Premio Racconti nella Rete 2013 “Un’ordinaria giornata da pendolare” di Mario Menditto
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2013L’ANDATA
Giorno: un mercoledi (da pecoroni, come al solito, altro che leoni..)
Ora: 8.32 antimeridiane
Destinazione: Roma, ufficio.
Numero di capi bestiame in attesa in banchina: circa 300 (di cui due cadaveri di anziani deceduti in panchina da almeno 3 giorni, probabilmente in attesa di un treno mai passato).
Morale medio della mandria: molto basso, tendente al merdeggiante
Il motivo è chiaro: il regionale delle 8.26 da Montalto di Castro non si vede all’orizzonte.
I minuti passano e del carro non si vede il muso neanche in lontananza.
Di musi, e tanti, invece se ne vedono sempre di più in banchina. Ormai quasi non ci entriamo tutti.
Una rapida valutazione mi consente di classificare al grado di MOLTO RISCHIOSO il tentativo di accedere al treno in arrivo.
Sicuramente ci sarebbe da lottare e mollare qualche colpo proibito. Non sarebbe da escludere qualche sopruso violento ai danni dei più deboli.
Sono indeciso…si tratterebbe di tramortire la coscienza (oltre a qualche anziano e/o pendolare esordiente) per ottenere al massimo un posto in piattaforma, schiacciato come un’acciuga in una scatoletta…. e alle 8.45 prendo l’estrema decisione: me ne fotto del regionale e me ne vado a fare prima colazione tranquillo, al bar di fronte alla stazione.
Prenderò il carro successivo alle 9.04.
Giusto il tempo per attraversare il sottopassaggio e mi affaccio dall’altra banchina per godermi il truculento spettacolo dell’assalto al convoglio, che arriva proprio in quel momento: la tensione, fino a quel momento trattenuta, esplode al pari di quella dei marines americani all’arrivo delle loro scialuppe sulla spiaggia di Omaha durante lo sbarco in Normandia.
Imprecazioni, bestemmie, calci, pugni, artigliate sui colli e sputi negli occhi…chi ha l’ombrello lo fa volteggiare a mò di scimitarra alla Sandokan…
Si creano immediatamente i soliti nugoli intorno alle porte, veri e propri mini-buchi neri che sputano fuori tutto ciò che li sfiora ai bordi e risucchiano invece con la loro massa di carne umana compressa tutto ciò che si avvicina alla porta stessa senza avere una velocità sufficiente a contrastare la sua forza di attrazione “gravitazionale”: una vecchina in attesa della nipote da Montalto di Castro viene risucchiata dalla porta della seconda carrozza.
Sento le sue grida “Non devo salire…aiuto..aiutatemi…!!!” che si allontanano..fino a scomparire verso l’interno della carrozza…Scenderà, se sopravviverà alla calca, non prima di Roma Aurelia….e non senza un braccio o un femore rotto..e sempre se non verrà defenestrata prima sotto la galleria dall’orda barbarica per liberare spazio…
Assisto, con una sottile soddisfazione per aver evitato la carneficina, ai cruenti respingimenti a calci e a sputi degli ultimissimi disgraziati che provano a salire a bordo.
Le porte, infine, si chiudono, lasciando a terra una decina di poveracci, tre falangi, due paia di occhiali, un numero imprecisato di denti, una carrozzina con un bebè che piange, sei scarpe spaiate e un parrucchino…
Tiro un sospiro di sollievo e vado a fare colazione…
Alle 9.04 sono di nuovo sulla spiaggia di Omaha.
Il regionale veloce (ahahha) da Pisa dovrebbe essere in arrivo.
Ovviamente sulla banchina si è già ricreato lo scenario per un’altra battaglia, non come quella delle 8.45, ma pur sempre impegnativa.
Alle 9.15 il carro deportati arriva; dai finestrini intuisco che mi dovrò preparare al solito viaggio in piedi, ma quel che è peggio è che trattasi di vecchio treno con piattaforme strette, di quelli una volta usati per gli intercity: scompartimenti da 6, corridoio e piccola piattaforma fronte cesso (non mi riesce proprio di chiamarlo “toilette”).
Il treno è già pieno. Riesco a salire fingendo di avere con me il bebè abbandonato in banchina precedentemente…”Scusate…dovrei salire..sa…se poteste passarmi la carrozzina…”…un paio di ingenue signore ci cascano, io salgo a bordo e le porte si chiudono: le vedo dal vetro che sbraitano come due mastini napoletani con la bava alla bocca e gli indico con un segno della mano di occuparsi del bebè….
Non posso comunque guadagnare di meglio che un posto in piedi appoggiato alla porta del cesso.
Partiamo.
Dopo 10 minuti sento una voce lontana, in avvicinamento dal corridoio, che dice “Permesso..scusate…”..dopo qualche secondo si manifesta alla mia vista un donnone di circa 90 kg, in evidente affanno da impellenza escretoria intestinale.
Mi rendo immediatamente conto del terribile rischio che corriamo io e gli altri buoi che siamo più prossimi alla destinazione del donnone; una esplosione d’incontinenza proveniente da cotanto capiente essere, in quel budello, provocherebbe una reazione a catena incontrollabile e di esiti inimmaginabili: le agevoliamo subito il percorso…”Fatela passare, per carità di Dio, fatela passareeee!!!”
