Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio racconti nella Rete 2013 “Che non sai mai, mai, cosa ti riserva il destino (opera a due voci)” di Marco Maffei

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2013

Uno

Il bastardo si è imbarcato un’altra volta e poi dice che mi ama.

E’ andato via come un ladro, di notte, con le scarpe in mano per non fare rumore, che io l’avevo capito da una settimana.

Non è buono di stare a terra più di sei mesi.

E lo ammazzerei, giuro che lo ammazzerei, ma poi penso che magari è l’ultima volta che lo vedo, l’ultima parola che gli dico, l’ultimo ricordo di lui.

Gli ho rammendato forte i calzoni e gli ho messo nel sacco che si è preparato di nascosto due maglie pesanti, che per lui non le vorrebbe mai però poi mi ringrazia.

Che vita mi è toccata, di far dietro a uno così, che scappa e sogna.

E io ferma, io che tiro su il bambino e aspetto e invecchio.

Io la terra, lui il mare.

Lui non c’è quando ho bisogno, quando di notte ho paura a star da sola, quando al bambino sale la febbre, quando comincia la scuola. Non c’era quando è morta sua madre.

E poi torna, fino ad oggi è tornato, senza preavviso, dopo che tutti i presagi e le conte e i voti sono consumati.

Delle volte, come quando è stato via due anni con una spedizione portoghese, non riesco neanche più a mettere a fuoco i suoi lineamenti, la sua faccia.

Quando arriva ha gli occhi pieni dei posti che ha visto e il sorriso beato e ci vogliono settimane per tirargli fuori la storia di com’è andata veramente, di perché anche stavolta non hanno trovato un altro mondo, non hanno trovato l’oro e magari non gli danno neanche più la paga pattuita.

Certe donne dicono che se lo sono sentite dentro quando il loro uomo era morto, anche se stava lontano. Io spero che non sarà così, se dovesse succedere, perché almeno andrò avanti mesi a immaginarmi che sta facendo le sue cose e per me sarà come se vivesse di più.

Ci sono dei giorni che col bambino si va alla spiaggia per stare lì e fare il bagno e tu lo sai che è impossibile, anzi no, per quello sarebbe possibile ma non è mai successo e insomma puoi dire quello che vuoi ma gli occhi scartano da soli e frugano l’orizzonte e dentro di te non riesci a schiacciarla giù, questa maledetta speranza. Così sempre, quando alla sera si torna verso casa e nessuna barca naturalmente è arrivata, ci si sente stanchi e pesanti e come sconfitti.

Il sentiero sale per un bel po’ e poi comincia la discesa per il paese. Di lì in poi il mare non si vede più e con tutto quello che c’è già stato bisogna faticare, giuro, bisogna faticare, per non voltarsi un’ultima volta.

Quelle sere, disperatamente, lo odio.

Al bambino dico che suo padre è lontano per guadagnare da vivere per lui, per noi. E tanto deve bastare. Questa qui è una scusa che con la ragione non riesci a smontarla. Anzi, non capisci più chi si sacrifica e chi è sacrificato. Ma per me non può essere che hai una vita sola e trovi in mezzo a mille una persona da amare e per causa di questo amore devi andare lontano da lei. D’altronde anche lui povera bestia c’è sicuro dei giorni che ne avrà basta, perché quando il mare diventa cattivo non c’è rifugio dove nasconderti e devi sputare l’anima per salvarti.

Che poi una roba più stupida non ci può essere. Un conto è andare e rischiare quello che si rischia per vendere del mangiare o del legno o delle stoffe, ma partire in tre barche per vedere se la terra è rotonda? A me pare che quando cammino i piedi sono bell’in piano. Comunque.

Ben, oggi è l’undici e sto ancora tranquilla che per tutto ottobre tanto non torna.

Se son buoni i calcoli che ha fatto è già qualche giorno che sono arrivati.

Ho acceso due candele coi risparmi della settimana e ho pregato la Madonna che lo tenga da conto e non gli faccia patire la fame.

