Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2013 “Il monatto” di Giuliana Vercesi

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2013

Il 15 agosto il professore Claudio Riversi, di solito, festeggiava due eventi:il proprio compleanno, l’anniversario di nozze e in più, quell’anno, l’ingresso nella palazzina medievale che aveva comprato due anni prima, grazie all’eredità lasciatagli da una zia. Quella palazzina era stata il sogno di alcuni anni prima, da quando, per la prima volta era andato in vacanza con la famiglia in quella cittadina del Lazio.Allora non sapeva che il suo sogno avrebbe potuto avverarsi in tempi così brevi: L’inaspettata eredità, la morte del vecchio proprietario che si era sempre rifiutato di venderla e l’aveva lasciata in successione a nipoti che vivevano al nord e non vedevano l’ora di disfarsene, avendo urgente bisogno di denaro: tutto contribuì ad accelerare le trattative. I nipoti avevano quasi subito accettato la sua offerta Ristrutturata all’interno ed arredata, la casa, già da giugno, era pronta per essere adibita a residenza estiva della famiglia Riversi. La palazzina sorgeva nel centro storico di una cittadina medievale conosciuta soprattutto per la presenza di tombe etrusche mirabilmente dipinte. Dalle finestre si intravedeva da un lato il mare relativamente lontano e dall’altra parte, quella dell’ingresso principale, la più bella piazza del paese al cui centro sorgeva una imponente torre con in cima due piante di fico. Non erano state piantate da nessuno, e le radici si articolavano fra le pietre, penetrandole e scardinandole.La fontana di lato aveva cannelle di bronzo decorato e una volta serviva ai butteri per far abbeverare i cavalli,e ora raccoglieva l’acqua che usciva da una vicina sorgente e che era contaminata da una piccola fabbrica di jeans, e infatti l’acqua era vagamente azzurrina . Dunque in quel giorno d’agosto, i Riversi avevano invitato alcune persone conosciute anni prima al paese e si festeggiava l’avvenimento con un buon pranzo. Dopo qualche brindisi di troppo, mentre gli ospiti ritornavano nelle loro case, alle quattro del pomeriggio , Claudio Riversi si ritirò nell’ampia camera da letto per un sonnellino ristoratore. Ma prima di coricarsi, Claudio si osservò, come spesso amava fare.da qualche tempo, nell’ampia specchiera dell’armadio in stile antico come tutti i mobili della casa. Sua moglie diceva che stava diventando vanitoso. Quello che vedeva gli piaceva : non dimostrava i suoi 50 anni , il viso aveva la pelle fresca, solo qualche ruga si era formata fra gli occhi a causa della sua abitudine di socchiuderli, il corpo era snello, con solo un piccolo accenno di pancia che Claudio aveva fermamente deciso di eliminare, una volta tornato a Milano. Lì, non era il caso di intraprendere diete : si mangiava troppo bene nei ristorantini del luogo e aveva assunto una signora che preparava la pasta in casa col mattarello. Sua moglie Luisa era ben contenta di non doversi occupare della cucina. “ Ma non dovevi andare a fare un riposino?– disse Luisa entrando e sorrise perché lui era davanti allo specchio. Claudio colse il sorriso, andò veloce verso uno scaffale e da dietro un libro afferrò una scatoletta argentata. Claudio e Luisa si scambiarono i regali, poi fecero all’amore. Dopo, mentre la guardava lisciarsi i capelli con le mani e poi mettersi il rossetto, pensò a come fosse ancora bella sua moglie e glielo disse.“ Anche tu sei bello” sorrise lei accennando alla specchio. Poi,chiuse le imposte, lasciando la stanza in penombra e se ne andò dopo avergli raccomandato di riposare perché quella sera, come da tradizione, sarebbero andati al mare a vedere i fuochi d’artificio con i figli e un gruppetto di amici, quegli stessi che erano stati invitati a pranzo e che se ne erano alla spicciolata in quel pomeriggio canicolare. Claudio si abbandonò nel letto, si accese una sigaretta prima di dormire. Meditava …Da tutto l’insieme della sua vita era un uomo fortunato… Anche per lui c’erano stati giorni di incertezza, momenti in cui non riusciva a distinguere le ombre dalla luce e tutto si confondeva, ma da qualche tempo vedeva riflesso nel viso sereno della moglie e dei figli la parte migliore di se’e aveva la lieta consapevolezza di non essere un uomo cattivo Non si riteneva migliore degli altri, è che la vita era stata