Ella avanza veloce..il volto paonazzo…l’andatura sbilenca e deformata da evidenti trattenimenti muscolari…
Si dirige verso di me, che sono appoggiato alla porta della sua salvezza.
Per un brevissimo istante i nostri sguardi si incrociano, il suo chiede pietà….il mio trasmette terrore…
Ormai è a mezzo metro da me, si abbassa e si tira su gli orli dei pantaloni: in quel momento capisco che si sta preparando ad affrontare qualcosa di terribile.
Mi sposto prontamente…l’esplodenda apre la porta e scompare all’interno del lurido tugurio.
La tragedia: non ho spazio sufficiente a guadagnare una via di fuga. Sono costretto a far da sentinella al luogo dove si sta consumando il drammatico atto!
Echi di orrendo squallore si mischiano ai rumori di ferraglia del treno…
Noi derelitti intanto ci prepariamo, rassegnati e timorosi, al momento ormai prossimo in cui la porta infernale si riaprirà…
Silenzio.
Ancora silenzio….
Si apre la porta….
…..
…maledetto il momento in cui decisi di fare colazione prima quella mattina…
IL RITORNO
Stazione Termini, ore 17.37. Sulla via crucis del rientro a casa. Piove.
“Dlin, dlon, si avvertono i signori viaggiatori che il regionale delle diciassette e quarantacinque per Civitavecchia è stato soppresso per un malfunzionamento. Ci scusiamo per il disagio”.
Maledetta sia la tua voce apportatrice di sventure.
Chiunque tu sia al di là del microfono possano spuntare sulla tua pelle tante pustole pruriginose quante sono le volte ogni giorno che pronunci la parola “disagio” da quella tua cazzo di bocca.
Poco male, penso. In fondo io prendo il regionale per Pisa delle 18.12.
“Dlin, dlon, si avvertono i signori viaggiatori che il regionale delle diciassette e quarantacinque per Civitavecchia è stato soppresso per un malfunzionamento. Invitiamo i signori viaggiatori ad utilizzare il regionale per Pisa delle 18.12, che effettuerà straordinariamente tutte le fermate. Ci scusiamo per il disagio”.
Che tu, orenda voce, possa macerare in eterno in un bacino di sudore bollente!
A parte il fatto che la devi finire di chiamarmi viaggiatore…giacchè io non viaggio..il viaggio presuppone quasi un piacere…
“I signori viaggiatori..”…e ti immagini un gruppo di signorotti vestiti come il signore Del Monte che partono e se ne vanno in vacanza verso ameni lidi o per turismo, felici e sorridenti.
Ti sembriamo “signori viaggiatori” noi pendolari, incazzati, sudati, stanchi e martoriati dalla tua voce melliflua ??
Che possa da quel maledetto microfono arrivarti una scarica di 2000 ampere riducendoti all’istante ad uno stuzzicadenti bruciacchiato!
Ti scusi per il disagio???
Dovresti scendere dal tuo baracchino, abbracciarci ad uno ad uno, asciugarci il sudore dalla fronte, portarci dell’acqua fresca e implorare perdono in ginocchio porgendoci in dono un cesto di frutta e forse, dico forse, mi passerebbe quel desiderio insano di comprarti per metterti in salotto a mò di calcinculo antistress!
Che cazzo fai la spia??? Ti rendi conto ora cosa succederà su quel maledetto regionale per Pisa??
L’immagine che prefiguro: una massa abominevole di trombati del regionale delle 17.45 che assale all’arma bianca il regionale per Pisa delle 18.12, mischiandosi ai poveracci già a bordo in una bolgia immonda di corpi e umori di varia natura e frammisti a pioggia e conditi da imprecazioni indicibili.
Mi affretto, non c’e’ un secondo da perdere.
Ma insieme a me si affrettano decine di altri disgraziati consci del tragico destino che li attende al binario 29.
E’ una corsa tra bestie: chi ha la valigia è spacciato in partenza..li vedi correre con i trolley dietro che si accappottano ad ogni metro bestemmiando come turchi ottomanni al festival della bestemmia di Instanbul; obesi e anziani li faccio fuori facile. Le donne, non sembra, ma sono un osso duro, toste, agguerrite e pure veloci; infide e senza pietà per nuessuno. Insomma, come di norma.
Azzo, sto fumando troppo e lo sento: non tengo il ritmo come al solito.
Gomitate, sputi e sgambetti si sprecano in vista delle porte: un tizio sulla cinquantina cerca di sorpassarmi sul finale alitandomi in faccia…gli sfumacchio sul volto a mò di fumogeno accecante e guadagno prima di lui la salita. Viene ingurgitato da un gruppo di turisti tedeschi che incombevano alle nostre spalle e perde posizioni su posizioni..ben gli sta!
