Premio Racconti nella Rete 2013 “Il Sig. Bianchi” di Rossella Staine
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2013Il sig. Bianchi era un uomo alquanto bizzarro. Dico “alquanto” e non “totalmente” bizzarro perché aveva quei modi di fare composti e ordinati da gentleman inglese che, di primo acchito, facevano di lui una persona del tutto ordinaria.
Quando incontrava i vicini per le scale, in quella piccola palazzina azzurra che abitava da oramai 20 anni, soleva togliersi il cappello e fare un lieve inchino muovendo il capo, e gli piaceva intrattenersi a discorrere del più e del meno con chiunque gli capitasse a tiro.
A seconda dell’interlocutore, il sig. Bianchi diventava esperto delle più svariate discipline. Se incontrava il sig. Rossi, simpatico violoncellista del quarto piano, il sig. Bianchi era in grado di intrattenersi mezz’ora parlando di accordi e dell’acero dei Balcani che Stradivari usava per costruire i suoi strumenti.
Se incontrava il sig. Verdi, vecchio e burbero professore di matematica del terzo piano, passavano ore discorrendo della quadratura del cerchio.
Se incontrava la sig. Rosa, minuta ed annoiata casalinga del secondo piano, riusciva a tenere vivo il discorso deliziando la sua ascoltatrice sulle differenze tra le begonie e le peonie.
La sig.a Rosa era particolarmente contenta di quel rituale saluto, e non perdeva occasione per rinfacciarlo al suo mite ed introverso marito che oramai, qualunque cosa osasse affermare, si sentiva ripetere “cosa vuoi capirne tu, che non sai distinguere un tulipano da una margherita!”.
A ben vedere però, non appena lo si conoscesse meglio, il sig. Bianchi si dimostrava per quello che era in realtà: una persona alquanto bizzarra. Nonostante i vicini lo invitassero spesso a cena con la speranza di approfondire i discorsi lasciati a metà ogni giorno tra il quarto ed il quinto gradino del primo piano, dove abitava, declinava sempre con gran educazione ogni invito, poiché la sera, a suo dire, aveva parecchie cose da fare.
Difatti, terminato con solerzia il suo frugale pasto serale, sparecchiava di fretta e, altrettanto freneticamente, cominciava a lavare i piatti.
Controllava sempre l’orologio, con una singolare smania, tanto che se qualcuno avesse potuto osservarlo dal di fuori avrebbe pensato che aspettasse qualcuno o che avesse un appuntamento.
Finito di riordinare, si accomodava sulla sua ormai vecchia poltrona rivestita di pelle arancione e vi rimaneva per tutto il resto della notte. La maggior parte delle volte leggeva, anche due-tre libri per volta. Altre volte rimaneva lì fermo a riflettere, con lo sguardo fisso davanti a sé, senza muoversi, immobile, fino a che il sonno non avesse la meglio sui suoi pensieri.
Che cosa pensasse e che cosa fosse solito leggere non era dato saperlo. Si vocifera però che una mattina, dopo essersi recato dal pescivendolo in fondo alla strada per comprare le triglie che a lui piacevano tanto, (specie se al cartoccio, molto più saporite), alla domanda di questi su cosa avesse fatto la sera prima, viste le profonde occhiaie che solcavano il suo già stanco viso, rispose che aveva avuto una notte particolarmente intensa. Raccontò di essere stato dapprima con Ulisse nella caverna di Polifemo, dopodiché, dopo un lungo e tortuoso viaggio per mare, era approdato a Macondo. Li, insieme ai Buendìa, attraversò a piedi un lungo e soleggiato bosco: erano arrivati gli zingari, portando con sé il ghiaccio, che nessuno, in quel pittoresco e lontano paese, aveva ancora mai visto. Dopo aver elencato ai Buendia tutto ciò che avrebbero potuto fare con quei curiosi cubetti fatti di acqua, giacché si trovava da quelle parti, andò a trovare Esteban Trueba, suo vecchio amico. “Ma non abbiamo parlato di politica!” disse il sig. Bianchi all’incredulo pescivendolo che ascoltava il racconto strabuzzando gli occhi “guai a discorrerne con lui! Ha idee troppo all’antica!”.
Il sig. Bianchi era un uomo estremamente elegante. Si recava ogni venerdì dal suo sarto di fiducia, commissionandogli vestiti da fare rigorosamente con stoffe pregiate, che faceva venire apposta dall’Inghilterra o dal Galles.
“Dove andrà mai con quei vestiti!” si chiedeva tutto il vicinato quando lo vedeva rientrare a casa con l’ennesimo paletot sottobraccio.
