Premio Racconti nella Rete 2013 “L’asciugamano vistoso” di Roberto Giorni
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2013Io e Aldo siamo sposati da cinque anni, siamo sempre stati d’accordo che avremo il primo figlio pochissimo prima del settimo anniversario. Durante certi pomeriggi dobbiamo salire in macchina, dirigerci verso nuovi luoghi, trovare uno spiazzale fuori mano, chiudere il veicolo a chiave, abbandonarlo lì alcune ore. Iniziamo a camminare affiancati, lui ha occhi attenti a tratti spalancati, respira a pieni polmoni l’odore del paesaggio di turno. Io non sono da meno, assaggio con avidità e gratitudine l’aria boschiva e dintorni, come piace a me definirla. Porto sempre con me un inseparabile zainetto dove metto le chiavi e alcuni succhi di frutta . Ehi, sento un forte brivido alla schiena provocato dal fruscio irregolare che c’è fra quegli alberi, mi giro di scatto verso Aldo che sorride con quel suo fare tranquillo, da uomo capace di passeggiare sicuro dentro qualsiasi bosco. D’altronde il mio maschione ha fatto tanti mestieri, tra cui pure il boscaiolo, prima di far partire e funzionare alla grande il nostro negozio di articoli sportivi. Camminiamo da poco più di un ora, mi sento già in affanno. Stranissimo per una come la sottoscritta abituata a camminare tante ore a passo spedito come nulla fosse, riuscendo a tener testa all’instancabile Aldo. Oggi sono costretta a chiedergli di rallentare. Lui vuole sapere con esattezza quali dolori avverto. “Nulla di cui preoccuparsi caro, camminiamo lenti almeno dieci minuti, dopo ripartirò come un treno!” C’è una curva in contro pendenza, la strada si dirama in due direzioni, decidiamo di andare a destra. Affrontiamo centocinquanta metri pieni di buche, quindi inizia un tratto inerbito in maniera uniforme, fa da preludio ad un vasto giardino elegante circondante un casolare antico in pietra, molto ben ristrutturato. Vasi in terracotta ben riempiti di fiori sono dislocati su due file parallele che formano una strada verso quel mastodontico portone che ha tutta l’aria di essere l’ingresso principale. Ci muoviamo cauti osservando gli altri lati del casolare, le finestre sono tutte chiuse. Cresce in noi la convinzione che nessuno sia presente in casa. Girato l’angolo vediamo stesi al sole un bel po’ di indumenti e roba simile. Aldo si appiccica ad un asciugamano dai colori sgargianti intersecati a mosaico, dove ci sono pezzettini romboidali, quadrati, sferici e rettangolari. Aldo lo accarezza, è praticamente asciutto, lo stacca dal filo, inizia a piegarlo per bene, tutto allegro lo deposita nel mio zaino che ne risulta pochissimo appesantito. Lo ringrazio, siamo d’accordo che durante ogni nostra passeggiata in campagna, lui mi regala l’oggetto che cattura maggiormente la sua attenzione.
Ci spostiamo verso l’ombra offerta da un grande albero. L’aria viene tagliata dal rumore violento di uno sparo. Qualcosa di velocissimo sibila all’altezza del fianco sinistro di Aldo che si sposta di scatto, però inciampa e cade rovinosamente in avanti. Lo aiuto a rialzarsi, è dolorante, ci guardiamo intorno spaesati. C’è un vecchietto vestito da elegante cacciatore, imbraccia un fucile, cammina serio verso di noi. Da dietro a lui spunta fuori una vecchia vestita in modo sciatto, i suoi capelli sono lunghissimi e ondulati. La tipa ha un ghigno satanico. Vorrei indietreggiare, però le mie gambe sono bloccate dalla paura. “A quanto pare non vi hanno insegnato le buone maniere. Vi abbiamo visto mentre ci avete rubato un asciugamano. Ehi, vi hanno forse tagliato la lingua?” Pronunciata questa frase, il vecchio armato si ferma a circa dieci metri da noi, la sua compagna pure. Ci guardiamo tutti e quattro negli occhi con sguardi incrociati molto intensi. Quei due rospi iniziano a digrignare le loro boccacce in tante direzioni contorte, poi fanno delle agghiaccianti risate a bocca larga. “Che ne dici caro se diamo loro un minuto di vantaggio prima di iniziare la caccia?” I due rospi si guardano ricchi di complicità. Aldo prova a replicare. “Che ne dite di smetterla con le vostre farneticazioni?” Il vecchio sputa verso di noi, spara due colpi in aria e urla. “Smettetela di fare i lavativi, avete un minuto di tempo per allontanarvi, correte se vi preme la pellaccia!” Il tipo ci punta la canna del fucile ad altezza viso. Io e Aldo ci guardiamo allarmati, subito dopo inizia la nostra fuga. Mi accorgo che Aldo non ce la fa a tenere il mio passo, purtroppo la clavicola gli duole senza soste. Due proiettili intaccano il tronco di un albero contro cui un attimo dopo vado ad urtare con il braccio. Non riesco più a contare quanti proiettili ci passano vicinissimi al corpo nei minuti successivi. Uno di questi raggiunge Aldo colpendolo di striscio vicino al gomito. Ci sentiamo perduti, ormai condannati a cadere nella voragine di una morte schifosa. I nostri respiri sono diventati troppo simili ad un rantolio. Camminiamo a velocità minima rispetto a come vorremmo. C’è di buono che da venti minuti non si sente più neppure uno sparo.
