Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2013 – La pianista suonava “Fumo negli occhi” di Saverio Sam Barbaro

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2013

 

  •   Scendevo i gradini che portavano all’ampio locale poco sotto il livello della strada. Poi…Poi entrai all’inferno. Quattro piccole colonne di anime dannate, una di lato all’altra, procedevano passo dopo passo verso i quattro diavoli dietro la vetrata. Ciascuno di loro era al suo sportello accanto ad una piccola macchina ruba soldi. Un tempo, per gentile concessione dei papi, i peccatori, versando un obolo,  potevano accedere al paradiso. Io, molti secoli più tardi, quel giorno, come tutti i giorni precedenti, avevo scelto l’inferno: stavo ragionando così mentre aggiravo le quattro colonne scegliendone una per mettermi in fila. A tratti alzavo lo sguardo. I monitor sospesi in alto nella vetrata davanti a me erano un cocktail di luci di diversi colori. Ad ogni colore, il nome di una squadra e un numero.
  •   Presi dalla tasca della giacca il foglietto su cui avevo scritto i pronostici: erano tra i più improbabili. La mia opinione si rafforzò mentre valutavo sui monitor classifica e risultati dell’ultima giornata di campionato. Avevo scelto di puntare contro il pronostico. Azzeccare le sorprese rende vincite più cospicue. Un tipo, uno qualsiasi di cui non svelo il nome, tornando a casa aveva avuto la sorpresa di trovare la moglie a letto con un altro. Era andato via urlando e, per sbollire l’ira e occupare il tempo in attesa che l’intruso se ne andasse, aveva comprato il biglietto della lotteria che poi gli avrebbe fruttato una somma equivalente ai guadagni degli ultimi dieci anni. Le sorprese sono il sale della vita. Persino un adulterio fortunato (…al gioco) aveva rafforzato la mia passione per le puntate più rischiose. Succedeva che le sorprese, puntualmente, si verificavano ad ogni giornata di campionato. Con un dettaglio. Non erano le stesse su cui puntavo io ed era questo a sorprendermi ogni volta con grigia coerenza.
  •   La colonna dentro cui ero avanzò di un passo e, tornando a guardare davanti a me, alla luce artificiale le sagome dietro la vetrata si trasfigurarono assumendo le sembianze di cherubini che annunciano il paradiso. Quello riservato ai vincitori di laute scommesse. Poi dalla colonna di lato un uomo ben vestito, di mezza età, mi rivolse la parola.  “Andrà bene ad entrambi.” Aveva parlato protendendosi verso di me.
  •   Lo guardai. “Sente che è un giorno fortunato?”
  •   Annuì. “Vengo da un periodo di magra. Ma, prima o poi dovrò vincere. E’ un dato statistico. Provi a lanciare una moneta. Se per un certo numero di volte esce testa prima o poi dovrà uscire croce o viceversa. E’ un inoppugnabile dato statistico.”
  •   La sua considerazione mi rapì. Condividevo più o meno la sua stessa sorte e nutrivo analoghe teorie sul gioco. Intanto lui indicava la mia borsa. “Punterà tutto il danaro lì dentro?“
  •   Spalancai gli occhi mentre sollevava la borsa che, a sua volta, teneva in mano sorridendo allusivo. Era simile alla mia anche nel colore. Poi, precedendo ogni mia frase: “Ho da farle una proposta. Ma dovremmo parlarne a quattr’occhi, prima di lasciare ai bookmakers tutto quel danaro.” Di nuovo dimostrò di leggermi nel pensiero precedendo ogni mia parola. “Manca ancora un po’ di tempo all’inizio delle partite, ed io abito poco lontano da qui”.
  •   Ero sul divano del suo salotto con in mano il quarto bicchierino di whisky. Sorseggiando i primi due avevo ascoltato la sua proposta: se uno di noi due avesse azzeccato i pronostici, avrebbe diviso la vincita con l’altro.
  •   Mi ero riservato pochi minuti per riflettere ed ora, al quarto whishy, la sua voce mi giungeva più gradevole man mano che l’alcol mi intorpidiva i sensi accentuando il mio senso di leggerezza. “La donna nel ritratto pendente dalla parete era una mia antenata. Ha passato la sua vita a giocare a carte e a rischiare grosse somme di danaro.”
  •   “Queste sono donne!” osservai.
  •   “Dici, amico mio?” esclamò. “E a noi, che resta, senza più patrie da liberare? E senza nemmeno rivoluzioni da fare? Tanto, poi si torna al punto di prima.”
  •   “Lei… Tu, amico mio,” risposi, “sei un irriducibile pessimista. Ma i giocatore scommettono con l’ottimismo di chi spera nella fortuna.” La mia voce cominciava ad uscire biascicata. Mi aveva riempito il quinto bicchiere.
  •   “Ma quale pessimista! Realista! Una volta, dopo una guerra vittoriosa, si esponeva la bandiera, ora la si espone dopo una partita vinta ai mondiali. Delle rivoluzioni ho già detto. Io credo solo nel gioco.”
  •   Ingollai un altro sorso. Cominciavo a vederlo dietro una nebbiolina. “E allora?”
  • Allora, dici? Allora non ci restano che le scommesse strappacuore. E’ l’unico modo per avvertire un brivido, in tempi piatti e persi solo nella ricerca del piacere spicciolo.”
  •   Mandai giù il sesto bicchiere dopo aver tentato di resistere, inutilmente, al suo tentativo di tornare a riempirmelo. Non fiatai.
  •   “Io e te siamo gemelli,” lo sentivo dire. “Mi resta solo l’emozione di un azzardo dopo che mia moglie mi ha abbandonato e il lavoro ha cominciato ad andare male. Allora, manderò tutto al diavolo! Sono sospeso pericolosamente sul ciglio dell’abisso. Per questo ho venduto tutto, perfino la casa. Oggi rischierò al gioco il danaro ricavato.” Indicò la borsa ai miei piedi. “Scommetto che è piena di danaro.” Poi, precedendo la mia risposta, indicò la sua borsa sul tavolino tra noi. “Come la mia.”
