Premio Racconti nella Rete 2013 “Il diario segreto di Nicolas” di Emma Viviani
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2013A volte ho la sensazione che le cose siano lì, pronte per essere colte, come accade quando raccogliamo la frutta da un albero, poi invece mi accorgo che non è così semplice, perché le cose ci sono, è vero, sono lì, ma qualche cosa mi impedisce di prenderle. Come se fossero racchiuse in scatole di cristallo e nonostante allunghi la mano per afferrarle, non mi è possibile farlo, perché essa mi scivola. Sembra che un grande mago si sia divertito a racchiuderle dentro e solo chi avrà dimostrato una grande abilità nel corso della sua esistenza, le potrà afferrare, ma solo dopo avervi tenuto fede con tanta lucidità e pazienza.Poi ci sono quelli che le afferrano subito, ma è un’altra cosa, perché essi hanno, come si dice “la vita facile”.Invece io sono convinto che la vita facile non renda felici. Mi chiamo Nicolas, ho dodici anni, e credo che il bello della vita sia guadagnarsela, giorno dopo giorno e imparare sin da piccoli che esistono scatole di cristallo sigillate, dove dentro ci sono cose bellissime che aspettano di essere prese, ma solo dopo aver superato tutte le prove più dure della vita.Anche stamani poteva andarmi bene e prendere un bel voto, invece, sono stato bloccato dalla mia solita ansia, e nonostante vedessi la mia mano tesa a prendere un otto, questo non si è fatto acchiappare e ancora una volta ha vinto la mia incapacità, la mia paura, la mia timidezza. Marusca l’ha avuta vinta anche questa volta! E come dire che avevo studiato, che ero preparato, che sapevo la lezione? Quando mi guardava, mi sentivo struggere dentro e svuotato di ogni contenuto, mi lasciavo inghiottire piano, piano da lei in quei lunghi attimi di silenzio, finché non aveva finito di divorarmi tutto. Infine il suo sguardo soddisfatto rivolto verso la classe, confermava che aveva vinto, e io agli occhi di tutti, ero di nuovo quell’incapace di sempre, quel perdente senza rimedio.Ogni volta torno a casa con l’amaro in bocca, per una sconfitta immeritata, ma impossibile da dimostrare ai miei, perché le cose mettono in evidenza la mia incapacità. Come si può dimostrare ciò che non si vede o si sente solo dentro noi stessi? Nei lunghi attimi di silenzio tra me e la prof. Marusca, avvertivo un Nicolas combattente, che con la spada cercava di annientare il dragone, ma poi …proprio come nel giochino della Playstation o di Xbox …si può anche morire e può vincere il nemico, e a me è andata così. Ma nel gioco ti viene data un’altra vita…invece in quella reale, ne hai una sola e va saputa usare bene! Il dragone è sempre pronto ad inghiottirti, ma ogni volta la sua ferocia ti fa paura, così come gli occhi di Marusca, e per me diviene difficile sconfiggere la paura e il dragone. “Nicolas chiudi la luce e vai a dormire, se no domani rifarai una bella figura con la tua insegnante!” “Sì, mamma.” Ecco, quello che ho appena scritto. Anche la mamma è dalla parte del dragone, anche se non sa di esserlo. Ma le parole di Marusca sono più forti delle mie e suonano più chiare rispetto alle emozioni e al mio stato d’animo. Quando torno a casa e racconto le mie difficoltà, la cosa si esaurisce con un semplice “studia di più e vedrai che ti passano le emozioni.”
