Racconti nella Rete 2009 “Le tendine irrequiete” di Herik Mutarelli (sezione racconti per bambini)
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2009Tanti anni fa, in una città che non dico, un vecchio sarto stava confezionando due graziose tendine per le finestre della sua casetta: le aveva ornate dei disegni più soavi ed erano candide come neve. Giunto che fu al termine del suo lavoro, il sarto volle subito collaudare l’opera: «Bene, bene! – esclamò – Siete proprio delle tendine di prim’ordine!» e così dicendo si fregava le mani in segno di compiacimento.
Le tendine però non sembravano ricambiare tanto entusiasmo, erano anzi molto seccate. Rimasero in silenzio tutto il giorno in attesa che il buon uomo si coricasse; poi, quando furono certe che avesse preso sonno, cominciarono finalmente a lamentarsi: «Dobbiamo forse passare il resto dei nostri giorni a fissare la strada?!>> esordì la tendina sinistra ch’era stata addobbata con un nastrino rosa.
<<Serviva dunque a questo l’averci tutte inghingherate? Se è così, è stato proprio un bell’inganno, non c’è che dire!»
«Un inganno proprio divertente! – sbuffò di rimando la compagna alla sua destra, quella che il vecchio aveva adornato con un nastrino azzurro – Non sarà affatto facile abituarsi a questa situazione! Vedi quel che ti dico…».
Così, tra una lamentela e l’altra, le due tendine trascorsero la prima notte della loro vita. Allo stesso modo trascorsero pure la seconda notte. Ma com’è naturale, passa la terza, passa la quarta, passa la quinta, dopo qualche giorno finirono con l’abituarsi, e già la sesta notte s’erano addormentate esauste, senza dire una sola parola. Ancora un po’ di tempo – vi dico – e si sarebbero persino dimenticate del torto subito. Giorno dopo giorno, infatti, le due tendine facevano mille nuove esperienze e non si annoiavano più perché nel vicinato accadeva sempre qualcosa
di diverso. Immobili al loro posto di guardia, somigliavano a due sentinelle: nulla sfuggiva al loro sguardo, e a furia di osservare la strada finirono ben presto per conoscere tutti gli abitanti del quartiere, captando d’ognuno abitudini e segreti. Avevano fatto amicizia persino con il bambino dirimpetto che con uno specchietto giocava a riflettere su di loro i primi tiepidi raggi di sole.
Un mattino, però, la tendina col nastro rosa si rivolse alla compagna con aria sconfortata: «Saranno anche belle le cose che vediamo… ma è un vero peccato doverle rimirare da qui, dietro le vetrate!» «Hai ragione! – rispose l’altra – Lo spettacolo della vita è sicuramente interessante, ma anch’io voglio esserne protagonista, una volta tanto! Guarda quelle nuvole, ad esempio… Ogni giorno le vediamo vagare nel cielo con forme e colori diversi, eppure non sappiamo come sono al tatto!» e così dicendo emise un lungo sospiro. Insomma, le povere tendine non si davano pace. La vita cominciava ad apparir loro noiosa e tutto sommato superficiale, perché dei cinque sensi potevano far uso soltanto della vista! Ma le loro lamentele non sarebbero durate a lungo: in quei giorni, infatti, si trovava a passare di lì un fresco venticello di Maestrale, il quale, battendo sulle vetrate della casetta, aveva udito tutti quei discorsi.
Libero e gagliardo com’era, si mosse a compassione per la condizione delle poverette, sicché, appena vide che il vecchio sarto apriva la finestra, soffiò con una tale forza e una tale rabbia che riuscì a strapparle dalle vetrate cui erano infisse. «Yahooooo! – esultarono assieme le due tendine – finalmente libere! Grazie mille signor Maestrale, è proprio un amico!» e intanto gridavano felici tra mille giravolte e capriole, senza finire mai di ringraziarlo. Nel frattempo Maestrale continuava a soffiare librandole nel cielo sempre più in alto. E poiché le tendine credevano ormai di aver raggiunto chissà quale altezza, a un certo punto gli chiesero di portarle sin sulle nuvole. Il vento ce la mise tutta per accontentarle, ma più spirava forte più le nuvole si spaventavano e scappavano via. «Mi spiace – sibilò il vento – ma forse sarebbe meglio calare di quota. Quando si arrabbiano le nuvole son capaci di scatenare un finimon…»
Il vento non aveva neanche finito di parlare che… Bum! Quelle nuvole dispettose avevano già dichiarato guerra col fragore dei loro tuoni: era scoppiato un temporale. «Presto tendine, venite con me! – fischiava il vento – venite prima che il peso della grandine non vi sfracelli!» Ma le tendine non fecero in tempo: prima ancora che cominciasse a grandinare erano già zuppe d’acqua, e ben presto precipitarono a terra per il troppo peso. Fortunatamente, vennero accolte in strada da una sozza polla di fango che ne ammorbidì l’impatto col suolo. «Andiamo via di qua! – sbottò allora stizzita la tendina dal fiocco rosa, del tutto inconsapevole di essere sopravvissuta a una tragedia «Se ci spostiamo da qui – aggiunse l’altra di rimando – almeno la pioggia ci laverà per benino!». E così fu.
