Premio Racconti per Corti 2013 “Il panificio” di Von Kaspiterina
Categoria: Premio Racconti per Corti 2013Remo Catasto sta passeggiando per la città quando ad un certo punto si ferma incuriosito davanti ad una macelleria. In una mano ha una grossa borsa per la spesa e un ombrello.
Fissa l’insegna della macelleria. C’è qualcosa che non lo convince. Si gratta una tempia, arriccia il naso, scuote la testa.
Si guarda intorno, fa qualche passo avanti e indietro, poi torna verso la macelleria e si ferma a guardarla.
Si guarda di nuovo intorno, come per verificare che non arrivi nessuno. Ad un certo punto decide ed entra.
Dietro il bancone della macelleria c’è Ermete Salpacci, con gli occhiali da lettura sulla punta del naso. Nel negozio non ci sono avventori.
Salpacci fa un bel sorriso a Remo Catasto e gli dice: Buongiorno! Come posso aiutarla? Oggi abbiamo del filetto che gli manca la parola!
Catasto: Io veramente credevo che questo fosse un panificio. Che ne avete fatto del panificio?
Salpacci guarda stranito sua moglie alla cassa, le fa un’occhiata come per dire “questo è pazzo”, poi si ricompone, sfodera un bel sorriso e dice: Buongiorno! Come posso aiutarla? Oggi abbiamo del filetto che gli manca la parola!
Catasto: No, guardi, lei non mi frega mica sa? Dove lo avete messo il pane?
Salpacci: Come le stavo dicendo… Oggi abbiamo dell’ottimo filetto!
Catasto: La macelleria è qui da quanto mi scusi?
Salpacci: Veramente siamo qui da cinque anni, vero Clelia?
Clelia: Sì sì, è proprio come dice Ermete, cinque anni!
Catasto: Aha! dunque non può dimostrare che qui prima non ci fosse un panificio, eh? Bene! Vedo che cominciate a ragionare! (passeggia avanti e indietro per il negozio come se fosse una SS che sta interrogando dei prigionieri, l’ombrello dritto dietro la schiena).
Salpacci: Ma veramente, guardi, io non voglio dimostrare un bel niente. Io sono solo un macellaio che …
Catasto: Non cambi discorso! Stiamo parlando del panificio, capisce? (lo dice con occhi da invasato; comincia a dare preoccupanti segni di instabilità mentale).
Salpacci deglutisce impaurito, sua moglie fa per prendere il telefono, come per chiamare la polizia, ma Salpacci le fa cenno di no.
Salpacci: Certo, certo! Non bisogna cambiare discorso, è maleducazione, si sa. Dunque mi parlava di questo panificio, vero?
Catasto (come riprendendosi da una trance): Il panificio, certo! Dov’è questo maledetto panificio?
Salpacci (allargando le braccia e annunedo): E dov’è questo bellissimo panificio eh? boh?
Catasto: Mi dica la verità: questa storia della macelleria è tutta una montatura, vero? Ah, ma io l’avevo capito! Avanti, fuori il pane!
Salpacci: ah, ah ah! Ho capito, è uno scherzo vero? Una candid camera eh? Dov’é la telecamera? E’ qui? È lì? (e comincia a fare boccacce verso vari punti del suo negozio)
Catasto (rivolto alla signora Clelia): Ma suo marito è pazzo o cosa?
Signora Clelia: Ma no, ma no! Ermete è un gran giocherellone sa? Sapesse quanto mi fa ridere le clienti! Vero Ermete?
Salpacci: Come? (si muove per il negozio cercando ancora di capire dov’è la telecamera).
Catasto (sbatte fragorosamente le mani sul bancone): Basta! Ordine! Allora! Signor Macellaio, mi dica un po’, questo negozio è suo?
Salpacci: Beh certo che è mio, è il mio negozio…
Catasto: Quindi lei possiede questo locale? Me lo può confermare?
Salpacci: No, io sarei in affitto veramente.
Catasto: Aha! Vede che scopriamo un sacco di cose? Prima il negozio è suo e ora non lo è più… È tutto drammaticamente sospetto, non trova?
Salpacci: ….
Catasto: Fuori il nome del proprietario dunque!
Signora Clelia: È il ragionier Spaventoni…
Catasto: Ottimo! Me lo si chiami al telefono allora!
Signora Clelia: Ma come al telefono….
