Racconti nella Rete 2009 “Lo specchio” di Manuel Esposito
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2009E’ in piedi rigido e teso, le nervature corporee riaffiorano in ogni punto della sua muscolatura pulsante ed emanante inflessibilità, come se fosse un palo di legno del noce più ottimale che un falegname possa trovare in circolazione.
Sorretto sulle sue gambe tremanti dalla troppa tensione, esse non la reggono tutta quell’ austerità fisica ed infatti vacillano, ma lui non sembra accorgersene è immobile con la testa e lo sguardo, sta fissando la sua immagine riflessa nello specchio davanti ai suoi occhi.
Sono occhi terrificanti, aperti innaturalmente, le cui piccolissime vene sono rosse come il fuoco e contornano quelle pupille nere come la morte, dilatate ed inquietanti. Il suo sguardo rappresentante l’ ira funesta per una vita insoddisfatta e arginata in una posizione sociale da lui odiata, rispecchia il suo stato d’ animo ombroso e depresso, il problema qual’ è? Che tutto ciò è figurativamente espresso nello specchio, quindi lui lo vede e può constatare la rovina del suo spirito e del suo corpo. Una pancia enorme sovrastata da un petto flaccido e peloso fino all’ inverosimile, una barba folta che manifesta la sua trascuratezza, i capelli che ormai lo stanno abbandonando.
Questa visione lo deprime sempre più, sta cominciando gradualmente ad odiarsi, non riesce a capire come ha fatto a ridursi così, l’ odio verso se stesso aumenta ed assieme a esso aumenta pure una rabbia spasmodica. Inizia lentamente ad ansimare, fa grandi respiri, vani tentativi di placarsi, espira ed inspira sempre più veloce e platealmente, spalancando la bocca, come per trarne sollievo da questo comportamento, l’ agitazione sale, l’ immagine di se lo disgusta sempre di più, lo sguardo si fa sempre più adirato ed infuocato.
Sputa sullo specchio, questo gli crea un gusto macabro e piacevole, la respirazione è divenuta talmente veloce da emettere una specie di rantolo. Il suo pensiero oltre concernere il fattore estetico, ricade soprattutto sulla sua vita, il suo lavoro che lui non sopporta più, lui non era nato per fare l’ impiegato alle poste, il suo scopo non era quello di gestire delle fottute lettere per delle fottute persone. In gioventù aspirava a molto di più, era al quarto anno di lettere ed aveva una splendida fidanzata, la quale però rimase incinta prematuramente.
Un figlio in genere è una benedizione, ma in questo caso per lui fu una condanna, dovette smettere l’ università per trovare un lavoro, dovette rinunciare ai suoi sogni per una distrazione sessuale, per una questione di tempismo. Il suo lavoro anno dopo anno lo opprimeva sempre di più, conteneva la sua arte, la sua libertà emotiva. Dato che anche conversare può essere un arte, di conseguenza parlare con persone differenti continuamente poteva essere stimolante, ma non in quel maledetto ambito, li le parole divenivano le stesse ogni giorno alla solita ora. Era diventato come una macchina creata per uno scopo, ma priva di idee proprie, nonostante i suoi vent’ anni di ottimo e fedele lavoro, non ottenne mai una gratifica.
“Dunque sono questo io?” pensava il suo cervello pronto al tracollo “un lurido grassone, non più attraente nemmeno alla monotonia coniugale, un semplice impiegato, una cosiddetta nullità, che cazzo vivo a fare se sono una nullità?”. Agita il pugno in alto verso lo specchio, lo avvicina tremante al vetro che riflette la sua faccia ormai deformata dall’ inquietudine, digrigna i denti sbuffando “guardati! Fai schifo, non vali nulla, si! Sei il nulla esistenziale”. La rabbia ormai era diventata ferocia verso la sua persona, provava una ripugnanza verso la sua figura che lo portava a spalancare le braccia con i pugni chiusi e trepidanti. In viso aveva assunto un’ espressione diabolica, che in quella penombra del bagno illuminato solamente dalla lucina fosforescente sopra lo specchio emanava un aspetto più che grottesco. “Basta è l’ ora di finirla, se non posso mutare tutto questo obbrobrio, la finirò qui e tutto ciò che fa parte di esso verrà giù con me!” inizia ad urlare smodatamente:
-Uaaahhhhh! Uaaaaahhhh! Uaaaaahhhh!-
Nell’ urlare prova sempre più piacere ed odio, essi sono direttamente proporzionali, ogni grido è una liberazione dai suoi mali, ma quell’ immagine nello specchio continua a ripugnarlo, così che lancia una testata contro di esso distruggendolo in mille pezzi.
