Premio Racconti nella Rete 2013 “I labirinti del cuore” di Mita Feri
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2013La giovane donna si stava recando nell’ufficio del capo, dopo che la sua segretaria l’aveva cercata mentre era intenta a sorseggiare velocemente un caffè, nella brevissima pausa che si era presa. La porta era aperta, ma lei restò un attimo sulla soglia per soppesare se potesse entrare o meno: il cellulare di ultima generazione di lui vibrava in bella vista sulla scrivania, così si limitò a sussurrare un lieve buongiorno, guardandosi distrattamente intorno: era l’ultima arrivata in quell’ambiente, soltanto recentemente le avevano rinnovato il contratto di collaborazione. Era molto soddisfatta di sé e raggiante per il traguardo raggiunto di vedersi confermata nel gruppo lavoro di quell’imponente impresa di consulenza finanziaria aziendale.
L’uomo scrutò il numero, con quegli occhi capaci di trapassarla da parte a parte e, senza assumere alcuna espressione di rilievo, chiuse la comunicazione e le fece cenno di entrare, ricambiando cordialmente il saluto, poi tornò rapidamente a concentrarsi sui fogli che aveva di fronte ai suoi imperscrutabili occhi di smeraldo.
L’arredamento dell’ufficio era essenziale, realizzato con gusto raffinato, ma sobrio, infondeva all’ambiente un tenore di squisita accoglienza. Qualche quadro appeso alle pareti, ne ravvivava il candore.
L’aria era però irrespirabile, densa di acre fumo delle sue sigarette e il posacenere risultava già riempito di cicche: doveva essere arrivato presto quello mattina!
La finestra che dava su un sontuoso giardino era aperta e la tenda svolazzava alla leggera e fresca brezza di primavera, trasportando all’interno il brusio del via vai dei passanti mattutini.
Un profumo pungente di colonia tentava a fatica di farsi strada fra quella bruma, solleticando le sue attente narici e confondendola piacevolmente.
Ormai si era rassegnata a non avere più scampo, avrebbe dovuto continuare a dividere i momenti di lavoro con lui!
Continuava ad osservarlo sospettosa e in tralice, mentre lui fingeva noncuranza mentre osservava le carte da firmare che gli aveva sottoposto, non perdendola di vista, con la coda dell’occhio.
Si era ripromessa di non pensarlo più, facile a dirsi, molto più complicato a farsi, considerato che lui rimaneva il suo capo adesso che le avevano prorogato il contratto di lavoro (e meno male di questi tempi!).
Aveva sperato ardentemente che con l’arrivo di quel mese in cui il suo contratto sarebbe scaduto, le sue tribolazioni interiori sarebbero cessate: è vero che sarebbe rimasta senza impiego, ma era certa che qualcosa di nuovo avrebbe trovato da fare, del resto non si era mai abbattuta e aveva determinazione da vendere, credeva nelle sue attitudini professionali e capacità e si era sempre distinta dalla moltitudine, con garbo e fierezza.
Si era detta: “Quando non lo vedrò più mi passerà!”
Eh, sì, perché ormai si era resa conto che quella che aveva per il suo capo non era più una semplice cotta … non le passava proprio; erano mesi che tentava di fare salti mortali per toglierselo dalla testa e non pensare più a lui, soprattutto negli istanti in cui non doveva: si rendeva perfettamente conto di non essere completamente in sé quando gli era vicina: le mancava il fiato e il suo battito del cuore diventava accelerato a dismisura, tanto che temeva se ne potessero accorgere tutti. In più, trovarsi non nel pieno possesso delle sue facoltà mentali, pregiudicava e non di poco il suo lavoro! Per non parlare della sua collega di stanza che non perdeva occasione per farle notare quanto apparisse con la testa fra le nuvole.
Avrebbe dovuto averla già smaltita se fosse stata una banale cotta da liceale! E invece niente! Lui le era penetrato nel cuore, nonostante tutto ciò che le aveva fatto passare, in termini di guai; le mostrava talvolta quella tenerezza canaglia che le faceva vacillare le gambe rendendola fragile e indifesa alle frecce scoccate dal furbetto Cupido, che si divertiva alle sue spalle, malizioso e sorridente come sempre!
