Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2013 “Il volo” di Damiano Battistoni

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2013

Ma… cosa mi sta succedendo, dove sono?…

Ecco che mi si apre una finestra nel passato… mi vedo…

Mi vedo ragazzo. Mi vedo sdraiato su di un plaid con i miei genitori accanto a me. Siamo in primavera inoltrata. La campagna lussureggiante ci circonda. Mio padre come sempre mi narra fantastiche storie.

Ha finito, e per un poco rimane in silenzio, in contemplazione dell’azzurro infinito che ci sovrasta. Ora si mette seduto, io faccio altrettanto. Infine dice:

“Guarda, Osman, guarda che meraviglia…”

E lo dice mentre con lo sguardo abbraccia tutto, tutto quanto i suoi occhi possono vedere, e aggiunge:

“Ecco qua l’erba, i fiori, gli alberi e gli uccelli, l’aria stessa in cui liberi volteggiano, tutto questo i più neanche riescono a vedere, percepire; magari qualche volta sembrano guardare, ma ormai non vedono più niente…

“No, non sono più capaci di osservare quanto vive intorno a loro, di entrarvi in contatto, eppure la vita è uno spettacolo meraviglioso che di continuo si svolge davanti ai loro occhi. Occhi che vivono nella notte ormai…

“L’unicità, per essi l’unicità e la meraviglia e la bellezza delle cose non esistono più. Tutt’intorno a loro è Vita, ma la vita è quella cosa che gli accade mentre loro sono impegnati a fare ben altro… che amarezza…

“Accecati, sono, accecati da rigidi schemi in cui ormai tutto è scontato, tutto è scontato e omologato, tutto è scontato e omologato e superfluo”

E di nuovo si sdraia, ed io con lui, appoggiato con la testa a un braccio di mia madre.

“È giunta l’ora del silenzio, l’ora di udire col cuore, di udire il dolce rumore dell’erba che cresce, dell’erba che cresce intorno a noi”, dice mio padre.

Io mi metto, lì, buono buono, cerco di udirlo, quel dolce rumore…

Ma regolarmente mi assopisco, come mio padre prima di me…

 

***

 

Ancora quel sogno, ancora quei ricordi, quando finirà, quando finirà tutto questo mio Dio?…

 

***

Il bambino soldato ha tre sguardi,

uno sguardo triste

uno sguardo cattivo

uno sguardo felice.

 

Il bimbo soldato quando dorme è come il coccodrillo:

lui riposa, ma la sua anima no…

 

No… No… Nooooo!

Eppure ero riuscito a dimenticare…

Credevo di aver dimenticato, tutto…

 

Tutto…

Tutto quel rosso…

Tutto quel rosso…

Tutto quel rosso che stava ovunque…,

ovunque, stava, con quel suo odore denso dolciastro, stucchevole…

Mentre io bambino ancora troppo piccolo per impugnare un macete…

Mentre io che invece di finire il lavoro come ordinavano loro prendo a vomitare…

Incredibile, è stata la mia salvezza, perché schifati mi abbandonarono…

 

Nel sangue, nel sangue pieno di merda e piscio e vomito, così mi trovarono quelli della Croce Rossa Internazionale…

 

***

 

Infine, ancora un giorno, mille giorni; infine il volo, una nuova casa, un nuovo Paese. Infine io che potevo affrontare la notte il buio ma solo dentro il lettone…

Poi la scuola, e quella maestra a cui proprio non piacevo. In continuazione mi diceva: “Possibile che non capisci!, che non capisci mai niente”… sostenendo che mi sarei dovuto rassegnare, che tanto non sarei mai riuscito a concludere nulla nella vita…

Non crederli, gli sussurro, io di oggi, trattenendo a stento l’emozione; non credergli, sei bravo, sei bravissimo; vedrai che anche tu riuscirai, non subito come gli altri, ma anche tu imparerai, credimi!… Vedo che mi sento, che ricaccio via quella lacrima, che mi credo; che non credo a quella stronza!…

Ed eccomi qua, cresciuto, cara maestra, in qualcosa anche io, riuscito…

 

***

 

