Premio Racconti nella Rete 2013 “Non avere paura di avere coraggio” di Valeria Emmi
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2013La spiaggia era ormai quasi deserta a quell’ora di pomeriggio di inizio estate. Era da sempre quello il momento che amava di più della giornata, quando il sole incendia l’amico vulcano con il suo rosso tramonto, il mare ritrova pace in una lenta danza eterna di dolci spume rosate e i gabbiani, con il loro antico canto, rivendicano il possesso del mare. Ogni tanto guardando bene si vedono saltare ripetutamente i pesci fuori dall’acqua, si era sempre chiesta se quei salti non fossero per caso un desiderio dei pesci di guardare al mondo fuori dall’acqua, se per caso anche i pesci fossero soggetti a sensazioni di claustrofobico soffocamento e quindi saltassero fuori dall’acqua per prendere una bella seppur fugace boccata d’aria…che pazza che era a volte…che pazzi pensieri le commissariavano il cervello.
Le piaceva osservare il mondo intorno a lei a quell’ora del pomeriggio, le piaceva ascoltare il mondo e sentirsi un tutt’uno con quei colori con quei suoni con quelle vibrazioni. Amava ad esempio il vociare dei ragazzi che si attardavano con una partita a calcio, aveva osservato nei decenni generazioni di ragazzi giocare a calcio in spiaggia, aveva adorato osservare la gioia di vivere che da loro si spandeva fin sulle onde e gaia restituiva vita a chiunque fosse capace di rallegrarsi di quello spettacolo gentilmente e gratuitamente offerto.
Tutto si amalgamava: suoni, colori, odori, e tutto, perfettamente accordato da una mano sapiente nel suo saper essere semplice, entrava in risonanza con la sua anima che grata si perdeva in tutta quella bellezza.
Per anni si era solo persa in tutta quella bellezza, e quando il sole quietava il suo ardore e la notte rivendicava il possesso di tutto quel mondo, lei tornava a sentirsi smarrita. Per molti, molti anni aveva avvertito solo il disagio di quello smarrimento, poi i suoi riflettori interni si erano accesi senza preavviso, che maleducati erano stati…, e tutto il disagio, tutto il vuoto che non riusciva a colmare le si era innalzato davanti e, mamma mia che gigante, aveva cominciato a schiacciarla con brutale, prepotente, soddisfatta violenza.
E ora si trovava li ed aveva paura, quanta, quanta paura aveva, quanto si sentiva piccola e smarrita e fallita e sola. Ma sapeva che era necessario vivere quel terrore. La tormentavano le parole scritte sullo striscione che per caso aveva notato affisso su una curva della circonvallazione: “NON AVER PAURA DI AVERE CORAGGIO”. Wow, che illuminazione, si si, grande illuminazione, si era subito chiesta: “ma coraggio per fare cosa?”. Coraggio di guardarsi dentro? Ed una volta fatto? Coraggio di affrontare i propri fantasmi? Coraggio di affermarsi per ciò che si è veramente, per ciò che si desidera veramente anche se questo significa distruggere gran parte di quanto costruito fino a quel momento? Mamma mia…allora si, ci vuole coraggio, davvero un grande coraggio pensò.
Risposte, cercava risposte su tutto e cercava risposte sull’amore. Si chiedeva se esisteva un amore in senso assoluto, un amore “convalidato”, riproducibile nel tempo e nei miliardi di persone che popolano questo mondo. Si chiedeva se si può imparare ad amare e se l’amore basta a se stesso. Le risuonavano le parole della poesia di Neruda:
Se saprai starmi vicino,
e potremo essere diversi,
se il sole illuminerà entrambi
senza che le nostre ombre si sovrappongano,
se riusciremo ad essere “noi” in mezzo al mondo
e insieme al mondo, piangere, ridere, vivere.
Se ogni giorno sarà scoprire quello che siamo
e non il ricordo di come eravamo,
se sapremo darci l’un l’altro
senza sapere chi sarà il primo e chi l’ultimo
se il tuo corpo canterà con il mio perchè insieme è gioia…
Allora sarà amore
e non sarà stato vano aspettarsi tanto.