Neanche la tua famiglia, le persone che ti circondano si fermano a capire il perché di queste brutte cose e se mai una volta potessi avere ragione io, invece di Marusca. A nessuno viene il dubbio. Anzi, se ne parlo, divengo lo zimbello della famiglia, anche perché sono il più piccolo. E’ come se gli altri avessero già superato i loro problemi. Ma non è così. Loro si accontentano anche della loro vita sgangherata: la mamma è una casalinga, per niente soddisfatta, Concetta, mia sorella, dopo aver ripetuto due volte la terza media, ha finito per fare la scuola di estetista e ora se la intende con Valentino, che meglio perderlo che incontrarlo, papà porta in giro le mozzarelle che la zia gli procura a Napoli e sta fuori dalla mattina alla sera per guadagnare poche lire …insomma, io non voglio fare la loro fine, io …quelle cose racchiuse nel cristallo me le voglio prendere o per lo meno voglio provarci. Voglio prendermi la mia vita!Mi devo sbrigare prima che la mamma venga qui, non voglio che sappia del mio diario segreto. Si metterebbero a ridere tutti e verrei bollato come una donnicciuola piagnucolosa e di altri tempi.Meglio spegnere il pc, e mi sbrighi a trovare una password, meglio se è difficile, perché la ficcanaso di mia sorella, entra sempre in camera mia e chissà quello che armeggia pur di scoprire qualche cosa di me e i miei problemi.Vediamo che password dare, mmm, mmm… proviamo la mia data di nascita …no, no, troppo facile …la città natale…Salerno98…no, macché, lo scopre sicuramente …Accidenti! Se arriva è finita …sento già i passi … veloce Nicolas, veloce.. Sì, ci sono:“ascuoladialdo, nessuno potrà trovarla.” Lui è l’unico che mi capisce e con lui la scuola diventa bellissima, anche se la gente pensa che sia un vecchio pensionato, insignificante … lui è l’unico che mi comprende e che mi può aiutare a prendere le cose bellissime che mi appartengono!Ora clicco qui. E’ fatta. Il mio diario è al sicuro. Ogni giovedì mi reco da lui e con le mani incrociate sotto il mento e gli occhi sgranati lo ascolto con attenzione. Non voglio che mi sfugga niente di ciò che mi dice. In quel momento ho la sensazione che il mondo sia lì in quella stanza, dove Canna bianca – così mi piace chiamarlo – visto i suoi capelli bianchi, mi parla e mi affascina sempre come fossi davanti ad un’immensa biblioteca, dove posso attingere saperi di ogni tipo, volumi grandi, piccoli, libri polverosi e di tutti i colori, e avere risposta a qualunque interrogativo.In quell’oretta che passo con lui il mondo mi sembra facile e mi sento forte, capace di tutto, mi sento compreso e apprezzato, intelligente e con un bel futuro davanti a me. Non so cosa abbia di straordinario, ma quel che so che dopo essere stato da lui, torno a casa felice.Ogni giovedì mi reco là da Aldo, anzi da Canna, in quel garage dove lui ha sempre qualche cosa da fare; lo trovo sempre intento a fare qualche cosa, e con quegli strani occhialetti sul naso e lo sguardo sereno e dolce, mi appare come una figura straordinaria e penso che prima o poi qualcuno si dovrà accorgere di lui e della sua genialità. Forse anche lui non ha ancora raggiunto le scatole di cristallo dove vi sono racchiuse le sue cose bellissime!Non ho mai capito di che cosa si occupi o meglio si occupasse, visto che ormai ottantenne sarà un pensionato. Ma l’immagine che ho di lui non regge al pensiero comune di un uomo che va in pensione. Anzi, uno come lui non poteva essere un lavoratore comune, forse lavorava da qualche parte per tirare a campare, come si dice, ma secondo me è un genio, uno scienziato di qualche cosa misteriosa, che il suo garage pieno di fili elettrici e bobine strane, racchiude misteriosamente.E’ un appuntamento, quello del giovedì, a cui non mancherei per nessuna ragione al mondo, perché ogni volta, Canna bianca mi racconta cose che per me sono cariche di fascino e riguardano la sua vita, avventurosa e ricca di emozioni, ma profondamente difficile. Guerre, viaggi d’oltreoceano, miseria, fame, ma il tutto sapientemente colorato di gioia di vivere e emozioni.Lui a differenza degli altri anziani o nonni non racconta le solite cose, ripetendosi e annoiando chiunque ascolti; lui ogni volta, oltre ad una vivace e divertente narrazione, offre uno spunto di insegnamento e così io imparo sempre qualche cosa di nuovo, divertendomi.Poi le cose mi interessano talmente tanto che a volte la sera mi diverto sul web a cercare di approfondirle: il periodo in cui c’era la guerra, lo sbarco degli americani… Lui dice sempre di gettare via le scatole e mirare ai contenuti delle cose, alle emozioni che esse ci danno! E così per lui non esistono le date, o tutto quello che in genere viene incasellato, proprio quelle cose per cui spesso prendo dei votacci a storia e quelle maledette date che non riesco mai a stamparmi in mente.
