Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2013 “La figlia grassa” di Katia Ceccarelli

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2013

Gisella Tonon era serenamente in sovrappeso, dopo una brillante giovinezza, la gravidanza l’aveva trasformata in una briosa cicciona. Neanche il divorzio era servito a farle perdere un solo etto. Con lei era rimasta la figlia, Daniela, venticinquenne tristemente grassa dalla nascita.
Gisella aveva cominciato i magnifici anni ’80 da magra, li aveva finiti da obesa e aveva accettato la sua condizione con ottimo spirito di adattamento. Erano stati gli anni più belli della sua vita quelli col marito e la bimba. La gioia di vivere conquistata a quel tempo non l’aveva mai abbandonata così come il gusto nel vestire, nel truccarsi, nel proporsi. Era eccessiva, colorata, vaporosa.
Gisella era tanto in tutto, in tutte le varianti di appetito, dalla gola al sesso. Inutile dire che nel periodo natalizio veniva animata da una golosità incontenibile se non fosse stato per i continui rimproveri della figlia attenta ai trigliceridi e ossessionata dal colesterolo e dalla paura del diabete.
Daniela, al contrario della madre, preferiva vestire con maglioni informi e scuri per nascondere le sue dimensioni, cosa che invece non preoccupava affatto Gisella la quale faceva del generoso decollete un punto di forza della sue arti seduttive. Se Daniela era ancora vergine e priva di speranze, Gisella non aveva mai deposto l’ascia di guerra nei confronti del sesso e non rimaneva mai senza una relazione per più di quattro o cinque mesi.
La sua ciccia piaceva, evocava allegria e abbondanza. La ciccia di Daniela era invece solo un’ingombrante involucro che la ragazza doveva portarsi addosso non sapendo, e nemmeno volendo, valorizzarlo.
Anch
e per le Tonon la preparazione al Natale cominciava a fine ottobre: compravano decorazioni nuove per l’albero, fiocchi, luminarie, candele profumate, fiori secchi e in più non si facevano mancare una scappata ai mercatini in Trentino. A quelle gite Daniela si trascinava per niente entusiasta di caricarsi di pacchi e sacchetti di tela – per amore di ecologia – pieni di frutta secca e ricordini in legno profumato.
Ogni anno Gisella riservava una sorpresa per amici e parenti, come quella volta che aveva organizzato una mostra dei lavoretti fatti a scuola dai suoi alunni. La figlia aspettava con curiosità ma anche con ansia la nuova proposta natalizia della madre.
Anche quell’anno non tardò ad arrivare.

– Lo sai che facciamo questa volta per Natale? – Esordì Gisella mentre sistemava un centrotavola di pigne.

– Andiamo dalla nonna?
Gisella con lo sguardo furbo sopra le guance rosa fece di no con la testa:
– Sorpresa! Facciamo un bel viaggio; una vacanza al mare. Ti va?

– No. – Daniela non amava viaggiare anche perché portare in giro il suo corpaccione non era impresa da poco.

– Hai presente quel mio amico di chat? Sta a Rimini e mi invita da mesi.
– Quello che si fa chiamare “topazio blu”?
– Sì, il mio Richi, Riccardo è il suo vero nome.
– Ma questo non c’è l’ha una famiglia con cui passare il Natale?
– Non ti ricordi che te l’avevo detto che anche lui è separato. É tornato a stare con i suoi ma ha un attico tutto per sé.
– Ma gli hai detto quanti anni hai e che hai pure una figlia grande?
– Certo. Non siamo mica due ragazzini.
Daniela con filo di crudeltà dopo una pausa tornò alla carica col suo interrogatorio: – Ma lui ti ha vista?
Gisella prevedendo il colpo basso: – Sì – fiera della sua conquista – ci siamo scambiati le foto, io so come è fatto lui e lui sa come sono fatta io.
Daniela si era rassegnata, battuta e sconfitta si affidò all’ultimo moto di orgoglio: – Io non vengo. Resto qui e passo il Natale con la nonna, gli zii e i cugini. A Rimini ci vai da sola.
Gisella non accusò il colpo, fece piazza pulita del livore della figlia con un sorriso dolce e materno: – Ma cosa dici, – le prese le guance tra le mani – non lo lascio da solo il mio pulcino a Natale.
Gisella aveva superato quell’età in cui poteva ancora far finta di essere una “quasi cinquantenne” però quel Natale aveva deciso di darsi un’altra possibilità. Il mondo di internet e delle chat l’aveva fatta tornare a sperare anche se Daniela disapprovava, sapendo che la madre sarebbe andata incontro a delusioni e lacrime da adolescente che avrebbe versato sulle sue ampie spalle.
Nonostante i suoi cento e passa chili, aveva trovato diversi uomini che apprezzavano il suo seno enorme e il suo entusiasmo contagioso. Tutto andava bene per i maschi finché si trattava di fare un’esperienza diversa, finché c’era da prendersi uno sfizio; il sogno però si riduceva a una notte sfrenata mentre Gisella cercava di nuovo l’amore.
Daniela era stanca di correre ai ripari e di fare da vergine consolatrice a quella madre ingorda e indisciplinata.
Il Natale incombeva e Gisella sperava fortemente che non nevicasse per non rovinarsi il viaggio verso l’amore. Daniela invece si augurava almeno un metro di neve così da non poter tirare fuori dal garage la station vagon, macchina capiente per due fisici importanti.
Di solito si cominciava a preparare dolci e leccornie da portare a casa della nonna almeno una settimana prima ma quella volta l’entusiasmo di Gisella Tonon venne dirottato verso altri pensieri: lingerie rossa e viola per presentarsi come si doveva.
Date le dimensioni, trovare dei completi belli e adatti alle misure dell’allegra matrona non era facile. L’unico negozio era quello della signora Italia, una vera bustaia che si faceva arrivare cose carine e oversize dall’America.
Il 22 dicembre Gisella fece scorta di completini per il suo “topazio blu”; il 23 mattina si misero in viaggio.
– Da Bologna in poi guidi tu, così io faccio qualche foto. – Gisella era felice come una bambina.