Finalmente… Apro gli occhi… Luce!, dolore!, li richiudo, lentamente li riapro…

…Ma, ma questa non è la mia camera!, tutto questo bianco poi, non fa parte del mio arredamento: bianco il soffitto, bianco il comodino, bianche le lenzuola, bianche le pareti e bianchi anche gli avvolgibili di una finestra anch’essa bianca…

Infine volto la testa, vedo il braccio con la flebo e tutto mi è chiaro; richiudo gli occhi, e non solo ho capito, ma anche ricordo… Ricordo di aver sognato, di aver di nuovo ricordato. Ricordo pure l’incidente, la perdita di controllo della mia Kawasaki 750, comprata da meno di un anno, io che vengo sbalzato via, infine la caduta, poi un lampo e una Luce e un gran suono, come un canto di Sirena, continuo, incessante, unito a un incredibile senso di beatitudine, di serenità, di leggerezza… Ed io che penso che sì, è assurdo, ma sto da Dio! Mentre intanto il suono quel suono, persiste… è celestiale…

E in me i sensi si amplificano, si amplificano al punto che posso percepire ogni singola goccia di pioggia che scende dal cielo, che cade su di me, sulla terra, sull’erba, e ovunque, e ovunque si espande mentre tutto pervade…

E finalmente lo sento, lo sento papà!, lo sento, chiaro e nitido, il dolce rumore dell’erba che cresce…

E Tutto è in me, la terra e l’erba e la pioggia, l’azzurro dell’acqua e del cielo, le nuvole e il vento e l’aria, e tutto profuma di fresco e di muschio e di vita e di Luce, di Luce nella Luce…

“Osman. Osman, sei sveglio?”

Apro gli occhi. Intravedo una figura che piano si avvicina. Non subito, ma alla fine come non riconoscerla?

“Ciao papà, come stai?”

“Come sto io, come stai tu, figlio mio?!”

“Bene. Mai stato meglio in vita mia. Mai scritto tanto in vita mia”

“Cosa dici? No, che non stai bene. Vado a chiamare l’infermiera…”

“Papà, aspetta”

“Ma andranno pure avvisati i medici che ti sei svegliato…”

“Ti dico che sto bene, papà. A parte sentirmi come se avessi sceso le scale come una palla, per il resto non c’è motivo di allertare nessuno, credimi. Piuttosto ascoltami”

“Dopo mi dici. Ora non ti affaticare. Hai bisogno di riposare. E non muovere il braccio così, finisce che ti fai male con l’ago della flebo”

“Tanto anche se mi viene un livido, sul nero della mia pelle quando si vede. Insomma, papà: mi vuoi ascoltare?!”

“Va bene, ti ascolto. Però stai calmo”

“Finalmente! …? stato fantastico sai? A proposito, da quanto tempo sono in questo stato?”

“Tutta la notte. Ti hanno sedato per farti riposare. Non hai fatto altro che agitarti…”

“Papà, ho trovato lo spunto per un nuovo libro, sai? L’ho tutto ben scritto qui, nella mia testa. Non vedo l’ora di ritornare a lavorare; a quanto pare ci voleva proprio un bell’incidente per sbloccarmi…”

“Alla faccia del bell’incidente! Ma lo sai che ci hai fatto prendere un bello spavento! A proposito, fammi avvisare…”

“E mamma?”

“Appunto, tua madre è scesa al bar per un caffè (sai che non le piace quello delle macchinette), avvisiamo almeno lei…”

“Lasciamole bere il caffè in santa pace, dai papà”

“Accidenti, non è raggiungibile. Possibile che questi aggeggi di cellulari, quando dovrebbero servire non funzionano mai?!”

“Tanto tra poco arriva”

“Possiamo ringraziare un medico, era in giro per una visita, e al momento dell’incidente era proprio dietro di te. Subito ha chiamato l’ambulanza, e ti ha prestato i primi soccorsi. Avevi perso i sensi. Eri finito in un campo pieno di arbusti e sterpaglie. Ma sono state proprio quest’ultime a salvarti da danni peggiori, attutendo la caduta. La tuta e il casco hanno fatto il resto. Comunque che spavento, che spavento ci hai fatto prendere, figlio mio”

“E dai papà, non fare quella faccia. Fossi vostro figlio per davvero!”

