Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2013 “Il Cuore, un cuore e un palloncino” di Ilaria Montagni

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2013

Imma era una ragazzina dai capelli rossi e la testa grande grande. Assomigliava a un palloncino enorme, quella testa. Un palloncino poggiato sul collo, tutto colmo di pensieri, dubbi e ragionamenti contorti. Potevi vedere all’interno del palloncino trasparente gli ingranaggi del cervello in continuo movimento, oliati dalle ore e ore passate a studiare con la schiena curva sui libri di latino e di matematica. Giorno e notte, sette giorni su sette. Ma come ogni palloncino che si rispetti, la testona di Imma voleva volare, sganciarsi da tutto il resto del corpo e seguire tra le nuvole i valori e la morale astratta lontana dalle cose della terra. Imma aveva il desiderio profondo di trovare la ricetta per far aderire i suoi ideali all’imprecisione delle cose.

Ma se Imma aveva la testa grande grande, pronta a spiccare il volo, legata al collo solo da un filo sottilissimo, il suo cuore era piccino piccino. Un palloncino quasi sgonfio, si sarebbe potuto dire, preso a calci e pugni come un pallone da rugby. Che se i palloni da calcio si prendono solo le pedate e quelli da pallavolo solo gli schiaffi, il cuore di Imma era bello tumefatto da tutti i tipi di botte.

Per proteggere il suo cuore piccino piccino, Imma l’aveva fin da bimba chiuso per bene dentro un’armatura, a mo’ di scrigno. Solo sua madre riusciva a entrarci dentro, sia per ferirlo che per curarlo. Era incredibile come la mamma di Imma riuscisse a infilzare i tacchi nel suo cuore e poi a disinfettare subito dopo le ferite sanguinanti della sua bimba. E così Imma con la sua testa grande grande non riusciva a trovare una spiegazione logica dell’amore che non fosse associata al dolore. Le mani della sua mamma erano un giorno piene di carezze e quello dopo di cazzotti.

Attivando gli ingranaggi oliati della sua testa a palloncino, Imma aveva pure pensato che le dimensioni così grosse del suo capo fossero dovute a tutte le volte che la mamma dalla culla l’aveva buttata a terra per chissà quale motivo. La terra… quanta paura le faceva… Forse per questo Imma voleva allontanarsene il prima possibile. Volare e non cadere più sul suolo. Tonf.

Pure gli aculei aveva Imma. Degli spini che respingevano gli abbracci altrui. Solo sua madre riusciva a fare entrare le braccia tra un aculeo e l’altro. Sapeva abbracciarla con amore, la sua mamma.

Guardandosi intorno per la sua città, Imma non aveva mai trovato nessuno come lei. Persino i suoi fratelli e sua madre, sangue del suo sangue, avevano la testa più piccola della sua e il cuore più grande, senza alcuna gabbia per proteggerlo. Della testa e del cuore di suo padre Imma non sapeva nulla. Non aveva mai visto neanche una foto del suo papà.

Anno dopo anno, Imma si era chiusa al mondo che tanto era diverso da lei. Beh, in realtà, Imma sapeva che c’era un ragazzetto, un certo Manfredi, nel suo quartiere con la testa grande grande pressappoco come la sua, ma le poche volte che lo aveva visto in giro aveva provato una sensazione di disagio… Riusciva a vedere nel palloncino di quel ragazzino tanti pensieri confusi, tante idee luminose che la intimorivano. Pur essendo uguale a lei, sentiva che ancora mancava qualcosa che li avvicinasse.

E così Imma se ne cresceva sola soletta, arrotolandosi su se stessa. Conosceva l’amore elemosinato e sapeva solo voler bene soffrendo. Allora mescolava l’odio all’amore e si prendeva cura del suo corpo ferendolo e maltrattandolo. Le cicatrici di sua madre erano vicine ai segni che Imma lasciava sul suo corpo.

Imma aveva sempre una paura folle. Paura che l’unico amore possibile fosse questo. Paura che un abbraccio divenisse una morsa stretta da cui non potersi liberare. Allora Imma chiudeva tutto dentro l’armatura del suo cuore e viveva semplicemente così.

