Premio Racconti per bambini 2013 “Pallina e le due sorelle” (sezione racconti per bambini) di Bruna Baldini
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2013D’inverno, nelle giornate fredde, nonna Rosina se ne stava nella sua grande cucina seduta sopra la panca di legno, vicino al fuoco. Io mi ci sedevo accanto e le chiedevo: “Raccontami una favola, nonna”. Ne sapeva così tante e le sapeva raccontare così bene che anche nonno Roberto, qualche volta, se ne stava lì in un angolo in silenzio ad ascoltare.
Quel giorno pioveva così forte che sembrava venisse la fine del mondo. I tuoni erano così fragorosi che facevano tremare i vetri della finestra. Il forte vento spezzava i rami degli alberi. Anche nonno se ne stava vicino al fuoco e disse a nonna: “Oh Rosina …. perchè non le racconti quella favola di Pallina e le due sorelle!”. E nonna: “Aaah… me l’ero quasi dimenticata! Oh bimba…Oh Marietta! Pensare che a tua madre, quando era piccola, piaceva tanto. Ma……speriamo che me la ricordi tutta!”. E nonna Rosina iniziò subito a raccontare…
… C’era una volta nella campagna lucchese, fuori porta Elisa a pochi chilometri dalle mura, una casa grande grande e bella. Aveva le pareti di pietra e i pavimenti con mosaici. L’interno della soffitta era fatto di travi di legno incrociati. Il tetto era solido e confortevole. Davanti casa c’era un grande giardino, pieno di fiori di ogni specie. Sul retro della casa c’era un grande prato con tanti alberi da frutto, l’orto e un bel pollaio. Non mancava proprio nulla.
In quella casa ci abitavano due anziane sorelle che, per essere indipendenti, avevano diviso la casa e si erano fatte l’entrata ognuna per conto suo. Dalla parte destra abitava Ada, la più giovane delle due, se così si può dire, con la figlia Fiorella. Ada era una persona semplice e di poche parole. Parlava solo quelle rare volte che si arrabbiava. Al mattino, quando si alzava, indossava la prima cosa che le capitava tra le mani. Le piaceva tenere i polli, fare l’orto e passava tanto tempo nel prato dietro la casa. Dalla parte sinistra abitava Carlotta, la più anziana. Era una vecchietta arzilla, curiosa e socievole. Non si era mai sposata e viveva sola. Le piaceva vestirsi elegante, andare a passeggio e prendersi cura dei fiori. Voleva bene alla sorella e adorava la nipote: erano le sue uniche parenti.
Quando Carlotta stava in giardino cantava vecchie canzoni che le ricordavano la sua gioventù. Fiorella, che aveva il carattere allegro della zia, si metteva a ballare. Ada guardava la scenetta e rideva: “Fiorella è matta come te! Sembra più figlia tua che mia!”. Si volevano bene e andavano d’amore e d’accordo.
Sarebbe continuato ad andare tutto bene se Fiorella non avesse avuto la passione per i cani. Faceva l’impiegata e, per uscire dal letargo di tutta la settimana, i giorni di festa si alzava al mattino presto e faceva una lunga corsa in bicicletta sulle mura. Faceva un paio di giri, guardava un po’ qua e un po’ là. Era sempre tutto così uguale: un vecchio seduto sopra una panchina che leggeva il giornale, i bimbi che giocavano e tanta gente che correva. Non cambiava mai niente!
Quella mattina, qualcosa la distolse dai suoi pensieri. Sentì dei piccoli lamenti. Si fermò e si guardò intorno. Ai piedi di un grosso platano, vide una scatola di cartone. I lamenti provenivano proprio di là. Si avvicinò e vide due cuccioli di cane: erano due volpini. Sembravano due batuffoli di cotone. Stavano raggomitolati in un angolo, tenevano le orecchie abbassate e tremavano. Erano impauriti. Tanto erano belli e buffi che sembravano due giocattoli. Si chinò e accarezzò il loro pelo bianco come il latte. I cuccioli la guardarono con occhietti teneri e tristi, poi li chiusero: erano stanchi. Quei musetti dolci avevano due nasini così neri e lucidi che sembravano due bottoncini di velluto.