– Non mi sembra che ci sia un granché da fotografare – Daniela era, come al solito, di pessimo umore.

Mentre lasciavano il nord, il cielo bianco e gonfio di neve si trasformava in grigio e poi livido, quello che in montagna era neve, al mare diventava pioggia.
– Farai la fine di quella volta, alla stazione di Siena, quello ci ha mollate lì come due derelitte. Io l’ho visto che si era nascosto dietro l’edicola. Quello ti ha mollata perché ti aveva vista, – la figlia spietata cercava di far cambiare idea a Gisella – siamo ancora in tempo, lascia perdere. Cerchiamo di non rovinarci anche il Natale. Ti ricordi di quell’altro, Luigi…
– Ah, beh! Quello è morto.
– Appunto, hai pianto e digiunato per giorni e non sei scesa nemmeno di peso.
Daniela era sconfortata, guardava fuori e aveva anche rinunciato a trovare una scusa per finirla lì. Sarebbero andate incontro al destino. Quel destino che sua madre aveva sempre rincorso senza sentire ragioni. Lei non era capace di buttarsi, e come avrebbe potuto, persino l’idea metaforica del “buttarsi” le sembrava impossibile col suo peso micidiale. Gisella era debordante e irriducibile forse perché sapeva cosa si sarebbe persa a rinunciare al sesso.

Da Mestre a Bologna c’era la pianura mossa da capannoni industriali e vecchi casolari. Orti coltivati con amore da vecchie braccia che curavano la memoria fragile della terra di contadini.
Il cielo era una lastra, pesante e stitica di pioggia che non ce la faceva a buttare fuori. Daniela guardava quel “niente di natalizio” lì intorno. Luminarie pacchiane dei centri commerciali e gli insopportabili pupazzi di Babbo Natale che scalavano palazzi, uffici, supermercati.
Stelle piazzate in cima alle insegne dei fai-da-te, Natale e bulloni, i testimoni del tempo. Gisella si fermò a un autogrill, scesero per una pausa. A
pprofittando del fatto che Daniela cercava di farsi strada al banco del bar, si mise a mandare sms pieni di passione a “topazio blu”.
– Adesso tocca a te tesoro, l’ultimo tratto di strada lo fai tu. Così io mi faccio dare indicazioni via sms.
Daniela zitta si mise faticosamente alla guida, spostò il sedile più indietro perché la sua pancia era più sporgente di quella della madre ma le gambe erano più corte, per lei guidare era una prova di agilità.
Gisella si era comprata un berretto rosso con le lucine che vendevano all’autogrill.
– Vuoi presentarti come pacco regalo o come Babbo Natale? In effetti la stazza c’è. – Daniela parlava e sbuffava dalla fatica.
– Non fare la sciocchina, piuttosto dove hai messo la confezione di grappe da collezione?
Si cominciava a sentire aria di mare quando i messaggi di risposta a Gisella smisero di arrivare. La donna era preoccupata: – Gli sarà successo qualcosa?
– Ti ha detto la via?
– Sì, certo. Forse gli si è scaricato il cellulare o forse è andato in un posto dove non prende.
La station vagon s’infilò in città, sbagliò strada e passò per il centro storico, bianco di pietre antiche.
– Dove giro adesso? – Anche Daniela si sentiva smarrita.
– Di là, di là, verso il lungomare.
– Ma quale? A quale altezza? Qui ci fanno la multa.
Daniela era sudata, Gisella aveva paura.
Si fermarono in un bar e chiesero informazioni. Le indicazioni furono precise ma la faccia perplessa della barista insospettì Daniela: – C’è qualcosa che non va?
– No, no, per carità – rispose la barista bionda e stagionata come una reliquia di un film di Fellini, – solo che lì è una zona di palazzine delle vacanze, d’inverno non ci viene quasi mai nessuno.
– Meglio! – disse Gisella recuperando il buonumore – staremo più tranquilli.

