Premio Racconti nella Rete 2013 “Come una gondola” di Bruno Confortini
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2013C’era una casa. E c’era Paolo dentro la casa, che si aggirava per le stanze come una tigre in gabbia. Dalla cucina al salotto, dal salotto alla camera. E poi di nuovo, e ancora. Non scaricava più le casse di bibite dal camion rosso, giù al paese. E neanche Mario, il suo amico Mario. Li avevano licenziati. Lo capiva il perché, certo. C’era la crisi, lo sapevano tutti. E anche lui lo sapeva, non era così stupido da non saperlo.
“Senti Paolo- gli aveva detto il padrone dell’ ingrosso dove lavorava- le cose non vanno per niente bene,non c’è molto lavoro, lo vedi anche te,no? Non posso più tenervi tutti. Per un po’ dovrai rimanere a casa … poi quando le cose andranno meglio ti riprendo, te lo prometto. E riprendo anche Mario. Capisci quello che sto dicendo ragazzo?”. Certo che capiva. Aveva capito. Non era mica stupido lui. Anche se i ragazzini a scuola glielo dicevano sempre che era stupido. Ma ora no, ora era cresciuto e capiva le cose. Non era più stupido, ora.
Il padrone aveva fatto il partigiano sui monti col suo babbo, e dopo che era morto l’aveva preso a lavorare con se. E non se n’era pentito davvero, perché lui era grande e grosso e si caricava anche tre casse di bibite sulle spalle,lui! Mica era come i vecchini del bar, il padrone, che stavano sempre a non far niente al circolo e sapevano solo sputare in terra e parlare male degli altri, il padrone era suo amico e se diceva che per un po’ doveva starsene a casa, lui capiva e ci stava a casa. Certo,gli dispiaceva non andare più a scaricare il camion, perché quel lavoro gli piaceva e con Mario si divertiva un sacco. Ma ci stava a casa, se glielo diceva il padrone. Era una brava persona, il padrone.
In tutti quei giorni che non andava più a lavorare, la televisione in cucina diceva sempre che la crisi ce l’avevano tutti, anche quei paesi lontani che lui non conosceva; e andava a cercarli sul vecchio atlante di scuola, e a volte li trovava; e si domandava se la crisi li aveva cambiati quei paesi o se erano ancora così come erano disegnati sul suo atlante. Quella parola,crisi, e tutte le altre che dicevano alla televisione, sembravano parole strane, difficili, ma invece erano facili da capire, e lui infatti le aveva capite, perché volevano dire che le persone ora compravano meno mangiare e meno legna per riscaldarsi l’inverno. A lui non mancava il mangiare e nemmeno la legna per il camino e per la cucina economica. Però una sera alla televisione in cucina avevano detto che c’erano delle persone che non avevano proprio nulla, nemmeno una casa e nemmeno da mangiare, nulla. Allora aveva spento la televisione e aveva fatto subito i conti su un foglio, e aveva capito che lui non li avrebbe mai spesi tutti i soldi che aveva, neanche se fosse campato cent’anni come aveva fatto nonno Giuseppe; e aveva deciso che quando la televisione diceva i nomi di quelle persone che non avevano nulla, lui sarebbe stato attento, li avrebbe scritti su un foglio e poi gli avrebbe mandato un po’ dei suoi soldi, così potevano comprarsi almeno il mangiare. Tanti dei soldi che aveva alla banca erano del babbo e della mamma, ma era sicuro che anche loro avrebbero fatto lo stesso se fossero stati ancora vivi.