Più tardi intravedo una jeep ferma. Non è un miraggio. A bordo c’è un uomo stempiato di mezza età che tranquillo mangia un panino ascoltando della musica. Gli chiediamo aiuto, cerchiamo di spiegargli la nostra fuga dai vecchi pazzi. Lui pare intenzionato a fregarsene di noi. Aldo si affloscia veloce, rimane disteso dentro un cespuglio. L’uomo stempiato si muove a leggera compassione, mi aiuta a soccorrere mio marito rimasto cosciente, lo carichiamo nella jeep. Provo a fornire allo sconosciuto una descrizione dello spiazzale in cui abbiamo lasciato la mia macchina. Il tipo annuisce, mantiene un atteggiamento taciturno, mi stoppa ogni volta che cerco di parlargli, comunque riesce abbastanza facilmente a portarci a destinazione. Egli mi aiuta a trasbordare Aldo collocandolo al lato passeggero della mia macchina. Inizio a guidare dovendo sopportare tremori di rabbia e paura che vanno e vengono. Aldo respira con grande affanno, mi risponde a monosillabi. Ha da poco iniziato a farsi notte quando arriviamo al pronto soccorso dove mi fanno alcune medicazioni e provano a debellare i tremori che mi perseguitano. Al povero Aldo viene disinfettato a fondo il gomito, gli riscontrano un leggero trauma cranico, inoltre dovranno intervenire chirurgicamente per riparargli la frattura della clavicola. Raccontiamo la nostra vicenda alle forze dell’ordine. Ci promettono che indagheranno a fondo, pur facendo presente che non siamo riusciti a descrivergli bene la località in cui si è svolto il fatto. La prassi prevede che ci requisiscano l’asciugamano multicolore. Non faccio resistenza anche se è la prima volta che mi privo di un regalo fattomi da Aldo in fase di passeggiata campagnola.
Tre mesi dopo la clavicola di Aldo par essere tornata a posto. Eh si, abbiamo voglia di ripartire per un escursione pomeridiana in luoghi di campagna sconosciuti. Purtroppo la in televisione appaiono quei due rospi credo ottantenni che ci hanno fatto penare tanto in quel maledetto bosco. Quelli sono dentro una sala sfarzosa seduti insieme ad un giornalista giovanissimo armato di sorriso automatico mentre li intervista. Viene fuori che quei due nel 2007 hanno finito di scontare trenta anni di galera. Facevano parte di una banda, composta da quattro uomini e due donne, che realizzarono dieci o più grosse rapine in banca negli anni settanta. In quei frangenti vennero pure uccisi quattro banchieri. Gli altri membri della banda sono morti sembra di acciacchi, dopo il ventesimo anno di reclusione. Il giornalista ebete ascolta i due rospi meravigliato, ne loda il tranquillo stile di vita agreste, li presenta come due persone che hanno pienanente dimostrato il loro pentimento. Quel damerino raccomandato sembra pienamente disposto a credere che gli asini possano volare. Poi questa specie di giornalista ragazzino annuncia tutto allegro che manca solo una settimana esatta all’uscita del suo libro narrante la vera storia dei due vecchietti più la relativa banda. L’anziano ladro fa una battuta che provoca le risate grossolane della sua compagna, un attimo e pure il giornalista idiota inizia a ridere. Ho un leggero mancamento, vorrei appoggiarmi da qualche parte, purtroppo urto la pentola che rovescia sui miei piedi, arieggiati nelle infradito, i suoi spaghetti corredati di acqua calda. Sento una vampata terrificante, urlo a squarciagola. Il povero Aldo spegne immediatamente la televisione, ha gli occhi già umidi mentre prova a tranquillizzarmi. Noi siamo Rita e Aldo, caro Avvocato ci aiuti a far pressione su chi di dovere, affinchè la nostra denuncia contro i due vecchi pazzi venga tradotta in un loro immediato ritorno in galera!
