Premio Racconti nella Rete 2013 “La fossa degli infetti” di Iselio De Lisi
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2013Quando le campane di Saint Paul si misero a suonare a festa, la gente che era al mercato di Lolsworth sollevò gli occhi al cielo, poi guardò la meridiana della piazza. L’ombra dello stilo non toccava ancora il Mezzodì. Subito dopo anche le campane di St. Botolph suonarono. Le persone ammutolirono, diventarono immobili. Una donna con due teste di aglio in mano restò con il braccio sollevato. Solo una gallina zampettava impettita.
Un uomo entrò nella piazza in una nuvola di polvere. – Franzusci! Franzusci! La gente si risvegliò, grida di gioia salirono al cielo. Qualcuno portò una botte, l’uomo che aveva urlato ci salì sopra. Agitò le braccia e urlò ancora. – Sono arrivati i Franzusci! Louis Leo è vocato re a Saint Paul! La folla iniziò a correre come impazzita. L’uomo sulla botte continuava a gridare.
Jeera, lo sguardo fisso, diede la bambina alla vecchia che aveva vicino. – Tienila! La vecchia aprì la bocca, Jeera tirò su la gonna e corse via. La vecchia guardò la bimba, le accarezzò la testa con una mano sporca. – Franzusci, che ci cambia a noi?
Alla proclamazione di Louis Leo re, seguirono tre giorni di baldoria. Canti e balli si susseguirono incessanti. Scorsero fiumi di birra e di sidro, centinaia di galline e decine di maiali furono sgozzati. Nove mesi dopo, nel febbraio del 1217, nacque un numero piuttosto alto di bambini. Anche Jeera fece baldoria, giacque con tre soldati franzusci. Uno per ogni giorno di festa. All’ultimo, un gigante dai ricci rossi, non richiese neanche un penny. La ferita lunga come un’unghia che aveva tra le pieghe della vagina, non le prudeva più. Le era venuta dopo la luna di marzo, subito dopo che era stata con un franzuso. All’inizio prudeva molto, dopo aveva smesso. Ora, manco ricordava che c’era.
Madre prese due pesci dal secchio, li sbatté sull’asse e girò la testa verso Lucy. – Vai dai monaci per la medica! La bambina scese dalla cassa e corse verso l’ospedale, le piaceva andare là.
Frate Ben non si accorse subito che era venuta. Lucy si inebriò della fragranza delle erbe, guardò l’ometto magro che pestava nel mortaio, poi batté lo zoccolo sulla pietra. Frate Ben si girò, la faccia rugosa e sorrise. Con il naso lungo, le orecchie enormi e gli occhi piccoli sempre in movimento, frate Ben le ricordava un topo. Un topo con una barba bianca che arrivava più giù della pancia. Era il vecchio più vecchio che Lucy aveva mai visto.
Le fece un segno con la mano. – Siedi. La voce era gracchiante e piccola come quella dei topi quando parlano tra di loro. Ben la guardò come arrabbiato. Lei scoppiò a ridere, sapeva che giocava.
Le avvicinò un vasetto. Lucy furtiva ci mise dentro la mano, ne estrasse delle palline scure e se le cacciò in bocca. Sorrise contenta, adorava le more. – La medicina? Lei annuì con la bocca piena. Ben strascicò i sandali fino ad uno scaffale e prese una bottiglia scura. Lei chinò la testa per ringraziare. – Anche la Manna. Ben si fece scuro involto, strizzò le palpebre. – Non dorme bene? Lucy scosse la testa forte. – Grida e piange. Il frate le passò un vasetto. – Dagliene poca.
In quel momento entrò una donna alta, vestita di bianco come Ben. I raggi del sole che entravano dalla vetrata la illuminavano in pieno. Lucy con la bocca aperta si buttò in ginocchio, giunse le mani e piegò il capo. Ben rise. – Che fai Lucy? – … La Santa Madre… Una mano le toccò la spalla. – Alzati sciocca. Sono solo sorella Roberta. Lucy non si mosse. La mano premette sulla spalla. Lucy alzò il volto. Sorella Roberta la guardava come Madre non aveva mai fatto. – Anche io voglio vestirmi di bianco. Le parole le uscirono dalla bocca da sole. Sorella Roberta sorrise. – Se Dio lo vorrà…
In piazza scivolò veloce alle spalle di Madre in piedi davanti al banco. Era quasi entrata quando un pesce la colpì alla nuca. – Ti avevo detto di fare presto! Dagli la medica!