  •   “Non mi ci fare pensare” biascicai.
  •   “Non avere timori. Hai venduto anche tu, la tua casa? Tra giocatori eroici non devono esserci segreti.” Il suo viso assunse un’espressione familiare, che mi infondeva sicurezza, di più, una incrollabile serenità, come il paradiso, quello in cui cercavo accesso dopo la vincita di un grossa somma di danaro, ma il danaro sarebbe stato solo un mezzo, non un fine.  E poi, che cosa mi sarebbe servito, il danaro, se non a ritentare la via della fortuna sino all’ultimo spicciolo? Non avevo nulla da comprare, né regali da fare a focose amanti. La dea fortuna. Mi piaceva girarle attorno. Avrei continuato così, senza sosta, come la terra con il sole, reinvestendo ogni moneta vinta per vincerne un’altra da reinvestire. “Giocatori eroi? Bé, dico io, beata la terra che non ha bisogno di eroi.”  Mi rendevo responsabile di un furto. La frase l’avevo rubata ad un drammaturgo. Poi, attraverso la nebbiolina che mi  appannava la vista, lo fissai. “La casa l’ho già venduta e tutto il danaro l’ho perso al gioco. Quello in borsa l’ho sottratto all’ufficio postale che dirigo. Se vinco, domattina, prima dell’orario di apertura,  correrò a rimettere in cassaforte il danaro. L’intero incasso della giornata.” Prosciugai il bicchiere.
  •   Da sopra l’orlo continuai. “Accetto la tua proposta. Dividiamo. Se non vinco io e vinci tu, potrei mitigare i danni. Meglio una vincita dimezzata che finire in una cella.”
  •   Lui abbassò gli occhi sulla mia borsa. La sua espressione si fece strana. Troppo. Al punto da darmi un brivido. Ero finito nelle grinfie di un rapinatore? E poi, quel viso? Dove l’avevo visto? Di certo l’avevo visto. Magari al centro di un articolo di cronaca nera? Era per caso un… “Ti ho già visto da qualche parte..” Sarebbe stato un grido se il mio stato di ebbrezza non avesse reso fiacche le mie emozioni.
  •   “Forse in un club. Suonavo al pianoforte.”
  •   Lo scrutai meglio. Poi, da un angolo opaco della mente venne fuori un’immagine sbiadita. “Mi sembra… Ma è successo tanto tempo prima…Sì, è vero, c’era anche un pianista, in quel club, ma io  ricordo meglio la donna bruttina che si alternava con lui al pianoforte.” Mi concentravo in uno sforzo di memoria.
  •   Annuì con un sorriso.  “C’erano due pianisti, ed io ero uno dei due.”
  •     Fissai vacuamente il bicchierino nella mia mano. “Lei. La pianista. Suonava divinamente. Soprattutto una vecchia, splendida  canzone, Fumo negli occhi. Me ne innamorai prima come artista e poi, credo, anche come donna. Ad ogni tocco delle sue mani sulla tastiera venivano note carezzevoli come tiepida brezza. Ma era legata ad un altro e non potevo sperare di più, da lei, che godere delle sue esecuzioni.”
  •   “…Note carezzevoli come tiepida brezza” ripeté lui studiandomi. Quindi indicò il pianoforte a coda in un angolo. “Posso suonare anch’io, per te, adesso? Ho qualcosa da farmi perdonare.”
  •   Sbattei le palpebre. “Da me?” Era musicista e rapinatore? Fissai la mia borsa come qualcuno che sta per partire e non rivedrai più.
  •   Un trillo venne dalla porta. Andò ad aprire. Sulla soglia apparvero un uomo e una donna in divisa di poliziotto. Sentii che diceva a loro: “Trattatelo bene”. Poi aggiunse enigmatico e con enfasi quasi teatrale: “Nessuno si sceglie il cielo su di sé”.
  •   “Non dubiti, ispettore,” gli sorrise la donna. “Non feriremo la sua sensibilità di musicista.”
  •   I nuovi arrivati  entrarono fermandosi a qualche passo da me.
  • “Ti chiedo scusa per le bugie. Compresa quella sulla mia inesistente antenata” mi disse il padrone di casa o presunto tale. “Dovevo qualificarmi come giocatore incallito per carpire la tua fiducia. L’unica cosa vera è quel club di musica.”
  •   Mi sorprendevo di non provare alcuna emozione. Stavano per mettermi le manette? Anche se l’alcool intorpidiva la mia mente, riuscii a darmi una risposta: mi arrestavano non per la frase rubata pochi minuti fa, in modo spregevole e senza motivo, a quel drammaturgo ma per il danaro nella mia borsa. L’avevo preso dalla cassaforte dell’ufficio postale con la nobile intenzione di  servirmene per delle scommesse strappacuore.
  •   Mi arrivò la sua voce. “Se vorrai scommettere e ti mancherà la libertà per farlo, sino a che non finirai di scontare la tua pena, mi occuperò io di andare in agenzia a puntare per tuo conto.” Mi fissò. “E’ la cosa che ami di più, il gioco, vero, amico?”
  •   Restai in silenzio ad incrociare il suo sguardo dal basso. “Sbagli.” Con mano tremante mi riempii un altro bicchierino. “C’è di meglio. Molto di meglio. La musica. Te ne sei dimenticato, proprio tu?” Feci una pausa. “Fumo negli occhi” invitai poi. “Grazie,” aggiunsi con voce da ubriaco.
  •   Mi lanciò uno sguardo benevolo e impacciato. “Non sono, purtroppo per te, quella donna che tanto ti affascinava e che tu ascoltavi suonare…”
  •   “I sacerdoti dell’Arte non hanno sesso” lo interruppi.
  •   Fece segno ai due poliziotti di attendere. Quindi lo vidi sedersi al pianoforte. “In tuo onore, amico” disse con tono disarmante.