Sono a bordo; immagini apocalittiche si aprono ai miei occhi, un girone dantesco da far spavento al buon Dante e far rizzare i capelli al fido Virgilio: grumi umani si accalcano gli uni sugli altri, le magliette istoriate da macchie di acqua e sudore. Quelli seduti con gli occhi sbarrati, quelli in piedi che ancora tossiscono o ansimano per la corsa…dalle porte continuano a spingere gli ultimi arrivati, come una torma di zombie, ricacciati giù a pedate e parolacce in un tentativo di strenua resistenza da parte di chi è già schiacciato a bordo in piattaforma.
Io, fortunatamente, ho guadagnato un posto in corridoio. Al mio fianco destro una ragazza con i capelli fradici, al sinistro un tizio sulla sessantina che intuisco subito avere un alito pestilenziale di topo marcio con retroodore di fogna di calcutta.
Alle 18.15 le porte si chiudono, tranciando un pò di falangi e spaccando qualche rotula, e il carro parte.
Si intuisce subito che l’avventura è solo agli inizi: dopo cinque minuti già siamo fermi.
Si riparte…di nuovo fermi sotto la galleria.
Io infilo le cuffiette e provo ad estraniarmi con gli U2 e “With or without you”.
Passano cinque minuti, fermi in galleria..la gente inizia a lamentarsi…partono i primi soliti commenti e barlumi di rivolta..
Anche la ragazza al mio fianco attacca…io con la musica a tutto volume vedo solo che muove la bocca come un pesce rosso…
Vabè, tolgo le cuffiette e parto con il lamentio comune…e qui inizia il dramma: il sessantenne con l’alitosi, evidentemente non consapevole dei danni che può creare spalancando l’ugola, vuole partecipare alla discussione….e attacca ad appestare l’aria con gli effluvi di fogna!
Mi giro verso la ragazza e iniziamo i commenti qualunquisti di rito..dopo cinque minuti che passa a parlare con le mie spalle l’uomo fogna intuisce che forse è meglio chiudere il tombino e si rassegna all’angolo.
In quel momento ci accorgiamo di un nemico ben più insidioso e distruttivo che aleggia vicino a noi: il nostalgico loquace!!
Una specie pericolosissima, purtroppo non in via di estinzione: un signore sull’ottantina che inizia a raccontare la sua vita dal 1935, con dovizia di particolari e intervallo periodico di un anno!!!
E zum zum..zum zum..e parla parla..ad alta voce..parla…e nel 1936..e poi nel 1937…
E il guaio è che c’e’ una infame maledetta vicino a lui che gli dà spago!! Lui finisce una frase e la maledetta parte con una domanda!!
Io e la ragazza la fulminiamo con lo sguardo, ma lei imperterrita continua..”E sua figlia poi, nel 1957 che fece..?”
All’altezza di Roma Aurelia io, la ragazza e un gruppetto di estremisti pendolari da battaglia concordiamo che, arrivato al 1970, partiremo con un blitz, azzittendo la stronza a pedate sulle gengive e scaraventando il nostalgico dal finestrino, convinti dell’omertà degli altri nostri compagni di sventura.
Arrivato al 1969, mentre il prolisso infame parla del suo secondo matrimonio, arriviamo a Ladispoli…e scendiamo.
Il vecchio nostalgico si salva in zona cesarini dalla defenestrazione….propongo comunque di prendere a pedate ugualmente l’infame sobillatrice del prolisso, ma c’e’ solo voglia di tornare a casa e la proposta viene bocciata.
Sarà per la prossima volta…
L’uomo-fogna si avvia mestamente verso l’uscita, con il suo topo morto in gola, chiedendosi tristemente, probabilmente, perchè nessuno se lo è filato…
Un raccconto piacevolissimo. Fin dalle prime righe sei catapultato nella realtà narrata dall’autore, che descrive abilmente ambienti e sensazioni che ti sembra di vivere in prima persona. E così ti sembra di spitonare insieme a lui, di trattenereivo il fiato quando lo fa lui e poi finalmente di respirare a pieni polmoni all’apertura delle porte, quando (tu e lui) arrivate a destinazione.
fantastico!!!!
Che dire? Grazie 🙂
Una bella caricatura divertente e scritta bene: l’ho letta d’un fiato, ridendo. Complimenti!
Racconto esilarante che andrebbe inviato a Trenitalia! Purtroppo non troppo lontano dalla realtà! Coraggio, resisti! Hai tutta la mia solidarietà!
Se facessi parte della giuria saresti sicuramente tra i vincitori!!!!!
DIVERTENTISSIMO! SOPRATTUTTOIL RITORNO! BRAVA!
Grazie 🙂
….solo lievemente calcato, ben rappresenta l’occasione di tali trasferte : sensazioni, umori, sorprese e scocciature e quant’ altro. Grazie
ahahah Spettacolo! Ho riso dall’inizio alla fine! Scritto magistralmente e capace di fartelo vivere in prima persona! Complimenti!!!!
Oh finalmente un racconto esilarante 🙂 Molto ironico, ma c’è da dirlo scritto anche davvero bene! Bravo!
Strepitoso ed esilarante!!!
🙂
Torno a ringraziare tutti voi dei commenti. Il racconto non è tra i vincitori, ma lo ritengo un po’ il mio portafortuna per molti motivi. Grazie ancora.