Racconti nella Rete 2009 “A parte il mare” di Simona Rosati
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2009Clara aveva fretta di crescere.
E odiava il mare.
Forse perché viveva in un’isola, un’isola piccola piccola e per lei il mare rappresentava “il limite”. Il limite insormontabile.
Clara sognava i grattacieli e il cemento. E i rumori delle grandi città.
Nella sua isoletta invece le case erano tozze e strette, ci si faceva fatica perfino a starci dentro ed erano disadorne. E l’unico rumore consistente era il rumore del mare.
Clara voleva una vita diversa da quella che si faceva nell’isola.
Una vita non impregnata dagli odori dai fiori, non condizionata dagli umori del cielo, non agevolata dalla mancanza di distanze.
Clara voleva una vita più complicata.
La immaginava frenetica e appassionata, piena di cose da fare e da dire.
Una vita sopraffatta dalle azioni e dalle parole, quelle parole che la gente dell’isola non conosceva, parole difficili, sofisticate e ardite, profonde e critiche, come le parole scritte sui libri.
Clara aveva fretta di crescere.
E mentre aspettava di crescere per liberarsi del peso di vivere un’esistenza così noiosa, ingannava il tempo con la pittura. Le piaceva dipingere in riva al mare. Ma non per trarne ispirazione perché lei il mare non lo sopportava proprio: era quello che c’era al di là del mare a scatenare tutta la sua creatività.
Lo sguardo di Clara si perdeva lontano, oltre l’evanescenza in cui il cielo si fonde con la terra e proprio lì, dentro quella vaporosità impalpabile, lei riusciva a catturare tutte le immagini della vita che un giorno, sì sicuramente un giorno, avrebbe avuto per sé. E le metteva su tela.
La prima volta dipinse borse da donna.
Nell’isola nessuna donna portava la borsa.
Era considerata un oggetto inutile e insignificante. Le donne non avrebbero saputo cosa metterci. Le chiavi di casa lì non c’erano perché non esistevano serrature.
Così come non esistevano le altre cose che sono solite portarsi dietro le donne: profumi, belletti, lo specchietto o il foulard.
Le donne dell’isola badavano all’essenziale e non avevano proprio niente da mettere dentro una borsa: neppure il portafogli, perché lì non servivano nemmeno i soldi. Nell’isola si conoscevano tutti e non c’era bisogno di comprare le cose.
Tutto era a portata di mano e tutto era per tutti.
Ma le turiste…
Quelle sì che portavano sempre le borsette!
Erano così belle e fascinose le donne che si recavano in visita all’isola e Clara si incantava a guardarle. Avevano bei vestiti, attillati ed eleganti, pieni di colori. Non come quei camicioni larghi e informi con cui le donne si vestivano sull’isola.
E le borse delle turiste erano di una tonalità di colore sempre adeguata al vestito che indossavano e Clara trovava affascinante il modo in cui quelle donne calavano le le mani dentro le loro borse e vi tiravano fuori qualcosa. Qualsiasi cosa.
In quel movimento Clara scorgeva tutto il mistero della femminilità.
Così dipinse borsette di ogni fattezza, dimensione e colori e poi fece vedere la tela a Mariarosa.
Mariarosa era la sua migliore amica.
Anche Mariarosa non sopportava la vita dell’isola. E anche lei aspettava di diventare più grande per andarsene via. Clara e Mariarosa progettavano di partire insieme e a volte passavano il tempo ad immaginare la vita che avrebbero fatto tutte e due lontano di lì.
Mariarosa ingannava l’attesa di crescere guardando Clara dipingere.
<!–[if !supportLists]–>- <!–[endif]–>…Allora…!? Ti piace? – le chiedeva sempre Clara titubante quando aveva finito un lavoro. E Mariarosa tutte le volte si entusiasmava per quello che lei aveva dipinto e le faceva un sacco di complimenti.
<!–[if !supportLists]–>- <!–[endif]–>Sei brava! Brava! Troppo brava – ripeteva e spesso batteva le mani e saltava contenta. E Clara sospirava di sollievo, tutta sollevata, perché teneva al giudizio della sua amica, dato che era l’unica persona al mondo con cui poteva condividere le sue passioni.
