Premio Racconti nella Rete 2013 “La mia prima volta” di Giovanni Fiorina
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2013Era l’inizio di maggio quando la maestra ci diede un tema: Parlo di…
Eravamo dei pippottini di otto anni e la libertà non sapevamo nemmeno cosa fosse, figurarsi se eravamo in grado di gestirla. Un coro bianco di venti vocette si alzò all’istante.
– Maestra! Maestra! Di cosa dobbiamo parlare?
– Di quello che volete – ci rispose lei, senza degnarci di uno sguardo, già concentrata sul giornale aperto sulla cattedra.
Ci guardammo in silenzio, senza fiatare, in preda al panico, fino a quando Antonio Sica chiese se poteva parlare del suo pallone.
– Vi ho detto che potete scrivere di ciò che volete – disse la maestra, ancora senza guardarci.
Rimasi a fissare il foglio bianco per non so quanto tempo. Poi, iniziai a scrivere.
La domenica precedente ero stato per la prima volta nella mia vita allo stadio, al Comunale di Torino, per vedere l’ultima partita di Michel Platini con la maglia della Juventus, insieme a mio papà e al mio compagno di classe Alessandro Donnelli. Decisi di raccontare quella giornata, e più scrivevo del viaggio in pullman con i tifosi, del verde del campo, dell’impermeabile giallo comprato perché pioveva, più mi sembrava che quel pullman, quel campo, quell’impermeabile diventassero come più veri, sulla carta, come più belli, perché più miei.
Non ricordo se la maestra si chiamava Rosella oppure Rossella. Però i suoi capelli neri come uno spavento, gli orecchini grandi da chiromante, i suoi urlacci Fiorina, stai composto! – ci chiamava così, per cognome, nonostante fossimo solo dei bambini – quelli sì, me li ricordo bene.
Insomma, a me faceva un po’ paura, la maestra Rosella o Rossella. Così, quando un paio di giorni dopo mi mandò a chiamare durante la lezione di matematica, mi presero dei brutti pensieri. Rimasi fermo davanti alla porta dell’altra terza per qualche secondo, dopo aver bussato, con il cuore che batteva forte e il cervello che si domandava cosa mai avessi combinato per meritare quella che, ero sicuro, sarebbe stata un’umiliazione davanti a dei bambini che nemmeno conoscevo. Alla fine, come se stessi tuffandomi in una piscina gelata, entrai.
Tutta la 3°D era in piedi ad applaudirmi, il mio tema nella mano della maestra con un ‘ottimo’ scritto in rosso, grande. Io mi guardavo i piedi e non capivo.
– L’ho letto ad alta voce anche a loro, bravissimo! – mi disse la maestra Rosella o Rossella, prendendomi la mano e tirandomi a sé per darmi un bacio sulla guancia, l’orecchino che dondolava come un hula hoop.
Mi stavo già vergognando abbastanza anche senza quel bacio, così mi allontanai dalla maestra il più in fretta possibile. E poi non capivo: potevo essere davvero stato premiato per aver fatto vedere agli altri qualcosa di mio, che avevo scelto io di raccontare e di raccontarlo così? Non mi sembrava possibile.
Non sapevo cosa dire, per questo rimasi in silenzio, continuando a fissarmi i piedi senza vederli, mentre prendevo il tema e mi giravo per uscire dalla classe. Ero convinto sarei esploso entro pochi secondi, tanto mi sentivo rosso in viso. Poi, con un piede già in corridoio, mi girai verso la maestra Rosella o Rossella e bisbigliai un Grazie, i miei occhi che per un attimo guardarono il suo sorriso.
Scritto bene, mi è piaciuto.
L’infanzia, le sue emozioni esplosive, le prime volte…
Terribile questa maestra Rossella o Rosella, con i suoi orecchini da chiromante, che se ne infischia dei suoi scolaretti. Racconto semplice e poetico, che lascia una dolce emozione. Complimenti.
certo che l’alunno Fiorina ha una maestra che si chiama Rossella/Rosella!! È voluto?
No, in realtà no…che lettrice attenta, complimenti!