C’era un bel sole fuori, quella mattina. Lui pensava a Mario. Aveva tanta voglia di parlarci col suo amico. Poteva prendere la bicicletta e andare in paese e trovarlo, ma non lo fece. La vecchia Legnano anche quel giorno rimase dentro il ripostiglio, insieme agli arnesi arrugginiti. Forse quella sera Mario sarebbe passato a trovarlo e avrebbero bevuto insieme un bicchiere del suo vino rosso e si sarebbero fatti delle gran risate. Lui l’aspettava sempre. Forse quella sera sarebbe venuto. Da quando non lavorava più il camion delle bibite, Paolo andava ogni pomeriggio al fiume, a pescare con la canna di bambù che il babbo gli aveva tagliato nel campo quando era ancora un bambino. Il babbo gli aveva insegnato a pescare: gli aveva insegnato a mettere i piombini, l’amo e il sugherino; gli aveva insegnato a cercare i lombrichi sotto terra e i bachi muratori sotto i sassi dei torrenti. E gli aveva insegnato il segreto più segreto di tutti per prendere i pesci:” Devi stare fermo come un albero e in silenzio- gli aveva detto un giorno- neanche il tuo respiro si deve sentire se vuoi prendere i pesci, perché i pesci sono furbi, molto furbi, e scappano se ti vedono o ti sentono”. Paolo aveva imparato bene la lezione del babbo,più di quelle del maestro a scuola, e aveva sempre pescato un sacco di pesci. Quando l’amico del babbo l’aveva preso con se a lavorare, aveva smesso di andare al fiume. Ma ora che non scaricava più il camion, c’era tornato. Anche quel pomeriggio ci andò, e fu allora che gli successe una cosa buffa,una cosa che non gli era mai successa prima. Pescò una scarpa. Una grossa scarpa nera, consumata. Pensava fosse un pesce, e bello grosso anche, da quanto pesava. Ma quando la tirò fuori dall’acqua si accorse cos’era davvero, e si mise a ridere che non la smetteva più. Quel pomeriggio la sua pesca finì lì. Mise la scarpa dentro il sacchetto di plastica, insieme ai tre pesciolini che aveva pescato, e corse a casa. Non vedeva l’ora di pulirla quella scarpa. Che buffo, pensò guardandola quando l’ebbe pulita un po’, era uguale a quelle che portava Mario al lavoro. Anche quel pensiero lo fece ridere.
La mattina dopo, a mezzogiorno,a casa di Paolo arrivò Nevio, il postino. Aveva una busta per lui.
“Ehi Paolo” urlò dal cancello ” vieni qui che hai la bolletta della luce da prendere. Dai, veloce, che ho fretta!”.
Il ragazzo lo sentì e corse fino a lui.
” Ciao Nevio” lo salutò.
“Ciao Paolo, ecco la bolletta. E ricordati di pagarla stavolta, se no ti staccano ancora la luce e poi ci vogliono un sacco di soldi per rimetterla a posto. Hai capitò bene?”.
Il ragazzo fece si con la testa, rigirandosi in mano la busta.
“Un’altra cosa, prima di andare via. Lo sai che Mario è sparito?”.
”Sparito? Che vuol dire sparito?”
“Vuol dire che non si sa dove sia , ecco cosa vuol dire. Gli occhi azzurri di Paolo guardavano Nevio, ma sembravano essersi persi.
“Bé … ciao, ora devo proprio andare”, disse il postino e sparì dietro la curva sullo scooter giallo.
Il ragazzo tornò in cucina, posò la busta sul tavolo e si sedette. Ripensava alle parole di Nevio. C’era la crisi, certo, lo sapeva, la televisione lo ripeteva ogni giorno e lo capiva che quel brav’uomo del padrone aveva dovuto licenziarli lui e Mario. Il suo amico ora avrebbe dovuto per un po’ stare a casa con sua moglie e i suoi due bambini. Quello che non capiva bene era quella parola, “sparito”. Pensò che Mario forse era stanco ed era andato un po’ in vacanza, oppure anche lui era andato a pescare da qualche parte senza dirlo a nessuno. Si, doveva essere così. Concluse i suoi pensieri e si alzò. Andò nello stanzino, prese la scarpa e si rimise seduto. Iniziò a lucidarla con un panno sporco di cera nera. Lucidava quella scarpa in silenzio. Uno di quei giorni Nevio passò da Paolo per consegnarli una lettera del Comune, e lui lo invitò ad entrare in casa:
“ Dai, vieni un minuto, Nevio,un minuto solo, che ti faccio vedere una cosa buffa!” gli disse tutto eccitato.
”Va bene- rispose il postino scendendo dallo scooter – però sbrigati che devo finire il giro della posta”.
Quando furono in cucina, Paolo gli indicò qualcosa:
” Guarda là Nevio, su quel mobile … la vedi la scarpa? L’ho pescata al fiume. Non è uguale uguale a quelle che Mario porta al lavoro? Quando viene a trovarmi gliela faccio vedere. Vedrai che sorpresa che gli faccio!”.
Gli occhi del ragazzo erano allegri come un luna park.
“Avvicinati Nevio, dai, vieni … vieni a vederla da vicino!” insisteva.