Tuttavia, poiché erano bagnate a tal punto da non riuscire a stare in piedi sui loro lembi, dovettero adattarsi a strisciare, come due serpenti. Così, strisciando strisciando, si trovarono ad attraversare una strada larghissima e trafficata; e lì accadde, incredibile a dirsi, che fossero scambiate per strisce pedonali. Eserciti di piedi le calpestarono e migliaia di ruote le schiacciarono, umiliandole con ogni lordura…
Le sventurate rimasero in quello stato fino a sera tarda, quando, finalmente, la morsa del traffico cominciò a sfaldarsi in lunghe pause di quiete. Ad ognuna di esse, le tendine avanzavano di quel poco che gli acciacchi e i reumatismi potevano loro consentire. La pioggia frattanto era ancora battente e fino ad allora le malcapitate non avevano avuto modo di asciugarsi.
Riuscirono ad approdare sul marciapiede antistante solo verso la mezzanotte, quando ormai per la città non passava più nessuno. Ma proprio mentre si interrogavano sul da farsi un fiotto d’acqua pieno di rifiuti le travolse in pieno strappandole via dal marciapiede : la tendina dal fiocco rosa venne trascinata dalla corrente per le strade della città finché non arrivò presso la catapecchia di un vecchio barbone. L’altra tendina, quella dal fiocco azzurro, fu invece risucchiata in un tombino. “ Aiuto, aiuto” gridava disperata la poveretta ma nessuno sentiva i suoi richiami.
Nell’oscurità le uniche presenze luminose erano gli occhi minacciosi delle pantegane, che brillavano di un rosso vivo: «Oibò! – squittì una di loro, sorpresa da quei lamenti – Qual gradito ospite è venuto a farci visita?» E poi, in tono derisorio: «Sarà stata informata, spero, della ospitalità tutta speciale che contraddistingue questo spartano ostello…»
La povera tendina, che fino ad allora non aveva ancora notato quegli occhiacci color rubino, rimase impietrita in un bagno di sudore e sudò a tal punto che tutta l’acqua di cui era impregnata fuoriuscì, confondendosi con quella delle fogne. In tal modo, però, riacquistò nuovamente la postura eretta e ciò le fu di grande aiuto in quel che seguì. I topi, infatti, vedendo sollevarsi e rigonfiarsi quello che all’inizio sembrava solo un logoro straccetto, fuggirono terrorizzati, scambiando l’innocua tendina per un fantasma. «Adesso vi inseguo! – pensò allora la tendina, pronta a cogliere l’occasione al volo – Così vediamo se siete buoni ad indicarmi la strada…»
E mentre quei pavidi ratti cercavano affannosamente di guadagnare al più presto l’uscita, la tendina tentò il tutto per tutto: si aggrappò alla coda di uno di loro con tutta la forza che aveva nelle nocche e si lasciò portare, fin quando non urtò contro una specie di disco metallico che, come poi si avvide dall’esterno, era un tombino semichiuso… Non starò qui a dirvi quale fu la sua gioia ! Ora finalmente avrebbe potuto cercare la sua compagna: il sole , che splendeva in cielo dopo la notte tempestosa, avrebbe reso la strada più pratica ed agevole, mentre le tracce lasciate sul ciglio dai sedimenti di fanghiglia avrebbero indicato l’itinerario seguito dall’irruente torrentello al momento della loro separazione. Cammina, cammina, la tendina arrivò finalmente davanti ad una squallida baracca, da cui proveniva un flebile lamento: «Aiuto, aiuto! Sono qua, sono qua!» Sbirciando attraverso le fessure della vecchia porta, la tendina dal nastrino rosa riconobbe la sua compagna che invano tentava di divincolarsi, avvinta dalla stretta del vecchio barbone. L’uomo dormiva della grossa, e fu allora che la tendina dal fiocco rosa concepì il suo piano d’azione: si sarebbe arrampicata sulle sue spalle, gli avrebbe dato una sfregatina sotto al naso ed avrebbe aspettato che l’uomo starnutisse, così da fargli mollare la presa…
Fortunatamente, le cose andarono proprio come sperato e le due inseparabili compagne poterono riabbracciarsi: erano finalmente tornate insieme e questo contava più di ogni altra cosa, ma le terribili disavventure le avevano ridotte uno straccio ! Fu così che le due tendine decisero di ritornare alla casetta del vecchio sarto: in fin dei conti era quello il loro posto e lì almeno sarebbero state al caldo e al sicuro.
Perché una cosa, oramai, avevano imparato: vivere senza conoscere è pavido e da sciocchi, ma a ciascuno di noi è dato d’indagare il mondo solo secondo la propria natura…….