Cosa si può chiedere di più, per due candele? Niente che cambi la vita.                                                 (Palos, AD 1492. Giovedì 11 ottobre. Beatriz)

Due

Navighiamo in un’aria calda e umida da molti giorni, ormai.

La lentezza di questo vascello è insopportabile, i baschi dell’equipaggio si sono fatti arroganti, gli strumenti nautici indocili.

Temo di prendere alcuna decisione. Ho confuso i nostromi con le complicazioni dell’astrolabio, che non intuissero quanto siamo persi.

Da ieri l’altro abbiamo esaurito la metà delle nostre scorte di viveri: gli uomini sanno che fra poche ore il ritorno non sarà più una possibilità.

Gli alisei che ci hanno accompagnati nelle scorse settimane mi fanno dubitare, se anche lo decidessi, di poter trovare un vento che ci riporti a casa.

Stanotte forse verranno a gettarmi in mare. Prego, se così è deciso, che non mi uccidano prima.

Oggi abbiamo percorso otto leghe in nove ore di luce. La giornata è passata uguale a queste ultime, segnata da presagi di morte e appetito robusto. Gallette, lardo affumicato e formaggio di Gomera hanno sostenuto la mia ostinazione.

Dedicate alle carte le prime ore del mattino, ho disposto di seguitare la rotta dietro il volo degli uccelli avvistati tre giorni fa.

Manteniamo vele quadre e rigore: ho fatto fustigare un mozzo negligente per non aver rivoltato la clessidra da cui, sola, dipende la misurazione del tempo a bordo. Pure non ho approvazione.

Pretendo abiti in seta puliti e tovaglie di pizzo a tavola: di me si dirà che non cedetti all’abbrutimento e sempre mi accompagnò la certezza di Dio.

Ma sono solo. Nè il pensiero di Beatriz e Fernando mi addolcisce.

Quanto divide il mare! Noi che partiamo li pensiamo fermi, per il solo fatto che restano e conosciamo la misura e l’angoscia della nostra distanza;  loro senza alcun indizio ci immaginano, mentre per il mondo siamo altri e sanno la malinconia terribile di dover sperare in eterno.

Ho rifatto poc’anzi la posizione delle stelle, per l’ultima volta forse.

Andrò a coricarmi, in questa notte inquieta,  ma alcun assalto d’incubi  potrà persuadermi che non si dovesse partire.

(Santa Maria. Mar delle Indie. AD 1492. Giovedì 11 ottobre. Diario dell’Ammiraglio Cristobal Colòn)

 

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14 commenti »

  1. L’idea è carina, forse lo stile doveva essere più caratterizzante, anche se la cosa non è facile.

  2. Pensa che invece, almeno nelle mie intenzioni, era proprio lo stile, anzi i due stili molto diversi tra loro, a dare carattere al racconto ! Ho fatto qualche ricerca e pare infatti che Colombo fosse uomo di un certo lignaggio, austero, a suo modo integralista. Dunque ho immaginato un personaggio dal linguaggio asciutto, misurato, esatto al punto da diventare noioso. La moglie invece era una popolana e ho dunque provato a rappresentarla con un registro piu’ semplice ma appassionato. Queste almeno erano le mie intenzioni…

  3. Il racconto non e’bello,e mi e’piaciuta l’idea e la caratterizzazione dei personaggi.Pero’ hai inserito degli elementi troppo moderni nella prima prima parte,concetti e pesieri che non sono propri del periodo storico che descrivi.Perche’ non trasportare il tutto in un’epoca piu’recente?ovvieresti egregiamente al problema mantenendo lo stesso il carattere del racconto.

