Premio Racconti nella Rete 2013 “Ras-Kaari” di Alberto Fanfani
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2013A.D. 1873. A mia moglie Theresa e a mia figlia Clare vada tutto il mio amore e ogni grazia dal Cielo. Al caro amico John porgo il mio saluto più affettuoso. Queste sono le memorie del dottor Matthew Price, medico della marina inglese a servizio di Sua Maestà la Regina Vittoria. Possa Dio concederle lunga vita. A chi voglia inoltrarsi fra le fitte magnolie rammento le parole degli antichi: «hic sunt leones!». Guai a coloro che disturbano lo spirito della foresta!
Una sera di due anni fa bussarono alla porta del mio appartamento di Londra, nell’East End. Era un giovane ben vestito, sulla trentina, con una busta in mano.
– Mr. Price? Mi scusi, è lei il dott. Price?
– Buonasera! Dott. Matthew Price, in persona: posso aiutarla, giovanotto?
– Buonasera dottore, ho un messaggio da parte del prof. Foster. È qui, in questa missiva. È lei il dott. Price, il medico, non è vero?
– Che diamine, giovanotto! Le ho già detto che sono io! Cosa devo fare per dimostrarglielo? Devo forse visitarla?
– No, no, mi scusi, dott. Price, volevo solo essere sicuro! Il prof. Foster mi ha detto di dirle di farsi trovare domattina presto nel suo ufficio, al primo piano dell’Istituto.
– Va bene, va bene! Ora vada pure, giovanotto! Grazie, grazie tante!
– Buonanotte, dott. Price. E piacere di averla conosciuta!
Che cosa poteva mai volere di tanto urgente il prof. Richard Foster, capo dei segretari della Geographical Society, lo scoprii solo il giorno dopo, poiché la lettera non conteneva altro se non le stesse raccomandazioni fattemi dal suo giovane assistente la sera prima.
– Caro Matthew, ti ricorderai certo di Mr. Parker, non è vero?
– Mr. Parker? Vuoi dire il dott. David Parker? L’esploratore partito per l’Africa qualche anno fa?
– Esattamente! Il tuo amico partì quattro anni or sono per l’Africa centrale, appena dopo l’apertura del canale di Suez. Si sono perse le sue tracce a Dar es Salaam.
– Capisco, ma non vedo come la cosa possa riguardarmi, caro Richard!
– È semplice. Partirai dopodomani per recuperarlo. Un brigantino a dieci cannoni, agli ordini del capitano di vascello Edwards, ormeggiato a Plymouth già ti aspetta. Attraverserete il Mar Rosso passando per Suez e farete rotta verso Zanzibar. Da qui a qualche settimana sarai a Dar es Salaam dove incontrerai Atiri, che ti fornirà mezzi e uomini per inoltrarti nelle regioni del Tanganica. È tutto chiaro, Matthew?
– Aspetta un momento, Richard, santo Iddio! Era già previsto il mio rientro a Birmingham, in famiglia! Sono mesi che non li vedo! E poi che cos’è questa operazione? Chi l’ha autorizzata?
– La tua famiglia è già stata avvisata per tempo, così che non si stupisca nel non vederti. Il ritrovamento del dott. Parker è considerato di importanza capitale per la Corona d’Inghilterra. Questo è il visto della Regina Vittoria in persona, Matthew. Non intenderai ostacolare la missione di Sua Maestà, vero?
– No, certo che no! Ma chi è Atiri?
– All’andata Parker aveva due servitori fedeli, Uppala e Atiri. Il primo è stato ritrovato morto, Atiri si è miracolosamente salvato. Si pensa che sia stato lasciato vivo dagli indigeni come avvertimento.
– Avvertimento? Ma di che stai parlando, Richard? Qual era l’incarico di Parker?
– Il dott. David Parker stava svolgendo una delicata missione di ricerca nei territori impervi a ridosso del lago Tanganica. Era a un passo dallo scoprire l’origine di sorgenti d’acqua dalle sorprendenti proprietà taumaturgiche. Sembra fosse diretto a Dar es Salaam, probabilmente per rientrare in Inghilterra, quando, improvvisamente, se ne sono perse le tracce. C’è il fondato sospetto che il dott. Parker sia morto, disperso o che abbia venduto preziose informazioni ad altri, forse a vicini esploratori tedeschi.