buona con lui… Quei fichi sulla torre…che desiderio di vita Su questi frammenti di pensiero cadde in un sonno profondo. Si svegliò di soprassalto solo qualche minuto dopo. Si sentiva stanco e stranamente agitato. Aveva mangiato troppo, aveva bisogno di aria. Si alzò e percorse il lungo corridoio che portava all’ingresso. Lanciò, nel passare, uno sguardo alla cucina , facendo un breve cenno di saluto alla moglie che animatamente chiacchierava con la domestica, e ne ebbe in risposta uno sguardo interrogativo, ma lui proseguì. Fuori, il caldo dell’estate lo avvolse, ed egli sedette affaticato sulla poltroncina di vimini, socchiudendo gli occhi: si sentiva svenire ma poi la brezza marina lo rinfrescò e lui si alzò e guardò nella piazza deserta, appoggiando i gomiti sulla balaustrata. Un uomo apparve dalla via d’angolo. Era solo, doveva essere un frate perché portava una specie di saio marrone, legato ai fianchi da una cintura di corda che ricadeva mollemente al lato destro del saio che arrivava ai polpacci. Ai piedi portava calzature di legno e cuoio, si appoggiava a un bastone. “ Sembra un monatto” pensò Claudio. Il frate si avvicinò, così sembrava a Claudio, alla fontana, per bere. “ Non beva quell’acqua, padre” , lo avvisò con una certa concitazione nella voce, e’ inquinata”. Voleva dirgli di salire in casa sua per rinfrescarsi. Il frate levò il viso dalle larghe mascelle quadrate e lo fissò. Claudio notò le sue labbra carnose sulle quali, per un attimo, errò un lieve sorriso. Gli occhi erano straordinariamente grandi, scuri, brillanti sotto i sopraccigli neri che si univano un po’ alla radice del naso. Claudio scese dalle scale, il frate si voltò senza appoggiarsi al bastone ed egli lo seguì. Svoltato l’angolo della via vide un gruppo di gente silenziosa . Claudio si mise fra loro e tutti si incamminarono dietro al frate che guidava la lunga fila. Era una lunga comitiva silenziosa composta da genti di età, sesso, colori, fogge diverse: alcuni erano seminudi, altri nudi del tutto e cinti ai fianchi da perizomi. Altri sopraggiungevano. Ora era notte. Le stelle spalancate nel buio sembravano toccare il pianeta, poi subentrava l’alba rosata e la brezza leggera. Poi, non ci furono più i segnali del tempo e tutto divenne uguale : sabbia finissima sotto soli infuocati .Senza vento. Fu allora che il monatto si voltò e guardò la folla che ora gli stava davanti . La sua testa era debolmente reclinata sulle spalle incurvate ; gli occhi infossati nelle orbite avevano l’intensità di un paio di fari. Non disse nulla, ma fu come avesse imposto un comando, perché molti si allontanarono dal gruppo, sparendo oltre le dune del deserto Claudio Riversi, d’un tratto, sentì sete. E, subito dopo, fame, ma continuava a camminare . Ma poi la sete divenne intollerabile e, con le poche forze che gli erano rimaste , scansò qualcuno e arrivò al frate. Gli si pose di fianco e supplicò: “ Padre, datemi dell’acqua , altrimenti muoio.”Il frate si fermò di colpo e lo guardò, col viso impietrito dalla sorpresa . Claudio lo supplicò ancora di dargli dell’acqua, ma quello sembrava non capire , poi lentamente aprì una sacca che prima Claudio non aveva notato e gli porse un fiasco dal quale bevve con avidità, sotto lo sguardo del frate, che si era ricomposto .Dopo una pausa gli chiese in tono sommesso ma deciso “Ma tu”, si può sapere chi sei?” “Non si arrabbi– rispose Claudio- io non ho fatto che dirle di non bere all’acqua della fontana e ora – proseguì guardandosi attonito in giro per la prima volta -non so dove sono”Forse” – aggiunse- “sono in una specie di sogno . O in un incubo” Il volto del frate si adombrò e Claudio si affrettò a spiegare “ Non per lei, signore, ma per- e fece un largo gesto della mano- tutto questo” Mentre diceva così si rese conto della folla silenziosa, guardò stralunato lo strano indescrivibile paesaggio , i tanti soli che ora brillavano , con le stelle. Lo colse la vertigine e si accasciò ai piedi del frate, improvvisamente stanchissimo. . “ Ecco”- disse in un sussurro “ sono morto “ Il frate lo guardò. “ Non sei morto e qui c’è stato un terribile sbaglio Si guardò intorno e sembrò rinfrancarsi . Altri vivi, fra quella gente, non ce n’erano. Afferrò Claudio per mano e lo condusse in una grotta che prima non c’era. Una grotta fresca , dove Claudio si addormentò all’istante. Quando si risvegliò, il frate lo stava fissando, mentre gli porgeva pane e acqua. Claudio si gettò sull’acqua, aveva ancora tanta sete e poi mangiò il pane avidamente. Il frate lo osservava imbarazzato. Claudio comprese il disagio dell’altro e, data la situazione, gli parlò in tono irruente, deciso. “ Voglio sapere chi sei, perché sono qui, chi sono questa gente, che sono certamente anime ,e perché solo io e te siamo vivi. Sentiamo il caldo, la sete , la fame e..” “ E tutti i nostri sensi sono all’erta ? completò il frate che sembrava essersi rinfrancato e anche lui sgranocchiava una fetta di pane.