Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2013 “Dieci pagine dieci piani” di Matteo Scarrone

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2013

Solo dieci pagine per poter scrivere una storia. Perché dieci? Perché l’ho deciso io. Credo sia una delle poche cose sensate della mia vita. Dieci pagine per dare un perché, anche se è inventato. Credo sia triste lasciare delle pagine bianche, non scritte. Come quando d’estate gli alunni se ne vanno da scuola: escono dalle loro aule, percorrono le scale e se ne vanno. Quelle scale non se le ricorda mai nessuno. Quelle di casa che ci accompagnano verso la nostra abitazione, ferme, fredde, immobili. A volte antipatiche, come quando l’ascensore è rotto, o magari è il venti di agosto. Altre simpatiche, come quando si vuole fare conversazione con quella persona che sale con noi. Allora l’ascensore rotto non è più antipatico. Queste pagine sono come le scale di casa mia: dieci. Io abito al decimo piano, l’ultimo, e se mi affaccio dal mio pianerottolo vedo la tromba delle scale vuota, larga quanto basta per fare quello che devo. L’ho osservata molte volte da quando abito qui, e ogni volta mi sono sembrate sole, abbandonate. Tutti sono o in casa o fuori, questo è solo un luogo di passaggio, nessuno si ferma per le scale. Ma a voi questo non importa, voi vi siete soffermati sul mio aver scritto di queste scale: larghe quanto basta per fare quello che devo. Cosa si deve fare con una tromba delle scale? Beh io credo che dieci pagine bastino a scrivere la storia di una vita. Così come penso che dieci piani bastino per mettere fine ad una vita. La mia vita? Vi starete chiedendo voi? Io questo non lo posso dire. Come non posso dire dal piano terra di un palazzo che non conosco chi abita al decimo piano. Devo percorrere dieci piani di scale per scoprirlo. Devo passare sopra ogni gradino. Devo leggere ogni lettera di una frase per finire una pagina, e dieci pagine per finire questa storia. Ma dieci pagine di quale formato? E dieci piani di quale palazzo? Adesso volete sapere troppo. Vi basti pensare che la mia vita, nonostante qualcuno la possa giudicare triste, noiosa, senza senso, o magari invece ironica, sprezzante, leggera, goliardica, perché la vita è solo un punto di vista, secondo me, invece, è stata solo strana. Io credo che la vita sia strana in generale. Altri potrebbero dire che, forse, lo sono di più i modi che le persone hanno di affrontarla, di leggerla. La vita è fatta di costanti, di problemi, di particolari, che raccontano una storia. Come i gradini che portano ad un pianerottolo. Come i tasselli piccoli ma, senza i quali, il mosaico sarebbe incompleto. I problemi sono quelli che incontra un compositore di musica, quando gli sfugge la legatura fra due note. Si ferma, attende martellando il dito su di un tasto di pianoforte. Attende l’ispirazione che gli faccia suonare quella successiva. Attende perché non vuole ragionarla, non vuole forzarla, deve uscire da sola, deve venire fuori con l’ispirazione. Io mi sono fermata spesso davanti ad un gradino, indecisa su come salirlo, dopo essere inciampata su quello precedente, o anche solo per un secondo di indecisione su quale piede alzare. Noi non facciamo più nulla con l’ispirazione. Io stessa sto compiendo il mio gesto più spontaneo credo di tutta la mia vita. Questa corsa mi è uscita come fosse la nota tanto attesa. Le dieci pagine che ho davanti invece sono state la nota precedente. Qualcuno difatti potrebbe dire di me che mi sono suicidata, lanciandomi dal decimo piano della tromba delle scale nel palazzo in cui abito. Altri invece potrebbero dire che sono scivolata accidentalmente, dal decimo piano del palazzo in cui abito. Io invece, posso dire di essermi lasciata andare, per la prima volta in vita mia. Questi sono i punti di vista della gente che osservano una vita come una storia. Una storia fatta anche di altri elementi, come le costanti. In tutte le storie che le persone possono raccontare su quello che mi è accaduto, ci sono delle costanti. Ad esempio i dieci piani che ho percorso, i dieci piani di scale che osservo nel mio correre, ai quali ho voluto fare compagnia per un’ultima volta. Ma se si prendesse questo particolare come componente a se stante, analizzato senza contesto, qualcuno potrebbe mal immaginare che io abbia sceso con l’ascensore o attraverso le scale quei dieci piani del mio palazzo. Che, magari, ho potuto fare compagnia ai gradini per un’ultima volta perché è il giorno del mio trasloco. E se si prendesse come altro dettaglio il fatto che sto viaggiando velocemente verso il piano terra, alcuni potrebbero pensare che io abbia percorso quei dieci piani con uno slittino, come nei video su internet. Uno di quei video americani in cui l’uomo sullo slittino si catapulta sempre con la schiena sui gradini, facendosi un male indescrivibile, ma molto divertente. E parlando di cose un po’ più serie, alcuni potrebbero dire che è stata la disperazione a farmelo fare, a farmi percorrere quei dieci piani in caduta libera, e a farmi scrivere queste dieci pagine con la stessa caduta libera. Un fallimento amoroso, un fallimento lavorativo. Altri, invece, potrebbero dire che non avevo amici a fermarmi. Io invece dico che un ultimo amico c’era lì con me, al decimo piano: il corrimano della scala. Liscio legno, caldo. Sembrava una mano morbida che mi tratteneva dal farlo. Ma non abbastanza forte da trattenermi del tutto. L’ho sentito spesso sotto la mia mano, mi ha tenuto compagnia quando portavo con me le buste pesanti della spesa. Quando correvo velocemente per non fare tardi a lavoro. Mi ha tenuto la mano bagnata quando ho rischiato di cadere per le scarpe colme di pioggia e fango. Mi ha sorretto quando gliel’ho chiesto, e forse mi ha voluto lasciar andare quando l’ho obbligato.