A parte il mare…
Il mare era l’unica cosa su cui avevano una vera divergenza di idee.
Mentre Clara proprio non poteva soffrire tutta quella superficie d’acqua che giudicava ingombrante,esagerata e tutto sommato insulsa, e a cui soprattutto attribuiva ogni colpa della sua condizione di separata dal resto del mondo, Mariarosa invece aveva una predilezione per il mare, anche se non l’aveva mai detto in maniera esplicita.
Ma Clara l’aveva capito.
Quando dipingeva in riva al mare e Mariarosa le teneva compagnia Clara sorprendeva spesso l’amica con lo sguardo tutto assorto sulle pieghe morbide e sinuose delle onde, a seguirne l’ infinito movimento.
E qualche volta Mariarosa si lasciava scappare un rapito:
<!–[if !supportLists]–>- <!–[endif]–> E’ così romantico … romantico e languido –
In quei momenti Clara si intristiva e qualche volta la tristezza si trasformava in rabbia perché non si sentiva compresa nemmeno dalla sua migliore amica e allora la sua fretta di crescere diventava una premura imprescindibile. In quei momenti lì desiderava di partire da sola e di lasciare Mariarosa sull’isola.
Ma doveva aspettare.
Aspettare di crescere.
Per sua fortuna aveva la pittura.
C’erano giorni sull’isola in cui la vita per Clara era più insulsa del solito.
Tutto era sempre uguale e il tempo non conosceva sfumature. Le ore gemelle delle ore passate e di quelle future scorrevano troppo composte ed educate, senza imprevisti e senza novità. Senza emozioni. E tutti sembravano contenti così.
E Clara non capiva. Non capiva come si potesse far passare il tempo così, nient’altro che le solite azioni quotidiane: lavarsi, mangiare, bere, dormire, andare un po’ in giro, chiacchierare con qualcuno, prendere il sole..Sì, c’erano i turisti e i loro accompagnatori, e tutti erano sempre così gentili,ma non poteva essere quella la vita. Quella era solo la vita che si faceva sull’isola.
Ma lontano, lontano, in fondo… e al di là del mare, la vita doveva essere senz’altro diversa. Sicuro: diversa. Clara era più che convinta che la vita lì pulsasse di originalità e di movimento e fosse piena di presenze sconosciute che facevano correre via veloce il tempo. E che il tempo si perdesse nel chiarore di giornate differenti eppure uguali e poi rivivesse nel mistero delle notti senza sonno. Perché Clara andava fantasticando che le notti al di là del mare fossero un altro modo di vivere la vita.
E le saliva la fretta di crescere. Ma doveva ancora aspettare.
E aspettando dipinse la notte.
La dipinse piena di insegne luminose e di facce sorridenti,con le strade trafficate e i palazzi tutti accesi con le persiane spalancate. E sopra tutto dipinse un enorme arcobaleno. Clara guardò il quadro e pensò che fosse il più bello di tutti quelli che aveva dipinto. Così corse da Mariarosa e glielo mostrò,soddisfatta, convinta che l’amica si mettesse a battere le mani e a saltare più del solito.
Mariarosa guardò il quadro, lo osservò a lungo ma non disse niente.
Fece anzi una faccia seria seria e inclinò la testa sulla spalla con un’espressione perplessa. Clara si preoccupò.
<!–[if !supportLists]–>- <!–[endif]–>Non dici niente? – le chiese con una voce timida. – Cos’è? Non ti piace? – Mariarosa restò in quella strana posizione in cui si era messa e poi disse, piano in un sussurro: – …Manca il mare ….- E aggiunse quasi volesse giustificarsi: – …L’arcobaleno sta meglio sul mare…-
Clara la guardò con disprezzo e le disse con l’intenzione di ferirla:
<!–[if !supportLists]–>- <!–[endif]–>Tu non te ne andrai mai da quest’isola. Mai! Sei uguale a tutte le altre. Rimarrai qui per sempre! Per sempre!- gridò dandole le spalle e andandosene via di corsa.
