Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2013 “Le perle di Rue Soukarno” di Silvia Bello Molteni

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2013

Il cartello all’esterno dice “Centre national de santé reproductrice, La Maternité des Orangers”, il nome è già luce, profumata di fresco, prima aspra e poi dolce, un’arancia fredda mangiata a Natale.

Palme alte dietro il muro di cinta che continua lungo Rue Soukarno e s’interrompe ad un cancello. Dopo il cancello ancora il muro e un altro cartello “ Centre Lalla Meryem pour enfants privés de famille”.

Un colpo sordo d’ariete nel ventre, una morsa s’insinua nelle mie viscere, è un’intima spremuta di stomaco che si proietta ai miei occhi con un vero e credibilissimo déjà-vu.

Li guardo. Quattro occhi adolescenti, impregnati di una storia intensa, fatta di giorni ed emozioni: d’incubi notturni, sempre meno incubi e sempre più sogni, di compleanni e Natale in famiglia, di vacanze al mare e gite in montagna, di topino dei denti e fiabe nel lettone, di un papà forte che guida l’automobile e di una mamma che sposeranno, di nonni che li incitano con un “Mangia tutto che diventi forte!” e di una nonna che balla con loro.

Una storia a volte in salita, con una faticosa ricerca di limiti e risposte, attraverso una costante agitazione, seguita da arrabbiature d’insegnanti e genitori, giudizi e castighi, con ferite medicate, riaperte e di nuovo medicate. Cicatrici di vita.

Vita che, monca di radici, muove la terra sotto i loro piedi. Ed essi, piccoli esploratori su un sentiero ignoto che abbiamo tracciato per loro, con piedini di bambini, camminano, inciampano e cadono in problemi di bambini giudicati dagli adulti, spesso distanti dai loro pancini, sicuramente sazi di cibo ma affamati di attenzioni e carezze, perdute per sempre in quel loro primo periodo di vita, che è un ingombrante “non so” e soprattutto “non so perché”.

 

Siamo in anticipo e aspettiamo in giardino. C’è una nuova costruzione con uffici al piano terra e camere al primo piano. Di fronte, l’orfanotrofio come lo ricordavo, con l’entrata principale. In giardino ancora palme, le stesse di allora, e i loro occhi le guardano, indovinando chissà quale particolare collegamento con quel passato misterioso.

 

E io ricordo il piccolo Reda che tocca la corteccia della palma, si spaventa e si accuccia tra le mie braccia. Mi guarda, gli prendo una manina e con lui accarezzo la palma; trema, ma si lascia condurre, poi mi guarda e sorride. Taha è lì vicino, non cammina ancora, non ne ha la forza, il pancione lo sbilancia e la testa dondola dolcemente sul collo. Siede a terra tranquillo, allarga le sue gambine e con l’indice disegna divertito ghirigori nella terra, poi apre tutta la manina la riempie ben bene e se la porta alla bocca. Il tempo di capire che quello che assaggia non è di suo gradimento e poi sputa tutto, insieme alla saliva, sotto gli occhi di papà, che gli dice:

“Beehhh, la terra non si mangia!”. Taha lo guarda, la bocca aperta, grande come i suoi occhioni neri, e, senza cambiare espressione, si lascia pulire mani e viso.

 

La nuova direttrice ci parla dell’istituto; tante cose sono cambiate in questi 14 anni. Loro ascoltano seri, si esprimono bene in francese, ma nessuna domanda esce dalle loro bocche. Nessuno dei loro dubbi riesce a trasformarsi in parola. Entriamo nella vecchia costruzione da una porta laterale, non passiamo dagli scalini della grande entrata, come si faceva in passato.

 

Da quegli scalini Reda scende con noi e poi, sorridente, insegue la palla che gli abbiamo portato. È gioioso, tonico e reattivo. Appena sente rumori di piatti ed odori di cucina, molla tutto e si muove diretto e piangente verso le scale. Calmarsi negli istanti che precedono i pasti, sarà una conquista che farà in qualche mese, il tempo per lui di capire che il cibo non è più una speranza quotidiana, ma una certezza. La fame conduce i suoi movimenti e accende la miccia delle sue emozioni, che esplodono in scariche di pianto, sempre difficili da controllare. Taha è meno stimolato dal cibo, sembra più interessato alla compagnia di chi lo nutre; si lascia imboccare tranquillamente, mi fissa, e quando vede che il piatto è quasi vuoto, inizia a piangere a sirena e, dopo ogni imboccata, cerca di trattenere il cucchiaio con i suoi dentini e non capisco se voglia dire: “ Stai qui, non andare via!” oppure “Dammene ancora!”.

