Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2013 “Volpe e la sfera di cristallo” di Patrizia Rasetti

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2013

Quando erano assieme, facevano paura a tutti; non c’era lingua più velenosa, occhiata più pungente della loro se decidevano di prendersela con qualcuno e questo, a dirla tutta, accadeva molto spesso!

“Tre è il numero perfetto!” Dicevano vantandosi non poco della loro ferrea amicizia.

Betta, Clelia e Irma. Erano le pettegole più temute della città.

Appena libere dai loro impegni lavorativi, si riunivano quando alla taverna di Irma, quando a casa dell’una o dell’altra e proprio in una di queste occasioni accadde una cosa che le rese ancora più unite e spericolate nelle loro folli imprese investigative.

Clelia ed Irma erano appoggiate con le braccia alla staccionata che recingeva l’orto di Betta e si divertivano a sparlare dei signorotti della città ridendo e ciarlando a voce alta mentre Betta continuava a zappare.

“O cosa c’è qui sotto?”- disse Betta spostando la terra con le mani.

Clelia ed Irma allungarono il collo per vedere meglio e lo stupore fu grande quando Betta tirò su una grossa palla di cristallo appoggiata su una base di legno.

“O santa Paletta!”-esclamò Irma battendosi le mani sulle guance- “Ma questa è una sfera magica!”

“Macché magica!” -disse Clelia dandole una spallata- “Questa è una boccia per i pesci rossi!”

Betta ripulì alla meglio col grembiule la palla di vetro e gettando la zappa si diresse velocemente in casa invitando con un gesto della mano le altre due a seguirla.

“Vediamo un po’ chi di voi due ha ragione.”- disse Betta appoggiando la sfera sul tavolo; si sedettero tutte e tre intorno fissando l’”oggetto del mistero” con aria interrogativa, pronte ad avventurarsi in improbabili argomentazioni filosofiche.

“Aspettate ragazze!” -esclamò Irma certa di aver trovato la soluzione- “Questa è una palla magica: basterà chiedere e lei risponderà.”

E stendendo le mani sopra la sfera cominciò a recitare con voce profonda e solenne:

“Palla, palla di tutti i reami, sai tu dirmi cosa accadrà domani?”

Ma la sfera di cristallo restò muta.

“Lascia fare a me!” – intervenne Clelia spostandola con un colpo di fianchi- “Non dobbiamo parlare alla palla, dobbiamo strofinarla!”

E così dicendo serrò la sfera sotto al braccio sinistro e cominciò a strusciare freneticamente con la mano destra ottenendo come risultato una sfera lucida e pulita; la delusione fu davvero grande.

Avevano sperato di aver trovato qualcosa di portentoso ed invece non avevano altro che un po’ di vetro vecchio.

“Date a me va’!” -disse sconsolata Betta- “Ci metterò dentro un paio di pesciolini rossi.”

Strappò dalle mani di Clelia la sfera di cristallo e cominciò a scuoterla cercando di togliere la base di legno su cui era poggiata; senz’altro lì sotto c’era l’apertura da dove avrebbe potuto riempirla d’acqua ma…… con grande stupore delle tre amiche, la sfera si animò all’interno con spire di fumo che si rincorrevano formando figure grottesche. Per poco Betta non la lasciò cadere in terra, tanto era spaventata.

“Irma,”- disse con voce tremante- “ma che significa tutto ciò?”

Con immenso stupore le tre donne videro apparire dentro alla palla di cristallo l’immagine di Irma, proprio nell’atto di guardare la sfera stessa.

“Santa Paletta!” -disse Irma sgranando gli occhi- “Betta, guarda lì!”

Ma nello stesso istante l’immagine di Irma sparì da dentro la sfera ed apparve quella di Betta appoggiata con le braccia sul tavolo. Le tre donne si guardarono con gli occhi spalancati e la bocca aperta; a quel punto la taverniera tese le braccia indietro quasi a voler tenere a distanza le altre due e deglutendo rumorosamente sentenziò: “Fermi tutti, ho capito! Ragazze… se è vero quello che penso, potremmo sapere tutto di tutti! Facciamo una prova: ora pronuncerò il nome della perpetua e se il mio intuito non m’inganna a quest’ora la dovremmo vedere intenta a preparare la cena a Padre Silvano…”

Tese le braccia in avanti e sfiorando la sfera con le mani, pronunciò a voce alta: “Emma, cosa stai facendo?”

Betta e Clelia si abbassarono quasi a toccare il bordo del tavolo col mento e rimasero esterrefatte nel constatare che Irma aveva ragione! Nella sfera apparve in effetti Emma, la perpetua di Padre Silvano che stava preparando al cena ma…

“O per San Girolamo!” -sbottò Clelia- “Guardate Emma: sta friggendo i carciofi e le zucchine al prete e si tiene per sé il pollo che avevo regalato al Padre!”

“Brutta figlia di….”-inveì Irma prendendo a pugni l’aria- “Lo avevo sempre sospettato, ma adesso dobbiamo fargliela pagare!”

“Taci Irma!” -le urlò Betta facendosi tre volte il segno della croce- “Non scomodare tutti i santi del paradiso per un pollo!”

“Presto, andiamo alla taverna: m’è venuta in mente una cosa…”

Senza far domande, Betta e Clelia seguirono l’amica che si diresse a passi lunghi e veloci verso il “Piatto d’oro”.