La respirazione diminuisce lentamente, ma egli ha trovato un gusto immane nel disintegrare se stesso e lo specchio, nel suo volto ci cela un sorriso maligno, quando si volta verso la porta trova sua moglie e suo figlio abbracciati che lo osservano terrorizzati. Non hanno il coraggio di pronunciare una parola, la sua testa è letteralmente ricoperta di sangue, il liquido rosso gli cola fino alle labbra, egli lo assapora compiaciuto. Gli altri due credono che il diavolo si sia impossessato del loro capofamiglia, sono come pietrificati, la loro pelle ha assunto un colore quasi giallo, il loro occhi sono sbarrati come se cercassero di penetrargli l’ anima per capire cosa fosse accaduto.
Alla loro vista lui sorride demoniacamente, inclina la testa verso destra e rimane immobile, gode nel vedere il terrore nei loro occhi, dopo di che si china per afferrare il frammento più grande di vetro da terra, loro osservano ogni suo movimento in preda ad un turbamento encomiabile.
Brandisce la lama verso l’ alto, come in procinto di colpire il figlio, quest’ ultimo inizia a piangere:
-Papà!! Ma cosa vuoi fare?!-
-Giacomo!!- Grida la moglie disperata – Ma sei impazzito!!- Giacomo la osserva quasi sbigottito, come per dire “ma non è abbastanza evidente”, poi elargisce un sorriso ancor più lugubre e con un tono di voce rauco e tagliente:
– Certo cara mia, il delirio ha pervaso la mia anima fino ad ora ingabbiata in questa lurida società, non valevo nulla fino adesso, ma ora mi sento finalmente libero, libero e potente, ho il potere supremo qui nella mia mano sai cara?!-
-E…. quale… sarebbe.. questo potere?- dice lei con voce balbuziente e tremolante, Giacomo ride fragorosamente, ma è una risata isterica in preda al tracollo nervoso, il viso infatti assume sempre più una connotazione irregolare, gli occhi hanno un apertura spaventosa. Ma dentro di se adesso lui si sente forte come non lo è stato mai e quel pezzo di vetro che incute terrore ai suoi familiari lo fa sentire onnipotente.
– Vuoi sapere qual’ è il potere supremo cara?!!- dice lui con una tonalità adirata- Dio crea l’ uomo quindi per questo dona la vita, la donna è il suo mezzo per far si che ciò accada, ma noi poveri uomini cosa facciamo oltre che spargere il nostro lurido seme, è? Dimmelo tu Francesco visto che studi quella futilità chiamata scienze delle comunicazioni?!- alzando la voce fino ad urlare- Dimmelo tu qual’ è il potere dell’ uomo, il potere supremo?! Forza dimmelo!!- il figlio trema e piange, ma riesce nonostante la situazione ai limiti dell’ umano a rispondere:
– Il potere supremo…. è la vita, poter vivere la vita come vogliamo..-
– Nooooohhh!- grida il padre scatenando il pandemonio – non hai capito un cazzo in venti anni di vita, non solo non vali nulla, ma hai reso con la tua nascita una nullità anche me, almeno tu avessi capito qualcosa, ma certo se studi in una facoltà schiava della mediazione cosa puoi imparare ed io anche che ti ho detto fai ciò che vuoi- il silenzio piomba immediatamente nella casa, Francesco e la madre si osservano enigmatici cercando di capire come agire, ma Giacomo si accorge di ciò:
-A che cosa state pensando?- dice più pacatamente, ma sempre con quell’ espressione traumatica e con la lama in mano- Come vi dicevo prima il potere supremo dell’ uomo concerne sempre la donazione, ma non di vita, non d’ amore, non di felicità, queste possono essere importanti, ma sono secondarie. Il vero potere consiste nel donare la morte- il timore che prima aleggiava nella stanza dopo queste parole era divenuto puro sgomento- Quando noi ci chiediamo cosa sia la morte, sbagliamo l’ impostazione del quesito, non dobbiamo chiedere cos’ è la morte? Ma chi è la morte? Ebbene la morte siamo noi, essa alberga nella nostra anima fino a che nei casi deliranti non fuoriesce totalmente, con essa sfidiamo anche Dio, il suo disegno, la sua onnipotenza viene messa in discussione, perché siamo noi e non lui a decidere il termine della vita di un uomo, di un animale, di un pensiero, di un idea, di tutto il globo se vogliamo. Quindi lui da il via e noi decidiamo la fine- non vola nemmeno una mosca in quell’ aria di tensione cosmica che si è creata, Francesco accortosi che ciò che diceva il padre era quello che aveva letto nei suoi scritti, decide di azzardare un tentativo di recupero, anche perché nell’ esporre la sua teoria Giacomo aveva assunto un aspetto più umano.
