Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Racconti nella Rete 2009 “Memoria” di Manuela Caracciolo

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2009

Esterno-notte-ripresa dall’alto.

Metropoli dalle luci accecanti -traffico-rumore di sirene in

lontananza

Interno-notte-zoom dettaglio

L’educato Toc Toc di una mano guantata alla porta della

camera 215 dell’Hotel Sheraton risuonò nella penombra

silenziosa della suite. Gli unici suoni erano il ticchettìo

ossessivo del grande orologio a muro nell’ingresso e il russare

sommesso e agitato di Henry, sdraiato scompostamente davanti alla

tv al plasma muto che illuminava il salotto con una luce violacea e

innaturale. Il sonno irregolare dell’ospite fu bruscamente inter-

rotto dalla voce stereotipata del cameriere:”Servizio in camera

signore”.Con estrema fatica Henry si sollevò seduto sulla pol-

trona e, con difficoltà, scacciate ultime tracce di sonnolenza

scuotendo la testa indolenzita. ”Avanti!”disse con

la bocca la bocca impastata dall’alcool. Entrò un ragazzo

in divisa rossa e bottoni dorati che spingeva un lungo

carrello con sopra vassoi nascosti da lucenti e grossi co-

perchi.”La cena che aveva ordinato,signore” annunciò con

un sorriso piuttosto viscido.Henry sporse al cameriere 20$

 il quale, intascata la mancia con un gesto rapido, si

accomiatò. Henry fece qualche passo incerto verso l’immenso

bagno piastrellato di bianco.Alzò lo sguardo e vide un uo-

mo basso che lo fissava al di là del grande specchio.Il

suo viso sembrava stanco, qualche piccola ruga già compa-

riva sotto gli occhi azzurrissimi e spenti.La barba comin-

ciava a spuntare dalla pelle chiara e lentigginosa.   I ca-

pelli neri e umidi cadevano lisci sulle spalle.”Come ti

sei ridotto?!Sei una rockstar, non un alcolizzato da quat-

tro soldi!”La voce del suo impresario, o delle sua coscienza,

risuonò nella sua testa come un tuono.Con espressio-

ne vuota osservò prima gli orecchini che portava, poi il

tatuaggio a forma di scorpione sul braccio sinistro e la

fossetta del mento, sormontata da una piccola cicatrice a

forma di virgola.“Non sembro un ubriacone!” biascicò a mez-

za voce uscendo dal bagno.Si diresse verso il grande carrello,

sollevò i coperchi, sbirciando

nei piatti di porcellana e li richiuse con una smorfia di

disgusto.“Come fanno gli Americani a mangiare questa roba?

Saranno anche i padroni del mondo ma della buona cucina ir-

landese non sanno assolutamente un cazzo!”

 

Accese la lampada in stile Liberty sul tavolino di cristal-

lo. Sul vetro macchie di vino e cenere, un massiccio bicchiere                                                        

da wiskey vuoto, sul suo bordo tracce di rossetto. Henry

lo prese e lo avvicinò alla bocca. Arrivò alle sue narici

un dolciastro profumo femminile e il forte odore dello

scotch.Fu colto da un senso di nausea e lo stomaco si

contrasse dolorosamente.

Non ricordava il nome della ragazza che ci aveva bevuto

E nemmeno ciò che era avvenuto dopo,troppo ubriaco per

rendersene conto.Ormai da 8 anni

conduceva quel tipo di vita. Quando era in turnè col gruppo,

per mesi viveva tra hotels di lusso e night club,tra un

concerto e l’altro dormiva 3 ore per notte. All’inizio tutto

sembrava grandioso:il palco, le feste, i sorrisi delle ragazze,

ma anche alla grandiosità ci si fa l’abitudine e

tutto aveva preso a svolgersi con una strana monotonia.

Guardò verso la tavola apparecchiata elegantemente e

quell’unico piatto vuoto aumentò il suo senso di isolamen-

to.Nella sua mente annebbiata comparvero immagini

lontane,una famiglia riunita attorno ad un vecchio tavolo

ligneo,un uomo dal viso stanco, una donna dagli occhi chiarissimi

e due vivaci ragazzini…e via via i particolari

tutti i particolari diventavano  più nitidi. La consu-

mata tovaglia a fiorellini, le rozze posate, i profumi di

torba e di stufato, le risa composte della mamma, le chiacchiere

di suo padre.  Henry sospirò,  e si versò un po’ di

wiskey.Il suo sguardo corse per la stanza e si appoggiò

sul comodino dove c’erano un libro con la copertina in pelle

invecchiata e un fazzoletto sgualcito, con due iniziali

ricamate.Altri flash nel suo cervello, foto ingiallite…un

lume a petrolio, una madre che legge ad alta voce seduta

sul letto,stretta al suo bambino che con sguardo  sognante

si lascia guidare in mondi fantastici con fate,orchi,

folletti.Henry prese il libro, osservando la foto sulla facciata,

lo scorcio di una città che conosceva bene,il nome

dell’autorein lettere dorate:James Joyce.Soffocò

una risata al pensiero di un cantante rock che si dedica

alla letteratura.Buttò il libro nel trolley straripante di

abiti stropicciati.Accese una sigaretta,uscì sul terrazzo.

Esterno-notte

Il vento caldo soffiava nella notte estiva.Le luci artici

ciali di New York splendevano.Le auto correvano, tutti

troppo occupati per lasciarsi prendere dalla malinconia.

Henry chiuse gli occhi.Rivide la sua verde terra, con le

sue praterie, il suo cielo sempre grigio e nuvoloso, l’unico

in grado di farlo sentire a casa.Rientrò ed esaminò il

fazzoletto.La consistenza leggera e ruvida della stoffa,

quelle iniziali.”Un regalo, un portafortuna”, le poche parole

che sua madre pronunciò prima di andarsene.

Una scossa nella memoria…il fazzoletto che quel bambino,co

piccolo e già così solo, troppe volte aveva usato per

asciugare il dolore dopo che mamma era morta.Un brivido

lungo la schiena, il pugno chiuso stretto intorno a quel

lembo bianco di memoria.“Da quanto tempo non piangevo più?”

fu il suo ultimo pensiero prima di veder nascere all’

orizzonte le rosate luci dell’alba…

Esterno-alba-dissolvenza

 

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1 commento »

  1. Carino.

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