Insomma, temeva di essersi innamorata di lui, di quell’uomo così autorevole, o meglio, che si atteggiava ad autoritario ma che lei sapeva quanto fosse vulnerabile; sì perché lei ne aveva avuta dimostrazione a sue spese, suo malgrado, del fatto che indossasse una maschera quando era in presenza degli altri: sì, proprio così, si trincerava dietro uno scudo asserragliandosi in estrema difesa e cercando di instaurare forti alleanze con i superiori.
E che terribile giornata fu quella in cui lo scoprì! Sarebbe sparita dalla faccia della terra se solo avesse potuto: sarebbe evaporata all’istante e per sempre!
Ma poi c’erano stati quei suoi sguardi furtivi commossi, pieni di pentimento: senza pronunciare più parole sull’accaduto, in più di una occasione lui si era dimostrato tenero come non mai e sull’orlo di chiedere scusa: lei lo percepiva nell’aria, le donne queste cose le comprendono al volo, hanno un intuito particolare nelle loro antenne sempre tese a captare ogni vibrazione dell’anima.
E allora lei si scioglieva come burro sul fuoco lento e il suo tormento interiore riapriva la ferita mai risarcita che le bruciava come se ci si spruzzasse sopra il sale.
Si chiedeva se quella forza irrazionale, incontrollabile, che l’aveva stregata e che l’attirava verso di lui con tanta prepotenza fosse un casuale incontro di anime affini che si cercano con affanno e senza sosta, o seppure era soltanto la sua suggestione, ma non ce la faceva più a trattenersi, voleva sapere. Non ce la faceva più a vivere nascosta, anche se sapeva che era un male, che avrebbe sbagliato, perché lui apparteneva a un’altra.
Ma allora perché lui aveva cominciato? In definitiva lei, se lui non avesse acceso la scintilla, non si sarebbe mai permessa di muovere un solo dito!
Anche perché era il suo capo e questo le creava un ulteriore turbamento: la regola che si era sempre prefissata in quegli anni di dura gavetta, dove se l’era sempre cavata da sola, reggendosi sulle proprie gambe e rimanendo in verticale era: mai innamorarsi del capo! Era per lei un comportamento inderogabile; il contrario avrebbe rappresentato una leggerezza, appartenere a uno stereotipo.
Lei era una maniaca della perfezione, mai banale e adesso, che si trovava catapultata, suo malgrado, in un terreno minato, rendendosi conto che la sua forza di volontà vacillava di fronte all’evidente sbandamento del suo cuore stordito, si sentiva in preda ai dubbi feroci e ai compromessi con la sua coscienza che riaffiorava dall’impeto del proprio orgoglio.
Immersa così tristemente nei labirinti del cuore non voleva apparire come una bambola ed entrare a far parte dell’affollata collezione privata, che si diceva in giro lui avesse accumulato nel corso degli anni con doviziosa cura. Ovunque avesse lavorato infatti, si diceva che le sue collaboratrici cadessero svenute ai suoi piedi, vittime della sua bellezza straordinaria e dei suoi modi di fare così intriganti e pietosamente melliflui.
“Posso parlarti in tutta franchezza?” Lo sorprese lei.
“Si, certamente!” Rispose lui con una lieve titubanza, sollevando appena gli occhi dallo schermo del computer, con un malcelato sguardo interrogativo attraverso il quale provava a captare i pensieri della giovane, per indovinare la piega che stava assumendo quella conversazione.