“Scherza, scherza. Ma l’hai capito che è un miracolo se sei ancora tutto intero? Maledette le due ruote. Perché poi sei uscito con la moto, me lo dici?!”

“Già… La moto?”

“È sempre sul luogo dell’incidente. Ho già contattato per farla rimuovere. A quanto pare è messa piuttosto male. Fossi in te…”

“Vedremo, vedremo. Comunque sono uscito con la moto perché l’auto l’ho trovata con una gomma a terra, e a dirla tutta lì per lì non ho avuto voglia di cambiarla. Piuttosto dimmi: quel dottore che mi ha soccorso, l’avete conosciuto?”

“Certo, e lo abbiamo ringraziato non so dirti quante volte. Dopo aver finito con la visita, è stato qui per vedere come stavi. Davvero una persona in gamba. Avrai modo di conoscerlo, non preoccuparti: saputo chi eri, si è subito dichiarato un tuo ammiratore. Ha letto tutti i tuoi libri, e ha aggiunto che la prossima volta li porterà con sé, e, siccome si è detto sicuro che starai meglio, ti chiederà di autografarglieli”

“Con immenso piacere. Ammesso che dopo l’incidente mi riesca ancora di scrivere”

“Sono contento che dici così, che fai il tuo solito spirito, vuol dire che stai bene davvero”

“E soprattutto, finalmente ho avuto un’idea, un’idea per un nuovo libro; e tutto questo è avvenuto proprio qui, mentre, a quanto pare, stavo beatamente dormendo”

Per il finale del libro non ho ancora le idee chiare…

Sfido, mi sono svegliato troppo presto…

Ma di certo saprò inventarmi qualcosa, oramai il ghiaccio si è rotto… Per il titolo, un’idea credo di averla: “Il dolce rumore dell’erba che cresce”, sì, trovo sia il titolo adatto; almeno credo…

“Fammi capire: avresti sognato tutto questo stanotte?”

“Proprio così. Come diceva André Breton, papà?, «l’artista deve attingere dall’onirico, dal suo io più profondo». Dunque, meglio di così”

“Bravo Osman. Erano almeno tre anni che non riuscivi più a lavorare; il tuo editore sarà contento. Credevo che alla fine saresti rimasto senza più il becco di un quattrino. Mi ero detto: vuoi vedere che presto ritorna a stare da noi”

“Bravo papà. Vedo che ora sei tu in vena di battute. Quindi lo spavento ti è passato”

“Anche se, lo sai, la tua camera non c’è più, l’ho trasformata nella mia stanza di lettura, e che tra scaffali e libri c’è rimasto giusto il posto per la poltrona, ma non sarebbe questo il problema. Solo a questo punto vorrei sapere una cosa: ma tua madre quanto ci mette per bere un caffè? Ora provo a richiamarla. Ah eccola che arriva”

 

***

 

“Ecco il caffè, Osman. Piuttosto, come ti è venuta l’idea del tuo nuovo libro? A parte il fatto che l’hai ideato durante la degenza in ospedale, non ci hai detto altro”

“Tutto merito di quel film che mi avevi consigliato. L’ho visto proprio il giorno in cui poi ho avuto l’incidente. Dopo, non ho fatto che pensarci e ripensarci, tanto mi era piaciuto; al punto che nonostante il tempo minacciasse pioggia, e l’auto era con una gomma a terra, ho deciso di venirvi a trovare lo stesso con la moto. Sentivo che finalmente si stava smuovendo qualcosa, che dovevo assolutamente parlarne, discutere, condividere con voi, come del resto faccio tutte le volte che ho un’idea. Poi come sai, per strada, ha iniziato a piovere, a diluviare addirittura. Sono finito all’ospedale, dove invece è stato lì, che durante la notte, sempre sulla scia emotiva del film, s’è realizzata la genesi, la sublimazione creativa”