Poi un giorno, nel parco vicino casa sua, con le borse della spesa tra le mani, Imma incontrò un Cuore enorme, infinito, stratosferico. Un Cuore mai visto prima, che riempiva tutto il suo campo visivo lasciando in secondo piano ogni altra cosa sotto i suoi occhi. Imma non sapeva di chi fosse quel Cuore così grande. Più guardava quel Cuore, più si sentiva nuova, leggera. Sentiva spalancarsi il suo cuore piccino piccino, ma questa volta ad aprirlo era una chiave inserita dolcemente nel lucchetto, non un tacco inficcato nella carne.

Quel Cuore era così bello, così pieno di Luce. E standogli vicino, il cuore di Imma cominciava ad allargarsi sempre più, come a voler accogliere più Luce possibile. Ma quell’armatura tutta intorno alle pareti del suo cuore le faceva male… Era ancora lì. Si sentiva stringere, soffocare dalle paure che l’avevano così irrigidita.

Dopo aver visto quel Cuore enorme, infinito, stratosferico, Imma capì che non si poteva vivere più come prima. Non aveva senso chiudersi a riccio. Imma cominciò piano piano a togliersi gli aculei. Uno dopo l’altro, dolorante per ogni spina che si staccava dalla sua corazza. Ogni aculeo in meno significava esporsi, sbagliare, fare dei capitomboli da cui piano piano Imma riusciva comunque a risollevarsi. Le bastava mirare a quel Cuore enorme, infinito, stratosferico, per ritrovare il suo cammino. “A volte – diceva tra sé e sé Imma – bisogna solo camminare, inciampare e prendere vie sbagliate… L’importante è avere il Cuore come meta, no?” .

Aveva pochi anni Imma, ma decise di andare a vivere da sola in una stanza piccola piccola in una città lontana lontana. Se ne era andata via, Imma, questo aveva deciso di fare, questo era quello che sentiva giusto per lei e il Cuore. Erano lei e quel Cuore enorme, infinito, stratosferico, adesso. Solo lei e quel Cuore. Si era abituata ormai alla sua solitudine. Si rinchiudeva nella sua stanzetta e sperava. Si lasciava cullare dalla Musica che sbocciava dentro di sé. Forse tutto questo cominciava a bastarle. Come chiedere di più? Ma Imma non sapeva che quel Cuore aveva in serbo per lei sentimenti inaspettati. Cose che lei non immaginava neanche di poter provare.

In quella nuova città lontana lontana, Imma rivide Manfredi. La sua testa era sempre grande grande, sempre a forma di palloncino, sempre rivolta verso l’alto. C’erano ancora più pensieri e idee contorte a passare da un ingranaggio all’altro del suo cervello.

Nel deserto di quella città lontano, la Luce dentro la testa di Manfredi si mostrava ancora più forte, più tersa. A guardar bene, Imma si rese conto che quella Luce aveva preso il posto del cuore piccino piccino di Manfredi. Dove era andato a finire il suo cuore rinchiuso anche lui in una spessa armatura? La testa grande grande c’era ancora, ma il cuore? Dove era adesso?

Imma guardava Manfredi, comparso per caso davanti a lei, e sentiva nascere dentro di sé desideri che non aveva mai provato prima. Il bisogno di donare e non di ricevere. Un bene sublimato, senza senso di possesso. Era strana quella sensazione, così inaspettata. Perché il suo cuore piccino piccino adesso si stava aprendo anche all’uomo… Un cuore che Imma pensava rivolto soltanto al suo Cuore enorme, infinito, stratosferico. Quel Cuore lì, sapeva Imma, non l’avrebbe mai abbandonata.

Dopo l’incontro inaspettato con Manfredi, Imma cercava un senso nelle cose quotidiane, cercava di dimenticare quelle sensazioni nuove dentro di lei. Ma le sarebbe bastato un solo cenno per avvicinarsi a Manfredi e buttar via l’ordinarietà dei suoi giorni. Non per chissà quale slancio emotivo e irrazionale: Imma era certa che ovunque Manfredi fosse voluto andare lei lo avrebbe seguito. Imma vedeva che in mezzo a loro due il Cuore diventava ancora più enorme, infinito, stratosferico. Sentiva quel Cuore pulsare più forte.

Ma Imma aveva sempre quella grande paura che la bloccava… Manfredi si ripresentò sul cammino di Imma in tante, inaspettate occasioni. E più lo incrociava, più Imma cercava di allontanarsi da quella Luce che l’attraeva così tanto e che al contempo rischiarava e illuminava tutte le sue fragilità. Si sentiva smascherata di fronte a quella Luce.