Il sig. Rossi, da fine violoncellista, raccontava di sentire spesso echeggiare dalla casa del sig. Bianchi della musica classica e che una volta, rientrato a notte fonda dopo un concerto, gli parve di scorgere dalla finestra del primo piano l’ombra del sig. Bianchi che fluttuava a tempo di musica con addosso un lungo frac.
Quando il sig. Bianchi scomparve, era un giorno di pioggia. Nel quartiere si respirava una strana aria, triste e rarefatta. Da quel giorno più nessuno si mise a parlare tra il quarto ed il quinto gradino del primo piano, e più nessuno parlò al sig. Verdi della quadratura di un cerchio.
La sig.a Rosa, addolorata come se a morire fosse stato un suo caro, provò un ulteriore tuffo al cuore quando scoprì che il sig. Bianchi era totalmente solo. Né figli, né parenti, nessuno che potesse occuparsi del suo funerale, solo un lontano cugino americano che si premurò di contattare. “ Me ne occuperò io!” disse quella sera al marito, che trasalì lasciando cadere il giornale di giardinaggio che nascondeva sotto il Corriere.
Il giorno dei funerali partecipò tutto il quartiere. Il sig. Rossi per l’occasione volle dargli l’ultimo saluto suonando il suo violoncello, mentre la sig. Rosa fece addobbare la chiesa di peonie. Il pescivendolo, in suo onore, cucinò le triglie al cartoccio e le diede da mangiare a tutto il vicinato.
Alla fine della funzione, prima di salutare per l’ultima volta quel buffo ed eclettico vecchietto, il lontano cugino venuto apposta dall’America, prima di prendere nuovamente l’aereo, si intrattenne a parlare con quella colorata schiera di vicini di casa, desiderosi di conoscere qualcosa del passato del proprio amico. “Non lo sapete?” disse ai suoi ascoltatori increduli “il sig. Bianchi, da giovane, era un esploratore! E che esploratore! Giunse sino alle Cascate Vittoria per poi passare alle savane dello Zambia! Ed ebbe molte, molte avventure!”
Era difficile immaginare quel bianco e curvo signore in giro per la savana o a spasso nel deserto.
Si sposò molto giovane, ma la vita fu ingiusta con lui. La sua adorata moglie, a seguito di una brutta malattia, perse completamente l’uso della vista. Non avrebbe mai più potuto vedere il mondo e il sig. Bianchi, che il mondo tanto adorava, decise di privarsene a sua volta. Non viaggiò mai più ed i primi tempi furono molto duri. Ma la curiosità del sig. Bianchi era più forte di qualunque avversità. Fu allora che scoprì la lettura. Iniziò a comprare spasmodicamente libri, su libri, su libri, di qualunque genere, di qualunque autore. Tutte le sere, puntuale come un orologio svizzero, intorno alle otto e mezza, il sig. Bianchi si metteva di fianco il letto di sua moglie e cominciava a leggerle le storie più svariate. “Dove mi porti stasera?” chiedeva lei. “Dovunque tu voglia!” rispondeva lui.
Quando la moglie del sig. Bianchi morì, egli era ormai troppo vecchio e stanco per ritornare a viaggiare. “Quando gli chiesi se avesse mai avuto qualche rimorso” concluse il cugino americano “mi rispose: – sono più ricco adesso che in passato! Non avrei mai conosciuto Camelot, non mi sarei mai addormentato con i racconti di Sharazad, non avrei mai corso per le praterie con Hithcliff e non avrei mai discusso di filosofia con i Karamazov. Sai, vecchio mio, ora si che posso definirmi un viaggiatore!”.
Il sig. Bianchi era un tipo alquanto bizzarro, e ancora oggi che non abita più li, qualcuno è sicuro di vedere, nelle sere d’estate, un’ombra fluttuare a ritmo di musica con addosso un lungo frac.
Racconto molto carino sui libri, l’amore e l’ avventura.
Questo racconto mi è piaciuto molto. L’amore per la letteratura e l’amore per la vita emergono con dolcezza estrema. La scrittura è perfetta, elegante, puntuale; le frasi si intrecciano mirabilmente con i caratteri dei personaggi e il quadro che ne viene fuori è gustoso, godibilissimo. Mi sarebbe piaciuto avere un vicino come il Sig. Bianchi.
Grazie mille Matteo Tella per il commento!! Scusa il ritardo con cui rispondo, ma collegandomi con il cellulare avevo un pò di difficoltà! Le tue parole sono bellissime e mi hanno tanto lusingata ed emozionata!! Non potevo ricevere commento migliore!!! Grazie davvero!
Non preoccuparti Rossella Staine, l’importante è che hai letto il mio commento che confermo alla grande!!! Ancora complimenti!!