Premio Racconti nella Rete 2013 “Domande” di Von Kaspiterina
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2013Chissà se lei ha delle risposte.
Lei, la cameriera del bar.
A volte mi fermo fino alla chiusura, quando ormai fa buio, e la guardo mentre pulisce in terra. Sta tutta incurvata e muove le labbra come se stesse dicendo qualcosa. Sembra quasi che parli con il pavimento.
Vengo qui da anni, ma mi rendo conto di non sapere niente di lei. Di giorno passa veloce tra i tavoli, prende le ordinazioni, sparecchia e non dice quasi nulla, solo l’essenziale.
Credo che abbia degli occhi molto belli, ma non riesco a vederli perché se ne sta tutto il tempo con lo sguardo verso il basso, come se non riuscisse a guardare altrove, ad alzare la testa.
Qualche volta l’ho scorta nel riflesso della vetrina e mi è parso che mi guardasse, ma forse è stata solo una mia impressione.
Anche io la guardo di nascosto, ogni tanto, e mi chiedo se sia sola, come me, o se fuori di qui abbia una vita, un marito, dei figli, un’anziana madre con cui dividere un piccolo appartamento.
Chissà se anche lei ha delle domande che la inseguono. Vorrei chiederle se le sue sono come le mie, in che modo le scaccia, se dopo un po’ ritornano.
Ma ho paura di farlo. Le domande, se le pronunci, non vanno più via.
Se scoprono che c’è la minima possibilità di essere dette e che qualcuno le ascolti, allora risalgono in superficie, bussano alla tua porta e chiedono insistentemente di entrare.
Le domande non sanno stare da sole e appena possono si uniscono in gruppi sempre più numerosi e da rumore di sottofondo si fanno chiasso assordante.
Il momento peggiore è quando sono sdraiato sul letto e le vedo arrivare. Le vedo proprio. Sono degli uccellacci neri che volano disordinatamente, si scontrano tra loro, sbattono contro il soffitto e a tratti sembra che vogliano planare in picchiata su di me, a beccarmi il petto.
Io mi agito, cerco di scacciarle con le braccia, con le gambe, con il cuscino. Ma loro si animano ancora di più e le sento, le sento, mentre mi pizzicano dappertutto.
Mi metto a urlare e cerco di scappare, ma sono anche davanti alla porta e mi sbarrano il passaggio. Ridono di me.
Per non impazzire chiudo gli occhi, mi tappo le orecchie e canto una canzone a squarciagola, fino a quando non ho più fiato. Poi riapro piano gli occhi e loro se ne sono andate.
Mi impongo di respirare normalmente, mi distendo di nuovo sul letto e guardo il soffitto. È bianco, luminoso, alto. Vorrei saper volare come le mie domande e andare a toccarlo, quel soffitto, per vedere di che materia è fatto. Forse non è duro come sembra, forse è solo un’immagine e posso attraversarlo e andare oltre.
Ma poi basta poco, una nuvola che passa davanti al sole, l’ombra che avanza nella mia stanza e, all’improvviso, quello stesso soffitto mi sembra triste, indurito, severo, irraggiungibile. E allora le domande ne approfittano per tornare, una alla volta, piano piano, poi sempre di più, sempre più velocemente, fino a quando c’è un’unica nuvola nera urlante sopra di me che nasconde il soffitto.
L’unico posto dove riesco a sfuggire alle mie domande è questo bar. Non so perché, ma qui non mi seguono. Ogni tanto qualcuna riesce a intrufolarsi, ma dopo un po’ che mi ronza intorno la smette e se ne va.
Credo che siano infastidite dalla presenza delle altre persone. Forse hanno paura di incontrare qualcuno che ha delle risposte.
Una risposta sola, a volte, è in grado di sconfiggere interi stormi di domande.
Ho scritto questo racconto poco dopo avere composto “IL PAVIMENTO” che si trova all’interno di questo concorso. Non era preventivato che “Il pavimento” avesse un seguito ma il personaggio maschile che compariva alla fine del racconto ha bussato alla porta e si è presentato, ben diverso dal misterioso uomo che era apparso.
Poiché ho ricevuto commenti positivi al primo racconto ho deciso di pubblicare qui anche il suo seguito, nella speranza di fare cosa gradita. Un caro saluto.
Ho letto i tuoi due racconti. Due racconti scritti molto bene, originali, un uomo e una donna immersi nei loro pensieri, in un ambiente familiare ed enigmatico. La fantasia emerge prepotente a colmare la loro solitudine.
Originali, ma anche scritti bene entrambi i tuoi racconti. Carina la storia delle domande che non sanno stare da sole, ma che si riuniscono in gruppi.
E che Kaspita! Anche con questo hai fatto centro! Il tuo raccontare è meraviglioso, la tua fantasia, sublime!!
Bravo, mi piace, come mi è piaciuto “Il pavimento”. Ho l’impressione che lei sia un un po’ più felice …sarà perchè confida i suoi pensieri al pavimento e non al soffitto!
Bello anche questo, come “Il pavimento”. Due monologhi scritti molto bene, da leggere a voce alta, attendendo le pause che la punteggiatura consiglia.
Silvia Tamarri hai fatto centro! è proprio così che andrebbe letto. Anzi, per dirla tutta; quando scrivo qualcosa lo rileggo ad alta voce, solo così capisco se funziona oppure no. e la punteggiatura è fondamentale per le pause. Sono proprio daccordo con te. Grazie
Complimenti, il finale poi…eccezionale! Bravo veramente Von Kaspiterina!