Premio Racconti nella Rete 2013 “Fly away London” di Flaminia Grieco
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2013Un’improvvisa amnesia ha rimosso tutto ciò che esisteva fino a ieri. Volatilizzato sensi di colpa, responsabilità e pesi sulla coscienza. Frantumato paure e timori. Nebulizzato ogni forma di imbarazzo.
“Se ti chiedessi di venire con me?”
“Non lo faresti mai”
Ecco. Io stanotte ti stupirò. Io lo farò. Lascio le zavorre fra queste mura. Un po’ morde ancora la coscienza …. scappare senza spiegazioni …. ma quando lo verranno a sapere, sarò già via.
Con o senza di te.
Sono un’incosciente, una codarda per certi versi, testarda per altri. E lo sai, ne abbiamo parlato un miliardo di volte. Mi sta stretto tutto questo. Sembra un film già girato sull’onda della perfezione. Un ragazzo troppo perfetto, un lavoro troppo sicuro, troppe scadenze da rispettare e in cambio troppa stabilità.
La serenità si è trasformata in sbarre dietro cui graffio.
Ho scritto una lettera ai miei genitori. Voglio che sappiano che non è colpa loro e che sto bene. Ho solo bisogno di aria. Mi rifarò viva, prima o poi. Lui, spero possa ricostruirsi una vita.
Ma non voglio pensarci ora. Mi frenerebbe. Ormai qualunque pensiero sembra affondare in me le lame sotto forma di dovere. Tutta la mia vita sembra un gioco a cui devo stare. Per riconoscenza. Sei stata molto fortunata. Hai tutto ciò che altri vorrebbero. Non puoi non essere felice. Devi essere riconoscente. Devi accettare, sorridere, e non desiderare altro. Hai tutto ciò che altri vorrebbero.
Ma si può sacrificare una vita in nome della riconoscenza? Posso vivere una vita in nome di ciò che gli altri vorrebbero?
No. Io stanotte parto. Non c’è nulla di organizzato, non so cosa troverò lì, ma parto. E’ facile accettare l’equilibrio quando non conosci il brivido. Ma rinunciare al brivido, è impossibile una volta che lo hai assaporato. Almeno per me. Sono anni che cerco di convincermi. Anni di fallimenti. “L’equilibrio è la strada della felicità”, mi ripeto ogni giorno. Ma quella voce saltellante, la voce della libertà, dell’ignoto, quella costante curiosità, quel mio ego che proprio non riesco a spegnere, la notte mi perseguita con questi maledetti sogni. Sogni a cui non sono in grado di rinunciare. Vivere sempre sulla cresta dell’onda.
E’ ora di smetterla. Ti ho tenuto lontano. Mi ricordavi quei sogni, li enfatizzavi. Forse per te era solo un gioco, ma a me, ha dato il la. Davi spago alle mie fantasie. Vivere nei boschi, viaggiare senza sosta, scoprire, assaporare ogni istante. Tu davi corda a tutto parlandone con me fino a tarda notte, quando nessuno ci sentiva, quando eravamo lontani da quella coscienza … sta zitta coscienza, non ora.
Ti ho tenuto distante. Con tutte le mie forze ho provato a rimuoverti. Senza successo alcuno. Sei ancora qui. Ovunque io guardi o vada : non appena sono sola, tu arrivi violentemente infiltrandoti nei miei pensieri. Soprattutto la notte, ti sei ormai appropriato dei miei sogni, non hai permesso al sonno di avere la meglio su di loro, non hai permesso alla razionalità di conquistare i miei cieli stellati.
Così come di giorno ti allontano, io di notte ti tengo vicino. Ti dono di notte l’affetto che di giorno io ti nego. Per paura. Per timore. O forse solo perché, se non te lo negassi, lo rifiuteresti. Perché siamo fragilità contro fragilità, inseguimi mentre ti rifiuto, rifiutami quando son io a inseguirti. Qualcuno dovrà pur spezzare questa catena diabolica in cui siamo finiti. E allora basta. Lo farò io. Sono stanca di tutto questo. Stanca della me che lotta contro me.
Stanotte lo faccio. Come avevamo sognato. A mezzanotte sarò lì all’aeroporto. Il primo volo utile è per Londra. Ho già i biglietti. Io andrò.
Con o senza di te.
