Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Racconti nella Rete 2009 “Le radici del cuore” di Claudia Colasanti

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2009

Al volgere della sera all’interno di un’agenzia immobiliare nella città di Tivoli, nei pressi di Roma, un’impiegata mi restituiva con fare frettoloso le chiavi della casa dei miei genitori che dalla morte di mia madre avevo messo in vendita, e che per ironia della sorte, ora che io e mia moglie c’eravamo lasciati ero costretto, mio malgrado, a tornare ad abitare, perché mai avrei potuto permettermi un appartamento a Roma, soprattutto in questo momento. Tornai così rassegnato alla mia auto, con lo stato d’animo dell’emigrante sconfitto, costretto a tornare in quel paese nativo che, come molti miei compaesani, mi limitavo a visitare oramai solo in occasione delle ricorrenze. Misi in moto e abbandonai il traffico del centro immettendomi sulla via empolitana ritrovandomi d’un tratto immerso nella campagna laziale la quale, come una perfetta padrona di casa, mi accoglieva nella sua dimora offrendomi da subito lo scenario suggestivo delle rovine degli acquedotti romani che attraversavano la piccola valle che si apriva di fronte ai miei occhi. Decelarai, e decisi di procedere con calma lasciandomi rapire dal paesaggio, intraprendendo quel cammino che finalmente mi stava riportando a casa.

Superai valle caprara, colle passero e mi tornarono in mente la mia infanzia, i miei genitori e questi luoghi a me così cari assunsero un valore diverso, provai un senso di disagio pensando all’uomo che ero diventato; come avevo potuto pensare di vendere ad altri la casa in cui ero cresciuto con tanto distacco e freddezza, quella stessa fermezza che d’altronde mi aveva contraddistinto nel mettere fine al mio matrimonio. Ripensai alle belle serate d’estate trascorse nel vicolo del paese a giocare con gli amici fino a quando i nostri genitori, esaurite le chiacchiere leggere o terminati gli improvvisati tornei a carte ci richiavano in casa, oppure i preparativi per l’infiorata, in occasione dei quali era realmente concesso a noi bambini rimanere alzati fino tarda notte per partecipare alla preparazione dei quadri. Di nuovo però i miei pensieri furono distolti dalla cornice naturale nella quale ormai ero immerso: cominciai a scorgere Ciciliano, arroccato sulla sua collina, distinguibile l’imponente castello Theodoli a dominare il paese. Superai il bivio che vi conduceva e discesi la vallata ringraziando il cielo d’aver strappato fino ad oggi queste colline dalle mani del “dio” cemento e mi augurai che l’amore ed il rispetto profondo che nutrivo per questi luoghi potessero divenire un giorno un valore condiviso. Giunsi nei pressi della contrada Gammarari e la vista spaziò sulla pianura umida, alzai poi lo sguardo e vidi i monti Prenestini e alla cima del monte Guadagnolo il santuario della Mentorella, abbarbicato su un dosso del monte, vigile da sempre a vegliare sulla mia casa e sul mio paese immerso tra gli oliveti: Pisoniano.

Pensai così che infondo, lontano dalla città, sarei potuto tornare a dedicare il mio tempo libero a passeggiare per quei sentieri che tanto amavo da ragazzino, avrei per esempio ripercorso il sentiero  che dal centro del paese conduce al santuario della Mentorella, oppure d’estate, avrei potuto risalire il letto di quel torrente ormai secco, nei pressi del quale sorge la cappella dedicata a Santa Rita da Cascia per proseguire fino al vecchio fontanile, mi sarei seduto sulla panchina posta sotto l’albero e avrei goduto di quella quiete meravigliosa.

Percorsi in auto l’lultimo tornante e arrivai finalmente in paese, parcheggiai nel centro abitato e salii via del colle e mi sembrò di vederla ancora lì mia madre, seduta sul muretto a godere del fresco e a parlare con le vicine, ma stranamente il suo pensiero non mi procuò nostalgia o sofferenza perché la mia sensazione fu come se da lì non se ne fosse mai andata, quei luoghi erano veramente intrisi della sua presenza. Mi fermai in cima a riprendere fiato, mirai i paesi illuminati che sembravano presepi: Cerreto, Rocca canterano e come incastonata alla collina, la più bella, Cervara di Roma.

Mi voltai, e continuai a salire per il vicolo che si faceva via via più stretto ed irto, mi avvicinai al civico 24 e staccai con decisione il cartello vendesi, aprii il portoncino e il calore e l’affetto della mia famiglia erano ancora lì, imbevuti tra le mura. Mi lasciai avvolgere da quel calore, che pur tuttavia in quel momento sentii che non mi bastava, perché per essere felice, avrei potuto condividerlo solamente con Lei. Chiamai mia moglie e le chiesi di tornare da me e ricomnciare insieme da quì, dalle mie radici, quelle più profonde, quelle del cuore.

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3 commenti »

  1. Consolazione, questo è il grande tema del racconto e mi piace. Alla fine mi sono sentito bene stretto in questo abbraccio. Lei è senz’altro tornata. Complimenti!

  2. Il ritorno a casa come un ritorno alle origini, appunto alle proprie radici. Mi piace come hai descritto il meccanismo del ricordo, che- proustianamente!- parte dall’attraversamento di luoghi familiari ma trascurati da troppo tempo che però fanno scattare i ricordi e quindi i sentimenti gli affetti le nostalgie ecc. Anche consolazione, certo, ma più bagno purificatore…e poi lei, per me, alla fine non torna, ma non importa. Andrea Ercolini

  3. […] Stefano, Roiate, Roviano, Saracinesco, Subiaco, Tivoli, Vallepietra, Vallinfreda, Vivaro Romano. …Racconti nella Rete® » Premio Racconti nella Rete 2009 » Racconti …Mi fermai in cima a riprendere fiato, mirai i paesi illuminati che sembravano presepi: Cerreto, […]

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