasera Jazz” è in qualche modo potente, persino contagiosa – per una come me che non hai mai apprezzato particolarmente il Jazz.
In queste righe ci vedo, nonostante tutto, una celebrazione della libertà.
Bello bello.
Marta
Grazie Marta.
Poco tempo, parlando del mio primo incontro con il Jazz, scrissi queste parole:
“Se penso al Jazz, penso inevitabilmente ai primi timidi approcci con questa musica; non sapevo cosa stesse dicendo, ma più l’ascoltavo e più ne rimanevo affascinata, oserei dire rapita. Non capivo nulla, ma avevo la netta impressione che si trattasse di un universo a sé stante, in cui le note erano davvero libere di esprimersi nella loro improvvisata estemporaneità. Non capivo nulla, ma sentivo che mi piaceva parecchio…”
Credo dunque che, nonostante tu non sia un’amante del genere, abbia colto molto bene il senso e significato che esso racchiude…almeno per me…
Ti ringrazio quindi per l’attenzione e il bel commento e se ti andasse di continuare a leggere, ma soprattutto tentare di approciarti nuovamente al jazz, magari con spirito diverso, puoi provare a cliccare qui…http://musicreporters.rockol.it/paroleinmusica/blog/2013/04/30/spostati-un-po-piu-in-la-conversations-with-myself/
Carolina
Grazie a te! =)
Ho visitato la pagina, non mancherò di seguire. Contagiosa anche la tua visione del mondo sofisticato e allo stesso tempo randagio del Jazz – ecco, probabilmente adesso quando mi capiterà d’imbattermi nel genere mi tornerà in mente questo racconto!
Bello! Immagini e suoni: mi sembra interessante anche per un corto.
Grazie Silvia e ti dirò di più: ci avevo già pensato e mi piacerebbe moltissimo potesse prender vita in un corto! …chissà… 🙂
Bella narrazione che sa di jazz, triste e raffinata. Mi è piaciuto, complimenti.
Grazie Matteo, del tempo dedicato alla lettura e del bel commento.