  4. SCUSA!!!!!Ovviamente volevo scrivere che il racconto e’ bello. Il “non”e’ un errore di battitura!

  5. Intendevo dire quello che Laura ha spiegato meglio di me. Fermo restando che la moglie è popolana, e lo si capisce, e Colombo altolocato, e anche questo lo si capisce, soprattutto l’inizio del racconto, quando ancora non si sa che si tratti di Colombo, fa pensare ad una storia moderna e non del 400, dove a parlare sia una donna dei nostri giorni, moglie di un pescatore.. Manca l’anticatura del periodo storico! Sono consapevole che non sia cosa facile!

  6. Trovo invece che proprio questa , diciamo, confusione, questa sensazione che chi parla sia una donna moderna e non una donna del 400, dia un tocco in più a questo racconto già di per se godibilissimo… non è un obbligo dovere dare per forza l’architettura del periodo in modo matematico e fiscale.BRAVO MARCO!!!

  7. Scusa Caterina, ma non sono daccordo. Si decide di ambientare una storia di un’epoca passata proprio perchè si vuole dare al racconto quella particolare ambientazione, parlare di quei personaggi. Perchè farlo altrimenti? La psicologia umana è sempre la stessa, le trame e le vicende anche, a parte qualche piccolo particolare di contorno. l’umanità soffre, ama, odia, muore, ecc. in qualsiasi momento della storia. Quindi a che pro dare al racconto un taglio così preciso e particolare, se non si vuole scriverne?

  8. Ma il “gioco” era proprio questo ! Si tratta di un raccontino che si presta a diversi livelli di lettura. Il primo e’ appunto quello di tenere nascosto al lettore, per quanto possibile e comunque per tutta la prima parte, che non siamo nel presente. Un po’ per il gusto di sorprendere il lettore, un po’ perche’credo che nel tempo certamente siano cambiate le conoscenze e le tecnologie ma non i sentimenti e le passioni delle persone. Il secondo quello di mettere in primo piano la donna, attraverso una figura femminile del tutto sconosciuta eppure certamente piu’ potente e vivace rispetto al famosissimo marito. Il terzo infine quello storico, nella seconda parte, attraverso una serie di rimandi ai veri diari di Colombo e quindi “riservata” solo a chi quei diari abbia letto… Cio’ detto poi come tutte le cose, che piaccia o meno, e’ tutt’ altra storia…

  9. Lauramon, perché rimanere chiusi in questi schemi???? Ma CHI, COSA, impedisce di creare nel lettore anche questa curiosità della “non collocazione” esatta nel tempo di fatti e persone? L’OTTUSITA’….ecco cosa lo impedisce……

  10. E’ una semplice questione di coerenza. Se ragiono da lettore e non da scrittore non mi piace essere confuso in modo eccessivo. Comunque è una opinione, e prendetela come tale!! 🙂
    Ai giudici del concorso l’ardua sentenza!!! 😉

  11. Ah, giochiamo a “storicizzare”… come “sarebbe” in originale. Ho provato con qualche brano:

    Uno

    El hijo de puta se ha embarcado ad hoc tempus y luego dicit que me ama.
    Hic se fue como un ladrón en la nocte, con los sandalos en la mano para silentio facere, que había descubierto septem dies ante.
    No est bueno quedarse en el suelo más de seis meses.
    Y yo eum mato, te juro que lo mataría, pero creo que tal vez erit postremum que lo veo, la última palabra que digo, el último recuerdo de éum.
    Yo sum la tierra, his mare.

    Due

    Dipartimmo in aere calida et umida ex moltos gjornos, iam.
    A lenteza de hic bastimento est intolerabile, euskadi ciurmae arrogantes, los instrumenti de bastimento legi non obediscunt.
    Temo di decider. Confundi i nostromi con li macchinacjoni de astrolabio.
    Hoc note probablemente pervenient a imbolarme a mâ et affucarme. Prego, se cuscì est dezisu, che non me ammassan prima.

  12. 🙂 😉

  13. Amaso : esperimento delizioso ! Divertente, difficile e suggestivo ! Bravissimo !

  14. grazie Marco, ti ricordi “Il nome della rosa”? Valido aiuto dei vari traduttori sul web, naturalmente.

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