Lucy spostò la pezza tarlata che divideva l’angolo dal resto della stanza. Birch si dondolava sul pagliericcio. – Ho la medica. Girò il volto verso la voce, dalla bocca colò un filo di saliva. I denti ripiegati verso l’alto gli tenevano le labbra aperte. Lucy sedette, lui le appoggiò la testa sulla spalla. – eeeghh, mormorò contento. Gli accarezzò il cranio calvo, passando sui bozzi e le cavità che lo costellavano. Si fermò sopra l’orecchio e con un dito giocò con l’unico riccio di capelli che aveva. Un riccio rosso. Lui le prese la mano e se la mise di lato alla bocca. Il suo modo per dare un bacio. Sospirò guardando il volto che sembrava schiacciato da un carro.
Madre levò il banco e le buttò un pesce marcio. – Dividetevelo! – Puzza! Uno schiaffo la colpì. – Taci! Lucy vide che Madre andava alla bettola, aveva messo la veste più scollata. Birch si era lamentato tutto il giorno, la medica non funzionava più. Si stese sul loro pagliericcio e lo abbracciò. Lui girò verso di lei gli occhi ciechi. Lei gli sussurrò di Roberta fino a che non si addormentarono.
La svegliarono il cigolio della porta e la voce di un uomo, Madre era tornata, poi ci furono i rumori. Madre rideva, l’uomo grugniva. Lucy scostò appena la tenda. Madre era in ginocchio con le mani sul pagliericcio, i seni penzolanti. L’uomo dietro la spingeva. Le ricordarono due cani che aveva visto in strada.
Quel mattino comparve frate Ben. Indicò la porta, Lucy annuì e corse ad aprire la tenda. Ben toccò la faccia di Birch, gli aprì la bocca. Sul volto serio gli occhietti si muovevano a scatti. – Gli fai gli impiastri? Lei annuì. – Ma non serve… Lucy scosse la testa. – Quando torna sano? Non era una domanda, era una supplica. – Non tornerà sano. È un miracolo che sia vissuto dieci anni. Morirà presto. Gli occhi le si riempirono di lacrime. Ben le mise un braccio sulle spalle. – Andrà in cielo, smetterà di soffrire.
Al banco venne un uomo, vestiva abiti molto cari. Tossì, facendo muovere il grasso sotto il mento. – Mi hanno detto… che… Girava tra le mani un fazzoletto. Madre, spruzzò l’acqua sui pesci. – Vorrei… una rivelazia. Madre arricciò le labbra si passò le mani sulla veste unta. L’uomo strinse il fazzoletto. – Per cosa? – Una nave. Madre osservò la collana della confraternita, il fazzoletto costoso. – Dopo il tramonto. Nove scellini e una candela. Il grasso arretrò annuendo, finì in una pozza, la mota gli schizzò le gambe. – Candela… certo.
Quando tornò, Lucy aveva già mescolato nella scodella un po’ di Manna degli Angeli e la farina. Davanti a Birch c’era la cassa. L’uomo ci appoggiò la candela e sedette. Lucy tirò la tenda, l’uomo sgranò gli occhi. – Ho una nave, voglio sapere se parte sicura. – Sccc! Il grasso fece un gridolino e torse il fazzoletto. Al segno di Madre Lucy accese la candela, il resto della stanza affondava nel buio.
Madre unì le mani, cominciò a bisbigliare. Lucy arrossì e abbassò gli occhi. Madre annuì, – la nave… per Cadice. Arriverà salva? La luce tremolava sulla fronte infossata, sugli zigomi storti di Birch, rendendolo ancora più mostruoso.
Madre aprì un pesce e ne sparse le interiora sulla cassa, prese la mano di Birch e la schiacciò sulla poltiglia, poi andò dietro alla tenda. Lucy sospirò di sollievo quando vide che aggiungeva alla Manna il sidro invece dell’aceto. L’uomo muto osservava il bambino che si leccava la mano.
Madre lugubre ordinò. – Guarda Birch, dacci la rivelazia! L’uomo sussultò. – Guarda? È cieco! – Vede con l’anima! Sibilò Madre, alzò la mano coperta dal corpo di Birch e gli strinse la nuca. – Aaah ggh! Gridò il bambino. Madre sbarrò gli occhi. – Il malefico non vuole che sai. L’uomo impallidì. – Come..? – Serve la Manna degli Angeli. La pancia grossa tremolò. – Cinque scellini e due per il pesce. Lui si asciugò il collo grasso e annuì.