Al primo piano incontriamo un viso di donna, tondo e olivastro. I capelli coperti da un foulard, ci guarda e sorride. La riconosco. Ci riconosce. È la più anziana tra le inservienti, si occupava dei bambini nella stanza di Taha e Reda. Guarda i ragazzi. “Ils sont beaux!” Parla calma. E io guardo loro, splendidi nei loro visi seri. Respiro la sensazione di una sconcertante attesa di conferma, che si materializza parzialmente con un “Je me rappelle de vous”.

La direttrice ci accompagna nelle camere dei bambini, piccoli ospiti di un mondo che li ha accolti dalla porta di servizio, perchè senza biglietto, rubato loro ingiustamente al primo vagito.

I bambini sono divisi per età, noi entriamo nelle camere dei più grandicelli che stanno in piedi sui tappetini e ci guardano. D’istinto mi abbasso e prendo la mano di un piccolo piangente, gli asciugo le lacrime e mi dicono che ha la febbre. Non lo sento particolarmente caldo; se è febbre, è di quelle che si abbassano con anni di coperte d’amore e, recidive, possono risalire al primo spiffero di freddo che le porte della vita, immancabilmente, lasciano passare.

I ragazzi si fanno coinvolgere dai bambini, li accarezzano, tengono loro le manine e sorridono. Nei loro gesti c’è un rispettoso ritegno che, man mano che ci muoviamo nelle altre stanze, si scioglie in complicità con tutti i piccoli che incontrano. Si fermano più a lungo con quelli che reagiscono alle loro attenzioni, li fanno sorridere, li prendono in braccio. C’è una relativa calma, fuori.

Ma io dentro mi accendo, il detonatore di ricordi s’innesta: situazioni già vissute, proprio qui, esplodono come bombe e io saltello tra un botto e l’altro, cercando di mantenere un sorriso d’equilibrio ed evitando che il polverone delle emozioni mi faccia piangere.

 

Intuisco quale stanza possa essere quella dove li abbiamo visti la prima volta. Dovevamo solo vedere l’orfanotrofio e depositare la nostra domanda di adozione, nessun atto formale riguardava i bambini. Ricordo però, tra i tanti, quel bambino ricciolino che tirava un resto di filo elettrico che pendeva dal muro. Il filo era un po’attorcigliato, lui lo tirava e osservava come cambiava la sua forma, poi mi guardava e zampettava allegro sul posto. In un altro lettino, un bambino molto più piccolo se ne stava sdraiato sulla schiena, con un coniglietto disegnato sul vestito. Mi fissava con i suoi grandi occhi scuri. Gli accarezzai la pancia, lui mi guardò e sorrise. Feci di nuovo un po’ di pressione sulla pancia e lui di nuovo sorrise.

In quella stessa camera ritornammo dopo sei mesi, i bambini erano sempre tanti. Ricordo come avevo immaginato, nei mesi precedenti, il momento del primo incontro, mi chiedevo come sarei stata capace di scegliere, di prendere una decisione così importante, sapendo che nessuno ci avrebbe detto che questo e quel bambino sarebbero diventati i nostri figli. Mi fece forza il pensiero che avremmo potuto incontrarci ed accoglierci, come accade nelle grandi storie d’amore.

Di fronte alla porta della camera, riconobbi i riccioli del bambino che tirava il filo; dormiva, in un lettino vicino al fasciatoio. Lo accarezzai, non si svegliò. Mi avvicinai a mio marito e passammo tra i bambini, guardandoli incerti; eravamo due capitani senza bussola, in un mare mosso di occhi, che ci fissavano se ci avvicinavamo, e che si rituffavano nei loro pensieri appena ci vedevano distratti da altri occhi, di altri bambini. Cosa passava nelle loro teste in quel momento? Quante altre coppie come noi avevano visto?

