Racconti nella Rete 2009 “Per esempio” di Ugo Bartolucci
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2009Uno dei miei grandi problemi è sempre stato quello di trasformare in fatti le idee che mi vengono.
Sono un pigro, un insicuro, e l’idea che sia necessario fare fatica per farle diventare operative, non mi attrae più di tanto.
Anche ora che mi sono risolto a mettermi d’impegno per scrivere il racconto sono davanti al computer, ma il mio cervello è spento, recalcitrante ad attivarsi. Il grande inganno che si formula nella mia mente è che io sono convinto che scriverò una cosa talmente bella che nessuno potrà mai negarmi la vittoria: mi vedo già lì che firmo autografi e vengo pubblicato da un grande editore e, magari, mi vedo anche alla prima del film tratto dal mio racconto seduto in platea con il mio spezzato sportivo, le scarpe da barca, forse, anche, un foulard al collo.
Nella mia mente sono già una star! Dopo una manciata di secondi, siccome ancora non ho scritto nulla, neppure una riga del mio “Best Seller”, eccomi tracollare: da star di prima grandezza a inutile mondezza incapace di essere vincente in qualcosa. E son qui che mi dispero: mio Dio, mio Dio, ma, allora, non valgo proprio nulla! Santo cielo, cosa sarà di me! Già, cosa sarà di me? Mentre ci penso mi alzo e vado a mangiarmi qualcosa. Il frigorifero è quasi vuoto, ma per mia buona sorte c’è ancora del prosciutto, lo prendo, lo infilo in mezzo a due belle fette di pane e via a mangiare come se fossi digiuno da chissà quanto tempo. Che sollievo che da il cibo, incredibile! Di fuori è anche una bella giornata, mi chiedo se non sia meglio rimandare la scrittura del mio capolavoro e uscire per godermi un po’ di sole. Ma no, via, torniamo al lavoro! In testa intanto i carboidrati del pane e le proteine del prosciutto stanno ricostruendo l’immagine dell’uomo vincente, il quarantenne che, al fine, ha trovato la sua strada. Stringo un po’ di mani a fans e vip in un’orgia di flash e poi mi rimetto a scrivere.
Dunque: apro un documento word: ok, fatto; visualizza layout di stampa: ok, fatto; controlla la barra degli strumenti, c’è il pedice? Sì. C’è l’apice? No, allora bisogna andare a cercarlo. Ok, c’è tutto, e allora cominciamo. Oh, bene, bene, son li che mi ripeto. Allora scriverò un racconto per bambini, mi pare proprio un’ottima idea. Dunque: c’era una volta…Ma no, ma cosa scrivo? Meglio un racconto sulla mia vita…no, meglio ancora: un fantasy! Ecco, sì, un fantasy, è proprio l’idea giusta, magari, potrei utilizzarlo come metafora per descrivere le brutture del mondo. Ma non sarà troppo impegnativo? Facciamo una cosa più semplice. Debbo concentrarmi e trovare un’idea migliore. Intanto noto che la televisione dall’altro angolo della stanza, mi sta guardando con una certa insistenza. Non vorrei esagerare, magari ho le allucinazioni, ma mi sta sussurrando come una sirena: Ugoooo! Ugoooo! Adagiati sul divanoooo, prendi il telecomandoooo, accendimiii, accendimiii. Non ti accenderò mai, sto lavorando e non ho nessuna intenzione di distrarmi. Però, forse, c’è lo sport a quest’ora, potrei fare una breve pausa di quindici minuti massimo, vedere lo sport e poi ripartire. Sprofondo nel mio divano blu, mi aggiusto i cuscini sotto la testa, prendo il telecomando e accendo la televisione. Non c’è sport, e allora mi risolvo a fare uno zapping forsennato. Batto il record del mio palazzo di zapping, poi, con un impegno maggiore, straccio anche il primato nazionale, quello europeo e infine sono sul tetto del mondo! Anche il record mondiale viene polverizzato. Mi vedo già sul libro del Guinnes dei primati, tanto per rimanere nel tema del delirio di onnipotenza. Decido che però non andrò alla premiazione e quindi spengo la televisione e me ne ritorno a scrivere: sarà meglio tenere i piedi per terra.
Ma da quante ore sono davanti al computer? Come mai ancora non ho scritto nulla? Secondo me, gli scrittori, vanno a periodi, cioè: oggi per me è un giorno poco prolifico, domani, vedrete, avrò tutta un’altra verve. Forse oggi è il giorno del bucato. Sì, senz’altro oggi è il giorno del bucato e del ragù. Spengo il computer, mi alzo dalla sedia e comincio a rovistare nel cesto di vimini dove metto gli indumenti sporchi: due mutande bianche, un paio di calzini da tennis, una maglietta nera, un asciugamano giallo con fiorellini. Ma porca miseria, ma è possibile che io debba avere stì asciugamani coi fiorellini che tutte le volte che mi viene a trovare una donna mi dice: ma cosa sono gli asciugamani della nonna? No, rispondo io, sono gli asciugamani del corredo di mia madre. Me li ha passati tutti perché, dice, è un peccato che non vengano utilizzati. A me non piacciono per niente, ma tant’è.