La vicenda è divertente e più verosimile di quanto comunemente si pensi. Nelle zone lontane dai centri urbani effettivemente si celano segreti noti solo ai residenti e situazioni non tanto dissimili le ho vissute di persona. In realtà uscire a ottant’anni dopo trenta di carcere significa comunque aver scontato la pena. Giusto però lasciare spazio alla fantasia e alle sensazioni soggettive.
Occhio agli errori di grammatica e di sintassi!!! 😉
Ciao amaso, ti dirò, nello scrivere questo racconto mi sono lasciato trasportare da quell’aria di grande mistero che mi è accaduto di provare sulla mia pelle alcune volte in cui ho avuto occasione di passeggiare in luoghi di campagna sconosciuti. Questi luoghi un po’ sperduti possono nascondere storie di persone che vanno ad abitarvi per motivi classici, come può essere il voler vivere in luoghi dove si può stare a contatto con la natura, senza respirare alcun gas nocivo. Oppure nel caso di questo mio racconto, ho ipotizzato che il bellissimo casolare ristrutturato, nascondeva agli escursionisti Rita e Aldo il fatto di ospitare fra le sue mura i quasi ottantenni ex pluri rapinatori. Questi due vecchietti hanno già scontato la pena, però hanno una reazione molto brusca, direi molto violenta dinnanzi a questa giovane coppietta che ha avuto l’ardore di rubare loro in fin dei conti soltanto un asciugamano dagli sgargianti colori. Ringrazio amaso per il commento. Poi per quanto riguarda l’opinione di lauramon dico semplicemente che se ci sono lievi errori di grammatica e di sintassi, vanno a testimoniare il fatto che Rita mentre scrive questa lettera all’avvocato, è ancora molto scossa dalla fuga per evitare i proiettili. Fuga che lei e Aldo hanno dovuto sostenere per salvarsi la pelle. Poi considera che hanno dovuto anche rivedere i vecchietti in televisione intervistati in stile baci e abbracci dal giovanissimo giornalista.
Ciao Roberto, ho lavorato diversi anni tra le frazioni e i casolari dell’Appennino e ho scoperto un mondo di emarginazione a volte sconosciuto ai più. In campagna una volta hanno sparato alla mia vettura, proiettili da caccia per fortuna che sono stati ammortizzati dal vetro, ma ben centrati su di me. Ma la vicenda più incredibile è stato quando ho dovuto uscire dalla statale, bloccata per un incidente, e dopo un lungo peregrinare fuori strada , poco prima della notte, uno del luogo ha cercato di depistarmi perchè ero passato nel suo terreno, cercando di convincermi a imboccare una strada che si perdeva tra i dirupi e la boscaglia. Per fortuna che sono diffidente e ho intuito le sue intenzioni, ho seguito la direzione opposta e dopo poche centinaia di metri ero già sulla strada provinciale. Se gli avessi rubato anche solo un fazzoletto non sarei qui a raccontarlo.
Andrea M.
Ciao Andrea, penso che abitare in luoghi molto decentrati a scarsa densità di popolazione può, in alcuni di questi abitanti, far sorgere una specie di forte diffidenza verso gli sconosciuti che si trovano a transitarvi. Nelle due esperienze di cui hai parlato, ti sei ritrovato per certi versi ad affrontare un concetto distorto di difesa del territorio. Sei stato bravo e fortunato a mettergliela in saccoccia a quei rospi. Poi si sa, anche fra i casolari dell’Appennino vi abitano alcune persone gentili e ospitali. Penso sia importante dire che non bisogna fare di tutta l’erba un fascio.