Devo ancora trovare il coraggio di chiedertelo. Troppe variabili in gioco. Un tuo rifiuto potrebbe fermarmi. Infrangere quei sogni che mi hai rubato liberando le mie paure. Aprire un vaso di Pandora colmo di titubanze. Ho paura della mia stessa paura. Ecco un altro gioco al massacro. Ma ora la posso governare. Io lo posso fare. Sì la posso controllare. La posso…
“Ciao!” mi accogli all’ingresso.
“Ciao.”
Le parole escono a fatica. La mente è troppo carica di pensieri. Gelo. Stammi lontano, stammi lontano o potrei cedere ora, io potrei quasi quasi piangere. E’ da anni che non piango e forse ti adoro proprio perché sei l’unico in grado di farmi piangere davvero.
“Come dici scusa?”
Stavo pensando ad alta voce. Merda. E’ un bene o un male che tu mi abbia sentito? Ma hai capito? Non posso ripetere, io non riesco…
“Niente,ero sovrappensiero”
Mentire. Mentire ancora, spudoratamente. Non è il momento giusto. Non sarà mai il momento giusto. Ma io devo fuggire da me stessa, da questa razionalità. Dove è il mio istinto, la mia incoscienza, per quale diavolo di motivo non ti sono ancora saltata al collo? Perché non riesco a mostrarti queste lacrime? Perché non escono davanti a te.
Ti sei già allontanato borbottando come tuo solito. Quanto ti odio quando borbotti. Come sarebbe più facile se solo ti avvicinassi. Ma come posso aspettarmelo, dopo aver fatto di tutto pur di tenerti lontano.
Sarà una lotta questa giornata, contro me, contro te,ma a fine giornata dovrò aver vinto. Non ho più nulla da perdere. Io parto. Non ho più nulla da perdere ora.
Con te o senza di te.
Non c’è concentrazione in quel che faccio. I pensieri volano fra i sogni e le nuvole. La tempesta che il mio aereo affronterà … Quale sarà la mia prossima destinazione …. Sarai al mio fianco o no … Mi saluterai o mi rincorrerai all’imbarco come in un film … e dove andremo, chi saremo, quanto ci sopporteremo prima di iniziare ad odiarci?
Brividi d’incertezza così nuovi a me stessa. Annichilita dal mio equilibrio privo di qualsivoglia variabile.
L’attesa mi accelera i battiti.
Sbaglio i numeri, non capisco le domande, mi dimentico di rispondere. La mente è altrove. La mente sta volando. La mente è già lì.
Eccoti, ti vedo con la coda dell’occhio alle mie spalle. Forse sei offeso. Non sarebbe una novità. Ti chiedo di passarmi l’acqua, sfrutto il momento per sfiorarti la mano.
Lo percepisci? La percepisci l’elettricità che mi attraversa in questo momento? Sono vicina al traguardo, io ci sono quasi. Lo senti come è accelerato questo battito?
Una scossa.
“E che hai, sei elettrostatica oggi!” Svogliatamente scocciato mi deridi. E te ne vai.
Che crudeltà l’amore. Tu ancora non sai, tu ancora sei convinto io voglia starti lontano, e io … io emano elettricità alla sola idea di stanotte, quando finalmente avrò il coraggio di dire la verità.
Reagisci per ripicca, come sempre, da bambino infantile, e forse anche questo amo di te, i tuoi continui capricci, e il modo così unico che abbiamo di litigare per il nulla in maniera assolutamente finta, incapace di convincere persino noi, eppure in grado di non spegnere mai la tensione.
Ma no. Questa volta non sto giocando. Ti seguo con la coda dell’occhio. Svolti l’angolo e ti raggiungo. Ora basta. Che pensino ciò che vogliono. Poco mi interessa. Non c’è più nulla da perdere ora. Sono già in volo.
Chiudo la porta. Ti giri. Siamo soli. Ricordi la prima e ultima volta che siamo rimasti soli? Spero di no, o con il tuo fare da bambino capriccioso finiresti per rovinare tutto solo per farmela pagare.
Ti getto le braccia al collo con una tale rapidità che non puoi opporre resistenza. Quella rapidità che si dimostra essere l’unica valida arma contro i miei stessi ripensamenti.
“Tienimi con te”
E’ tutto ciò che riesco a dire.
Eppure non reagisci. Forse ricordi. Ti sciogli dal mio tentato abbraccio in maniera stizzita.