Tante, immagino, perché sembravano abituati a farsi passare accanto, a non essere considerati per un tempo più lungo di uno sguardo, quasi a non essere degni di essere visti. Due occhioni però, iniziarono a fissarci, quando non li guardavamo. Erano quelli di Taha, magro magro, con un gran testone, in un lettino tra due bambini magri più di lui, con occhi più grandi della testa e deboli nei loro movimenti. Taha, approfittando con dolcezza della sua migliore agilità, si era appropriato di un’automobilina di plastica, lasciata dal vicino in un angolo del letto. Ci guardava e non mollava il gioco.

“Madame, il s’est révéillé!”, mi chiamò un’inserviente. Reda, il bambino del filo, si era svegliato (ma ancora oggi penso che sia stata la donna a svegliarlo, per non far mancare, a lui e a me, una partita che lei riteneva importante). Mi avvicinai, mi sorrise. Piegai la testa di lato, la piegò anche lui, gli toccai il nasino, sorrise, gli presi la mano, l’avvicinai al mio naso e me lo lasciai toccare.

Non saprei quantificare la durata del nostro incontro, so con certezza però, che in un battito di cuore, avevamo riconosciuto il bambino del coniglietto e quello che tirava il filo. Ritrovammo il nostro Nord e puntammo a vele spiegate verso la porta della camera, con Reda e Taha in braccio. Uscimmo con la sensazione di aver trovato due perle, ma di doverne lasciare in mare tante altre, perché, per portarle con naturalezza, era necessario silenzio, tempo e tanta forza. Cose che in quella camera non trovavamo.

 

E rieccoci qua. Reda è diventato alto, le lunghe leve, gazzella veloce sempre sul chi vive. Dolce e gentile, condivide il tormento di re Giorgio VI quando incespica nelle parole, ma, al tempo stesso, ama gli eroi impenetrabili di Clint Eastwood e l’intelligenza di Odisseo quando inganna Polifemo.

Taha è un guerriero in eterna lotta a difesa degli straordinari, come si è sempre sentito lui. Un Forrest Gump sempre in movimento, con un ritmo dentro come Billy Elliott in una danza che parla a tutti i Rain Man che lo affascinano.

Diventati fratelli, uniti da un filo e un coniglietto, si specchiano emozionati davanti a questi piccoli eroi.

“Portiamone a casa uno mamma, per favore.”

E tutto ricomincerebbe, esattamente da qui.

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55 commenti »

  1. Un racconto tenero e duro nello stesso tempo. “Vita che, monca di radici, muove la terra sotto i loro piedi” è la frase che preferisco, densa di connotazioni

  2. Grazie Matteo, la frase che ti ha colpito la sento particolarmente vera.

  3. Scritto molto bene, apparentemente tratto da una esperienza vera. Anche fortunata, come sono le adozioni riuscite. Mi è piaciuto in particolare il finale.

  4. Grazie Amaso per aver letto il mio racconto e per il tuo gradito commento. Mi commuove che ti sia piaciuto particolarmente il finale perché nella storia vera rappresenta un secondo inizio…

  5. Un racconto bellissimo, che nonostante la serietà del tema trattato, scorre veloce e cattura il lettore. Davvero complimenti!

  6. Grazie Alessandra per i tuoi complimenti. Sono contenta se il racconto ti ha “catturato”.

  7. “…bambini, piccoli ospiti di un mondo che li ha accolti dalla porta di servizio, perchè senza biglietto, rubato loro ingiustamente al primo vagito.”
    Sono parole da fiaba, come tutto il resto del racconto, che mi hanno commosso perchè mi sono tornati alla mente i miei viaggi nell’Africa subequatoriale, dove i bambini di un orfanotrofio ridevano vedendo per la prima volta la mia pelle sbiadita e mi festeggiavano iniziando a danzare.
    “Ritrovammo il nostro Nord e puntammo a vele spiegate verso la porta della camera…”
    Sono un velista che ha solcato molti mari e che ha provato emozioni a dialogare con il vento tenendo fede all’ago della bussola fino a raggiungere l’imboccatura di un porto.
    Mi sono arrichito spiritualmente leggendo la Tua storia, Silvia, appassionato per le parole che hai saputo trovare, e Ti auguro ogni bene perchè Te lo meriti.
    Brunello