Con che coraggio avevano potuto abbandonare due cuccioli così! Le fecero tenerezza e le sembrò crudele lasciarli lì. Quindi, li sollevò dallo scatolone e li mise nel cestino della bicicletta. Si adagiarono subito. Fiorella li coprì con la sua sciarpa e si avviò verso casa. Mentre si avvicinava, pensò: “Mia mamma non li farà entrare neanche in casa”. Era tanto tempo che desiderava un cagnolino ma tutte le volte che ne parlava con sua mamma, lei si metteva a brontolare: “Gli animali sporcano la casa, portano le malattie e poi io non sopporto il pelo!”. Ma Fiorella pensava: “Mia zia mi aiuterà a trovargli una sistemazione”.
Appena arrivata a casa, staccò subito il cestino dalla bicicletta. La sua mamma era alla finestra e, appena vide i cuccioli, fece una faccia che non prometteva niente di buono. Fiorella si diresse in fretta a casa della zia. Appena entrata, con un po’ d’ansia e tutto di un fiato, disse: “Zia Carlotta, ho bisogno di un favore. Potresti per oggi tenere in casa questi cuccioli? Sono stati abbandonati. Li ho trovati sulle mura. A casa mia non li posso portare, sai com’è mamma…… Tiene i polli perché le piace farli arrosto. Tiene le galline perché fanno le uova e le piacciono le frittate. Ma i cani non li può soffrire! Se per oggi non li tieni tu, dovrò metterli in garage. Sono impauriti, hanno freddo e fame. Domani, prima di andare al lavoro, li porterò al canile. E la zia: “Fiorellina mia, non ti preoccupare. Li tengo io”. Prese una ciottola e la riempì di latte. In un attimo i cuccioli lo bevvero tutto: avevano proprio fame! La zia prese una cesta, ci mise dentro una vecchia maglia di lana e improvvisò una cuccia. Poi, li guardò dormire con dolcezza e sorrise commossa.
Fiorella ne approfittò subito per mettergliene uno in braccio: “Senti come è tenera e che pancina rotondetta! E’ grassina, vero? E’ una cagnetta. Le ho messo nome Pallina. Lui, invece, è un maschietto. Dorme sempre. Gli ho messo nome Poldino. Per oggi ti faranno tanta compagnia”.
Il giorno dopo, Fiorella si presentò a casa della zia molto presto. Prima di andare al lavoro, doveva portare i cuccioli al canile. Dormivano beati dentro alla cesta. Li accarezzò. Pallina e Poldino si svegliarono e la guardarono con certi occhietti che sembrava che le dicessero: “Vogliamo rimanere qui! Non ci portare via!”. Piena di ansia e con lo sguardo preoccupato, si mise a fargli le coccole. Zia Carlotta la stava guardando: “Vedo che li vuoi tenere. Lasciali qui. Sarà bello prendersi cura di questi cuccioli!! Il problema più grande sarà convincere tua madre! Chissà quanto ci sarà da brontolare quando capirà le nostre intenzioni. Per il momento sono piccoli e li terrò in casa. Col tempo si vedrà quello che si potrà fare”.
Il tempo, si sa, passa in fretta e i cuccioli crescevano a vista d’occhio e diventavano sempre più belli. A Carlotta riempivano la vita. E ada diventava sempre più nervosa. Arrivò l’estate e con l’estate, il caldo. Un giorno, Carlotta e Fiorella portarono i volpini in giardino per farli giocare. Poldino e Pallina facevano a gara a fare le capriole e si nascondevano tra i cespugli di fiori.
Carlotta sapeva che erano golosi e, per farli uscire, si metteva una mano in tasca, poi l’alzava in alto e teneva tra le dita due biscotti. Loro cominciavano a saltare per prenderli. Se non ci riuscivano, perché la mano era troppo in alto, cominciavano a lamentarsi così tanto che sembrava che li stesse torturando. Ada uscì di casa brontolando: “Oh Carlotta, cos’è tutto questo chiasso? Falli stare zitti e portali in casa!”. E Carlotta, con tutta la tranquillità di questo mondo: “Il gallo del tuo pollaio tutte le mattine canta all’alba. Io quando lo sento mi alzo dal letto e mi metto a cantare anch’io, felice perché mi dà la sveglia. A dormire tanto s’invecchia e io mi voglio mantenere giovane!”. E Ada: “Non farmi ridere! Giovane …. è un bel po’ che siamo vecchie!”.