-Papà, io so cosa vuoi dire ed è una teoria giusta ed intelligente, ma proprio perché tu un tempo passionalmente scrivevi tali teorie, ti sei fermato e ti sei lasciato inglobare dal tuo maledetto lavoro…- a quelle parole l’ agitazione ritornava in Giacomo, fremente e scalpitante di fare del male lancia uno schiaffo al figlio, scaraventandolo per terra, la madre si scaglia su di lui, ma anche per lei viene riserbato lo stesso trattamento.
Decide a causa della sfrontatezza del figlio, che il pezzo di specchio non faceva abbastanza paura, così a passo svelto si dirige in cucina prendendo la mannaia, essa emana nel suo corpo una vibrazione orgasmica che sale e sale fino al godimento puro.
“E’ arrivato il momento di vedere che si prova a morire, visto che è tanto che non provo emozioni forti o forse non le ho mai provate” si comportava come un bambino con in mano il giocattolo tanto atteso, venerava quell’ oggetto come se fosse un dono di Dio “ Si è un dono di Dio, egli mi ha creato per donare il suo frutto nero, la morte; soltanto l’ idea mi crea uno sconquasso emotivo molto gradevole”.
Inizialmente decide di contemplare il crescente panico del figlio, graffiandolo delicatamente con la mannaia sul braccio destro, il dolore di esso lo esaltava sempre di più “ adesso ho il potere supremo, deciderò della sua vita come gli ho dato inizio gli darò fine, si! Sono io Dio, posso uccidere una creatura da me creata ed un’ altra da me amata, donerò a loro l’ aldilà”pensato ciò accetta completamente il braccio del figlio, Francesco grida pazzamente, il sangue schizza ovunque inondando la faccia di Giacomo, l’ euforia mista a godimento si eleva al massimo, la visione, l’ udito ed il gusto del sangue creano in lui sensazioni spasmodiche mai avute. Sa che sta rovinando tutta la sua vita, ma per un minuto di puro orgasmo vitale, di un benessere mai avuto, decide di abbandonarsi e lasciar vincere la follia goduriosa ad una razionalità carceratrice d’ emozioni. Il suo viso ormai è quello di Satana, il figlio completamente a pezzi esala l’ ultimo respiro in una pozza di sangue cupo e denso. La moglie disperata:
-Nooooo! Sei un maledetto bastardo- le lacrime ricoprono il suo viso aggrottato dal dolore –ma ti rendi conto di quello che hai fatto- si inginocchia ed inizia a pregare il “padre nostro”, lui le da uno schiaffo violentissimo sul volto, si rimpettisce tutto glorioso e virtuoso, ormai vive mentalmente in un altro stadio, come se tutto ciò fosse un gioco e poi con voce lenta e imperativa:
– E’ qui che ti sbagli amore mio caro! E’ inutile che preghi, questa è la constatazione non che Dio non esiste, ma che non ha potere su di noi, non decide il nostro destino, non credo che il suo destino prevedesse la morte di Francesco per mano mia, invece l’ ho disintegrato io il destino- una risata altisonante e plateale- ho sorpreso i suoi progetti rendendoli vani come lo erano antecedentemente, quindi se vuoi pregare qualcuno, prega me. Adesso sono io il tuo Dio, sono io l’ onnipotente, posso decidere se lasciarti vivere in questo squallore definita vita o mandarti in scoperta. Non sei curiosa di sapere cosa c’ è oltre la morte, oltre il fisico, dovresti ritenerti soddisfatta di conoscere la verità, amore mio sappi che io ti amo, ma non quanto amo me stesso e questa sensazione impagabile di potenza-
Dicendo questo aveva declamato ormai la sentenza inoppugnabile, lei capisce e chiude gli occhi in attesa, con il solo conforto che ritroverà il figlio fatto a pezzi. Giacomo con un colpo preciso apre in due la fronte della moglie.