            Dal pianoforte, ad ogni tocco delle sue mani sulla tastiera, venivano note carezzevole come tiepida brezza

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8 commenti »

  1. Bellissimo!

  2. Davvero bello e sorprendente! Mi piace molto l’inizio metaforico, come è descritto il centro scommesse. Conosco qualche giocatore eroe,li riconosco nella descrizione. Mi piace molto il tono allucinato che prende la conversazione e come la verità venga fuori lentamente fra le nebbie dell’alcool. Bello!

  3. Ringrazio il signorTella per il lusinghiero commento che mi lusinga e il signro Restucci

  4. Mi piace molto la sua scrittura. L’immagine dell’inferno associata al gioco d’azzardo e’ azzeccata. Poi tutto diventa sfuocato, quasi che la sbronza colpisca anche chi legge. E chiude con un attacco al pianoforte: bello.

  5. Mi sembra un racconto d’altri tempi, col protagonista che se ne va in giro con una borsa piena di soldi. Rubati. La trappola messa in atto, mi sembra un po’ forzata, però bello lo stile fumoso causato dall’alcol e che richiama il titolo.

  6. ringrazio la signora Bertino a cui ho inviato un comento e la signora Tamarri, di cui avevo già apprezzato, a suo tempo, il racconto ‘L’attimo oscuro’, (Racconti nella rete 2012) per il suo stile postmoderno. la riflessione ad ampio raggio del disagio sociale presentata nel modo a me gradito del fluency, e lil finale che efficacemente ritrae la società nel suo annoiato cinismo (:::Poi, tutto continuò come prima…) di blixiana memoria (…tutta fatica inutile…)Presumo che la rappresentazione visiva del racconto provenga anche dall’esperienza di attrice di Teatro. La sensibilità sociale, di cui è intriso tutto il racconto, proviene da coniscenza e consapevolezza. Commento tardivo perchè mai fatti a nessuno prima dii iieri essendo un cattivo navigatore di internet che sta cercando di superare quaeta lacuna..

  7. Grazie Sig. Sam Barbaro (ho visto un po’ in ritardo il commento). Sono sicuramente lusingata dalle sue parole, ma non vorrei far passare un’immagine di me di così elevato spessore culturale!!! mi piace scrivere, mi piace recitare, ma si tratta di attività che svolgo per gioco, con impegno, questo è vero, ma solo per gioco. Però, lo ammetto, per un paio di giorni, ho camminato sopra il livello della strada, grazie alle sue parole! Se pubblicherà altre cose, leggerò molto volentieri. A presto!

  8. tempus scribendi tempus tacendi

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