Parcheggiarono di fronte a un palazzo rosa e sbiadito dalla salsedine con tutti i balconi in direzione mare. Le finestre erano chiuse, in nessuno degli appartamenti si poteva percepire forma di vita. Gisella scese ma prima si tolse il berretto natalizio. Lesse tutti i campanelli, cercò il cognome di Richi che le era noto solo da poche ore e suonò.
Daniela era uscita anche lei dall’auto e si teneva distanza. Da qualche parte un ragazzino abbozzava “Tu scendi dalle stelle” col flauto. Aveva sempre odiato le lezioni di musica col flauto. Nonostante la situazione le venne quasi da ridere, magari a forza di suonare quella canzone, qualcuno sarebbe sceso davvero, non fosse altro per tappare la bocca al musicista senza talento. Gisella scampanellava sempre più disperata. Dopo un quarto d’ora si accasciò su una fioriera di cemento. Le lacrime le facevano colare il rimmel, Daniela stavolta rise, rise di sua madre che sembrava un panda gigante, l’ultimo panda sulla terra. Prese il cappellino con le luci, lo indossò e con calma si diresse verso quella massa di carne scossa dai singhiozzi:
– Dai, alzati. Cerchiamo una stanza da qualche parte. Sperando che ci sia un albergo aperto al mare, il 23 di dicembre.
Gisella si soffiò il naso, da panda era passata ad elefante: – Come fai a essere così calma? Hai capito cosa è successo?
– Sì, mamma.
– Cosa faremo qui a Natale?
– Una passeggiata sul lungomare, così ci teniamo in forma.

 

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11 commenti »

  1. Poverine!! I due personaggi del racconto fanno stringere il cuore, così come sono, paradossalmente schiacciate dal peso di un amore che manca. Belle le descrizioni, bello lo stile. Un po’ acida la figlia, ma lo si comprende. Auguri per il concorso.

  2. Che lettura scorrevole! Bello questo racconto, impietosa la descrizione di mamma e figlia ed il finale, nonostante la tragedia di fondo, è un finale tra il rassegnato e l’ironico.
    In bocca al lupo per il concorso.

  3. Tanto sconfortante da essere a tratti crudele, il racconto è avvincente, lo stile è inappuntabile ( mi è piaciuto quel “Natale e bulloni” ) e i personaggi perfetti. Il centro ossessivo del dialogo sono il peso e l’aspetto di madre e figlia. In realtà immagino che sarebbe il cibo, più che la passeggiata le due correrebbero in pasticceria! Comunque un ottimo racconto.

  4. Grazie a tutti per i commenti che mi lusingano.
    Di solito non spiego i miei racconti anche perché devono parlare da soli, quindi non lo farò.
    Mi pare comunque che abbiate colto perfettamente ciò che volevo trasmettere.

  5. si legge in modo leggero, senza sentire la pesantezza delle protagoniste. Che tristezza però. In bocca al lupo e…crepi il cacciatore.
    una tua ex alunna

  6. Ho letto il tuo racconto tutto d’un fiato, bella descrizione dei personaggi.Ma non sarà che Gisella sotto il suo peso ingombrante che pare portare con tante allegria, nasconda in realtà una tristezza che sfocia nelle lacrime alla fine del racconto?Complimenti.

  7. @Sonia: viva i lupi! @Francesca: proprio così.

  8. Bel quadretto madre – figlia. Mi piace particolarmente la madre, anche se capisco il pessimismo e la cautela della figlia. Simpatica la mamma che pensa che, se ritenti, sarai più fortunata. Avercene di persone più positive, qualunque sia il loro aspetto!

  9. Bel racconto, molto curato, mi ha preso molto, mi piace il tuo stile 🙂 Se ti va mi piacerebbe avere il tuo commento su i miei racconti:

    http://www.raccontinellarete.it/?p=14530

    http://www.raccontinellarete.it/?p=14533

  10. Molto scorrevole e simpatico con personaggi ben caratterizzati; anche io ho apprezzato molto la positività della madre, finale un po’ triste ma che vede migliorare almeno in parte la figlia 😉

  11. Ringrazio ancora tutti per i graditi commenti. Sono particolarmente soddisfatta per l’apprezzamento che dimostrate nei confronti dei personaggi. Resto infatti fermamente convinta che una volta delineato il carattere di un personaggio sarà questo a raccontare la propria storia all’autore.

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