“A proposito di quanto emerso dal resoconto di questo studio e, soprattutto dal risultato prodotto sugli intervenuti alla riunione di ieri, oserei affermare, se me lo consenti, che io e te abbiamo delle affinità …”
Poi la donna sospese volutamente il respiro per creare un’atmosfera di attesa che risultasse abbastanza intrigante, dopodiché proseguì:
“Ti ho osservato bene e credo che abbiamo in comune, oltre alla determinazione, il piacere di ricevere consensi; sì insomma, siamo consapevoli delle nostre attitudini, del nostro carisma e, un po’, ci piace pavoneggiarci … su dai, ci lusinga conoscere quanti sappiano apprezzarci per le nostre qualità.
Così come …. pretendiamo entrambi di avere il controllo delle situazioni che ci riguardano. Ma lo facciamo in maniera diversa: tu hai la disinvoltura dell’uomo navigato; io sono una signora, mi muovo come mi si conviene. Ma il fine è il medesimo, non posso negarlo: a me non piace delegare ad altri e, soprattutto, essere marcata stretto: ho un carattere volitivo e sono uno spirito indipendente!
Credo che questa nostra autorevolezza traspaia in modo inequivocabile e la sicurezza che ci distingue abbia conquistato i presenti, ieri”.
Poi gli fece cenno di avvicinarsi al suo viso e gli sussurrò con voce estremamente dolce, fissando intensamente il suo sguardo nel profondo del mare dei suoi occhi:
“Vorresti forse dirmi che non è così?” E si allontanò improvvisamente, allentando la presa, perché quella vicinanza che lei stessa aveva cercato, le provocava fitte allo stomaco e il brusio delle farfalle.
Lui rimase per un attimo in silenzio, poi si accese nervosamente una delle sue tante sigarette e ne respirò avidamente la nicotina, pensando alla frase giusta da esprimere, che però non rivelasse i suoi veri sentimenti.
Non rispondeva e prendeva tempo, osservando cosa provocassero i suoi occhi concentrati su di lei: nessuno dei due voleva cedere e togliere lo sguardo fisso, per primo.
“E ti pareva,” pensava lei “gli manca il coraggio, come sempre del resto, preso da solo è un codardo, ecco quello che è realmente!”
Pensò allora di giocare la sua ultima carta e se anche così non avesse funzionato, avrebbe lasciato perdere, ormai era tardi, la sua vita era appesa al filo del rasoio e non poteva che proseguire in quella direzione, non c’era più possibilità di tornare indietro: non ce la faceva proprio più a continuare a mentire a tutti, compreso a se stessa.
Era necessario che uno dei due si dimostrasse onesto fino in fondo, qualcuno doveva pur, in quelle circostanze giocare a carte scoperte, altrimenti non sarebbe accaduto più nulla!
“Vorrei salutarti, la prossima settimana io non ci sarò, te ne ricordi?” Gli chiese a bruciapelo.
Lui accennò un sorriso ironico, poi aggiunse in tono di sfida:
“Non posso ricordarmi di tutti i dipendenti, ma se me lo dici tu, va bene, ci credo!”
“Non ne dubitavo, ci mancherebbe altro che riuscissi a tenerci tutti quanti a mente, io sono passata di proposito per fartelo presente, così se hai bisogno di cercarmi sai di poter contare sulla mia collega”. Rispose lei con determinazione.
“Questo sta a significare che non ti posso chiamare?”
“Esattamente, tanto non ne avrai bisogno, la mia collega saprà sostituirmi come si conviene!” Rispose con fermezza, senza fornirgli il tempo per replicare e proseguì:
“Ho una cosa per te, ti lascio questa, ma … leggila quando sarai fuori di qui, da solo e poi stracciala, ormai non ha più senso per me … per cui non farti illusioni … è solo che mi faceva piacere che tu l’avessi per un po’!”
Lui osservava la donna con curiosità, accigliato, si rigirava la busta fra le mani, non sapendo cosa dire: lei aveva un dono speciale per sorprenderlo!
Gli piaceva molto quella giovane, talvolta insicura da ispirare protezione, talvolta sfrontata da farlo stare male; lo attirava per la sua bellezza da vertigine, di cui lei era del tutto inconsapevole, per la sua intelligenza brillante, talvolta geniale, per la sua gioia contagiosa; ma non poteva averla.