Ora, però, la riflessione è: ma che cavolo di lavatrice faccio io con due mutande bianche, un paio di calzini et cetera? Lasciamo perdere, andiamo a fare il sugo. A me il ragù viene bene; l’ultima volta che ho invitato una tipa e le ho fatto la pasta al ragù lei ha fatto anche la scarpetta con il pane per tirare su quel nettare degli dei che avevo prodotto mescolando con amore e abilità gli ingredienti. Sono davvero un grande come cuoco…e se scrivessi un racconto su di un cuoco? Ma è geniale questa intuizione! Mi piacee! Mollo la bottiglia dell’olio, abbandono la cipolla sbucciata al suo destino e corro verso il computer. Mi siedo, lo accendo, apro word et voilà, riecco la pagina bianca che mi scruta e mi dice: ebbene? Perché non scrivi nulla? Cos’è, hai già perso la vena letteraria nel breve tragitto tra la cucina e la sala? No, le rispondo io un po’ stizzito, è solo che sono un uomo che ha bisogno prima di tutto di organizzare le cose nella propria testa. Bisogna dare un ordine alle cose che si vogliono raccontare, mica ci si improvvisa, per chi mi hai preso?
Prima di tutto: come si chiama il cuoco? E’ un cuoco italiano o un francese? O è un indonesiano che cucina solo nasi goreng? No, il mio, si chiama: Pedro. E’ messicano e ha una tavola calda nel deserto della Sonora. Vende burritos e tortillas fatte da lui a poche pesetas. E’ un omino basso e tarchiato con due enormi baffi neri che si bagnano ogni volta che beve una pinta della sua bevanda preferita: Tequila plata! E’ sposato con Theresa e ha una mezza dozzina di figli: Sanchito, Juan, Joselita, Esteban e poi, non so, non me ne vengono altri di nomi. Pedro non è un gran cuoco, però, nel suo piccolo, sa soddisfare tutti i viandanti, pochi, in vero, ma quelli che passano rimangono sempre contenti delle tortillas e della tequila servite da Theresa. Tex e i suoi pards, per esempio, vanno spesso da lui, si prendono il menù “take away” e poi via a caccia di lestofanti. Fino a che, un giorno, succede una cosa così straordinaria che cambierà per sempre le sorti della famigliola. Cosa, però? Vince al lotto una fortuna enorme? Scopre che si può bere l’acqua e che questa, talvolta, può essere assai più dissetante? Mi sa che ci devo ancora pensare, non mi sembrano delle idee così interessanti per un racconto. Lasciamo perdere Pedrito e cambiamo storia.
Ragazzi, però, come è dura la pagnotta. Lo scrittore è davvero un lavoro infame.
E se mi inventassi un bel giallo? Un giallo in novemila battute. La vedo dura. Creerei un investigatore a mia immagine e somiglianza: alto, bello, interessante, con una barba curata, il capello brizzolato, le spalle larghe, l’occhio ammaliatore e poi: coraggioso, generoso, indomito, sempre pronto a sacrificare se stesso per salvare la femmina dai guai. Chissà quante avventure potrei fargli vivere? Pagine e pagine di racconti avvincenti ispirati direttamente alla mia vita. La prima puntata parla di lui che, pur avendo dimenticato di pagare l’assicurazione della macchina, corre come un pazzo a cinquanta all’ora, incurante del pericolo che lo sovrasta, ossia: la multa che gli farebbero se lo fermasse la polizia, per andare al supermercato a comprare le merendine per colazione. Che avventure!
Il mio computer comincia a guardarmi con un’aria di sufficienza. Mi pare quasi provocatorio. Per rabbonirlo un poco mi metto a pulire la tastiera, levo i pelucchi che la infestano, passo un panno sul monitor e poi comincio a fare ordine sul desktop. Ma guarda tu che disordine! Documenti word sparsi ovunque! Creiamo delle nuove cartelle e cominciamo a raccoglierli. Cambio anche lo sfondo del desktop. Ecco, ora sì che è a posto. Sì, ma ancora qualcosa non va. E se mi prendessi un bel caffè? Un bel cucchiaino di zucchero nella tazza e giù il caffè caldo, poi una bella mescolata e finalmente lo posso sorseggiare. Aaah, questo mi farà senz’altro bene, vedrai come ripartirò di slancio! E infatti: mi cambio, prendo il portafoglio, le chiavi, mi richiudo rapidamente la porta di casa alle spalle e mi vado a fare una bella passeggiata.
Ora che sono nel mio letto e sto per chiudere la luce per addormentarmi mi chiedo: ma sarà mica una buona idea scrivere un racconto su quello che ho fatto oggi? Potrei raccontare di come io sia riuscito a non fare assolutamente niente pur avendo tante idee, per esempio.
Ciao Ugo, veramente molto gradevole il tuo racconto!Hai saputo con grande ironia descrivere la fatidica ansia da pagina bianca. Un blocco dello scrittore veramente proficuo.. Quando sono arrivata al punto del “giorno del bucato” mi sono detta che tanti pseudo scrittori, dai nomi conosciutissimi per motivi di gossip, avrebbero fatto meglio a fare anche loro il ragù o il bucato invece di invadere le librerie con i loro “capolavori”. Complimenti. Se ti va di leggere il mio racconto”Strike” sarei contenta di ascoltare anche il tuo parere. Annamaria
Cara Annamaria, sono contento che le sia piaciuto il mio racconto. Ero stato tanto di quel tempo a ragionare su cosa
scrivere. Giorni e giorni. Poi una mattina ho avuto l’illuminazione, mi si è accesa la lampadina, e mi son messo a
scrivere di getto. Leggerò volentieri il suo racconto. Cari saluti. Ugo
Caro autore,
lei non la racconta giusta. Anzi, la figuro mentre scorre le mani, magari lente, ma costanti sulla tastiera, e magari soffoca anche qualche risata che lieve le nasce in gola e che viene tradita dagli occhi che, strizzandosi, assumono la caratteristica inclinazione obliqua di chi si sta divertendo un mondo…
Sì, cara Sara, sì, mi stavo divertendo un mondo! Lei ha colto nel segno.