Eppure, alla fine, incrociandolo così spesso, Imma non poté che cedere. Tentando di ripararsi da tanta Luce, Imma un giorno osò guardare Manfredi un po’ più intensamente. Cercava quel cuore scomparso chissà dove.

Poi capì.

Un filo, un sottile capo di seta, quasi impercettibile, chiudeva la testa a forma di palloncino di Manfredi. Era un filo infinitamente lungo. La Luce di Manfredi sembrava scorrere lungo quel filo serico.

Imma, senza farsi notare da Manfredi, con cui non aveva mai parlato e che forse, offuscato dalla sua Luce non si era mai accorto di lei, cominciò a seguire il percorso di quel filo dipanato verso lo sconosciuto.

Imma camminava, viaggiava, si spostava per arrivare al bandolo della matassa. Mari, monti e cieli, fino a tornare nella sua città, la loro città, il loro quartiere, il palazzo di Manfredi.

Imma entrò nel palazzo di Manfredi, giù, al piano interrato. Il cuore di Manfredi, piccino piccino e rinchiuso in un’armatura, come quello di Imma, era lì nascosto, nello scantinato.

Imma staccò il palloncino pieno di ingranaggi visibili in trasparenza dal suo collo. Tagliò il filo che univa il cuore di Manfredi al suo corpo e con quello stesso filò unì il suo palloncino al cuore di Manfredi. Palloncino e cuore volarono in alto fino a schiacciarsi entrambi su contro il soffitto dello scantinato.

Il palloncino spingeva contro il muro e si spostava, strisciava sempre più verso la finestra. Il cuore di Manfredi e la testa di Imma uniti, oltre ogni tempo e oltre ogni distanza. Quel filo che li univa non si sarebbe mai spezzato. Non lo avevano tessuto certo loro quel filo lì.

Cuore e palloncino unito andarono incontro al Cuore enorme, infinito, stratosferico. Si radicarono lì dentro. Dal palloncino di Imma scivolarono via gli ingranaggi. Il cuore di Manfredi si liberò dalla sua armatura. E il Cuore si accese ancora di più fino a illuminare dalla città di Imma e Manfredi la città lontana lontana dove si erano ritrovati.

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18 commenti »

  1. Racconto visionario sull’amore celeste e l’amore terreno, ma che dopo un po’ stanca. Mi verrebbe voglia, quasi quasi, di far scoppiare tutti questi palloncini!

  2. Anche questo un bel ” fiabesco” contributo

  3. Cara Bertino Giovanna , a volte rido da sola davanti ai suoi commenti! Grazie, inizialmente non mi stava molto simpatica ma poi ho iniziato ad apprezzar li i suoi buffi commenti!!!

  4. Grazie Emanuela. Io sono molto diretta nei miei commenti, che nascono a caldo, nel bene e nel male. Forse sono poco diplomatica, ma è purtroppo nella mia natura. Però non sono ipocrita e questa è una gran cosa. Spero solo che gli altri autori non se la prendano troppo e capiscano che non si tratta mai di offesa alla persona. Comunque ci sono anche molti miei commenti positivi e arcientusiasti!! Sono contenta che adesso tu mi veda con altri occhi. Sono una bonacciona, che si prende lei stessa poco sul serio e che pensa che il confronto qui, sul forum, debba andare al di là dei convenevoli. Altrimenti sarebbe proprio una perdita di tempo. Adesso mi sono messa in testa di leggere e commentare tutti i racconti, poco alla volta e, ti dirò, mi piace molto leggere i corti. Purtroppo vedo che siamo in pochi a credere in questo forum, ed è un vero peccato. Senza il nostro caro Fairy, ad esempio, che tuona e strepita, sarebbe proprio una mosceria.
    Baci e abbracci e dammi del tu! Non sono mica vecchia come il cucco!

  5. brava bertino. invito tutti a una maggiore incisvità, a commenti quotidiani. 🙂 CEMF

  6. Il suo caro Fairy è un personaggio adorabile e noi dobbiamo poi accordarci per un premio al di là di come andrà il concorso. io mi offro per la raccolta dei soldi per il DONO!!! Bisogna fargli un regalo no? E’ d’accordo?