…
E invece Mariarosa partì dall’isola prima di Clara.
Partì che era appena arrivata primavera. Clara non se l’aspettava. Non se l’aspettava proprio. Rimase sbigottita. Come si era permessa Mariarosa di partire così all’improvviso e prima di lei! Senza di lei! Sicuramente l’aveva fatto apposta.
Per farle un dispetto. Non avrebbe dovuto fidarsi. Non avrebbe dovuto fidarsi dell’amicizia. Era tutta colpa dell’isola.
E del mare che c’era.
Sull’isola non ci si poteva fidare di niente. Tutto diventava caduco e falso.
Una bugia: sull’isola anche l’amicizia era solo una enorme bugia.
Quel giorno Clara dipinse un ombrello.Un ombrello grande e grosso tutto nero dal cui orlo cadevano giù tante gocce di pioggia scure e spesse che sembravano fango.
E fuori l’aria era lieve lieve, il sole aveva riflessi baluginanti che si appoggiavano sulle onde del mare facendole sembrare diafane, di una trasparenza colorata così sfolgorante da sembrare irreale.
Per un momento lo sguardo di Clara sfiorò il luccichio dell’acqua e suo malgrado ne restò affascinata. Non aveva mai visto niente di più bello.
Pensò a Mariarosa e pianse.
La vita sull’isola riprese peggio di prima.
L’assenza di Mariarosa pesava moltissimo a Clara.
E la sua fretta di crescere diventò bisogno impellente.
Adesso partire era il pensiero primario. Ma senza Mariarosa l’attesa di crescere era più lunga ed estenuante. Clara aveva perso anche la voglia di dipingere.
Senza Mariarosa a cui far vedere i suoi quadri non c’era più mordente né lo stimolo di prima. Clara capì che l’assenza della sua migliore amica le gelava il cuore.
Così decise che doveva fare qualcosa. Qualcosa per Mariarosa. E sapeva perfettamente cosa.
Clara prese tele e pennelli e se ne andò come sempre in riva al mare.
Solo che stavolta il suo sguardo non volò al di là del mare, verso l’orizzonte.
Senza nessuna esitazione gli occhi di Clara puntarono diritti proprio sul mare.
E Clara dipinse il mare.
Scelse i colori più cangianti che aveva nella sua tavolozza : usò tutte le tonalità di verde, di blu e gli azzurri più iridescenti e li mescolò con forza e determinazione.
Poi fece tante spirali che dal basso si levavano a toccare un cielo pieno di stelle e tutte le onde erano verticali e sembravano librarsi leggiadre verso l’alto fino ad annullare l’inconsistenza della volta stellata così che l’effetto era quello di una completa fusione di cielo e di mare.
Un mare senza una sola goccia d’acqua.
Ma sicuramente il mare più strepitoso e spettacolare che…. non c’è.
Esattamente il giorno dopo Clara finalmente partì.
E lasciò la sua isola.
Come aveva sempre fortemente desiderato.
…
Aveva compiuto da poco 93 anni.
E nessuno la rimpianse.
Nemmeno una delle degenti dell’istituto di igiene mentale in cui Clara aveva vissuto per tutta la vita.
Ciao Simona, il finale si è rivelato una sorpresa, insomma non me l’aspettavo così! (E invece avrei dovuto aspettarmelo). E’ un racconto delicato che però mi pare non vada molto oltre la sorpresa del finale e la delicatezza dell’affresco che fai. Preferisco gli altri, e scusa la sincerità! Andrea PS se non sei d’accordo, ti prego di farmelo sapere ok? saluti
ciao simona! il tuo racconto mi è piaciuto molto, soprattutto perchè affronta un tema serio e sfruttatissimo in letteratura, cioè quello della malattia e della follia; ma appunto il più delle volte è la società ad etichettare le persone come folli o pazze, mentre probabilmente questi ultimi vivono bene la loro vita, creando mondi nuovi e fantastici come quello che tu hai descritto. Complimenti! a presto 🙂