Nel libro, a cui ho appena iniziato a lavorare, dovrò riuscire a sviluppare una trama capace di avvincere il lettore, e tenerlo in sospeso fino all’ultimo capitolo, dove, una figura femminile fino allora nelle apparenti vesti di un personaggio di secondo piano risulterà predominante, predominante e risolutiva in quanto donna e in quanto emblema dell’Intuito, quell’Intuito capace di portarci là dove altrimenti la ragione terrena non potrebbe avere accesso… Ecco, ecco quanto in sintesi da sempre ho cercato, sognato, di poter un giorno scrivere: un tributo alla Donna, alla sua sensibilità, alla sua Intelligenza; effettiva Arianna di noi poveri Tesei… Solo che fino ad oggi mi era sempre mancata l’ispirazione, la spinta, l’input…

“Ti confesso, Osman, che non ricordo di quale film stai parlando”

“Ma come, mamma: Harry a pezzi, del regista e attore Woody Hallen”

“Ma certo, ora ricordo. Si tratta di quella pellicola dove non capisci niente, fino a quando non arrivi quasi alla fine”

“Esatto, mamma. Punto in cui, a Harry (quest’ultimo tra l’altro, nel film, come me, fino a poco prima uno scrittore col blocco della scrittura, con in più qualche altro intimo problemino esistenziale, tipico dei personaggi alla Woody Hallen) gli appaiono, in carne e ossa, tutte le creature del suo ultimo lavoro, e gli parlano, costringendolo, per la prima volta in vita sua, a guardarsi dentro, a confrontarsi, attraverso i vari pezzi del suo Io e il mondo che lo circonda, e finalmente riesce a giungere a una risoluzione dentro di sé”

“Proprio così, Osman. Ed è allora, solo allora, che scopri che più che esser giunto alla fine, altro non sei che all’inizio della storia, e finalmente il film ti si apre nella mente, chiaro, lineare, geniale

“Sì, mamma, hai detto bene: geniale

“Vedi Osman, ho ragione a dire quanto sia importante leggere, leggere e leggere; quant’è vero che da cosa nasce cosa”

“Quindi, potremmo azzardare l’ipotesi che lo stesso Woody Hallen, possa essere stato a sua volta ispirato da un’opera di un altro autore?”

“Cioè?”

“Per esempio, dal romanzo de Il lupo della steppa, di Hermann Hesse

“Osman. …Perché no? Come ho fatto a non pensarci anch’io? Tra l’altro Hesse è uno dei miei autori preferiti. E il personaggio principale del romanzo, il Lupo in questione, addirittura ha lo stesso nome del personaggio che Woody Hallen rappresenta nel suo film: Harry, appunto; e guarda un po’: anche lui scrive! E anche lui, come si vedrà nel Teatrino, anche qui sul finire della storia, solo dopo aver sezionato, ri-visitato, i vari pezzi di sé, della sua vita, arriverà alla risoluzione dei suoi problemi, alla pienezza del suo Io”

“Non è fantastico quando da un’idea nasce un’idea e in seguito un’altra idea? Quindi si può dire che è giusto quel detto: non si può diventare un ottimo scrittore se prima non si è un ottimo lettore. A proposito di ottimi lettori, mamma, ma papà quando arriva?”

“Giusto, a quest’ora doveva essere già qui. Ora lo richiamo. Ah eccolo che arriva”

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2 commenti »

  1. Mi piace soprattutto la prima parte perchè rappresenta davvero il dolore e la sofferenza come molla per scrivere. Il finale è ben fatto ma quasi fin troppo “scolastica” (ma non è un’offesa, solo uno stile diverso) ; preferisco il taglio più umano ed emozionale iniziale che mi ha invogliato a leggere tutta la storia.

  2. Cara Silvia, non mi offendo, ci mancherebbe!, anzi: ti ringrazio di Cuore; comunque la seconda parte, trattando argomenti diversi: né tragici né cruenti, e meno intimi, doveva, secondo mia modestissima opinione, in qualche modo distinguersi dalla prima; infatti non è casuale. In quanto a “scolastica”, in tempi in cui oramai scrivono tutti e di tutto… permettimi di prenderlo come un complimento. Ciao e grazie per avermi letto e soprattutto: commentato.

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