Racconti nella Rete 2009 “Perla” di Simona Rosati
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2009L’acqua della fontanella mi sta bagnando.
Mi bagna le labbra, il mento e scende sulla stoffa leggera della mia camicia di cotone, appiccicandosi a tratti sulle pelle.
Sono ancora chinato con la bocca aperta sullo schizzo che zampilla dalla cannula di bronzo quando mi arriva la voce lagnosa di un bambino.
– Quando si sbriga il signore? Quando si sbriga? Digli di fare presto…-
Mi sollevo subito, mi passo una mano sulla bocca per asciugarmi le labbra e sento il braccio del bambino urtare leggermente il mio mentre lui si appoggia con fare concitato al bordo della fontanella, si solleva sulle punte e spalanca la bocca sul getto dell’acqua.
Indietreggio, un po’impacciato e mi sento a disagio.
E mi accorgo degli occhi di lei: chiari, dalla forma allungata, leggermente divertiti e fissi sul mio volto.
Il disagio si trasforma immediatamente in fastidio e la voglia di allontanarmi in fretta prende il sopravvento.
Ma lei inaspettatamente mi rivolge la parola:
Ci deve scusare, sa…Ma il bambino è fissato con questa fontanella! Tutte le volte che passiamo di qua dobbiamo fermarci perché deve bere alla fontana, e questo sempre, d’estate,d’inverno.. Pensi che l’altro giorno, nel tentativo di fargli passare questo capriccio, sono passata qui davanti senza fermarmi. Ma non c’è stato niente da fare … si è messo a strillare e a piangere talmente forte che sono dovuta tornare indietro… –
Abbozzo un sorriso mentre gli occhi mi cadono sui riccioli biondi di lei.
Eppure l’acqua non gli piace affatto! A casa non vuole nemmeno avvicinarsi al rubinetto ed ogni mattina è una tragedia per farlo lavare.. Chissà cosa avrà questa fontana… –
E’ solo affascinato dalla magia di un gioco d’acqua ed è una cosa naturalissima alla sua età… – mi scappa detto e subito mi pento.
Non voglio mettermi a fare conversazione.
Desidero soltanto andarmene al più presto.
Sì, deve essere così…non avevo considerato la cosa sotto questo aspetto … –
Quanti anni ha suo figlio? – chiedo così, senza neanche rendermene conto e senza sapere perché, visto che non mi importa proprio niente di sapere l’età di quel ragazzino.
La risata forte di lei mi coglie di sorpresa.
No, non è mio figlio! Sono la sua babysitter! Mio Dio, non ci penso neanche ad avere un bambino , voglio dire non ora …-
Dico immediatamente:
Mi scusi, sa…non volevo…avevo solo pensato … vedendovi insieme…-
Non deve scusarsi di niente… Il suo pensiero è stato più che logico…Sono solo io che sono ancora refrattaria all’idea…diciamo che non mi sento ancora pronta anche se, voglio dire, non è una questione di età… ho già raggiunto di certo l’età per mettere al mondo dei figli…solo che ..è una bella responsabilità…ecco… ed io non me la sento ancora. E poi… bisogna essere in due… ed io non ho ancora trovato l’anima gemella. –
Sono colpito dalla vivacità espressiva dei suoi occhi e dalla sua cordialità.
E mi sento meno in imbarazzo.
Squilla un cellulare.
Ci metto un po’ a capire che è il mio.
Prendo il telefono e rispondo.
E’ mia madre.
Allora come va? Ti stai trovando bene? –
La sua voce è tutto un tremito.
Sì, sì, mamma… faccio del mio meglio. – rispondo.
Lei,la ragazza, mi sta guardando negli occhi ed io ricambio il suo sguardo e mi accorgo soltanto in questo momento che i suoi occhi sono di colore diverso: quello di destra è grigio verde, con striature nocciola dorato, quello di sinistra è completamente blu.
Sono affascinato perché è la prima volta che vedo una persona con gli occhi così.
Stai attento mi raccomando… Hai capito bene come funziona,vero? –
Mia madre è in apprensione. Poveretta, la capisco.
Tranquilla. Tutto bene.-
Infilo il cellulare nella tasca.
Il ragazzino ha smesso di bere e adesso si è messo a guardare.
A guardare la mia carrozzella.
La sta guardando con la curiosità tipica dei bambini: uno sfacciato stupore morboso che non riesco a sopportare.
La ragazza se ne accorge e cerca di distrarre il ragazzino:
Alessandro, forza, sei pronto per la gara coi gokart? – e poi dice rivolgendosi a
me:
Sa..ci sono le giostre qui vicino. –
No, non lo so che ci sono le giostre perché è il primo giorno che esco da sei mesi.