  8. Grazie Brunello per le tue parole; mi commuove averti ricordato momenti così emozionanti. Con le tue esperienze di viaggio potresti scrivere altre storie molto belle come “In viaggio con Annah” inserita in questo concorso. Spero che altri lettori possano apprezzare il tuo racconto. Auguro ogni bene anche a te.
    Silvia

  9. Complimenti, davvero emozionante!

  10. Grazie Cinzia. Sono contenta se la storia ti ha emozionato.

  11. Silvia è davvero un gran bel racconto: scritto in maniera vivida ed originale. Proprio un bell’uso della parola ancora complimenti 🙂

  12. Grazie Matteo per il tuo commento, lo apprezzo molto. Mi fa piacere se trovi originale il mio modo di scrivere .

  13. Coinvolgente. Sei davvero brava.

  14. Coinvolgente e tenero

  15. Il racconto si legge bene, suscita gradevoli emozioni questa coppia che decide di adottare due bambini, lo fa con tanto senso di responsabilità, più una grande e lodevole capacità di dare affetto. Ben indirizzato anche il finale, con i due adottati ormai adolescenti, che ringraziano all’ennesima potenza la loro nuova madre, invitandola a prendere nella loro famiglia un altro neonato proveniente dal medesimo istituto.

  16. Roberto ti ringrazio per l’ attenzione che hai riservato alla mia storia. Apprezzo davvero il tuo commento.

  17. Racconto delicato su un argomento non facile. I miei complimenti.

  18. Grazie Giovanna per aver letto e commentato il mio racconto. Mi lusinga che tu lo abbia giudicato delicato, Apprezzo molto i tuoi complimenti.

  19. Molto toccante mi hai emozionato. Hai toccato questo tema difficile con grande sensibilità. Complimenti.

  20. Grazie Linda per il tuo commento e per i tuoi complimenti. Suscitare emozione in chi legge è una bella soddisfazione.

  21. Grazie Maurizio per aver letto il mio racconto. Ma se uno bravo come te, mi scrive che sono brava…che faccio? Prendo “il tram giallo” e vado a vedere “la scelta di Chiara”!!!
    Auguri per il concorso.
    Silvia

  22. Grazie anche a te Antonio. Sono contenta che il mio racconto ti sia piaciuto.

  23. Ahah… sì, potrebbe essere un’idea…
    Grazie per la fiducia, sono contento che i miei racconti ti siano piaciuti.
    Quanto al tuo, oltre che scritto bene,
    un buon racconto deve avere un’anima.
    E il tuo ce l’ha.
    A presto.
    M

  24. Splendido davvero. Bella la delicatezza con cui ci hai accompagnato all’interno della storia, ma soprattutto mi ha colpito il tuo stile di scrittura, ci sono frasi evocative e scritte davvero bene. Volevo citartene una, ma non sapevo davvero quale scegliere, c’era il pericolo che ricopiassi per intero il tuo racconto nel commento. 😉 Complimenti!

  25. Caro Alessandro ti ringrazio per il tuo commento così lusinghiero. Lo apprezzo molto e mi fa piacere che il mio stile ti sia piaciuto. Ammetto che, scrivendo la storia, ero più preoccupata ad accompagnare me stessa, ma se, leggendola, anche tu ti sei sentito coinvolto, ne sono felice. Silvia

  26. .Bellissima storia di adozioni. Commovente anche il finale. Bravissima!!

  27. Grazie Eleonora per aver letto il mio racconto. Mi emoziona il fatto che il finale ti abbia commosso. Grazie e auguri per il concorso.

  28. Tanti complimenti, davvero. Hai davvero reso bene il senso di disagio che nasce dal dover scegliere un bambino in mezzo a tanti.”….eravamo due capitani senza bussola, in un mare mosso di occhi”, senz’altro è questo il passaggio che mi ha toccato di più.

  29. Cara Laura ti ringrazio per i complimenti. Per quel che riguarda il momento della storia che più ti ha colpito, penso che se si dovesse riassumere in un’emozione parlerei piuttosto di “incontro” , ma non sempre le parole hanno il potere di esprimere quello che si prova. Quindi la “burrasca” senza bussola era l’immagine più vicina alla situazione. Mi fa piacere che ti sia piaciuto. Grazie, da una che scrive belle storie per bambini come te, è un bel complimento.
    Silvia

  30. Confesso che sono andata a leggere il racconto dopo il tuo commento al mio. Ne valeva la pena! Hai veri momenti di poesia nel toccare un argomento così delicato. Molto toccante.