Vista l’amicizia che mi legava a David, partii immediatamente. Tutto si svolse come previsto. In breve tempo arrivai a Mzizima, la “casa della pace”, l’antica Dar es Salaam. E lì fui preso da un brivido, al racconto di Atiri. Sembra che il dott. Parker, medico anch’egli, avesse guarito il figlio del capotribù, e che, nonostante l’opposizione dello stregone, fosse ormai venerato da tutti come un dio. Il dottore aveva un ruolo fondamentale nelle cerimonie d’iniziazione dei giovani del villaggio: nei giorni precedenti si recava sui monti Mahale, fra le magnolie delle impenetrabili foreste pluviali, e tornava portando piante e medicamenti coi quali fabbricava gli unguenti che i giovani usavano spalmarsi davanti al fuoco dei falò, al ritmo ossessivo dei tamburi.
Atiri organizzò la spedizione verso l’interno ma non volle unirsi a noi. Dopo aver riportato morto il fratello Uppala sulle spalle, disse che ne aveva abbastanza e prima di andarsene ci pregò di fare attenzione. Ricordo che mi passò intorno al collo un cordino con un amuleto. Disse che era di Parker e che sarebbe servito al tempo opportuno.
Qualche giorno dopo, la nostra carovana fu assalita, gli animali dispersi, i servi trucidati, io catturato, legato e condotto al cospetto di un indigeno la cui pelle era del color della pece, e il viso pitturato di bianco, come spalmato di farina mista a fango. Sulle sue palpebre erano disegnati due occhi aperti. Il suo aspetto inquietante mi fece tremare! Lo stregone gli indicò l’amuleto che avevo addosso, mentre un servo dal folto piumaggio me lo strappò dal collo e lo consegnò al capotribù che sembrò riconoscerlo. Fece un cenno ad altri servi che subito corsero via, non so dove. Io fui portato al chiuso di una capanna dove mi svegliai il mattino successivo. I miei occhi fissarono inebetiti gli stivali del dott. Parker, mentre la sua figura esile e barbuta squadrava in lungo e in largo il mio corpo disteso. Tutto quello che fui capace di dire fu:
– Mr. Parker, ma che ci fa ancora qui, per la miseria? Perché non è tornato in Inghilterra? Atiri mi ha raccontato tutto!
– Tutto? Se Atiri conoscesse solo la metà di quello che succede qui, ne sarebbe atterrito!
– Ma chi sono questi indigeni, dott. Parker? Non riconosco una parola della loro lingua!
– Sembra che verso la metà del ‘700, una famiglia dell’etnia Samburu, sfuggendo alla ferocia di razziatori portoghesi, sia fuggita dal Kenya verso Sud-Ovest, fino alle regioni del lago Tanganica, e qui abbia sviluppato un dialetto interno al loro clan, e in gran parte ancora sconosciuto…
– Ed è vero che lei ha salvato il loro principe, il figlio del loro re?
– Sì, è vero. E per ringraziarmi hanno costruito un idolo di legno che, dicono, mi somigli. Ma lei, dott. Price, che ci fa qui? Se non fosse per quell’amuleto sarebbe già sgozzato da un pezzo e il suo sangue scorrerebbe lento lungo il fiume!
– Mi ha mandato Foster, su incarico della Regina, per riportarla a casa, Mr. Parker!
– Davvero? Si alzi, dott. Price, e venga con me!