Certamente, in effetti si tratta di una forma esasperata di difesa del territorio e della proprietà. Ho un bellissimo ricordo dei miei trascorsi tra le montagne e anche di molti conosciuti allora, sono perfettamente d’accordo con quanto dici. .
Onestamente mi sento di prendere le difese dei due semi-ergastolani, ritirati a vita boschiva. È la prima volta che sento di qualcuno che se ne va in giro a rubare la biancheria altrui stesa al sole, per farne dono all’amato. (Accidenti, devo montare di guardia al mio stendino!) Peggio, molto peggio di Hansel e Gretel: almeno lì mangiavano cioccolata. E poi l’inseguimento tra i boschi, neanche il vecchio avesse una mitragliatrice! Onestamente non ho capito se l’intento del racconto sia quello di suscitare ilarità nel lettore o mettere a fuoco una qualche realtà sociale che mi sfugge. Ad ogni modo , forse, lo vedrei meglio come Corto.
La complicità esistente fra Rita e Aldo prevede che il maschio, ogni volta che si avventurano nelle loro passeggiate in campagna, ad un certo punto egli regali un oggetto a Rita. Oggetto che non è detto piaccia a Rita, essendo qualcosa che cattura l’attenzione di Aldo. Unica clausola che sia qualcosa di non ingombrante, trasportabile nello zainetto. Devo dire giovanna che trovo esilarante la tua battuta (Accidenti, devo montare di guardia al mio stendino!) Per quanto riguarda l’inseguimento fra i boschi, va ricordato che la coppia giovane non riesce a muoversi alla velocità voluta, perchè Aldo ha i dolori nei dintorni della clavicola, dolori derivanti dalla sua precedente caduta. Per quanto riguarda l’intento del racconto, diciamo che mi sono fatto guidare da una mia opinione, riguardante il fatto che, passeggiare nella profonda campagna può essere anche fonte di sorprese molto fuori dall’ordinario. Dal canto mio sono più orientato a prendere le difese della giovane coppia, perchè se i vecchietti fossero stati giudicati in proporzione, per tutte le rapine che commisero da giovincelli, altro che trenta semplici anni di galera.
Caro Roby, grazie per la tua garbata spiegazione. Posso dire però che anche i due giovani si stanno incamminando sulla stessa strada dell’illecito dei vecchi? Ti auguro una buona giornata.
Aggiungo che la coppia giovane è comunque conscia di aver compiuto un piccolo illecito. I giovani sposini rubano un solo oggetto, qualcosa che non deve essere prezioso a livello economico. Semplicemente qualcosa di inaspettato in partenza, un oggetto semplicissimo ma funzionale a coltivare questa loro stramba forma di complicità campagnola. Ciao giovanna, buona giornata anche a te.
Mi dispiace, ma dissento:il furto è furto, piccolo o grande che sia, al di là del valore economico. E poniamo che l’asciugamano avesse avuto un fattore affettivo importante? Io ad esempio, conservo gelosamente l’asciugamano in cui ho avvolto alla nascita i miei pargoletti. Se qualcuno mi rubasse questo asciugamano non più nuovo, mi si spezzerebbe il cuore. Caro Roby, non farti condizionare da una società dove il furto è ormai un dato acquisito: manteniamoci onesti, che è un valore, non roba da fessi!
Concordo sul fatto che è di notevole importanza il valore affettivo che possiamo dare ad un oggetto a noi caro. Naturale poi giovanna che l’onestà è un valore da salvaguardare. Però nel mio racconto ho presentato il punto di vista di Rita e Aldo che hanno buonissimi motivi per giudicare eccessiva la reazione della coppia anziana.
Ciao Roberto, mi è piaciuto il tuo racconto, originale e per certi versi “trasgressivo”. La presa dell’asciugamano sinceramente non mi scandalizza, ha lo stesso sapore del portacenere che parecchie persone prendono nei locali. Non lo si dovrebbe fare ma rientra nei peccati veniali. Mi ha colpita, ed è qui secondo me la nota controcorrente, l’immagine dei vecchietti impenitenti. Per non dire, complice il teleschermo, quante ce ne danno a bere! Complimenti!
