Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2013 “Il fosso delle fate” di Lucia Palatroni

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2013

Nella casa di campagna, la tavolata corre lungo tutta la stanza.

Le parole, le risate, il rumore delle stoviglie di coccio rimbalzano sulle pietre dei muri. In un angolo vicino alla porta c’è un tavolino più piccolo con una tovaglia rotonda di tutti i colori, l’aranciata e i bicchieri di plastica. La tavola dei bambini. C’è Carlotta, è la sua festa, e lei indossa un vestitino lilla fatto dalla mamma, col corpino di roselline di cotone all’uncinetto. C’è la Stefi, una ragazzina dai lunghi capelli biondi e l’aria da strega, c’è Simone col fratellino Gianni.
Al tavolo dei bambini ci si riempie d’aranciata nell’attesa della prossima leccornia, le chiacchiere dei grandi – politica, lavoro, sesso – costituiscono un allegro, indistinto sottofondo. La grande scala che porta di sopra, alle camere da letto, è illuminata dalle lampade a olio che la mamma ha messo su ogni gradino. Carlotta fissa le fiammelle che ondeggiano, calde e mute.
“Andiamo a prendere l’anguria nel pozzo!” salta su la Stefi, con gli occhi verdi che scintillano. Tutti i bambini si alzano.
“Dobbiamo avvertire mia mamma”, dice Carlotta, e salta su anche lei.
“Mamma, andiamo a prendere l’anguria nel pozzo.” La mamma annuisce, sorride alle quattro facce eccitate, raccomanda di stare attenti e di non sporgersi sul pozzo.

I bambini scendono nell’ingresso, superano il camino gigantesco dove si sta in piedi e dove in fondo c’è la buca segreta per fare il pane. Spalancano la porta di legno verde e salutano Yorick, il teschio vero che il papà di Carlotta ha recuperato negli scavi dell’autostrada. La mamma ha vestito a festa anche lui, dalle sue orbite vuote balugina il lume di una grossa candela rossa.
Il pozzo è sul fianco della casa, sotto l’albero di fico. Oltre l’alone delle luci esterne, il buio della notte, che sotto gli alberi diventa nero. La corda del pozzo è agganciata all’esterno del cerchio di pietra. I bambini ci si attaccano e tirano finchè il secchio non compare, poi la Stefi, che è la più alta e la più svelta, cerca di recuperare il cocomero, che finisce ruzzoloni sull’erba. Le risate riempiono il buio, quattro paia di mani raccolgono il grosso frutto verde e lo trasportano verso l’ingresso.
“Fermi tutti!” fa la Stefi, mentre stanno per rientrare in casa. “Appoggiate il cocomero qui. Andiamo a vedere le Fate del Fosso.”
“Io non voglio”, dice Simone, e si siede accanto al cocomero.
“Io ho pau
la”, dice Gianni, indicando l’ombra nera degli alberi sopra il Fosso delle Fate.

La Stefi si pianta le mani sui fianchi. “Hai paura anche te?” dice, rivolta a Carlotta.

Carlotta ha paura del buio, ha paura di staccarsi dai muri della vecchia casa, dall’odore di muffa e di fieno, ha paura perché sa che la Stefi si metterà a correre con le sue gambe da puledra e lei come al solito resterà indietro da sola, senza Stefi e senza casa, in un limbo pieno di buio e di grilli strilloni. Ma non lo dice.

“No che non ho paura. Andiamo?”, dice invece.
La Stefi scatta veloce verso il limitare del prato, là dove i grandi alberi formano una cortina nera. Carlotta fatica a starle dietro, la lunga gonna del compleanno sfrega nell’erba umida e si appesantisce, la terra entra nei sandali.
“Stefi, aspettami!”, urla Carlotta. Ma la Stefi è già lontana, un animale che fugge in mezzo agli alberi. Anche Carlotta ci arriva, con le mani scosta l’erba alta, mentre corre le lunghe dita dei rovi le graffiano la faccia. La Stefi non si vede più, ma Carlotta sa dov’è andata: dritta al fosso. Ed eccola lì, ferma sul ciglio, ansimante, piegata, le mani sulle ginocchia, i lunghi capelli arruffati.
“Carlotta, dài, vieni!”. Si gira per un attimo, gli occhi verdi scintillanti nel buio, poi alza le braccia e scompare. Carlotta si affaccia sul greppo e comincia una lenta discesa, si aggrappa alle piante, allunga timida un piede, mentre l’amica salta veloce e sicura, senza peso.
“Ci sono, ci sono!”, esulta la Stefi dal fondo del fosso.
Carlotta scivola e fa un piccolo strappo nella gonna, chissà cosa dirà la mamma, è andata da sola così lontano, di notte, senza avvisare, ha sporcato i sandaletti nuovi, ha fatto un buco nella gonna…
Il fondo umido del fosso è un mare di luce in movimento.
“Guarda quante fate!” strilla la Stefi, mentre balla e salta e i capelli danzano intorno a lei, e le luci si specchiano come fiammelle nei suoi grandi occhi verdi.
Carlotta si guarda intorno, ovunque è un unico tappeto danzante di lucciole che disegna i contorni del fosso, illumina a tratti i fili d’erba, le foglie, i sassi. “Bello…” fa Carlotta, ma la Stefi è già corsa via.
“Carlotta! C’è la Regina! La Regina delle Fate… vieni a vedere!”
Carlotta corre. La Stefi è immobile in mezzo a una radura, il viso sorridente rivolto verso l’alto. In cielo, l’enorme disco della luna.
“La Regina delle Fate. Esprimi un desiderio, forza, dài!”
Carlotta è intimidita da quel cerchio bianco lontano che fa diventare l’erba d’argento. Ma la Stefi aspetta.
“Vorrei… vorrei… mi vorrei innamorare!”
La Stefi ride.

“E tu?”, le chiede Carlotta.
“Io…” fa la Stefi, e chiude gli occhi.
“Allora?”
La Stefi riapre gli occhi e ride di nuovo. “Se lo dici a voce alta non si avvera, stupida!”
“Allora aspetta, ce ne ho un altro…”
Carlotta strizza gli occhi, poi li riapre e guarda la luna.
“Fatto?”, chiede la Stefi.
“Sì.”
“Allora è meglio che andiamo, se no tua madre viene a cercarci.”
“Però bisogna che mi dai la mano per salire… non ce la faccio…”
“Va bene, ti tiro io. Aggrappati.”
La ragazzina bionda si gira verso la bambina bruna e le tende la mano, Carlotta la prende e la stringe forte, perché sa che la Stefi si metterà comunque a correre.

La luna le guarda, mentre tornano rapide alla vecchia casa.

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1 commento »

  1. Mi è piaciuto. Sa di infanzia, di mistero, di poesia e poi mi sembrava di essere lì con le bimbe.

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