Si era bruciato da solo l’unica opportunità che gli era capitata, quella che lei una volta gli aveva concesso, forse per un momento di debolezza, o di ingenuità, o solamente perché anche lei non era rimasta indifferente al fascino che lui emanava e che sapeva utilizzare con maestria, all’occorrenza.
O forse lo accalorava così tanto, perché era semplicemente una stronza che si divertiva a giocare con le persone che la incuriosivano!
Lui però, troppo concentrato su di sé, quella volta non ci aveva capito niente e si era comportato nel modo peggiore che lei aveva fortemente disprezzato: non aveva mantenuto il dovuto riserbo e si era vantato in giro della sua potenziale nuova conquista!
Riconosceva solamente adesso di essere stato un perfetto imbecille e il suo orgoglio, ostentato poi, aveva completato il rovinoso risultato della sua sconsiderata condotta suggerita dal demonio cretino! Chi è il demonio cretino? Semplice: colui che ti fa fallire quando sei ad un passo dal raggiungimento dell’obiettivo prefissato!
Troppo tardi si era reso conto che era stato vittima di una trappola tesa da lei per metterlo alla prova e misurare quale dose di sangue freddo avesse.
Hai capito la piccolina? L’aveva attirato nel trabocchetto e lui come un pollo ne era rimasto vittima. Aveva escogitato tutto per misurare la sua mascolinità!
Gli rodeva molto e ancora, nonostante fosse trascorso del tempo, mal sopportava che fosse stata una donna a spedirlo in esilio: non gli era mai successo prima di trovare una femmina che non cadesse ai suoi piedi, certo ce n’erano state di difficili, di complicate, ma mai era accaduto che una femmina usasse l’ardire di sfidarlo per poi approfittarsi di lui come oggetto di un gioco calcolatore.
Avrebbe tanto desiderato di punirla per questo, l’avrebbe volentieri sculacciata, in fondo era gerarchicamente suo superiore e lei in subordine, avrebbe potuto umiliarla con un provvedimento disciplinare, ma ormai sarebbe stato troppo scontato e banale.
Al momento non intravedeva una luce sul da farsi e questo non era da lui, che aveva sempre una soluzione per ciascuna questione importante.
Lei l’aveva spiazzato e questa consapevolezza lo rendeva irrequieto, predisponendo il suo animo in subbuglio, in aperto contrasto con la sua apparente fierezza e non gli piaceva affatto di sentirsi in tale stato di incertezza e disorientamento.
Ma la realtà al momento era una fitta ragnatela; non si poteva cambiare e la situazione tra loro dopo quell’episodio si era fatta tesissima. Lei era diventata estremamente cauta, muovendosi con impressionante circospezione.
Lui aveva maturato nella sua coscienza di esserne la causa, di averla condotta a tanto, avendola esposta al ridicolo e alle critiche pubblicamente. Così non poteva aspettarsi un comportamento diverso da quello scostante che lei aveva messo in atto: possibilmente si negava alla sua vista, saliva nel suo ufficio solo se costretta e solamente quando lui richiedeva la sua presenza; sul telefono privato non gli giungeva più nessun suo messaggio carino e quelli lasciati sulla casella di posta elettronica erano tornati ad essere solamente di routine: freddi scambi di informazioni sulle questioni operative d’ufficio.
Che stizza gli prendeva e non poteva rivalersi su nessuno!
Poi, come se ciò non bastasse, lo infastidiva l’atteggiamento che lei adottava con gli altri colleghi: non disdegnava di intrattenersi in brevi conversazioni e, all’occorrenza, in scambi di battute, in qualche aperta risata, quella stessa che l’aveva fatto incantare un giorno non troppo lontano e che a lui adesso negava con estrema fermezza.
Ma quello che più l’aveva sorpreso, era stata l’abilità dimostrata dalla giovane nel rinsaldare tempestivamente quei rapporti con i colleghi, che lui sperava di aver minato con la sua spavalderia: la frattura, apparentemente incolmabile, era rimasta invece, soltanto fra loro!