Aveva chiuso gli occhi ed aveva avvertito accanto a lei una presenza. Aveva aperto gli occhi e aveva visto seduto accanto a lei un anziano pescatore che generosamente e senza che lei avesse chiesto le aveva cominciato a raccontare la sua luminosa vita e la sua storia d’amore con la donna che amica, compagna, amante, aveva contribuito a rendere la sua vita un tesoro da donare a chiunque fosse capace di percepirlo come tale.
Le aveva raccontato della bruciante passione che li aveva uniti dal giorno in cui i loro occhi avevano cominciato a parlarsi, le aveva raccontato del fuoco che a lungo li aveva bruciati, ma che non li aveva consumati. Le aveva raccontato di quanto, giorno dopo giorno, lui aveva imparato ad amarla, aveva imparato ad amare la passione che metteva nelle cose e la forza delle sue idee, il suo sguardo sul mondo, le sue parole, il calore e l’energia e la gioia di vivere che giornalmente gli donava, la sua capacità di essergli amica di essere sempre stata capace di fargli esprimere i suoi pensieri, le sue idee, i suoi desideri più futili ed i suoi bisogni più grandi, la sua capacità di sfidarla e spronarla e criticarla ma sempre con dolcezza ed empatia, le espressioni del suo volto, il suono della sua voce, le sue mani sempre capaci di curare. Aveva imparato ad amarla, ad accoglierla nella sua vita e con lei aveva condiviso la bruciante passione dello sfolgorante primo tratto di strada, con lei aveva festeggiato i reciproci successi e con lei avevo pianto i reciproci fallimenti e con lei aveva condiviso il lento scorrere delle ore nei giorni di bonaccia ed il pericoloso ruzzolare delle ore nei giorni di tempesta. Aveva imparato ad accettare le sue miserie, il suo a tratti infantile edonismo, le sue insicurezze, le sue paure. Aveva imparato ad accettare le scelte che non condivideva, aveva imparato a rispettare i suoi tempi. Avevano entrambi accettato di vedere trasformare il fuoco della passione iniziale in confortevole fiammella che mai però si era spenta e che ancora gli restituiva gioia nel canto dei loro corpi. Avevano imparato a portarsi dentro anche quando per lunghi periodi la vita li avevi separati e sempre si erano ritrovati e sempre si portavano dentro.
Erano stati illuminati dallo stesso sole e lo stesso sole avevano riflesso senza però far mai sovrapporre le loro ombre, avevano imparato a rispettarsi nel loro essere simili e diversi, nel loro essere singolarmente “Lui”, “Lei” e nel loro essere “Noi”.
Si , le aveva risposto il pescatore, si impara ad amare e No, l’amore non basta a se stesso. L’amore lo devi sentire dentro, ma devi avere il coraggio di nutrirlo con la comprensione dell’altro, il rispetto dell’altro, l’accoglienza dell’altro così com’è. L’amore non è universale, se hai coraggio, se hai la forza impari ad amare la persona che più si avvicina all’immagine che hai dell’amore, all’immagine che porti dentro di te dell’amore, alla persona che è capace di farsi illuminare dallo stesso sole che illumina te e che in parte riesce a rifletterlo in modo simile senza mai pretendere che la sua ombra si sovrapponga alla tua.
Poi si era assopito. Con il viso pago e sorridente illuminato dal generoso sole di quel pomeriggio di inizio estate. Lei lo aveva osservato a lungo, e aveva provato una fitta d’invidia per un uomo ed una donna che con coraggio avevano fatto del loro amore un tesoro da donare al mondo.
Poi arrivò la donna: bianca, dritta delicata figura, camminava con passo lento verso l’uomo addormentato. Si sedette accanto a lui, gli accarezzò il viso e lui si svegliò e rimasero a guardarsi sorridendo complici.
Lei rimase lì silenziosa ad osservarli, ad osservare il sorriso che quell’uomo e quella donna si erano donati, ad osservare la forza di quello sguardo e si chiese se era davvero possibile non aver paura di avere coraggio, se davvero esisteva per lei un amore da imparare e far crescere giorno dopo giorno.
Bel racconto che riflette, fa riflettere e accende una speranza.
Mi ha ricordato una canzone, sia per l’ambientazione che per i contenuti, si chiama The Fisherman Song ed è della band Mae.
Complimenti!
Ilenia