“Mentre dormivi mi hanno comunicato che c’è stato un errore, e non da parte mia- si affrettò a precisare- “ voi e i vostri marchingegni scientifici, probabilmente”. Claudio si pentì del tono di poco prima. Era chiaro che, qualunque cosa fosse successa , l’errore non era del frate che sedeva su un grande sasso, con le spalle erette e la tonaca scomposta che gli pendeva fra le cosce lasciando scoperte le ginocchia nodose. Claudio prese subito le sue parti, contro non sapeva chi, tanto tenero, gentile e semplice gli sembrava , mentre gli porgeva un’altra fetta di pane. “ Il convento, oggi, non passa altro –affermò il frate con un sospiro. Sembrava scusarsi. Aggiunse “ Guarda fuori dalla grotta “ Claudio vide che tutti gli altri erano spariti.. Ora, in quella specie di strano deserto di cui ora iniziava anche a sentire il calore che emanava dal suolo arroventato c’erano solo lui e il frate. “ Ma tu, chi credi che io sia? “ esclamò il frate e a Claudio queste parole non erano ignote. “ Ti vuoi dare delle arie?” –disse prudente “ Non ti risponderò come Pietro, tu sei un monatto” “ Monatto…- sospirò pensieroso il frate – “Ah sì, quelli che portavano via i corpi degli appestati. Ma questo appartiene alla vita e la vita ha il valore che ognuno sa darle. Nel caso dei monatti, il valore è quello di un topo rosicchiante.” Aggiunse a voce più alta: “Io sono la morte, caro signor Claudio Riversi, sono quella cosa che voi immortali temete più di tutto al mondo, anche se poi, in realtà, ne odiate l’idea, più che l’ineffabile sostanza. Platone insegna.” Claudio Reversi si era accorto di non sognare, di avere veramente visto quegli straordinari paesaggi, quelle anime silenziose, di stare a parlare con la Morte, eppure non provava nessuna paura,già non era più meravigliato. Come mai? “ Non dovevo morire, vero? –considerò meditabondo- Ma la morte , alla fine toccava a tutti. Era solo una briciola di vita in più quella che gli spettava. Peccato non aver potuto salutare Luisa , i figli… La Morte lo condusse fuori dalla caverna. Il paesaggio inconsueto era svanito, al suo posto c’era una rassicurante oasi con acqua dolce, palme, banani dai frutti succosi. “Tu, sei un angelo – disse al monatto mentre gustava un frutto –Perché non sei bello come un angelo?” “Io non sono un angelo sono un monatto, come tu stesso hai detto con una bella perifrasi, però posso trasformarmi… ”Ti prego, non lo fare… ormai ti conosco così, come un monatto dalla faccia squadrata. Avremo tempo…” “No”- ribatté- la morte – “io non posso sovvertire l’ordine anche se su quest’ordine avrei molto da obiettare. Ti porterò indietro..quindi, non abbiamo tempo…poi vedremo il da farsi.” “ Ma ormai- obiettò Claudio, ho fatto il salto e non ci devo pensare più. E del resto ho sempre pensato che ogni giorno, ogni ora della nostra vita non ci appartiene, è andata così, ora fammi restare” “ Ma tu devi…ritornare…. rivedrai la tua Luisa e Gemma , e Carlo e i tuoi allievi e riavrai la tua vita- –concluse il monatto gentilmente. Carlo si confuse un po’ rendendosi conto di non aver pensato ai suoi cari. Del resto era scusabile , visti gli avvenimenti. Si incamminarono nell’oasi che sembrava infinita. Quando Claudio era stanco il monatto gli preparava un letto di foglie e lo faceva riposare. Poi dormiva anche lui, coglieva le banane, i datteri, insieme bevevano all’acqua fresca della cascata. Parlavano camminando ma la Morte non rispondeva alle domande di Claudio, le eterne fondamentali domande che da sempre l’uomo si pone. Lui esiste? Perché muoiono i bambini e non il vecchio sofferente che ti invoca?. E perché esiste il male ? “ Non posso rispondere ” – diceva la Morte- devi capire la situazione E poi certe cose io non le so -aggiunse cupamente-

