Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2013 “La fila” di Daniele Conserva

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2013

A pensarci bene, gli sembrava di essere stato sempre in fila. Da tempi immemorabili. La fila per entrare a scuola. La fila per iscriversi in piscina. La fila per la visita militare. La fila per trovare lavoro. La fila per ritirare lo stipendio. La fila all’ufficio delle tasse. La fila per fare i raggi. La fila alle casse del supermercato. La fila ingorgato in autostrada. La fila per ritirare la pensione alle poste. La fila… la fila… la fila… Sempre, un mondo di file. Gli sembrava davvero di averle fatte tutte. Non si aspettava di dover fare anche questa. Adesso che aveva raggiunto un definitivo equilibrio, una tranquilla situazione, un momento di assestamento finale, questo proprio non se lo aspettava! Eppure c’era arrivato: in fila!! Quand’era che aveva dovuto operarsi al cuore? Era stato una quindicina di anni prima. Problema grave di salute, ricerca di uno specialista, costi straordinari, file (anche qui!) per le prenotazioni, ma davanti alla salute inutile recriminare e risparmiare. Era stato uno dei primi con il pace-maker, operazione a Houston in America, la prima volta che passava l’oceano, il lungo volo, l’emozione davanti a quel mondo così lontano. Il grande chirurgo e alla fine ce l’aveva fatta. Aveva ancora un avvenire davanti, almeno così gli sembrava. Era quasi ancora giovane o almeno così si sforzava di sentirsi, con un lungo elenco di cose da fare, pensare, organizzare. Il piacere di risentirsi vivo. Allora aveva preso l’abitudine a non guardarsi indietro. Quando inevitabilmente gli capitava di volgere il pensiero al passato, gli sembrava impossibile fossero trascorsi già più di sessanta anni della sua vita. Ma come? Era appena ieri che si era sposato! Ma cosa aveva fatto di così lungo, da essersi ritrovato a quell’età? Domande senza risposte. Ma ancora voglia di futuro. E adesso erano già passati altri quindici anni! Tutto sommato persino creativi, soddisfacenti. Felici era troppo, ma lo sapeva da tempo che la felicità è talmente breve che neanche te ne accorgi, ma proprio non pensava che sarebbe arrivata anche questa attesa senza senso. Vabbè lo dicevano tutti “è il destino!”. Forse era stato proprio così. Quattro giorni prima era freddo. Troppo freddo per uscire, ma era senza carciofi e ne aveva una voglia terribile. Così era uscito, maledizione al destino che gli aveva fatto venire voglia di carciofi! Aveva messo il cappotto grigio, un po’ liso, è vero, ma lo usava così poco che gli sembrava uno spreco cambiarlo alla sua età. Si era messo anche il cappello, non che gli tornasse quella maledetta sinusite. Già il cappello, maledizione al destino che gli aveva fatto perdere quel bel ciuffo che aveva da giovane e gli riparava il freddo in modo naturale! A questo punto non sapeva nemmeno lui se la colpa la doveva dare ai carciofi o al cappello che si calava così forte in testa da coprirgli persino gli occhi. Non lo vide, ecco cosa successe. Non si accorse di quel tredici barrato che arrivava sicuro sulla sua corsia. Bastò un passo e sentì un colpo neanche troppo forte al fianco sinistro. Stupidamente pensò “proprio a sinistra, non che mi rovini il pacemaker!”. Durò un secondo e si accorse che la cosa era un po’ più grave. Si staccò in modo naturale dal suo corpo e si trovò un paio di metri sopra di lui, guardando la scena. Grida, confusione, urla, una sirena, gente con camice bianco che si faceva largo tra i curiosi. Goffi tentativi per farlo rientrare in quel corpo ormai lasciato. Cercò di gridare “lasciatemi stare!”. Lui si rese conto di stare bene così, libero nell’aria, senza freddo, senza sinusite, senza voglia di carciofi. Aveva finalmente saputo cosa c’era “dopo”. Tutta una nuova prospettiva si apriva, una prospettiva fatta di ignoto ma si sentiva comunque sereno. Gli fu chiaro che, questo stare a mezz’aria, sarebbe durato solo per il breve tempo di concludere l’ennesima esperienza terrena, poi sarebbe salito più su e chissà dove sarebbe arrivato e cosa avrebbe visto! La decisione di farsi cremare era nota a tutti. Così i nipoti dissero “deve essere cremato e sepolto nel suo paese d’origine”. L’uomo vestito di nero diede loro un modulo da compilare. Tra le note da segnalare c’era la scelta: “Portatore di pacemaker”. Barrarono la nota. Ecco perché era ancora lì. Un portatore di pace-maker non può essere cremato tanto semplicemente. “Il pace-maker deve venire espiantato” dissero. Per quello stava lì, stretto e scomodo in quella cella frigorifera del grande obitorio, del grande ospedale, della grande città. Appiccicato a quel vecchio corpo freddo. In fila. In attesa di un chirurgo specializzato e autorizzato, che aveva un mucchio di altre cose da fare. In fila. Aspettando quel futuro sconosciuto che logorava l’attesa. Gli venne un dubbio. Sarebbe stata poi quella… l’ultima fila?

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2 commenti »

  1. Mi piace soprattutto l’idea che ci si possa permettere di pensare anche dopo la vita, di avere dubbi. Chissà perchè penso che sia una prerogativa tipicametne terrena, ma questo racconto mi fa ragionare diversamente. Ben scritto.

  2. Bel racconto, simpatico e gradevole.
    Da vivo il protagonista è capace di rileggere la sua vita con disincanto e una notevole dose di autoironia.
    E altrettanto gli riesce di fare anche dopo l’incontro col tredici barrato.
    Buono lo stile narrativo.
    Rinunciare ai dialoghi lascia sempre un margine di rischio, il racconto rischia di diventare noioso.
    In questo caso pericolo scongiurato, l’autore è stato bravo.

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