“Ma che sei scema?”
Ostinatamente decisa a trascinarti con me nei sogni che tu stesso mi hai ricordato, io non credo alle tue parole. E mentre esci dalla stanza continuando a ripetere che sono diventata pazza e che sono pericolosa, io ti seguo con lo sguardo. Hai solo paura. Continuo a ripetermelo guardandoti andare lontano. Sempre più lontano.
Solo a fine giornata ci ritroviamo. Forse tu non mi avresti neanche salutato. Ma io ho già chiamato l’aeroporto. Ti sbatto davanti i biglietti all’uscita dell’ufficio.
“Sto partendo. Se ti chiedessi di venire con me?”
Cala il silenzio. Ora non c’è nessuno a proteggerti. Sei solo davanti a me. E io, lo sai, sono semplicemente il tuo specchio,lo hai sempre detto.
“Io vado. Con o senza di te.”
Improvvisamente anche le lacrime si fanno spazio sul mio viso. Proprio lì, davanti a te, anche io sono completamente indifesa. Silenziosamente, timidamente, due piccoli rivoli….
Non c’è una risposta. Vado via così. Tu lì immobile, con il tuo biglietto in mano. Quello che avevo comprato per te, affinché tu mi seguissi in questo salto, in questo viaggio di solo andata verso la libertà.
…………………………
E’ mezzanotte. Mi stanno chiamando all’imbarco. Non ci sei ancora. Non mi hai rincorso al check-in , non ti vedo adesso. Sono sulla navetta. Le porte non si sono ancora chiuse. Sbucherai da quella porta con il biglietto in mano gridandomi di aspettarti o di ripensarci. Io lo so,ne sono certa.
La porta si chiude. La navetta parte. Prendo posto in aereo. Dall’oblò, decollando, ti cerco fra quei mille puntini lontani rimasti all’aeroporto. Ci sarai? Sarai arrivato tardi? O forse non sei proprio uscito di casa? Stai ancora fissando quel biglietto? Tieni fra le mani quel biglietto come io tengo fra le mani la tua prima lettera? E le tue lacrime lo bagnano come ora le mie, non più timide ma prepotenti, la stanno bagnando?
Forse non lo saprò mai. Di me, non ho lasciato traccia. Parto per ricominciare. Ho detto con te, o senza di te. Mentre le lacrime accarezzano le mie labbra, godo del loro sapore. Da tanto non lo sentivo. Le lacrime d’amore sono amare, ma vive. E queste, sono colme di speranza.
Anche senza di te.
Mi fa pensare a un poema in prosa. Interessante la sintassi asciutta ed essenziale.
Mi piace molto lo stile, confuso, come i pensieri della protagonista. I fatti reali che ogni tanto fanno capolino fra la corrente.
Rende bene l’intensità delle emozioni. Brava!
E’ un racconto scritto in forma di monologo interiore, con ottima padronanza narrativa.
Introspettivo, scava senza remore nell’animo della protagonista, descrivendo molto bene il desiderio di evasione, la voglia di lasciare le zavorre frantumando paure e rimorsi.
“Posso vivere una vita in nome di ciò che gli altri vorrebbero?” Si chiede la protagonista.
Chiaro che la risposta sia no.
Troppe scadenze da rispettare, troppa stabilità, tra cui un ragazzo troppo perfetto che spera possa ricostruirsi la vita (da apprezzare almeno il pensiero affettuoso).
Una lettera ai genitori e via.
Ma quel “tienimi con te” è rivolto a un uomo che non sembra condividere l’idea di quel salto, un “viaggio di sola andata verso la libertà”.
Ci sono tante cose interessanti dentro questo brano e tutte vengono raccontate in modo coinvolgente.
Alcune immagini entrano davvero negli occhi del lettore, come l’uomo che rimane con il biglietto tra le mani o il pianto finale della protagonista.
Notevoli anche alcune espressioni, come “l’equilibrio è la strada della felicità” che la protagonista si ripete ogni giorno, quasi nel tentativo di convincere se stessa.
E’ difficile dire se sia vero o no. Forse felicità è parola troppo astratta e dal significato troppo soggettivo per prestarsi a definizioni univoche.
Ma sono più propenso a pensare che l’equilibrio sia soprattutto un modo per non andare a sbattere da qualche parte.
E’ un ottimo racconto, brava.