Camminavano conversando . “Come mai sei così istruito?- disse Claudio con meraviglia- prima hai citato Platone,.ora un personaggio di un film, poi Dante. Sei onnisciente?” “ No, vado al cinema e leggo i libri. Mi piace l’arte.” E aggiunse“Ormai siamo quasi ritornati nella tua villetta , vicino alla fontana dall’acqua inquinata . Presumo che ti faranno dimenticare tutto . Forse farai un sogno, ma non sarà questo.” Adesso Claudio volle sedere sulla riva di un fiume dall’acqua viola. Voleva domandare una cosa e sperava che questa volta il monatto gli potesse rispondere.Era una domanda che gli martellava in testa da un po’. “Senti, perché hai detto voi immortali, parlando degli uomini? Anche tu sei immortale, e circolano brutte cose sul tuo conto..da sempre.” – aggiunse sorridendo. L’interlocutore si oscurò in volto e il suo viso, il suo atteggiamento , insomma tutto il suo essere sembrò rattrappirsi come attraversato da uno spasmo doloroso. “Ti voglio rispondere, anche se non potrei. “ Fece roteare un sassolino bianco e lo gettò nell’acqua. Poi lo guardò fissamente in viso. “ Vedi , signor Claudio Riversi”- cominciò- “Io ho tanta paura di morire.” Claudio sussultò. Quindi la Morte proseguì. “All’uomo è stata data un’anima immortale . Io sono stato creato per distruggere il vostro corpo, non la vostra anima immortale. Sono la vostra punizione terrena.” Claudio stava zitto.Ora aveva capito ma non voleva togliere alla Morte il gusto di raccontare cose che non avrebbe potuto raccontare a nessun altro, e lui era uno che sapeva ascoltare. Il monatto continuò dopo una breve pausa e la sua voce non era solo commossa , ma anche triste, come l’espressione del suo viso squadrato. Allargò le braccia “ A cosa servirà la morte? il giorno del Giudizio, quando voi uomini e tutte le creature avranno nuova vita. Alla fine, è la vita che vince. Già si vedono “i segni della corruzione. Vuoi vedere? Senza attendere risposta si tolse lentamente l’abito da frate, lasciandoselo cadere ai piedi. Prima di ogni altra cosa ci fu l’odore, una puzza orribile esalava da quel corpo che in alcuni punti era in decomposizione . Claudio distolse lo sguardo . “ Perché? -chiese dopo – sempre girato. Nonostante il suo affetto per il monatto non poteva farne a meno. Quel corpo senza anima cadeva a pezzi . Il monatto velocemente si rivestì e disse.” Scusami” E arrossì. Claudio Riversi, dapprima travolto dall’orrore, ora lo fu dalla pietà per il suo monatto che unico nell’universo , almeno per quanto ne sapeva lui, era costretto a marcire un po’ alla volta, nel corso dei millenni. Quanto gli restava? Molto per i nostri calcoli del tempo …Il corpo era marcio solo sul torace, e alle ascelle brulicanti . Ma cosa vuol dire molto?…Tutto sarebbe avvenuto nel corso di millenni che scorrono in un lampo. Nel corso di millenni… Il monatto piangeva e Claudio lo abbracciò forte. Poi disse che gli voleva bene e cercò di consolarlo. Gli ricordò del verme nella pietra che non viene lasciato solo…gli raccontò degli alberi sull’antica torre La Morte parve rinfrancarsi e perlomeno il suo sguardo mostrava ora più rassegnazione che dolore.. Il viaggio proseguì in modo meno allegro che nel primo tratto. Il Monatto non si dava pace per aver turbato l’amico in modo così profondo anche se Claudio lo rassicurava. Poi, un po’ alla volta , ripresero le conversazioni confidenziali, i toni amichevoli. Claudio disse quasi in tono ilare “ Sai? “Tu non hai sbagliato. Ragiona. Quando io sono partito con te, non sentivo proprio niente e solo a un certo punto iniziai ad avere fame anzi sete,e stanchezza, e poi …meraviglia . Vuol dire che in quel momento ero morto, esattamente come gli altri. Il mio cuore ha ripreso a battere dopo, come batte adesso. C’è stata una frazione di secondo in cui…insomma, forse non è vero che c’è poi tutta quest’ordine e quest’armonia nell’universo “- considerò abbassando la voce.. “ Ad ogni modo- disse il Monatto- avrei dovuto accorgermi che qualcosa non andava, quando mi hai detto di non bere l’acqua inquinata. Sono stato molto superficiale .” E aggiunse che riguardo l’ordine e l’armonia era un’idea umana sulla quale si era discusso anche troppo. Poi parlarono d’altro , soprattutto di film, di letteratura, di musica. Il Monatto sembrava rasserenarsi di momento in momento e a un certo punto tornò allegro. Aveva un buon carattere che tendeva a dimenticare gli affanni. Quando arrivarono sulla terra, in un batter d’occhio arrivarono sotto la nuova palazzina di Claudio e il Monatto considerò con interesse i fichi sulla torre . Claudio faticava a staccarsi dall’amico. “ Vai dalla tua Luisa e dai tuoi figli”-lo esortò questo con un gesto imperioso Gli occhi di Claudio si illuminarono e d’un tratto fu preso dalla frenesia d’andare. “ Racconterò tutto a Luisa, solo lei mi crederà- pensò. Sul balcone guardò un attimo verso quella “cosa””quell’essere”che come un naufrago stava disperatamente aggrappato alla sua zattera di carne. Il Monatto posò il nodoso bastone all’orlo della fontana e si allontanò, lasciandolo lì perché non sapeva cosa sarebbe successo, ma desiderava , ardentemente lo desiderava che Claudio non lo credesse solo un sogno. Fu un desiderio tutto suo, solo suo perché quando il professor Reversi entrò impaziente nella penombra del lungo corridoio ad arco, fitte violente al petto e al braccio lo attanagliarono e lui svenne. Rivide il viso di Luisa dopo due anni di coma quando, per una frazione di secondo, riacquistò conoscenza, prima dell’ultimo spasimo. Allora, questa volta solo allora, il Monatto gli si avvicinò, ma lui non lo riconobbe.