Ma non lo dico. Invece domando al ragazzino:
– Ti piace andare sui gokart? – e glielo chiedo perché non voglio che continui a guardare la mia carrozzella come sta facendo.
La guarda da tutte le parti.
Le ruote, il pedale del freno, i braccioli…
Non sopporto come sta guardando la mia carrozzella nuova di zecca.
Non lo sopporto perché così ritorna il rumore.
Il rumore del metallo.
Il rumore del metallo che mi entra dentro la carne.
Ho avuto un incidente stradale sei mesi fa. –
Dico di getto fissando la ragazza e mi pento immediatamente.
Perché? ?
Perché ho detto a questa ragazza dell’incidente? Maledetto incidente! Mi ha tolto le gambe, mi ha tolto! Che cosa potrà mai fregare a lei dell’incidente?
Adesso mi dirà le solite cose di circostanza, le solite cose che si dicono in questi frangenti. Parole stupide, vuote, banali. Parole odiose. Non voglio ascoltare non voglio ascoltare non voglio ascoltare…
E poi mi sorriderà. Sì certo mi sorriderà di uno di quei sorrisi umidi e pietosi.
Chi non sorriderebbe di un sorriso pietoso ad un ragazzo di ventotto anni che ha perso le gambe in un incidente?
Oddio! Oddio! Mi odio. Mi odio. Mi odio. Odio la vita. Odio QUESTA vita. Rivoglio la mia vita di prima. Non questa vita. Non Questa. Non Questa. Non Questa…
E invece…
Ho perso mio fratello di diciannove anni appena undici mesi fa.
In un incidente stradale.
Io lo so, si lo so, che tu ora non puoi rendertene conto, ma quello che sto per dirti non ti deve scandalizzare,né farti arrabbiare…
Tu …tu…
Tu…sei stato fortunato. A te è andata bene. Molto bene.
Tu puoi ancora assaporare tutti i piaceri della vita.
Si può vivere anche senza gambe. Hai conservato integralmente tutta la dignità di essere umano. Ed è questo che conta. Ed io sono sicura che un giorno lo capirai. Te lo leggo negli occhi..
Tace.
E non mi sorride.
Le sorrido io.
E non un è un sorriso pietoso, è il mio solito sorriso, lo riconosco.
Non mi sono ancora presentato – le dico. – Mi chiamo Dario. –
Piacere, io sono Perla. – mi risponde e stavolta mi sorride ed è un bel sorriso aperto. – E’ un nome buffo,vero? A scuola mi prendevano tutti in giro. “Perla non ha la perla! Perla non ha la perla! Perla non ha la perla!” una cantilena insopportabile-
Il ragazzino la tira per un braccio – Andiamo! Andiamo ai gokart! Ai gokart…-
Resto zitto anche se ho voglia di dirle che i suoi compagni hanno sbagliato tutto: non si sono mai accorti che è lei la perla. Una perla rara.
Il ragazzino continua imperterrito Andiamo! Andiamo ai gokart! Ai gokart…–
Perla si gira verso di lui.
E mentre riamane voltata verso quel marmocchio viziato mi sale addosso e di colpo la paura. Una paura tremenda che Perla se ne vada, si allontani con il bambino e sparisca dalla mia vista e dalla mia vita.
La mia vita.
QUESTA vita, sì, questa. La vita che fino ad un momento fa odiavo e che adesso, invece, per merito di chissà quale sortilegio, sento di voler vivere fino in fondo così com’è e come verrà.
E allora mi faccio coraggio e le dico:
– ..Perla..? –
– Sì…Dario? –
…
– Posso accompagnarvi ai gokart?.. –
Complimenti! Hai affrontato un tema difficile in modo leggero ma non superficiale. Mi è piaciuto tantissimo!
Credo che tu abbia raggiunto lo scopo che si prefiggeva Dario: un racconto toccante ma non pietoso.
Un quadretto prezioso da incorniciare. Una narrazione che non stanca anche grazie agli interventi “sinceri” del bambino e, soprattutto, alla realistica della telefonata della madre.
Complimenti ed in bocca al lupo.
Alessandro Colosimo (ZENONE)
Il racconto è costruito in modo esemplare…i fatti si svolgono nei tempi e modi giusti e la conclusione arriva come e quando deve arrivare. Un solo appunto (generale): noto che molte autrici raccontano in prima persona immedesimandosi nel maschio…perchè? Ma forse sono io che ho capito poco di certi racconti che ho letto…! Andrea Ercolini