Invece con lui accade il contrario, sono io che ho bisogno di cercare le date e dopo non me le dimentico più, anzi le custodisco gelosamente dentro di me, perché mi ricordano un avvenimento che Canna ha vissuto per davvero.I miei amici non mi cercano più il giovedì per andare a giocare alla play con loro, perché sanno dell’appuntamento che ho con Canna. Poi la sera mi cercano sulla web-cam perché vogliono sapere ciò che Canna mi ha raccontato e spesso mi invitano a fargli alcune domande, tipo:“Cosa si prova sotto le bombe, quando ti sfiorano a malapena e avverti il senso di morte?” Loro trovano tutto quanto affascinante. Spesso i miei amici attribuiscono un ‘dark’ alla narrazione di Canna, che per certi versi mi disturba, ma che comprendo perché in fondo l’emozione più forte che Canna trasmette nel suo racconto è quella del vivere e sopravvivere in momenti di guerra e dove la vita e la morte sono talmente unite da non lasciare posto ad altra sensazione se non a quella di una lotta per la sopravvivenza. Ma Canna ne parla mettendo in evidenzia l’ansia del poter morire, invece i miei amici, al contrario, l’ansia del sopravvivere. Quando racconto queste cose a Canna, lui mi sorride e dice che sono altri tempi e chi non si è sentito fischiare una bomba accanto non può capire dentro di sé quanto sia importante la vita. Dunque per me questi incontri sono delle vere lezioni, come quelle che si imparano a scuola, anzi ancora più importanti, perché ogni volta che mi congedo da lui, ho la sensazione di non volermi allontanare da quell’uomo che oltre ad insegnare, mi trasmette fiducia e mi fa sentire importante agli occhi del mondo facendomi ritrovare il senso della vita.
Trovo che nella semplicità delle richieste in qualsiasi modo avanzate a pieno titolo da un qualsiasi bambino che si interroga affannato dai singhiozzi delle sue esperienze e dalla fame di ossigeno per le assenze di chi manca e dovrebbe poterci essere, nella sua presente e tenace fiducia, che diventa anche capacità di intercettare protezioni, si possa e debba riconoscere quanto e quale riempimento dovremmo mettere nelle scatole da dover consegnare ad ogni nostro vicino essere vivente, per nutrirlo e nutrirci di lui, incartandoci di meravigliosi fogli luminosi che renderanno noi, abbigliati preziosamente, e ancor più preziosa la sorpresa da offrire e da scoprire.
Il solitario, tenue messaggio di questo delicato ragazzino….che ci arriva incantevole!
è sempre bello leggere i commenti della Fagnanski. è una innamorata della Parola e che Dio ce la conservi! si veda, la nostra classe a Milano è fatta di imbecilli (e dovremmo occuparci di mistica ebraica!). spesso chiediamo al Rabbi come poter fare innamorare una donna: andando bendati in monociclo? attraversando con il rosso? con regali? uccidendo i rivali con una sciabola? pagando un mediatore? dice il Rabbi: “Con le parole. E sapete perchè? Perchè la donna è la Regina del Silenzio. Ogni uomo è anche l’intero mondo e la donna lo porta nel suo corpo per nove mesi, nell’assoluto silenzio, Regina di quel silenzio. Per questo ama così tanto le parole. Sempre che non sia il vostro biascicare del cazzo.” (*) 🙂 CEMF (*) a questo proposito vorrei citare Canetti che descrive il suo ricordare l’adorata madre, ora morta : “Lui la va a prendere con le parole e solo allora lei non lo più lasciare.”