Lei si era riconquistata in un baleno stima, fiducia e piena credibilità di tutti, superiori compresi.
Dovette riconoscere che non mancava di astuzia e ciò rendeva tutto l’affare più imbrogliato.
Tutto ciò accendeva ancora di più il suo logorante desiderio: doveva averla, voleva possederla con tutti i suoi sensi: non pensava che a lei, era diventata il suo chiodo fisso; anche quando faceva all’amore con la sua donna era a lei che pensava, al suo modo così naturale e disinvolto di agitare quei fianchi quando camminava, tanto da farlo impazzire!
Ma lei si era allontanata e sembrava in modo irrimediabile.
Lui si lambiccava il cervello per individuare un segnale, un barlume di via che gli permettesse di riprendere il filo comunicativo che gli aveva assorbito i sensi quando l’aveva conosciuta, o forse era stato fin dalla prima volta che l’aveva incontrata a quel convegno, dove lei le si era presentata per complimentarsi per l’eccellente esposizione e per il formidabile traguardo raggiunto con gli esiti della ricerca condotta.
Gli era piaciuta subito: lei era un po’ timida, spaurita, era inconsapevole dell’alone di fascino che emanava, era talmente diversa da tutte le altre che aveva incontrato e frequentato fino ad allora e ciò lo faceva stordire, il suo era divenuto un folle desiderio irrefrenabile.
Ma forse avrebbe dovuto cambiare il suo registro espressivo …. doveva pur esserci un codice di accesso per raggiungerla; magari non doveva metterle fretta e sarebbe stato sufficiente attendere che lei se la sentisse nuovamente di abbattere le proprie barriere che al momento gli apparivano insormontabili.
Ma poi, era proprio sicuro di quello che aveva percepito? Non sarà stata pura suggestione la sua, amplificata dalla sua sicurezza di piacere?
O forse doveva fare ciò che non aveva mai fatto prima: parlarle con il cuore?!
Questo per lui era molto complicato, si sarebbe esposto, avrebbe significato mettersi in notevole discussione e lui non desiderava certamente cambiare per nessuna; figuriamoci poi per quella giovane donna presuntuosa! Era sempre stato talmente concentrato su di sé, sulla sua propensione alle lusinghe, sulla sua indiscussa abilità nella persuasione, per soffermarsi a farsi incatenare dalle questioni di cuore, meno razionali e più rischiose.
Ammesso anche che si fosse spinto fin su quel terreno minato …. lui, cosa sarebbe stato disposto a fare per lei? Cosa avrebbe sacrificato per lei?
In quell’istante pensò seriamente che uomini e donne dovessero essere e restare due universi incomunicabili.
Lei si alzò, lentamente si diresse verso la porta dell’ufficio recuperando quella distanza che le permetteva di mantenere il proprio sangue più freddo e lo salutò, con un cenno della testa ed occhi visibilmente commossi.
Fu allora che i loro sguardi si scambiarono le effusioni che celavano a gesti e a parole: le loro anime si intesero alla perfezione, si compenetrarono, ma ciascuno di loro continuava a giocare in difesa, per orgoglio, per timore, per non mostrarsi indifesi di fronte alle pulsioni incontrollabili del cuore: in quella nudità vestita solo di sentimenti controversi l’anima sobbalzava invece inquieta e mal sopportava di soggiacere alla ragione.
Appena lei fu uscita dalla stanza, lui, con fare nervoso si accese un’altra sigaretta poi, con rapidità e in modo sguaiato lacerò i lembi della bianca lettera, ne assaporò avidamente il profumo, come fosse quello lasciato da lei e lesse quei versi. Comprese tutto, capì che fossero a lui dedicati e, per la prima volta dopo tanto tempo pianse in silenzio, fra il fitto fumo e l’aria viziata di quella stanza, rimasta ormai vuota da quella presenza femminile, dolce e sensuale di cui solamente adesso iniziava a rendersi pienamente conto di quanto significasse per lui: l’amava, non poteva trattarsi di nient’altro che di Amore.