Catasto: Ho detto me lo si chiami al telefono. La vede quella cosa che ha vicino al registratore di cassa? (indica con la punta dell’ombrello, dando colpetti all’apparecchio) Quello è un telefono. Chiami immediatamente il ragionier Spaventoni e mi intruduca presso di lui!
Moglie e marito si guardano sempre più spaventati ed eseguono gli ordini di Catasto tentando di assecondarlo.
Signora Clelia: P-pronto? Ragioniere è lei? S-sono la Clelia, la moglie di Ermete. Sì, quelli della macelleria. Ascolti, qui c’è un signore che vorrebbe parlarle. Sì, va bene, glielo passo… (tende la cornetta verso Catasto e poi va a mettersi in piedi vicino al marito, i due guardano completamente straniti la telefonata).
Catasto: Buongiorno! Come? Chi sono io non importa! Risponda a poche semplici domande e la lascerò libero immediatamente! Dunque: il suo inquilino, qui, sostiene di vendere carne e di non aver nulla a che fare con un negozio di panetteria. Lei in quanto proprietario mi sa dire se prima in questo luogo vi era una panetteria? Aha? Sì? Ah è così eh? (mette giù la cornetta e si guarda perplesso la punta delle scarpe)
La signora Clelia e il marito lo guardano con apprensione, pendendo dalle sue labbra.
Signora Clelia: Allora? Cosa le ha detto?
Catasto: Purtroppo parole irriferibili ad una gentile signora come lei. (Poi tace e comincia a camminare avanti e indietro per il negozio, pensieroso. Anche marito e moglie dopo un po’ cominciano a seguirlo)
Catasto (puntando il dito verso il macellaio): Signor Ermete, mi dica, lei ha sempre fatto il macellaio?
Salpacci: Certo, da quando avevo quattordici anni!
Catasto: Uhm, capisco. E non ha mai pensato, neanche per un momento, di fare il panettiere? Mi risponda sinceramente.
Salpacci: Veramente no.
Catasto: Parenti, amici panettieri?
Salpacci: No, nessuno.
Catasto: Ci pensi bene, si prenda del tempo. Non risponda alla cazzo, per Diana!
Salpacci (impaurito, fa finta di pensare un po’): No, ci ho pensato, non mi pare proprio.
Catasto: E lei signora? Che mi dice di lei?
Signora Clelia: In che senso mi scusi?
Catasto: Ma nel senso del panificio no? Parenti, amici, esperienze precedenti?
Signora Clelia: Beh, ecco, io – si parla di tanti anni fa, eh – ho lavorato in un panificio per un’estate… (il marito la guarda terrorizzato, poi sposta gli occhi su Catasto)
Catasto: Aha! Aha! Aha!!!! (sempre più forte, puntando l’ombrello contro Salpacci) Lo vede? Lo vede? Lo vede che un panificio da qualche parte salta sempre fuori?
Salpacci: Cara, non mi avevi mai detto di questo panificio, eppure ci siamo sempre detti tutto!
Signora Clelia (piangendo): Ma amore, era solo un panificio, non pensavo fosse una cosa importante, è poi è stato solo per tre mesi, ero giovane….
Salpacci guarda la moglie deluso e scuote la testa.
Catasto (rivolto a Salpacci): Tutti i nodi vengono al pettine, n’est ce pas? La chiamerei una confessione in piena regola.
Salpacci (guarda la moglie sconsolato): Io, io non ho parole… Trent’anni di matrimonio, trent’anni di amore e affetto buttati al vento! Un panificio! Cosa devo sentire! Un panificio! (scimmiottando la moglie) “era solo un panificio, solo per tre mesi, ero giovane” (si toglie il grembiule, lo butta a terra e se ne va. La moglie lo insegue fuori dal negozio).
Catasto si guarda intorno, va alla vetrina per assicurarsi di essere rimasto solo. Mette il cartello “chiuso” alla porta, la chiude a chiave e tira giù le tapparelle. Dalla borsa prende una radio CD portatile, inserisce la spina, la appoggia sul banco della cassa e attacca la musica a palla: Lonely boy dei The Black Keys. Poi apre la borsa e ballando con gesti molto pronunciati comincia a infilarci dentro salami, prosciutti, polli, … Infine spegne la luce, apre di poco la porta, verifica che non stia passando nessuno ed esce.
La scena si chiude.