Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Racconti nella Rete 2009 “Il terzo pianeta” di Annalisa Bellerio

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2009

“No. Direi che neanche sul secondo pianeta emerge qualcosa di interessante. I soliti rilievi, i soliti crateri, e un sacco di nuvole che disturbano la visuale. Se c’è vita intelligente, è ben nascosta; oppure non è tanto intelligente e quindi tanto vale lasciar perdere.”

Parsec, la Prima Mente degli Studi Astronomici, guardò contrariato l’ologramma che riproduceva il sistema solare, la cui scoperta l’aveva tanto entusiasmato ma che ora sembrava rivelarsi una delusione. Sperava di trovare qualche prova a sostegno della sua ipotesi che quei mondi lontani nella galassia fossero abitati da esseri con i quali si potesse entrare in comunicazione. Ma le ricerche sui primi due pianeti, i più vicini al Sole, avevano dato esiti negativi. L’opalescente corpo di Parsec cambiava continuamente forma, gonfiandosi come un’enorme sfera color madreperla, arrotolandosi come un grosso serpente gommoso, contraendosi come un lucido lumacone: evidenti segni di nervosismo che tenevano a debita distanza il suo assistente Alidad, preoccupato dal cattivo umore della Prima Mente.
La luce di Mizar penetrava nelle gallerie ipertecnologiche di quell’evoluto pianeta, riflettendosi sulla superficie corporea delle due mutevoli creature.
“Va be’, non disperiamo, ce ne sono altri sette”, si consolò Parsec spostandosi con un ennesimo guizzo verso il terzo pianeta, su cui concentrò i suoi penetranti occhi compositi.
“Procediamo con i consueti rilevamenti?” domandò Alidad diligente, e soprattutto ansioso di avere un pretesto per sgusciare via.
“Naturalmente. Ma come ricorderai, io da stasera sono in conferenza telepatica, e dunque per alcuni giorni dovrai lavorare senza di me.”
Alidad conosceva quella procedura: grazie alla sua superesercitata capacità di concentrazione, Parsec entrava in un intenso stato ipnotico durante il quale era in grado di mettersi in contatto con abitanti di altri mondi, a loro volta in possesso di quella dote da iniziati. Era un esercizio che lasciava spossati, dopo il quale era necessario un periodo di rilassamento. Alidad non c’era mai riuscito. Aveva fatto ripetuti tentativi, ma il risultato dei suoi sforzi erano state solo delle profonde dormite.
“Al mio ritorno mi farai avere tutti i dati raccolti; mi raccomando: con estrema cura”, puntualizzò Parsec congedandosi in forma aerodinamica, per muoversi più velocemente.

Dopo il periodo di decompressione postconferenziale, Parsec si ripresentò nella galleria degli Studi Astronomici nella sua forma migliore. Cioè quella di una stella cometa.
“Eccomi qua. Allora, ci sono novità?”
Rassicurato dall’aspetto della Prima Mente, l’assistente si espanse un poco, poi si avvitò, pronto a fare rapporto: “Sì, i dati relativi al terzo pianeta mostrano che è costituito da roccia, con rilievi, pianure e…”
“Taglia corto: è abitato?”
“Sì.”
Parsec-stella divenne ancora più brillante per l’eccitazione. “Dimmi, come sono fatti?”
“Sono fatti di scadenti lamiere metalliche, di vari colori e dimensioni, di forma non mutevole e limitate capacità di movimento. In genere hanno quattro ruote, ma esistono individui, molto più grossi, che ne hanno sei, otto o anche di più. Probabilmente sono quelli adibiti alla riproduzione. Allo stadio infantile ne hanno solo due e sono tremendamente rumorosi. Il loro organismo è alquanto rudimentale. Si nutrono di piccoli esseri bipedi, in continua agitazione, che introducono ed espellono da aperture laterali, e conservano, vivi, in grandi contenitori rigidi, squadrati, pieni di buchi. Bevono un liquido puzzolente da distributori automatici ed emettono gas pestilenziali.” Alidad si interruppe per spiare le reazioni di Parsec: i contorni della stella stavano diventando confusi.
“Prosegui”, ordinò la Prima Mente.
“Hanno occhi che si illuminano al buio, dormono perlopiù all’aperto, oppure in enormi ricoveri collettivi, o raramente singoli…”
“Vita sociale? Linguaggio?” incalzò Parsec.
“Vivono in comunità, preferibilmente tutti ammassati insieme, e compiono strani riti collettivi, disponendosi in interminabili file dirette verso mete imprecisate, dove si disperdono. Non sembrano svolgere attività di rilievo. L’unico sport praticato è la corsa (si fa per dire: non riescono a raggiungere neanche i 400 chilometri all’ora). Spesso emettono un verso fastidioso e monocorde, anche tutti insieme, che esprime in prevalenza aggressività, o pericolo. Non possiedono forme più elaborate di linguaggio o di comunicazione, tranne pochi segni elementari impressi su cartelli.”
Parsec, più che una stella, sembrava ormai un buco nero: “Manifestazioni intellettuali?”
“Praticamente nulle.”
In preda allo sconforto e all’irritazione, Parsec meditava. Avrebbe dovuto controllare l’elaborazione e l’interpretazione dei dati forniti dal suo assistente, ma il quadro era così scoraggiante che non se la sentiva di perderci altro tempo. Si avvicinava una lunga stagione di tempeste magnetiche e conveniva proseguire le indagini in direzioni più produttive.
“In conclusione, Aledad, sul terzo pianeta c’è vita, ma a uno stadio troppo primitivo per suscitare il nostro interesse. Forse, allontanandosi dal Sole, il livello evolutivo tende a crescere. Vediamo…” Risollevandosi come un fiore iridescente, Parsec distolse il suo composito sguardo da quell’insignificante terzo mondo, rivolgendolo al successivo.

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2 commenti »

  1. Molto carino! Bisognerebbe davvero osservare il mondo dall’alto per accorgersi di molte assurdità. L’ho letto volentieri, brava. Andrea Ercolini

  2. Ciao Annalisa, davvero spiritoso e simpatico il tuo racconto. E l’idea è originale.Quello di possibili altre forme di vita nell’universo e in altri pianeti è un tema affascinante e pieno di incognite. Anche perchè è probabile che gli alieni esistano davvero…come ad esempio afferma il Prof. Malanga che pare sia un esperto del settore.
    Unico appunto, forse avresti potuto sviluppare maggiormente la parte finale!
    Monica M

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