Lucy prese la scodella e imboccò Birch. Quando finì Madre ripeté. – Dacci la rivelazia sulla nave! Il grasso si sporse in avanti con la fronte bagnata. – Eeeaghh… eeagggh. Birch dondolò contento. Gli occhi dell’uomo cercarono Madre. – Rivelazia buona, nave salva. Grande il guadagno.
Da dietro alla tenda, Lucy spiò l’uomo che usciva – Sto sicuro? – Stai sicuro, rivelazia mai sbaglia. Madre gli strusciò una mano sulla pancia. – Festeggiamo? Lui balbettò e andò verso la porta. Poi si fermò e fissò Madre. – Mi interessa la piccola. – Che ci vuoi fare? Il grasso sussultò. – Non… è per me… un saraceno… paga bene. – Non c’è saraceni in Anglia! La voce di Madre era secca. – È a Cadice… vieni domani, la mia bottega è dopo il Ponte Nuovo. – Verrò. Rispose Madre.
Dietro alla tenda Lucy tremava. Immaginò i saraceni che la bollivano ancora viva per mangiarla. Immaginò Birch che abbandonato da Madre moriva di fame.
Madre uscì all’alba. Lucy preparò la Manna e ci svuotò la bottiglia di sidro, Birch era già sveglio. Mentre gli dava la Manna gli disse che Birch significa bianco, che lo chiamavano così perché lui è molto bianco. Lo sapeva già, ma gli piaceva sentirlo. Le si riaddormentò tra le braccia. Lucy volò al monastero, frate Ben non c’era. Mentre lo aspettava annusò gli odori delle boccette, dei vasi, delle brocche. Quando Ben arrivò stava sfogliando un libro con figure che non vedeva. Gli occhi erano pieni di saraceni urlanti e di Birch che piangeva. – Cosa è successo? Fu bello saltare addosso al frate e abbracciarlo. – Madre mi vende ai saraceni. Birch morirà solo. Sussurrò. Poi pianse. Frate Ben fece un cenno al novizio. – Chiama sorella Roberta. Disse stringendo Lucy.
Quando Madre irruppe nell’erbario Ben parlò gelido. – Resteranno qui. Birch è malato. Lucy non vuole essere venduta. Madre non rispose. – Meglio così che un’accusa di stregoneria o di frode. Aggiunse il frate, Madre digrignò i denti ed uscì.
Birch venne seppellito tre mesi dopo nella fossa degli infetti. Tenevano i cadaveri separati perché il giorno della resurrezione non infettassero i sani. Lucy gli mise in mano due penny per il viaggio.
Madre morì demente un anno dopo, coperta di pustole. Da mesi non poteva più muoversi. A volte urlava di essere la regina di Luois Leo.
Lolsworth dal sedicesimo secolo si chiama Spitalfields, è un’area di Londra posta nell’East End. Il suo mercato attira molti turisti. L’Ospedale di St. Mary, che si trova lì vicino, fu fondato dai monaci agostiniani, oggi è un’importante istituzione sanitaria. Il suo museo è un centro di studio di bioarcheologia umana.
Nel cimitero dell’ospedale un paio di anni fa, gli archeologi hanno riesumato le ossa contenute in una fossa separata dalle altre. Dentro c’erano i resti di dieci persone. Cinque vissute tra il 1200 e il 1250, le altre tra il 1250 e il 1400. Le persone erano morte di malattie infettive, tra cui la sifilide. Il ritrovamento retrodata di duecento anni la comparsa di questa malattia in Europa, esonerando i marinai di Colombo dall’accusa di averla portata dalle Indie.
Tra le ossa più antiche c’erano quelle di un bambino affetto da sifilide congenita, morto a dieci anni. Forse non si chiamava Birch (in inglese antico significa “bianco”) ma era pallido, i denti piegati all’infuori di 45 gradi, il cranio calvo e il volto deformato, erano simili alla “superficie lunare”. È stato lui ad ispirarmi questo racconto e a lui lo dedico con affetto.
Racconto decisamente diverso da tutti gli altri, per ambientazione e stile. Non facile, però. Mi è piaciuto molto
Giovanna grazie di cuore per il tuo bel commento.