Nevio non si avvicinò, rimase immobile sulla soglia della porta della cucina. Guardava quella scarpa: era incredibilmente luminosa. Appoggiata al centro esatto di un mobile in formica verde,sembrava una gondola che stesse per salpare, come quelle che per pochi soldi si comprano a Venezia, per portarsi a casa un ricordo. Non disse una parola e dopo poco se ne andò.
Il corpo di Mario Bertocci fu ritrovato nel fiume, un paio di chilometri a valle del paese. Ai suoi piedi mancava una scarpa. La moglie aveva detto ai carabinieri che dopo il licenziamento suo marito non era più lui, “non se l’aspettava” disse al maresciallo.
Nevio continuò a portare a Paolo bollette e lettere del Comune con lo scooter giallo. Ogni tanto il ragazzo lo invitava in cucina a guardare la scarpa,incredibilmente splendente sul piano di formica verde.
“Quando Mario verrà a trovarmi gli farò una bella sorpresa!” ripeteva sempre Paolo, come un disco rotto. Nevio invece non sapeva mai cosa dirgli. Qualche volta gli sorrideva, ed era tutto. Poi andò in pensione e non lo rivide più.
Nessuno disse a Paolo della morte di Mario, né Paolo chiese mai niente. Come se avesse cancellato per sempre dalla sua testa quella parola, “sparito”, che non capiva bene e non gli piaceva.
Però continuò a lucidare ogni sera quella scarpa. E ad aspettare Mario.
Un racconto bellissimo!!!
Sei riuscito a rendere la diversità del ragazzo in un modo delicato e meraviglioso, senza descriverla, ma facendola intuire. Davvero i miei più grandi complimenti!!
Ti auguro di essere tra i vincitori!! 🙂
Racconto bellissimo di Paolo, gigante buono. Complimenti.
Ho letto questo racconto con il cuore gonfio di amore e pena. I ragazzi come Paolo pur nella diversità hanno una sensibilità, un amore verso gli altri, ed un approccio alla vita così delicato che nessuno di noi può comprendere se non frequentandoli. Io ho il piacere di frequentare un gruppo di ragazzi da ben trentacinque/quarant’anni e il rapporto che intercorre fra noi è talmente stretto che è diventato quasi fraterno e sororale. Anche i ragazzi che hanno capacità residue basse hanno un modo tutto loro di farti capire quanto sei importante e quanto ti amano. Grazi per aver scritto questa poesia d’amore.
Racconto bello e commovente. Complimenti.
Bello, molto bello, scritto bene e semplice nella forma. I personaggi sono descritti bene, tutti, non solo il protagonista Paolo. E poi c’è l’anima del racconto, quella è il pezzo meglio. Bravo!
Come tutte le cose semplici: perfetto. Complimenti.
Triste e struggente è la nota che accomuna anche altre cose che ho letto di te. La gondola evoca vacanze d’amore e Paolo non tradisce questa vocazione. Nella sua dolcezza e semplicità lucida la scarpa e la conserva come sapesse benissimo cosa rappresenta. D’altra parte Paolo è diverso, ma non inferiore a nessuno.
Sei bravo, molto, a tratteggiare con delicatezza temi così difficili e tragici.Hai un animo malinconico che arricchisce la tua prosa.
Complimenti!
Sandra
Bravo Bruno, molto bello.
Complimenti Bruno per il tuo bel racconto!
Il racconto fotografa alla perfezione i diversi stati mentali di Paolo e la logica lineare con cui il ragazzo, forte di una consapevolezza tutta sua, riesce a spiegarsi quanto gli accade intorno. Le ripetizioni, la struttura semplice delle frasi, le descrizioni quasi banali ci mettono in contatto con il suo modo di percepire la realtà. Una realtà che egli sembra accettare in tutta la sua crudezza, salvo poi ammantarla di un velo di fantasia di fronte a qualcosa che sfugge alla sua comprensione più immediata. Come tu dici, Paolo non si dà troppa pena per il fatto di essere stato licenziato perchè ha fiducia nel padrone….Ecco, sintetizzando direi che l’ingenuità di Paolo è anche la sua forza. Bravo Bruno, ci vediamo ad agosto.
Finalmente sto dedicando tempo a tutti i racconti che mi erano sfuggiti e questo, non so come, era tra essi. Molto bello davvero, la delicatezza nonostante i temi trattati, la dolcezza del protagonista e lo stile semplice che riflette Paolo