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5 commenti »

  1. Molto migliore dell’altro!! meglio costruito e articolato nei personaggi e nella vicenda. Forse lo scritto non scorre abbastanza (ripetizioni, frasi lunghe e complicate, ecc.), ma questo ti verrà con il tempo e .. lo studio!!! Leggi molto, soprattutto buoni autori contemporanei, e vedrai che migliorerai! La stoffa ce l’hai secondo me!! In bocca al lupo!!! 🙂

  2. Sono molto contenta che, in linea generale, ti piaccia. L’ho scritto parecchi anni fa, non l’ha mai letto nessuno, volevo tanto sapere se poteva interessare. So bene che dovrò fare un lungo lavoro . Grazie per averlo commentato, Ciao, Giuliana

  3. Ho iniziato a leggere questo racconto ed ho subito riconosciuto Tarquinia. O sbaglio? Le tombe a cui accenni lasciano senza fiato! E pensare che ce ne sono ancora molte da riportare alla luce!! Beato Claudio che si è accaparrato un palazzetto medievale! Poi, però, ti devo confessare che mi sono persa in una narrazione a tratti contorta. Sicuramente per mia pigrizia, non sono riuscita a star dietro al frate. Sorry.

  4. Bellissima la storia, un racconto scritto bene. Sicuramente Claudio stava vivendo una vita meravigliosa, in un ambiente medievale come ce lo presenta l’autrice, altrettanto meraviglioso. L’incontro con il monatto poi, è narrato davvero bene.

  5. Grazie di cuore. Giuliana.

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