Premio Racconti nella Rete 2013 “La vita è fatta di tanti ventinove” di Bettina Todisco
Categoria: Premio Racconti nella Rete 201329 luglio 2008
La vita è fatta di tanti ventinove. Giorni si intende. E oggi è uno di quelli. Ma è terribilmente triste per Bianca. Quello che si direbbe un giorno grigio, anche se è luglio e il sole accecante spinge a inforcare gli occhiali da sole per smorzarne le lame di luce.
Ventinove. Ventinove… continua a ripetere mentalmente Bianca. Le sono sempre piaciuti i numeri primi. E ventinove è uno di quelli. Ma non le piace che indichi il giorno dell’addio. Un addio lavorativo, e perchè mai dovrebbe ferirla? Il suo capo se ne va. Se ne sta andando. Lascia l’incarico per altri lidi, ai quali lei non avrà accesso.
Per non piangere pensa al numero primo ventinove. E’ la somma di tre quadrati: due, tre e quattro. E poi, lei lo sa bene, è la somma di due numeri primi. Ma nel frattempo una lacrima le riga la guancia sinistra. Abbronzata, vista la stagione. E lei indispettita la asciuga con il dorso della mano destra. Sa fin troppo bene che la sua emotività non le permette di trattenere le lacrime.
Meglio allora continuare a volgere il pensiero al ventinove. Lo ricorda come numero atomico del rame. Ma la chimica al liceo no, non le era mai piaciuta. Il prof. sì, un don abbondio di campagna, la apprezzava molto, non solo la chimica anche Bianca, e molto la elogiava come studente modello. E allora Bianca, lusingata, ricambiava quella stima.
Lui era il suo prof. di scienze per tutti gli anni del liceo. E lo ricordava ancora, a distanza di trent’anni, mentre dalla cattedra spiegava il corpo umano e poi le ossa del cranio umano. In tutto, ventinove.
Un numero davvero speciale, il decimo numero primo, dopo il ventitré e prima del trentuno. Che nella Smorfia rappresenta il padre dei bambini, in altre parole il pene. Strana analogia, aveva pensato Bianca, un po’ tutta napoletana. Almeno così le pareva. A Napoli c’era andata un giorno solo e di passaggio e quello che sapeva dei napoletani era attraverso i racconti di Nicola, il bel Nicola dai nobili natali e dagli occhi guizzanti intelligenza con il quale amava discorrere di filosofia e matematica e vita. Un rapporto cerebrale il loro che non era stato capace di trasformarsi in altro, tanto appagante era l’incontro di quei due intelletti che magicamente si compenetravano.
Lo stesso incontro d’intelletti che era avvenuto con quell’uomo: l’uomo dell’addio. Il suo capo. Un top manager di grande stile manageriale e affabilità. Profondamente arguto e dallo sguardo sornione. Avevano subito legato sin dal suo arrivo nell’azienda partecipata dalla Regione, cui erano seguiti tre anni di collaborazione a fianco a fianco. Lui il direttore. Lei la sua assistente. Tre anni scivolati via. Intensi. Faticosi. A volte duri, duri davvero, quando lui arrabbiato, o peggio imbufalito, era capace di aggredirla, perché verso qualcuno doveva pur sfogare la sua ira, montata così in fretta da non crederci. Ma aveva imparato a conoscerlo. Ad anticiparlo. A prevederne le mosse. Conosceva il suo passo. I tic impercettibili, ma non ai suoi occhi.
Quando dopo un’intensa giornata di lavoro lui si allungava sulla poltrona di pelle nera alla sua scrivania e avvolgeva le braccia intorno alla testa, lei sapeva che quello era il momento di un breve relax nel quale avrebbero potuto scambiarsi opinioni di libri letti e film visti e perchè no di viaggi da fare e di mondi da conoscere. Un gioco quel relax che era sempre lui, e solo lui, a condurre, decidendone i tempi di attacco e di sospensione e dettando le regole che avrebbero portato alla conclusione di quel fugace gioco chiamato relax.
Ora l’ufficio del direttore era vuoto. Di carte di piante e della sua presenza. Lui l’aveva salutata invitandola a non essere triste, mentre le lacrime scivolavano numerose sul viso di Bianca. Le aveva offerto anche un fazzoletto di carta e a Bianca per un fugace istante la situazione era parsa davvero buffa. Ma commuoversi era più forte di lei e andava aldilà della più remota possibilità.
Poi lui era uscito fiero, orgoglioso nonostante l’apparente sconfitta e pronto ad altri incarichi di nomina politica.
Si erano conosciuti tre anni prima, il 22 settembre di un anno non bisestile.
Racconto ben scritto, che si gioca sui numeri e su un legame spezzato. Molto particolare.