Il mio Amore in trappola
Rapita da un folle amore tormentato
non oso abbandonarmi al periglioso intrigo
della dolcezza dei tuoi occhi di diamante
che mi sciolgono in brividi lungo la schiena
e nugolo di farfalle nello stomaco.
Ma catene invisibili e prepotenti
mi avvinghiano stretta
per trattenere il guizzo del cuore,
che sobbalza e trasale.
E’ un tesoro nascosto questo Amore,
o è solo mia fantasia
questo turbamento che non oso svelare
per timore di farlo morire,
mentre dietro a un bacio furtivo, sognato
nascosto da un lieve rossore
che sa di dolce stupore,
ho perduto la pace dell’anima mia.
Ho smarrito il riposo
per l’ossessione
del pensiero continuo
che mi assale,
per quell’abbraccio mancato
ma tanto desiderato,
per quel calore commosso, ritroso.
Ma tu sai cos’è stato?
Tu sai chi abbia acceso la scintilla?
Io non lo so più:
Forse tu o …. forse io!
Sei la mia sorgente di luce
il sole cocente cui anelo
la fiamma ardente
che consuma la mia indomita anima vacillante
sul filo di un cupo precipizio.
Vorrei che fosse grazia e soavità
questo mio Amore in trappola
ma è tenebra e paura.
Vorrei che fosse tenerezza traboccante
ma è solo un’illusione
di un delizioso frutto d’amore.
Vieni a me:
io brucio d’amore per te
consola questo mio povero cuore malato
… ma …. se non lo vuoi
liberami da questa morsa che
mi strappa l’anima, lacerandomi tutta.
Sono ebbra di te
ma vorrei divincolarmi
da questo intreccio di rovi
che mi ricorda il mio peccato
la mia mediocre, ordinaria fragilità
la mia umana imperfezione.
Rendimi allora le mie ali di farfalla
per volare lontano, oltre il cielo, verso l’iridescente arcobaleno
per gettarmi poi senza riserve
in un oceano di pace
abbandonandomi
alla dolcezza delle fragorose onde
affinché cullino questo mio cuore fragile in esilio.
Eppure amarti liberamente
sarebbe bello
lo sento, con tutti i nervi tesi allo spasimo
come corde di violino:
sarebbe gioia pura e armonia dell’anima
e vorrei regalarti l’infinito
…. ma …. sospirare a te non mi è concesso:
non posso viverti
…. ma anche così non posso più vivere!
il racconto, e l’autrice mi perdoni, non mi piace. cerco di argomentare in modo costruttivo e pacato. l’amore tra uomo e donna è ben altra cosa. non mi riferisco solo ai miei contributi in tal senso, che sono abbastanza definitivi (“Bissula”, “Sesso e Divino”, “Il Commissario Dolano”, “Eugenia Tajka”) giusto ieri ho assistito al teatro studio di milano al mistero doloroso di anna maria ortese recitato da galatea ranzi. ecco il vero labirinto (in realtà è una croce radiante, la si immagini) dei due che diventano uno. essere uno con chi era uno con te prima del tempo. prima del tempo! ogni altra illazione è sbagliata ed è roba da rotocalco. trovo poi troppo retorico l’oscuro poesiume finale, degno di miglior causa. tanto la giovane donna che il capufficio mi fanno impressione, si tratta di personaggi che il testo evoca come personaggi di uno spot tv . voglio vedere – la prego – le scarpe a tacco alto della protagonista, il suo scollo e lo spacco della gonna. così, per mio interesse personale. la profondità del tutto è nulla. questo il mio parere, mi auguro pacato e rispettoso. rinnovo comunque stima e rispetto all’Autrice con un “in bocca al lupo.” CEMF
questa nuova fase dei NO e dei commenti negativi – sempre pacati e rispettosi e in amore e al servizio della Verità – mi piace tantissimo. CEMF
Mi piacerebbe sapere, dai moderatori di questo sito, se sia corretto fare promozione dei propri componimenti all’interno dello spazio riservato ai commentatori/lettori – Grazie!!!