  7. gesummaddonnamaria tra le righe del commento di fagnani appare come POSSIBILITA’ che io NON venga inserito nella lista dei 25! questo è al di là del bene e del male, forse contrario alle stesse leggi della fisica che governa questo mondo. vedremo. per quanto riguarda il DONO accetto tutto: piccole somme, un viaggio, libri antichi, stampe o quadri. anche doni puramente simbolici. 🙂 CEMF

  8. Cara Giovanna, il punto è proprio questo: noi non stiamo soltanto in un forum, ma all’interno di un premio letterario ed è probabile che molti autori siano interessati ad inviare il loro racconto sperando di rientrare tra i 25, ma non altrettanto interessati a lasciare commenti.
    Possiamo anche non condividere, ma credo sia giusto comprendere le ragioni di tutti.
    E’ ovvio che noi verremo valutati soltanto per i racconti che abbiamo inviato e non per i commenti lasciati.
    Numero di letture, quantità e qualità dei commenti ricevuti o inviati non contano nulla.
    C’è una giuria che valuterà i racconti e certamente non si farà condizionare da letture e commenti.
    In gran parte io condivido il tuo discorso: un confronto sereno e costruttivo tra gli autori può essere comunque utile.
    Tuttavia, non ne farei una questione di convenevoli.
    Capisco che trovarsi qui nella molteplice veste di autori, lettori, commentatori e concorrenti stimoli un po’ di sana competizione, persino quando si lasciano dei commenti.
    Tuttavia, di fronte a un racconto che non è piaciuto, limitarsi a dire, in modo più o meno colorito, “questo racconto non mi piace” esprime soltanto un’opinione personale che in questo contesto vale come il due di coppe a briscola.
    Ben altra cosa, invece, è lasciare un suggerimento, un consiglio, una nota critica.
    Ma esprimere suggerimenti e critiche che possano essere utili a un autore per migliorare, non è cosa tanto semplice.
    Soltanto per farti un esempio, quando affermi che quasi viene voglia di far scoppiare i palloncini di questo racconto, evidenzi qualità di sfavillante battutista, ma dei tuoi palloncini rotti l’autrice non se ne fa granchè.
    Questo lo dico soltanto per esprimere la mia opinine al riguardo (a proposito di confronto), certo non per biasimare la tua frase.
    In fondo, restando sempre nel rispetto dell’interlocutore, penso che ognuno possa e debba esprimersi come meglio crede.
    Ciao

    Tornando a questo racconto, mi sembra che il senso sia giunto al lettore in modo nitido. In alcuni punti, però, l’ho trovato un po’ troppo didascalico e a tratti ripetitivo. Forse sarebbe stato adatto anche alla sezione per bambini. Ad ogni modo è gradevole e ben scritto.

  9. Grazie, Gioacchino, per il tuo intervento. Io auspicavo un intervento maggiore da parte degli altri concorrenti perché mi piace confrontarmi e conoscere altri punti di vista ed anche, perché no?, stringere amicizie virtuali. Sono ben conscia che i nostri commenti non servono a nulla ai fini del risultato, che non condizionano la giuria in nessun modo. Ci mancherebbe altro. Ma mi diverto a commentare, a leggere i commenti degli altri, anche se a volte mi scappano quelle che tu chiami battute: la gara non mi mette nessuna ansia, non ci penso affatto, forse perché non ho grandi aspettative. Parpecipo per il gusto di partecipare, come ad una festa dove c’è musica ma pochi ballano. Fare un buon commento va al di là delle mie possibilità. Faccio però autocritica e mi chiedo se non farei meglio a farmi prestare il cavallo ritrovato di Fairy e darmi all’ippica!!! Passerò i prossimi giorni a riflettere sulle tue parole.

  10. Il gusto di partecipare come fossimo a una festa a me pare proprio lo spirito migliore.
    E credo che tu qui abbia già dimostrato ampiamente di sapere commentare in modo esaustivo, importante e utile anche per l’autore del racconto.
    Le battute piacciono tanto anche a me. E’ soltanto che, a volte, credo sia meglio resistere alla tentazione di farla. Tutto qui.
    Ma nei prossimi giorni non perderci troppo tempo con le mie parole.
    Ciao, un caro saluto.

  11. bè, vedrò cosa scegliere: cavallo o commento. O tutti e due!
    Saluti anche a te.