Ho corso anche io con i personaggi…anche se all’inizio non sapevo da che parte stare…ma ammetto che ho scelto l’asciugamano e non il fucile. Un racconto in corsa. Simpatico!
Quando scrivo di Aldo che si appiccica all’asciugamano vistoso dai colori sgargianti, voglio dare risalto alla gioiosità che sta alla base della complicità instauratasi fra i due giovani coniugi protagonisti del mio racconto. Mi fa piacere che Laura abbia colto nel furto dell’asciugamano il sapore della goliardia in fin dei conti innocente. Rita e Aldo non avrebbero mai pensato di causare una simile reazione fin troppo esacerbata da parte dei proprietari. Noto con piacere che Laura ha gradito la contrapposizione che ho voluto creare tramite l’atmosfera di forte complicità esistente tra il giornalista giovanissimo e la vecchia coppia di rapinatori. Per Rita e Aldo è stato come dover subire un ulteriore inseguimento a mano armata, dover assistere alla mistificazione mediatica del presunto pentimento integrale di cui si sarebbero resi protagonisti i vecchietti, che verrannno poi ulteriormente osannati nel libro in uscita dopo una settimana.
Rita e Aldo erano partiti per camminare respirando a pieni polmoni l’aria della vera campagna, quella piena di boschi, dove si incontra una casa ogni chilometro, non è poi detto, potrebbero occorrerne anche cinque o più di chilometri. Poi complice l’asciugamano, che da ulteriore collante per la giovane coppia, si trasforma in oggetto scatenante la collera spropositata degli ex galeotti, avviene, come ha detto molto bene Silvia, un passaggio alla corsa vera e propria. Un racconto in corsa, laddove viene messa in scena una fuga inficiata da quel ritmo ingolfato che può mantenere il dolorante Aldo. Comunque è una corsa che la giovane coppia fa al meglio delle proprie forze residuali, per mantenersi viva e vegeta, per gridare poi un giorno a pieni polmoni, che gli inseguitori avevano ben altra trave nell’occhio, a cui fare attenzione, di cui chiedere più volte scusa, prima di scagliarsi esageratamente contro i giovani “ladri estemporanei”.
Mi piacciono le storie in cui sono un po’ tutti colpevoli, dove la morale non è ben chiara. Qui per esempio ho apprezzato in particolar modo l’ultima parte, con quella sorta di beffa televisiva che sorvola sulla reazione spropositata dei vecchietti e sul loro passato, preferendo focalizzarsi sul fatto molto “vendibile” della loro presunta e rinnovata innocenza, il tutto a discapito della giovane coppia di ladruncoli.
La reazione spropositata dei vecchietti è qualcosa che loro si guarderanno bene dall’ammettere in pubblico. Rappresenta una verità che loro non hanno interesse a far venire a galla. D’altronde al giovanissimo giornalista diventato così grande amicone con essi, preme soltanto vendere una loro immagine di piena redenzione dalle gravi nefandezze compiute negli anni settanta. Rita e Aldo rimangono decisamente spiazzati davanti a questa documentazione televisiva di redenzioni spacciate per molto veritiere. La giovane coppia vuole provare a scardinare questo aggiustamento artefatto della realtà, che probabilmente viene perpetrato per motivi esclusivamente commerciali. Ringrazio Alessandro per il suo commento.
Il dibattito non può avere conclusione. Tutti faremmo ora l’avvocato difensore dei nostri amici ora il pubblico ministero nei confronti dell’avversario rifiutando il ruolo di giudice, forse per falsa modestia e per il peso della responsabilità. Non sarebbe possibile una sentenza di condanna cercando di gradure il peso delle colpe. Rimane invece costante la presenza dei media nei fatti delittuosi in Italia (vedi gli omicidi di questi ultimi anni) tra l’esigenza d’informare, il bisogno di fare opinione e di determinare l’indice di ascolto. Ed infine il bisogno di tutti di apparire innocenti.
Ciao.
Eh si, in attesa che un gruppo di studiosi inventi un portentoso bilancino capace di graduare in maniera certosina il peso delle colpe, non ci rimane altro da fare che affidarci alla “buona fede” di questi molteplici media che, ogni volta in cui ci presentano un fatto di cronaca, lo aggiustano, magari omettendo piccoli passaggi insignificanti, oppure lo arricchiscono di sfaccettature, guarda caso sconosciute, agli altri operatori dell’informazione.