“Eccolo!! Sapevo che l’avrei trovato qui ad aspettare il suo quotidiano piatto di fagioli.”

Seduto sui gradino c’era Volpe, tutto rannicchiato con la testa appoggiata alle ginocchia, in attesa di poter mettere qualcosa sotto ai denti. Lo chiamavano tutti così a causa della sua mente un po’ troppo “addormentata” ed era considerato lo scemo del villaggio.

“Olà, sacco di pulci!” -lo apostrofò bonariamente Irma- “Te lo vuoi guadagnare un bel cosciotto di maialino con contorno di patate arrosto?”

Volpe annuì vigorosamente con la testa tanto che dal suo cespuglio di capelli rossi, cadde un esercito di pidocchi.

“Pe-pe-per un coscio d-di ma-ma-maialino sono pronto a tutto! Ch-ch-che devo fare? Spo-spo-spostare la montagna? Asc-asc-asciugare il fiume?”

“Ma smettila tontolone! Apri le orecchie ed ascoltami bene…”

Volpe si alzò di scatto e si mise le mani a conchiglia intorno alle orecchie per far vedere che poneva la massima attenzione alle parole di Irma.

“Devi andare dalla perpetua e senza destare sospetto controlla se Emma porta  il pollo fritto in tavola al prete. Và, corri che stanno per sedersi a mangiare.”

Volpe, pregustando già il succulento pranzo che gli aveva promesso la taverniera, corse verso la chiesa accanto alla quale c’era la canonica. Entrò come era solito fare senza chiedere il permesso e si diresse verso la cucina dove Emma stava terminando di friggere il pollo.

“E tu che ci fai qui? Hai fame?”

“N-no, so-sono venuto a vedere se mangi tu-tutto il pollo!”

Emma capì che qualcuno aveva mandato Volpe a spiarla e questo qualcuno non poteva essere altri che quella dannata pettegola di Irma.

“Ah, ho capito! Aspetta qui che termino di friggere i carciofi”. E lo spinse energicamente nel ripostiglio sottoscala, chiudendo la porta a chiave.

Volpe non capì il perché del gesto della perpetua e nella sua grande ingenuità, si sedette per terra, cingendosi le ginocchia con le braccia in attesa che qualcuno lo facesse uscire da quel buio pesto che gli metteva paura.

“Pe-perché non po-porti il pollo fritto a Padre Silvano?

“Ma cosa dici mai?” -gli rispose la perpetua avvicinandosi alla porticina del sottoscala- “Porterò in tavola il vassoio colmo di pollo e verdure fritte ed il nostro caro Padre gusterà il regalo della tua amica Clelia; non farei mai un torto al nostro prete… devi dirlo a quelle gran pettegole!” Ed intanto addentò un bel pezzo di pollo.

“A-allora de-devo dire a Irma che il po-pollo lo mangi assieme al pre-prete e ch-ch-che le loro son solo bru-brutte chiacchiere?”

“Ma certamente!” -incalzò la perpetua parlando sempre attraverso la porticina- “Anzi, io mangerò solo le ali e le costine, mentre il nostro Padre Silvano si gusterà le parti migliori e polpose; però devi dirmi una cosa, caro Volpe: perché le tue amiche temevano che mi mangiassi il pollo da sola?”

“Pe-perché -fu la candida risposta di Volpe- ti hanno visto nella pa-palla di vetro che lo nascondevi!”

La perpetua scosse la testa pensando che la risposta del giovane fosse stata dettata dalla sua mente un po’ troppo stravagante e non andò oltre con le domande.

“Mah! -pensò fra sé- chissà cosa ha capito quel povero deficiente! Va bene che Irma e le sue due amiche hanno la lingua più velenosa di cento serpi, ma arrivare a vedermi in una palla di vetro….”

Intanto, mentre era immersa in questi pensieri, continuava a cuocere il pollo nell’olio sfrigolante e Volpe, urlando dal sottoscala chiese: “ M-ma adesso co-cosa stai facendo, Emma?”

“Nulla caro Volpe” -rispose- “Aspetto che smetta di piovere; lo senti questo rumore? E’ la pioggia che picchia sui vetri della finestra!”

Ridendo sotto i baffi, Emma mise le zucchine ed i carciofi fritti in un vassoio da portare in tavola e si tenne per sé tutto il pollo nascondendolo nella credenza. Dopo aprì la porta del sottoscala e fece uscire Volpe, regalandogli un tozzo di pane.

“Ed ora torna da quella gran pettegola e raccontale cosa hai visto e cosa ti ho detto!”

Volpe scrollò le spalle, addentò il pane e trotterellando andò verso la taverna dove trovò le tre donne sulla porta.

“Allora Volpe, raccontaci che cosa hai visto: Emma si è mangiata tutto il pollo? Possiamo andarlo a raccontare a Padre Silvano?”

“Ah, non lo s-s-so!” -fu la candida risposta- “N-non ho vi-visto nulla:era b-buio e pio-pio-pioveva!”

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2 commenti »

  1. Bella e divertente! Sembra una novella del decamerone! Hai in mente di fare un seguito?

  2. Grazie Euriante! Sì, in effetti questo racconto farà parte di una serie simile, dove i protagonisti saranno sempre gli stessi, in varie peripezie. La mia intenzione è quella di riunirli tutti in un unico libro dedicato ai ragazzi.

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