Quando Fiorella andò in ferie, mandava i cani in giardino tutti i giorni. Al mattino stavano al fresco davanti alla porta di Carlotta. Il pomeriggio, quando girava il sole, andavano dalla parte di Ada. Il pomeriggio Ada andava a riposare ma un giorno si alzò prima del solito e, quando si accorse dei cani, li mandò via in malo modo: “Andate via bestiacce! Se lasciassi la porta aperta entrereste anche in casa!”. Poldino, che era calmo, permaloso e pigro, se ne andò mogio mogio. Pallina non si mosse. Per farle capire che voleva respirare solo un po’ d’aria fresca e farsi una dormita, chiuse gli occhi e si mise a russare pensando: “Non ti ho fatto nulla. Perché ti sono così antipatica? Lasciami in pace!”. Ada prese un secchio di acqua e gliela tirò addosso con rabbia: “Ti faccio vedere io chi comanda qui!”. Pallina cocciuta rimase lì. Sembrava volesse sfidarla. La guardava in modo strano e pensava: “Che rabbia che mi fai. Se potessi parlare te ne direi quattro anzi dieci! Parola di volpina! Domani, quando vai a letto, ti rosicchio tutti i gambi delle seggiole! E, secondo cosa mi gira, anche quelli del tavolo!”.
Ada, quindi, chiamò a gran voce la sorella. Si accorse, infatti, che aveva scostato la tenda della finestra e si era goduta la scenetta e rideva. Ada si innervosì ancora di più: “Vieni a prendere questa diavolaccia altrimenti la prendo a bastonate!”. E Pallina: “Diavolaccia? A me che sono così bella!”. Allora Pallina approfittò di un momento di distrazione di Ada e veloce e birichina si alzò e, gocciolando acqua come un tetto, andò a scuotersi vicino ad Ada e la bagnò dalla testa ai piedi. Mentre Ada si asciugava e brontolava con la figlia e la sorella, Pallina saltò in casa di Ada dalla finestra. Si accorse che aveva la merenda sul tavolo. Mise il muso dentro al piatto, gliela rubò e scappò via per mangiarsela in santa pace: “Una diavolaccia si deve comportare così! Questo nome me lo voglio meritare!”.
Da quel giorno Ada, tutte le volte che la vedeva in giardino, le andava incontro con un bastone per picchiarla. Pallina, per paura di buscarle, stava sopra il davanzale della finestra di Carlotta però teneva d’occhio Ada e, quando poteva, gliene combinava di tutti i colori. Un giorno andò nell’orto dietro casa e, da tanto che lo raspò, le sradicò quasi tutta la verdura. Poi andò a scuotersi davanti alla sua porta e le riempì il tappeto di terra e peli. Prima di rientrare in casa di Carlotta, dalla paura di sporcarle il pavimento, si strusciò le zampette al tappeto come una brava bambina: “Lei mi vuole bene. Io l’adoro e la rispetto!”.
Tra Pallina e Ada fu guerra tutta l’estate. Pallina ogni tanto le buscava da Ada ma non smetteva di fare dispetti. Carlotta sopportava in silenzio i rimproveri della sorella e i dispetti che Pallina faceva ad Ada. Fiorella, però, capì che la zia soffriva per la situazione che si era venuta a creare e, a malincuore, alla fine di settembre decise di portare Pallina al canile. Avrebbero tenuto solo Poldino. Lui era così pigro e dormiglione che non dava noia a nessuno!
Quella sera Fiorella non aveva sonno. Andò a casa della zia per stare per l’ultima volta con Pallina che, con lei e con la zia, era docile e carezzevole e le si era tanto affezionata. Verso mezzanotte, aprì la porta per tornare a casa sua. Vide un tipo che stava rubando le galline: le stava mettendo dentro un sacco di iuta. Fiorella gridò aiuto. Pallina veloce gli si buttò addosso e ringhiando come una tigre lo morse più che potè. Il ladro, dal dolore che sentì, lasciò andare il sacco e, per togliersela di dosso, la chiappò con rabbia e la tirò dentro un cespuglio di rose e, poi, se la dette a gambe scomparendo subito. Poldino si limitò solo ad abbaiare. Che pigrone!
Tutto quel rumore svegliò le due sorelle che dalle loro finestre videro tutta la scena. Scesero per aiutare Pallina a uscire dal cespuglio. Aveva una zampetta rotta ed era piena di spine. Ada fu piena di rimorso perché l’aveva picchiata tante volte e adesso, grazie a lei, le sue galline erano salve. La prese in braccio e con amore disse a Carlotta che voleva curarla lei. E così, Pallina e Ada fecero pace.