Sono i particolari a fare una storia, o è la storia a fare i particolari? Io non lo so. So solo che, se non ci fossi io qui a cadere, i particolari non esisterebbero. Se io non stessi cadendo veramente non sarebbe esistito questo libro di dieci pagine in cui racconto una finzione. O forse, se non avessi scritto queste dieci pagine della mia triste vita, non avrei trovato lo spirito e le motivazioni giuste per buttarmi alla fine. E se i particolari come i dieci piani, le dieci pagine, la velocità con cui cado e scrivo non esistessero, io non sarei qui a cadere o scrivere, ma sarei ancora lì, in quella stanza, dietro quella porta al decimo piano, dove forse sono ancora, ovvero tre piani fa e tre pagine fa, mentre sto cadendo, mentre sto scrivendo. Decimo piano e settanta metri quadrati di appartamento tutti miei, in cui ho vissuto parte della mia vita. Anche qui: alcune persone potrebbero dire che è stata la parte peggiore della mia vita, perché è quella che mi ha portato a decidere la pianificazione della mia ultima corsa dal decimo piano. Altri potrebbero dire ancora che è stata la migliore, perché ho finito di scrivere il romanzo della mia vita, che ho lasciato li, su quel tavolo, dietro quella porta al decimo piano, dove sto finendo proprio quel romanzo, ovvero quattro piani fa e quattro pagine fa, mentre continuo a cadere, mentre continuo a scrivere. Qualsiasi cosa dica la gente, io so che questi anni non sono stati i migliori e non sono stati i peggiori, ma sono stati i miei, quelli in cui ho costruito questo romanzo nel bene e nel male, dove ho progettato la mia fine, nel bene e nel male. Perché se questo romanzo mi ha portato la contentezza di un’opera compiuta, mi ha portato la disperazione che mi ha fatto compiere questo gesto. Mancano due piani e due pagine, e sento che dovrei essere arrabbiata. Con qualcosa, con qualcuno. Con il corrimano che non mi ha trattenuta, con l’aria che sembra sorreggere con tanta facilità una farfalla, e che non sa sorreggere un’anima leggera come la mia. Forse dovrei essere arrabbiata con il libro che mi ha portata fino a qui. Qui, ad un metro da terra l’ultimo respiro, le ultime righe. Fra un istante chiuderò le pagine di questo libro e gli occhi con lo stesso fremito. Poi uscirò dalla stanza come sono uscita dalla mia vita. Chiuderò la porta alle mie spalle, e sarò solo io a poter decidere se, una volta chiuse le pagine, io mi sarò buttata davvero da quel decimo piano, oppure se sarà l’inizio per scrivere il prossimo romanzo.

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14 commenti »

  1. Racconto molto bello, in caduta libera. Adesso che ho finito di leggerlo, rifarei i dieci piani di corsa per leggerlo di nuovo. Bel lavoro.

  2. Bello l’accostamento delle dieci pagine con i piani di un immobile. Per niente faticosi questi piani, direi che per quel che mi riguarda li ho volati, perciò ti faccio i miei complimenti!

  3. Notevole, merita. Bravo davvero.
    Maurizio Polimeni

  4. ringrazio davvero tutti per i commenti positivi. Per una persona abituata a scrivere in maniera prolissa come me, questa sfida non è stata facile, ma sono felice che sia piaciuta. ho cercato di dare un’idea di ritmo, un discorso senza tempo, che potrebbe appartenere a chiunque. Ma sempre vero, sempre attuale. chi scrive in qualche modo cade, e chi cade ne vuole scrivere.
    matteo

  5. L’idea di ritmo e di un discorso senza tempo c’è davvero. Soprattutto nel paragrafo finale, che sento come ” l’inizio per scrivere il prossimo romanzo”. Io ne leggerei altri così molto volentieri. Bravo.

  6. Mi soffermo ancora per dare la giusta visibilità ad una storia originale,
    meritevole di maggiore attenzione.
    Ciao.M

  7. Talmente intenso e concitato che dovrò rileggerlo….anche per capire meglio il parallelo vita/romanzo. Una curiosità: perché hai voluto che il protagonista fosse una donna?
    Tanti complimenti.

  8. Giusto, perché una donna? Mi ero fatta anch’io la stessa domanda.

  9. Una donna perchè solo una donna può credere di essere sorretta dall’aria quando cade. e perchè rompere l’incanto di un’anima femminile è tremendamente più crudele che uccidere quella di un uomo, quindi il lettore è molto più angosciato nel leggerlo e viverlo.

  10. Arguto! Ecco l’aggettivo che ha sbaragliato la concorrenza mentre leggevo questo racconto. Amo l’intelligenza accompagnata allo spirito. Mix irresistibile. Complimenti!

  11. …COMPLIMENTI PER LA VINCITA CESARE…RACCONTO CHE MI ERA SFUGGITO (sono veramente tanti) MA CHEI COLPISCE PER LA SENSIBILITA’ DELL’ARGOMENTO TRATTATO.

  12. Ci sei?
    Congratulazioni!
    Avevo visto bene… 🙂

  13. Non ho mai avuto un ottimo rapporto con scale e gradini, sarà per le volte che ci sono caduta o per il fatto che abito un piano più in alto della protagonista, ma questo racconto mi è piaciuto molto, sia per il ritmo che per il finale aperto. Complimenti!

  14. Bello. Mi piace l’idea, mi piace lo stile. Complimenti!

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