Mi fece alzare ed entrammo sempre più dentro la foresta. Durante il cammino disse che mi avrebbe fatto una rivelazione, a patto che non tornassi più in patria. All’inizio lo presi per pazzo, e pensai che tutti quegli anni di isolamento l’avessero segnato ormai per sempre. Ma poi mi dovetti ricredere… Giungemmo a Ras-Kaari, l’occhio del mondo, una foresta così chiamata dagli indigeni a motivo di quello che ci si può vedere dentro. Là avvengono fenomeni misteriosi. Se non fossi così sicuro di non esser stato drogato, non ci crederei io stesso! Superato un albero tozzo, quasi al centro della foresta mi vidi un uomo davanti, a circa cinquanta passi. Sembrava imitare i miei movimenti. Quando mi abbassavo, egli si abbassava. Quando alzavo la mano che reggeva il machete, anche lui ne alzava uno identico. Non poteva essere! Non c’erano specchi, né davanti, né dietro di noi! Chi era quell’uomo e perché era qui? Lo chiesi a Parker, ma egli mi disse che non avrei dovuto chiedermi chi è, ma chi fu. Non capii e continuammo a camminare finché giungemmo a una piccola radura di alberi alti disposti in cerchio, ricca di vegetazione rigogliosa e verde, così umida che mi sembrava di stare nell’aura grigia e nebbiosa di un mattino londinese, innanzi alla luce smorta delle fiamme di lampioni dimenticati accesi. Fu allora che David ruppe gli indugi e parlò senza enigmi:
– Caro amico! Questo è Ras-Kaari, l’occhio del mondo! Le età di una vita passata, e lo spazio dei ricordi, sono qui, tra queste fronde. Puoi tornare, se vuoi, a un tempo lontanissimo, eppure ancor presente…
Che meraviglia! Bastava che mi spostassi leggermente a destra o a sinistra per rivedere i miei cari nonni! Piegai le ginocchia e si aprì una strada fra due alberi. Allora aggrottai le sopracciglia e risi nel vedermi bambino, seduto allo scrittoio, intento a ricopiare l’alfabeto su pergamene bianche, nel freddo di pigiami di lana e fioche luci di candela. Mi voltai ma Parker era sparito. Le sue vesti giacevano a terra, calde. Non lo vidi più. Vidi solo gli indigeni scolpire sull’idolo l’effige del mio volto, e gridare tutti insieme: Ras-Kaari! Ras-Kaari!
Due anni dopo seppi che Foster organizzava un’altra spedizione. Mai arrivata.
Qui, nell’occhio del mondo, ancora oggi attendo chi venga a prendere il mio posto.
Racconto che ricorda per due terzi “Cuore di Tenebra” di Conrad, dove Marlowe viene mandato in Congo per riportare indietro Kurtz, di cui si sono perse da tempo le tracce. Interessante il finale dove però il protagonista, come Parker prima di lui, resta stranamente lucido, malgrado tutto.
Ciao e grazie per il tuo commento! Non ho mai letto Conrad, ma sono onorato di vedere accostato il mio racconto a quello di un così grande autore, e soprattutto sono contento che ti sia piaciuto!
Anche a me ha ricordato quel genere di racconti, anche se non proprio Cuore di tenebra… Comunque non è necessariamente un male ricordare un grande capolavoro..ormai si è scritto e si continua a scrivere di tutto…l’importante è farlo bene..e, nonostante questo non sia un genere letterario che preferisco, non mi è dispiaciuto leggerlo.
Grazie del tuo commento, Sara! Sono contento che non ti sia dispiaciuto!
Mi è piaciuto molto, ll’esploratore Parker mi ha ricordato un po’ la figura del professor Palmer scomparso nel Sinai, la cui salma fu riportata in patria dal Colonnello Warren.
Ciao, Valjean e grazie per il tuo commento! Sono felice che ti sia piaciuto. Sono andato su Wikipedia a leggermi qualcosa sul prof. Palmer, perché non ne sapevo niente. È davvero incredibile come la fantasia ci spinga a creare personaggi che sembrano aver vissuto veramente! Grazie di aver sottolineato questa similitudine.
Ho trovato la sua storia cercando materiale sul colonnello Warren. Il tuo racconto, se ci metti qualche storia laterale e qualche elemento steampunk, ne viene fuori un libro. Tempi e luoghi incredibili quelli, 1888, East End, whitechapel. Ci sto scrivendo un libro
È vero, sarebbe una bella storia. Grazie dei consigli, davvero! Quando l’ho scritto, il racconto era più di 9.000 caratteri ma poi l’ho dovuto tagliare…
Whitechapel, il 1888… Fammi indovinare… Jack lo squartatore? La fantasia che si mischia con la realtà… Auguri per il libro, speriamo sia un successo!
Complimenti caro Alberto, un racconto avvincente e pieno di mistero. Molto apprezzato.
Grazie Serenella! A presto, e imbocca al lupo per il concorso!