  31. Cara Giuliana ti ringrazio per la tua schiettezza. Hai fatto quello che facciamo un po’ tutti, per cortesia e anche per curiosità. In fondo se qualcuno apprezza quello che scriviamo forse è perchè ha, per certi versi , dei gusti simili, magari scrivendo di argomenti a noi lontani e in modo diverso. Comunque ti ringrazio per aver voluto leggere e commentare il mio testo, un complimento in fatto di poesia da parte tua lo apprezzo molto visto quella che hai saputo mettere in evidenza nel tuo racconto. Grazie. Silvia

  32. Emozioni vere comunicate con una scrittura eccellente (binomio questo non tanto comune). I miei compliment Silvia: mi hai fatto vibrare!!

  33. Grazie Francesca per le tue parole lusinghiere. Spero che siano state buone vibrazioni! Fanno sempre bene a chi le riceve ma anche a chi le provoca. Silvia

  34. Pugno che si trasforma in carezza. Parole dotate di cuore.
    E’ un piacere leggere ciò che è scritto come si deve.
    ps. Sono un rompiballe notevole, e me ne scuso in anticipo. Non stravedo per i complimenti: riceverli e farli. Quindi per compensare aggiungo una critica: la punteggiatura.

  35. Rompiballe o no, grazie per il commento. Se scrivi che ti fa” piacere leggere ciò che è scritto come si deve” riferito al mio racconto, mi dispiace dirtelo, ma mi hai fatto un bel complimento! La critica sulla punteggiatura me l’aspetto sempre; malgrado le regole siano chiare, c’è sempre una zona grigia nella quale ci muoviamo e spesso giustifichiamo i nostri errori o le nostre esagerazioni. Grazie. Silvia

  36. Silvia, il tuo racconto è molto toccante.
    Riporterei molte espressioni “virgolettate” e ne ho lette tante nei commenti precedenti.
    Ho trovato lento l’avvio del racconto, credo, perchè ho sentito la fatica di rientrare in orfanotrofio dove ho passato cinque anni della mia vita (dai nove ai quattrodici anni) di cui non ho brutti ricordi. Era mancato il mio papà e la mamma era lontana.
    E’ la stessa fatica della protagonista:”Un colpo sordo d’ariete nel ventre, una morsa s’insinua nelle mie viscere, è un’intima spremuta di stomaco che si proietta ai miei occhi con un vero e credibilissimo déjà-vu.”
    I due coniugi che hanno deciso di adottare due bambini si rivolgono alla direttrice dell’orfanotrofio dove la protagonista ha trascorso la sua infanzia; essa osserva “piccoli esploratori su un sentiero ignoto che abbiamo tracciato per loro, con piedini di bambini, camminano, inciampano e cadono in problemi di bambini giudicati dagli adulti, spesso distanti dai loro pancini, sicuramente sazi di cibo ma affamati di attenzioni e carezze, perdute per sempre in quel loro primo periodo di vita, che è un ingombrante “non so” e soprattutto “non so perché”.
    Credo che la donna abbia rielaborato il suo vissuto e allora perchè l’affermazione (?) di: “non so perchè”? Forse si potrebbe completare con la frase: “non so perchè questi bambini non siano stati adottati prima”.
    Il racconto può essere un documento a sostegno dell’adozione dei minori e certifica l’importanza della figura genitoriale per la crescita dei piccoli.
    Complimenti, ciao.
    Emanuele

  37. Caro Emanuele, anche il tuo commento è molto toccante e ti sento molto coinvolto e vicino. Per questo mi permetterò di inviarti anche un messaggio in forma privata. La “protagonista” (anche se direi che i protagonisti veri siano i bambini e i ragazzi) “suda”i suoi sentimenti di mamma adottiva raccontando come ha conosciuto i suoi figli, come sono cresciuti giorno per giorno e come sono adesso adolescenti: con i dubbi costanti come tutti i loro coetanei, ma con domande nei confronti un passato che non sanno spiegarsi e del quale nemmeno i genitori adottivi hanno informazioni.
    I “non so perchè” di questo racconto sono dei ragazzi stessi (quindi molto soggettivi), più legati al periodo precedente dell’incontro tra loro e i genitori adottivi. Non era mia intenzione scrivere un documento a sostegno dell’adozione perchè è difficile argomentare pro e contro quando si tratta di sentimenti.
    Apprezzo con emozione che tu abbia letto e commentato il mio racconto. Vista la tua esperienza personale, non dev’essere stato facile nè scontato. Grazie.
    Silvia

  38. E’ un racconto molto dolce e delicato, mii ha catturata e sono riuscita a entrare nella situazione.. Mi è piaciuto in particolar modo il finale.
    Complimenti!