  12. Eccomi. In questo caso sto con Bertino. Premetto che qui i racconti sono a mio parere tutti di scrittura accettabile, d’altronde passano già un primo filtro. Si trattasse di un concorso senza selezione, dove ognuno appende tutto, ci sarebbe già scappato il morto. Detto questo – così tutti stanno sereni – il “mi piace” o “non mi piace” sono la ragione stessa del fatto estetico. Se le opere sono grandi opere e se chi vi accede è un’Anima accettabile il “mi piace” si trasforma in “io amo”. Con questo “mi piace” o “io amo” si ricevono e producono arte e bellezza, si fondano imperi, si sceglie una donna da cui nascono figli. Le battute poi sono fondamentali per sopravvivere in questo mondo cattivo. O dobbiamo subire senza poter dire ne ah ne bah nemmeno per ischerzo racconti come quello relativo al viaggio ferroviario Porretta-Bologna? Il giudizio caustico, infine, aiuta tutti. Quando ho portato il mio racconto “L’Angelo Pahaliah” in giudizio al Rabbi Isidore Kaplan lui mi ha detto: “Non mi piace. Farsi le seghe spirituali produce un seme che non aiuterà a far nascere il Messia. O vai più in profondità o è meglio che cambi mestiere, giovanotto.” Io mica me la sono presa. E stiamo parlando di quel racconto. Abbraccioni. 🙂 CEMF

  13. Grazie Gioacchino per il commento calzante e costruttivo!
    Vi leggo e cerco di migliorarmi 🙂

  14. Quando leggi, però, non ci dare troppa importanza.
    Ciao Ilaria.

    Fairendelli, è vero che tu non te la sei presa per le parole del rabbino.
    Ma il problema è che non gli hai dato retta.
    Così, oltre a non avere fatto il miracolo con le tue gonadi, hai pure attentato alle nostre con “L’Angelo Pahaliah”.

  15. 🙂 beh ma era due anni fa e l’avevo già scritto, il pezzullo. quello che è fatto è fatto e in quest’agone linguistico il pezzullo lotterà sino alla morte, con volizione, insieme alle opere di tutti. chiaro che cerco di dare retta alle parole del Rabbi e di andare più nel profondo scrivendo, ma sono quello che sono (questo purtroppo lo dice anche lui) e ci vorranno anni. 30-40 secondo Kaplan e quindi è facile che Fairendelli si sia già riassorbito nella sostanza universale. salutoni. CEMF

  16. Grazie, Fairy, per aver preso posizione. Toglietemi tutto ma non la libertà di parola e di pensiero. Sempre diretta alle opere, sempre!! E poi, cosa vieta agli altri autori di critcare quello che ho scritto io? Nulla. E io non mi offendo e l’ho dimostrato ampiamente !

  17. cara giovanna vengo dalla scuola crociana e sono votato ad aprire la bocca solo per criticare quando le cose non mi vanno. se le cose sono ottime si apre la bocca uguale e si parla ma non sono sostanzialmente parole: si sorride. è quindi ovvio, dato lo stato delle cose, che io parli senza sosta rompendo i marroni a tutti. d’altronde mi pare di avere fatto chiarezza su diversi punti.:1) il racconto porretta bologna è un enigma situazionista, il confine tra applauso e vaffa è labilissimo, l’autore deve pronunciarsi 2) codogno scrive bene ma molto di mestiere. questo non è mai bellissimo, il sapore di una scrittura di mestiere, intendo. mi impressionano poi i commenti positivi solo di donne sull’ambigua storia, un pò troppo vitale per i miei gusti. uomo e donna sono la grande polarità dell’universo se devo sapere altro portatemi le prove, convincentemi, pagatemi la cena. è un’osservazione politicamente scorretta? machissenefrega. 3) ottima la scrittura di perin, potentissima e con immagini giuste. se riesce a fare aprire i racconti alla fine (dove approderanno un giorno il sangue, le ossa incise e tritate, gli uomini della casa sulla collina, l’Anima di Acciaio? cosa c’era PRIMA?) farà benissimo. vorrei anche dire che il suo racconto ha portato alla mia mente le stanze delle torture di erszebet bathory e della sua serva dorota. legga di questo, perin, e riferisca.3) i raccontini “spiritualisti” di fairendelli sono sempre un pò la stessa nenia. ma almeno racconta la storia che va raccontata. migliorerà anche lui, povero figlio. 🙂 CEMF

  18. convincetemi

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