Alcuni giorni dopo Ada portò Pallina a casa sua e, sapendo quanto fosse golosa, le fece un dolce. Quando lo mise in forno, Pallina lo guardava attraverso il vetro divertita e, quando lo vedeva lievitare, tanto era contenta che batteva la zampetta sul pavimento e mugulava per far capire ad Ada che era pronto. Pallina, birbante e furba, guardava Ada con un solo occhio e pensava: “Ce l’ho fatta a farmi volere bene!”. E dondolava la testa in segno di vittoria.
Tutte le domeniche Ada e Carlotta andavano a messa. Pallina, che ormai era diventata la cocchina di tutti, si preparava davanti alla porta tutta impettita, con la testa dritta pronta per partire. Ada, che ormai gliele dava tutte vinte, la portava via.
Quando le due sorelle entravano in chiesa, Pallina stava sul piazzale e, per farsi notare, camminava su due zampe e cercava di giocare a palla con i bambini. Loro le volevano un gran bene. Se vedeva qualcuno mangiare un gelato, smetteva di giocare, gli si accucciava davanti e lo guardava con occhi speranzosi e supplichevoli, sembrava che dicessero: “Lasciamene un pochino”.
La gente la guardava e rideva: “Ma dove l’avete trovata una volpina così?”. Carlotta e Ada orgogliose, rispondevano in coro: “E’ un segreto. Non si può dire”. E d’amore e d’accordo la riportavano a casa.
Nonna Rosina smise di raccontare. E Marietta: “Nonna…. continua!”.
E nonna Rosina: “Eh no, Marietta. La favola finisce qui. Domani te ne racconterò un’altra”.
Favola molto realistica, nel senso che sembra davvero di star seduti accanto a nonna Rosina e sentirla raccontare. Tenera la pancia rotondetta della cucciola, particolare che mi fa intendere che anche tu, come me, abbia dei cani. Forse avrei evitato di presentare la storia , a metà fiaba, anche dal punto di vista della volpina , però nel complesso è una favola molto carina. Anch’io ho scritto due fiabe. Mi farebbe piacere sentire il tuo parere.
Dopo questa favola mi vien voglia di prendermi un cane! Simpaticissima la scelta del volpino e la tradizionale nonna che narra vicino al fuoco…molto carino!
Ciao Giovanna!! Grazie per aver letto il mio racconto. Si, ho avuto un cane di nome Nerone. Quando è morto, mi è dispiaciuto così tanto che non ne ho voluti altri. Ho letto le tue favole: sono belle e profumano di generosità! In bocca al lupo!!
Ciao Alessandro! Grazie per aver letto la mia favola. Il tuo racconto è bello. Mi piace veramente tanto. Due anni fa anch’io ho scritto una poesia su un senza tetto. Il tuo dorme sopra una panchina, il mio sotto un ponte però tutti e due vagano per la città. Speriamo che s’incontrino così si fanno compagnia!!!!! 🙂
In bocca al lupo!!!!
Bella Favola. Fa veramente venire voglia di adottare un cane. Complimenti!
Ciao Diego, sono contenta che la favola ti sia piaciuta! Grazie di aver lasciato il tuo parere!
Una favola semplice, delicata, adatta proprio ai bambini…….. e non solo. Infatti, mi sono divertita anch’io nel leggerla. In bocca al lupo per il concorso. BRAVA!!!!!
Ciao Melissa! Hai ragione, le favole sono per tutti, fanno sognare i bambini e divertire i grandi nel raccontarle. Grazie per il tuo commento!!!!!!! E crepi il lupo!
Favola bellissima! Ha il sapore delle fiabe di altri tempi. E’ vivace e scorrevole. Dedicata ai bambini ma riporta gli adulti ai giorni dell’infanzia!
Una novella che porta indietro nel tempo; quando la televisione non esisteva e l’unica maniera di passare i pomeriggi piovosi o le serate invernali erano le carte, i racconti o ‘le chiacchiere’
Leggendo questo racconto sembra di vederne i personaggi, mi è piaciuto molto
COMPLIMENTI !
Franca
Grazie Charlie Brown per il tuo commento!! Si riporta all’infanzia……una favola semplice che, se mi fosse stata raccontata da piccola, mi avrebbe fatto sicuramente sorridere. Ciao!!!!!
Ciao Franca!!!! Grazie di aver letto e lasciato il tuo parere!!!!!! Uno degli obiettivi di chi scrive è proprio quello di far immergere il lettore nel racconto! Ciaooo!!