  39. Graze Ilenia, mi fa piacere che tu sia entrata nella situazione. Tu scrivi bene e sei capace di creare *situazioni d’entrata” per un lettore , quindi apprezzo davvero il tuo complimento.
    Silvia

  40. BENE BENE… SONO LA PRIMA A SCRIVERTI PER CONGRATULARMI CON TE PER LA TUA VITTORIA! 🙂 BRAVA SILVIA!

  41. Ti ringrazio Francesca. Ancora non riesco a crederci…. Sono felicissima. Tu hai già vinto e sai cosa si prova! Grazie. Silvia

  42. Carissima Silvia,
    hai visto? Sembra proprio che ci conosceremo presto. Tanti, tanti complimenti.

  43. Che bello Laura! Complimenti anche a te! Insomma, non potevo conoscere il tuo Barone Settecalze e non conoscere te! Un abbraccio.
    Silvia

  44. Silvia, avevo letto il tuo racconto tempo fa e l’avevo apprezzato moltissimo. Mi accorgo solo ora che non ho commentato. Pensavo di averlo fatto. Non so come è accaduto, volevo sapessi… ma che importa, hai vinto! Complimenti!

  45. Complimenti vivissimi Silvia!! Orgoglioso di essere stato il primo a commentare il tuo racconto! Augurissimi!!!

  46. Cara Marcella, importa, importa eccome! Grazie! Entrambe non ci siamo commentate fino ad ora, (si vede che doveva essere così) ma non è mai troppo tardi. Anche io farò un commento al tuo bel racconto.
    Silvia

  47. Matteo, la mia avventura è iniziata davvero col tuo commento. Grazie. Orgogliosa che tu ne sia orgoglioso!
    Silvia

  48. E pensare che indipendentemente dall’esito del concorso ci si era promesse di andare ugualmente a Lucca…Non vedo l’ora d’incontrarti per complimentarmi di persona con te. Ti meriti tante soddisfazioni per il meraviglioso racconto che hai scritto e per la stupenda persona che sei. A presto Linda.

  49. Silvia, qui non ti avevo rinnovato i miei complimenti? Che sbadata!! E’ stato ancora più bello rileggere il tuo racconto, più lo leggo e più mi piace! 🙂 a presto!

  50. Cara, lo avevo letto tempo fa e pensavo di aver lasciato un commento ed invece non lo avevo fatto, e dunque lo scrivo adesso come già era stato nei miei pensieri e nelle emozioni che ora si rinnovano e si amplificano. Conosco molto bene ciò di cui parli, ciò che sta in mezzo al percorso che porta ad un incontro tanto anelato e tutto quello che si scioglie quando finalmente avviene, lasciando fluire le tensioni fuori, abbandonate dal corpo, espulse come vapore che si disperde, e lasciando entrare tutto quello che finalmente c’è e può essere e sarà.
    Bravissima!
    Complimenti!
    Grazie

  51. Complimenti Silvia, ho letto ora il tuo racconto e mi ha toccato molto nel profondo, scritto con semplicità ma una semplicità che invoglia ad andare avanti nella lettura di un argomento non facile . Veramente bello bello bello!!

  52. Care Cinzia Linda Emanuela e Caterina grazie grazie grazie grazie! Ho qualche problema di linea quindi appena mi sarà possibile vi contatterò personalmente con un messaggio. Felice comunque di conoscervi a Lucca. Silvia

  53. Felicità ricambiata Silvia !!!! Grazie

  54. bellissimo.

  55. Grazie Sergio, mi fa piacere che tu abbia voluto leggere il mio racconto, ormai già datato e dell’edizione precedente. Contenta che ti sia piaciuto.
    Silvia

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