Per quanto riguarda il contenuto del messaggio, non ho alcun problema a confrontarmi con critiche che siano ben argomentate e convincenti e che siano libere da pregiudizio.
Ma lei è proprio sicuro di conoscere bene il modello narrativo psicologico che scandaglia i processi psichici inconsci dei personaggi secondo il concetto della realtà della psicanalisi freudiana? E la polisemia?
Buongiorno Signora Mita, di queste due cose so in effetti poco o nulla. Svolgo mansioni umili è a scrittura è il mio unico svago. Invento fantasticherie, come potrà vedere se leggerà qualche mio brano, per uscire da un reale abbastanza intollerabile. Mi perdoni se il commento l’ha turbata, lo immaginavo e me ne scuso ma mi sembra di essermi espresso con grande correttezza. Nessun pregiudizio è un giudizio estetico e anche io, nel mio piccolo, ho diritto ad averne come tutti. O bisogna sempre dire che tutto va bene? Per la promozione dei testi non comprendo la critica, certamente se la cosa non è possibile (lo faccio ogni volta o quasi) ritiro tutto. Me se uno mette il suo blog compie – polisemicamente o meno – la stessa azione, no? Chi ha il blog in blu sotto il nomignolo è dunque colpevole? Anche circa la Veggente che mi ispira ed aiuta nei testi ho chiesto prima: non sembra che sia vietato. La saluto e un grande in bocca al lupo per il concorso. 🙂 CEMF
Chiedo scusa a Mita, ma credo di dovere una risposta al cavaliere.
Il blog viene inserito nel profilo personale e compare in automatico sotto al nome dell’utente.
Ma titoli e contenuto del blog non appaiono nello spazio commenti di questo sito.
Invece i riferimenti che lei fa alle opere del suo alto ingegno fanno spesso parte integrante dei suoi commenti e sono visibili in questo sito.
A me non disturbano, però è evidente a chiunque che le due cose non si possono equiparare.
La ritengo scusata solo dal fatto che forse questo concetto va molto oltre le sue capacità comprensive.
Un’ultima precisazione: qua di nomignolo c’è soltanto il suo.
vabbè dai è un dettaglio. nomi nomignoli di ognuno conta il vero nome nome no? rimando ai miei pezzi perchè voglio che li
leggano e mi amino per quello che c’è scritto. se non si puó chiedo al
moderatore di cancellarli, ok?
rientriamo nel testo feri, che ho commentato con rispetto, vuoi? un saluto e un in bocca al lupo CEMF
e la Veggente? non mi farai mica un “warning” anche su questo? CEMF
Mi sembrano due personaggi fin troppo ancorati al consolidamento dei loro incarichi professionali. Nel loro profondo si intuisce che avrebbero la capacità di lasciarsi le apparenze alle spalle, cosa che gli permetterebbe di tradurre in pratica il loro amore. Però ciascuno di loro sceglie in fin dei conti un comportamento masochistico, aggrappandosi a modi di fare tipici di quelle persone che gira e rigira trovano mille scuse, per non lasciarsi andare abbastanza alla forza dei sentimenti. Un racconto scritto bene, ma lo trovo un racconto triste.
Ho letto il tuo racconto, cara Mita, però questa lunga scaramuccia amorosa tra dipendente e capo, che poi si scopre essere amore nella lunga poesia finale, non mi ha irretito, sicuramente a causa dei miei gusti personali. A cominciare dal principio, dove le frasi mi sembrano non avere mai fine. Anche la prospettiva interna che tu usi, prima della giovane donna e poi del tenebroso e fascinoso capo, sono, a mio dire, troppo lunghe e a volte ripetitive nei concetti. Ti faccio tanti auguri per il concorso.
…l’amore, e’ mascalzone, viaggia contromano, parcheggia sempre dove vuole……….F. De Gregori
” Falso movimento” e’ il titolo….